martedì 2 marzo 2021

IL BAMBINO ROBOTTINO (fantascienza?)

 

IL BAMBINO ROBOTTINO

(fantascienza?)



 

Era primavera inoltrata. Il piccolo robottino passeggiava nel parco e, ad ogni margherita che calpestava l’aria si riempiva di piccoli petali bianchi svolazzanti

Aury,  era il bambino che il robottino sorvegliava. Ce n’erano tanti nei parchi in quella bella stagione. Tanti bambini accompagnati dai loro robottini e alcuni genitori seduti sulle panchine coi loro figli al fianco.

Alcuni bambini accompagnati dai genitori giocavano sullo scivolo o sull’altalena. Ridevano, ed erano risate di sana felicità. Era bello vedere quei sorrisi, quei capelli svolazzanti sotto i raggi del sole.

I bambini accompagnati dai robottini osservavano disgustati questi bambini selvaggi, non portavano guanti, nemmeno la mascherina, erano gli emarginati , quelli che durante la grande pandemia non avevano ceduto alla dittatura politica e sanitaria e che erano sfuggiti alla vaccinazione di massa. I loro genitori si erano opposti con tutte le loro forze, alcuni non erano ancora nati in quel periodo così avvolto dalle tenebre. Erano stati emarginati, rinchiusi in campi di isolamento, non potevano uscire da quella prigione, ma non avevano ceduto, nemmeno dopo anni di lavaggio del cervello.

Ora che il pericolo era passato li avevano lasciati andare, sicuri che non avrebbero potuto fare nessun danno.

Aury si fermò ad osservarli. Cercava di capire cosa stessero facendo. Correvano, saltavano, si sporcavano, si abbracciavano e perfino si baciavano. Si collegò alla mente del robottino e gli chiese spiegazioni. Il robottino rispondeva agli impulsi del micro chip che il bambino aveva sotto pelle, impiantato dietro la nuca. Non c’era bisogno di parlare, bastavano gli impulsi elettromagnetici che la rete mondiale del 7G rilasciava in tutti i posti del Pianeta.

Conosci la storia di quelle persone, non sono come te. Tu non ti ammalerai più, vivrai a lungo e senza problemi, avrai un posto di rilievo nella società, è tutto programmato. Quelli sono gli scarti della grande pandemia, diversamente da te si ammaleranno, non si sa quanto e come vivranno. Ricordi la storia che stai studiando? Ecco, tu e quelli come te siete quelli che comanderanno e renderanno questo pianeta il più pulito possibile. Loro verranno spazzati via dai loro stessi sentimenti ed emozioni. Gli trasmise il robottino.

A me sembrano felici. Cosa sono i sentimenti e le emozioni? Gli chiese Aury.

Sono quelli che fanno la differenza fra te e loro. Hanno una mamma e un papà, e quando uno di loro morirà proveranno talmente tanto dolore che rimpiangeranno di non essersi fatti vaccinare. Tu, invece non proverai niente e continuerai per la strada che ti è stata aperta, raggiungerai il traguardo prestabilito e vivrai senza dolore. Gli rispose.

Aury era perplesso. Gli sarebbe piaciuto parlare con qualcuno di loro, ascoltare una voce vera invece che pensieri nella mente. Il robottino si accorse della sua perplessità e cercò di allontanarlo. Era pericoloso che i privilegiati restassero troppo a contatto con gli emarginati.

E’ ora di tornare. L’ora d’aria è terminata. Hai cinque ore di lezione prima di tornare a casa. Gli comunicò il robottino.

Aury lanciò un ultimo sguardo ai bambini che giocavano felici e seguì, obbediente il suo robottino.

Entrarono in una grande struttura, c’erano centinaia di bambini/robottini di tutte le età. Grandi schermi che trasmettevano lezioni che andavano direttamente nella mente programmata per quel circuito.

Aury era distratto. Una leggera scossa lo riportò al presente. Osservò una fila di bambini senza i loro robottini che gli passava accanto. Avevano tutti gli occhi neri e un’espressione da circuito spento. Ogni tanto vedeva quelle file e si domandava dove li portassero, se lo stava chiedendo anche ora quando una seconda scossa, più forte della prima lo riportò al suo dovere.

Aury non poteva sapere che quei bambini sarebbero stati terminati, avevano dei difetti che in quel mondo perfetto non erano concessi. La “Cupola” costituita da sette persone era quella che prendeva ogni decisione, erano i comandanti di tutto il pianeta. Tutto era connesso e tutto veniva programmato, immagazzinato e studiato da piccoli robottini davanti a schermi minuscoli. Il vero potere era passato a loro, tutto dipendeva da loro, dai loro algoritmi e dai loro errori di valutazione, non erano perfetti, niente poteva essere perfetto.

Passarono alcuni giorni e Aury fu chiamato per la visita medica mensile. Si sottopose pazientemente a tutti gli esami e alla fine fu portato in una stanza dove c’erano altri cinque bambini. Oggi avrebbe scoperto cosa succedeva a quei bambini che vedeva passare. Si mise in fila, era l’ultimo di loro e seguì il robot che li precedeva. Aury non aveva paura, era solo curioso. Improvvisamente due forti braccia lo strapparono dalla fila e gli tapparono la bocca. Senza perdere nemmeno un minuto due mani esperte gli tolsero il micro chip dalla nuca e un fiotto di sangue imbrattò il pavimento.

I guerrieri della rivoluzione cercavano di salvare più bambini che potevano e quel giorno era toccato ad Aury. Un ago infilato nel braccio e lui si addormentò

Ci volle tempo prima che si svegliasse. Non capiva dove si trovava. Seduto accanto al suo letto un uomo dal sorriso gentile aspettò che aprisse gli occhi.

Per la prima volta nella sua vita, Aury conobbe il dolore fisico e la paura. Mat, l’uomo che gli era accanto gli prese le mani piccole e fredde. Gli parlò con gentilezza e gli spiegò dove si trovava. Arrivò anche Anna, una bambina dai capelli biondi e lunghi e gli sorrise. Aveva la bocca sporca di cioccolato e le mancava un dente.

Ci vollero alcuni giorni prima che imparasse a parlare, a mangiare, a correre e ad essere libero di ridere. Il sole sulla pelle gli fece sbocciare le lentiggini, gli occhi e le labbra impararono a sorridere. Capì ora di far parte degli emarginati e, alla fine conobbe anche la verità.

Solo la perfezione era ammessa nei privilegiati, ma erano gli emarginati che sapevano cosa si prova a vivere.

Il suo robottino fu dato ad un altro bambino e ognuno visse la propria vita.

L’importante è poter scegliere.

racconto di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati - immagine dal web

 

 

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