giovedì 31 ottobre 2019

KATRIN, la sua storia



KATRIN, la sua storia

parte ventisei





Per alcuni minuti nessuno parlò. Katrin assimilava le notizie che aveva appena ricevuto e gli altri rimanevano in attesa che lord Sheppard riprendesse il discorso.
Erano tutti seduti davanti alla grande scrivania del nonno, Katrin li osservò bene e una volta di più li sentì legati come solo una vera famiglia lo era, e lei ne faceva parte.
Continua, nonno. Gli disse.
La famiglia Sheppard gli ha dato terreni e dell’oro, non mi importa di quello che è stato ma quello che voglio, che noi vogliamo è che non possa avere quello che di diritto spetta a te. Non sappiamo, non siamo riusciti a scoprire cosa ha in mente per ottenerlo ma tu sei il mezzo per arrivarci e non si farà scrupoli a usarti. Abbassò un attimo lo sguardo prima di proseguire. Dopotutto ti ha comprata per non perdere quello che voleva, ed ho paura che sia disposto a molto altro pur di completare il suo piano. Ho parlato con un informatore che è presso il suo castello e sembra che tuo padre non ricordi il vostro ultimo incontro, o almeno non tutto, dovrai riuscire a convincerlo che non sei a conoscenza del segreto della tua nascita. Quando tornerai a casa lo dovrai scoprire come prima cosa, dopo di che potremo mettere in atto il nostro piano. Pensi di riuscirci, mia cara? Le chiese.
Katrin posò la sua mano su quella del vecchio lord. Nonno, era talmente ubriaco che sono sicura non ricordi molto. Io ho fatto un giuramento, voglio che paghi per come mi ha trattata, per come ha trattato i miei veri genitori e per non aver amato mia madre. E’ un uomo senza scrupoli, ed ora che so di non avere niente in comune con lui mi sento meglio. Continua nonno.
La cosa migliore sarebbe riuscire a trovare la sua copia del contratto matrimoniale e distruggerla, senza quella non ha niente altro per dimostrare la sua autorità su di te quando sarai maggiorenne o sposata. Tu hai idea di dove possa essere? Le chiese.
Non di preciso. So che ha una cassaforte nel suo studio, ma potrebbe aver depositato il documento presso un notaio o una persona di fiducia, anche se non ci credo molto. Non si fida mai di nessuno. Rimase assorta per qualche attimo. La cercherò e se è là la troverò. Secondo te, nonno quando arriveranno miss Susan e suo figlio? Volle sapere.
Miss Susan sta ultimando la vendita della loro residenza poi dovrà saldare i debiti di gioco di suo figlio. Credo che possa arrivare entro la fine dell’estate, o davvero dovranno andare a passare l’inverno sotto un ponte. Le disse convinto.
E poi, nonno, quando avrò trovato i documenti, cosa faremo? Volle sapere.
I tre uomini si scambiarono uno sguardo sfuggente che però non passò inosservato a Katrin.
Tu cosa vorresti, Katrin? Le chiese il nonno.
Non ci pensò nemmeno per un attimo prima di rispondere. Io voglio andarmene da quel posto, vorrei che non fosse mio padre agli occhi della gente, vorrei vivere con te, vorrei trovare qui le mie radici, siete voi la mia famiglia. Disse tutto d’un fiato.
Suo nonno le sorrise. Tu sarai sempre parte di questa famiglia. Facciamo un passo alla volta, ci muoveremo mano a mano. Se ti sentirai in pericolo ricorda che ci sono persone, sia fra il personale che fra le guardie che sono al mio servizio, puoi rivolgerti a loro in qualsiasi momento. Le riconoscerai per una voglia scura sotto l’orecchio destro. Di loro ti puoi fidare sempre. Le disse stringendole la mano.
Anche lei sorrise. Nonno, so usare molto bene la spada e l’arco, ed ho imparato la lotta corpo a corpo, sarà difficile per chiunque riuscire a farmi del male.
Rimasero assorti qualche minuto. C’erano ancora molte cose da dire ma prima dovevano iniziare la ricerca del contratto, e c’era sempre l’incognita di miss Susan, questo preoccupava molto il vecchio lord ma non lo disse a Katrin, ci sarebbe stato tempo, ogni cosa a suo tempo, sospirò.
Domani torno a casa, nonno. Scoprirò subito come stanno le cose con mio padre (faticò a dire la parola padre, ma doveva continuare così) e mi metterò subito alla ricerca del documento. Mi piacerebbe avere Alfred al mio fianco ma so che non è possibile, sceglierò un istruttore con la voglia sotto l’orecchio. Gli rispose sorridendo.
Paul si alzò e preparò quattro bicchieri di vino. Era un giovane uomo, stranamente non ancora sposato ma sembrava non importasse a nessuno. Katrin li osservò e mille pensieri le passavano nella mente, uno doveva esporlo ma lo avrebbe fatto solo a suo nonno. Brindarono e zio e nipote uscirono, lasciandoli soli per l’ultimo giorno al castello Sheppard.
Cosa ti passa per la testa, mia cara? Le chiese sfiorandole la mano. Lei sospirò, quello che voleva sapere non era molto etico. Nonno, se tu, zio Donald e Paul moriste, chi erediterebbe tutto il vostro patrimonio?  Lord Sheppard capì la sua preoccupazione, era anche una sua preoccupazione, non l’aveva palesata ma lei l’aveva colta al volo, non era una ingenua. Sarebbe tutto tuo, Katrin. Le rispose tranquillamente il nonno.
Questo è molto pericoloso, nonno, molto pericoloso, e ingiusto. Gli rispose con sguardo accigliato.
Era come se un macigno le si fosse posato sulla schiena. Lei amava quelle persone, avrebbe fatto di tutto per loro.
Io sono pronta, nonno. Lo abbracciò a lungo prima di uscire.



immagine dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

mercoledì 30 ottobre 2019

KATRIN, la sua storia


KATRIN, la sua storia

parte ventiquattro/venticinque





Faticosamente, lord Sheppard si alzò e aprì uno scomparto segreto, prendendo una cartella.
Riprese posto sulla sua poltrona. Qui c’è ogni cosa che riguarda lord Semple e il matrimonio con tua madre. Ci sono un sacco di cavilli che lui ha firmato senza fermarsi a leggere o a riflettere, ma mia figlia e tu lo avete reso molto ricco, e non è ancora finita. In poche parole le spiegò la sostanza del contratto. Lui ha bisogno di te per raggiungere il suo scopo e prendersi tutta l’eredità. Ora conosci ogni cosa. Le disse posando la sua mano sulla cartella. Vuoi leggere le carte? Le chiese. Katrin osservava gli occhi tristi di suo nonno e ci vide soltanto amore. Non mi serve, nonno, mi basta la tua parola, a me non interessano i tuoi averi, voglio solo essere libera di andarmene da casa mia, ma sono ancora troppo giovane per farlo e lui risulta pur sempre mio padre. Gli rispose.
Lo so, piccola mia, lo so, per questo ho studiato un piano. Ora vai da Eloine, ha aspettato tutti questi anni per poterti rivedere, sta morendo e la renderesti molto felice se la perdonassi, lei non ci è riuscita, ha bisogno che glielo dica tu stessa. Manderò un servitore da tuo padre e gli farò sapere che sei mia ospite in quanto sono malato, chiederò di mandare la tua istitutrice con le tue cose, te ne andrai solo quando avremo discusso di tutto e lo vorrai tu. Io ti voglio bene, Katrin. Aggiunse con gli occhi lucidi.
Katrin si alzò e lo abbracciò. Posso ancora chiamarti nonno? Gli chiese.
Tu sei la mia nipote adorata, non dimenticarlo mai. Rispose restituendole l’abbraccio.
Una cameriera l’accompagnò nella stanza di Eloine. La vecchia respirava a fatica ma la sentì entrare ed aprì gli occhi, le sorrise mentre piangeva silenziosamente. Katrin si sedette accanto al letto e le prese la mano fra le sue. Ora so la verità, Eloine. Sono stata molto arrabbiata con te per avermi abbandonata, ma ora ho capito quanto ti sia costato e quanta sofferenza hai passato in questi anni. Mi sei mancata immensamente, e voglio che tu sappia che tutta la mia rabbia era dettata solo dall’amore che avevo per te e che credevo tradito. Abbiamo sofferto entrambe per la perdita della donna che amavamo ed è giunto il momento di lasciarla riposare in pace e pensare al futuro. Ti voglio bene, Eloine, te ne ho sempre voluto. Si abbracciarono piangendo, cercando di infondersi tutto quell’amore sprecato in quegli anni. Lord Semple la pagherà molto cara. Le bisbigliò nell’orecchio. Ora riposa, io rimango qui con te. Le tenne la mano per alcune ore, fino a che la vecchia spalancò gli occhi, guardò quel viso tanto amato, sorrise e spirò.
Katrin non riuscì a trattenere le lacrime e pianse come se il mondo fosse finito in quel giorno. Suo nonno le osservava dalla porta e le lasciò sole.
Giuro sulla tua tomba e quella di mia madre che gliela farò pagare. Si asciugò gli occhi e raggiunse suo nonno che l’aspettava fuori.
Furono giorni tristi quelli del funerale, l’aveva appena ritrovata e se ne era già andata, era ancora sola. Sara era arrivata insieme a due guardie del castello che furono rimandate indietro.
Iniziava maggio e le cose sarebbero cambiate. Lei era già cambiata. Nella sua stanza, distesa sul letto dopo il funerale ripensava a quello che aveva saputo.
Ora il disprezzo per suo padre si era trasformato in odio, non era suo padre e sembrava che il suo desiderio di non essere sua figlia fosse stato esaudito. Si chiedeva chi fossero i suoi genitori ma sapeva bene che non lo avrebbe mai scoperto. Chissà cosa li aveva spinti a liberarsi di lei, sicuramente la povertà o le minacce del lord, non aveva importanza, dopo tutto era stata fortunata, era stata molto amata e lo era tutt’ora. Rivide il volto segnato di suo nonno e tutto l’amore che provava per lei, doveva essere davvero molto sincero se nonostante tutta quella storia lui non aveva smesso di amarla, anzi sembrava che l’affetto fra loro fosse aumentato. Lei lo aveva sempre amato ed ora aveva la prova che era immensamente ricambiata per quello che era, qualunque fossero le sue origini, sì era stata fortunata e perdonò i suoi veri genitori.
Rimase poco nella sua stanza, non era abituata a stare inattiva. Come faceva spesso, si legò la spada al fianco e uscì nel grande cortile. Molte persone erano indaffarate con i loro compiti e le osservava in quella limpida giornata di sole. Un solo attimo e i suoi sensi si acuirono sentendo istintivamente il pericolo che si avvicinava. Aveva la mano sull’elsa della spada e, con gesto repentino la sfoderò girandosi di scatto ad affrontare il nemico, chiunque fosse.
I suoi occhi si riempirono di gioia quando vide di chi si trattava, Alfred era di fronte a lei con la spada pronta e lei fece il primo affondo. Non ci sei riuscito a cogliermi di sorpresa. Gli disse mentre duellavano come se le loro vite dipendessero da quella tenzone. E lei, miss Katrin sta diventando troppo brava. Le rispose senza perdere la concentrazione. Ho avuto un buon maestro. Gli disse di rimando. Questo è vero, ma non le ha ancora insegnato tutto. Le rispose. Vuoi fare una gara con l’arco? Lo derise lei. Duellavano mentre lord Sheppard li guardava divertito dalla finestra del suo studio, sapeva di averla fatta felice con il ritorno di Alfred. Osservava i duellanti e si rendeva conto di quanto brava fosse sua nipote. L’aveva osservata per tutto il tempo e doveva dare atto a lord Semple che aveva fatto un gran bel lavoro con Katrin, sapeva comportarsi da signora come altrettanto sapeva comportarsi da selvaggia. Sapeva che presto l’avrebbe cercato per conoscere i suoi piani, ma per ora desiderava soltanto vederla felice.


 L’estate si avvicinava e anche il suo quindicesimo compleanno. Suo padre aveva scritto a lord Sheppard per chiedergli di rimandare a casa Katrin ma lui aveva rifiutato adducendo la scusa della poca salute.

Katrin era serena come non lo era mai stata. Ora conosceva la verità sulle sue origini, sul matrimonio dei suoi “genitori” e aspettava la chiamata di suo nonno per sapere cosa doveva fare. Ma non aveva fretta. Passava le sue giornate con Sara e Alfred per le lezioni ma quello che più amava erano i pranzi e le cene in famiglia, suo nonno, zio Donald, suo cugino Paul. Dopo tutti i pasti solitari a casa sua ora le sembrava di essere finalmente arrivata in una vera famiglia. Suo zio e suo cugino conoscevano la verità e anche con loro non era cambiato niente.
Arrivò anche il giorno del suo compleanno, quindici anni e una bellezza mozzafiato, un fisico ben proporzionato adatto ad abiti da cerimonia e indumenti da maschiaccio.
La festa era stata organizzata all’aperto. Una lunga tavolata con cibi e bevande e tutti gli abitanti del castello erano stati invitati. C’erano anche tanti bambini e fu davvero una festa bellissima.
Alfred le aveva regalato un arco nuovo, più grande, con delle incisioni in una lingua antica che le spiegò volevano dire tu sei invincibile.
Sara le diede il cuscino ricamato che lei non aveva più voluto finire.
Zio e cugino le porsero una splendida sella intarsiata.
Lord Sheppard la osservava aspettando il suo momento. Dio quanto era felice di amare quella ragazza! Era seduto e aspettò il momento più opportuno e battè il suo bastone per attrarre l’attenzione. Ho anch’io un regalo per la mia nipote preferita. Vuoi venire a prenderlo, mia cara? Disse con gli occhi lucidi.
Katrin lo raggiunse. Chiudi gli occhi, piccola. E lei obbedì. Passarono alcuni interminabili secondi. Ora puoi aprirli. Le disse il vecchio lord con voce emozionata.
Un cofanetto contenente una bellissima parure d’oro e pietre preziose e un rotolo di carta.
Questo apparteneva a tua nonna, la mia splendida moglie ed è giusto che oggi passi a te. E qui, disse mostrando il documento, c’è un atto di proprietà. Leggilo e dimmi cosa ne pensi. Katrin era quasi senza fiato, il dono di suo nonno, sanciva una volta di più la sua appartenenza alla famiglia Sheppard. Srotolò il foglio e lo lesse. Era l’atto di proprietà di una tenuta poco lontana dal castello, fintanto che non fosse diventata maggiorenne o sposata aveva zio Donald come tutore.
Katrin piangeva senza ritegno. Nonno, è troppo! Le disse mentre lo abbracciava. Il pittore invitato all’evento prendeva schizzi velocemente per poi immortalare quella giornata che sarebbe stata indimenticabile per tutti.
La festa continuò fino a che le stelle fecero capolino.
Non dimenticherò mai questa giornata. Pensò Katrin prima di addormentarsi.
Era esattamente il primo di luglio quando suo nonno la invitò nel suo studio.
Quando Katrin arrivò vide che insieme a suo nonno c’erano zio e cugino.
Siediti Katrin. La invitò. Finalmente ho ricevuto anche l’ultimo rapporto che aspettavo, quello che mi serviva prima di parlarti. Ho vari informatori in giro che raccolgono notizie per me. Essere al corrente di quello che succede è indispensabile per chi è nella mia posizione. Aggiunse sorridendo vedendo l’espressione del suo viso.
Noi Sheppard siamo molto ricchi, qualcuno dice che lo siamo più del re ma non è così. La nostra ricchezza viene da molto lontano, i nostri avi hanno saputo far fruttare i loro talenti e tuo zio Donald ed io, ed ora anche Paul abbiamo aumentato di molto la nostra ricchezza. E’ giusto che tu lo sappia, non abbiamo mai rubato niente a nessuno e abbiamo sempre fatto molta beneficenza. Tuo padre mira ad ottenere tutto questo, sa che buona parte della mia eredità passerà a te e lui non si accontenterà della ricchezza che abbiamo regalato anche a lui, conosciamo il suo vero scopo. Il vecchio lord fece una pausa passando la mano sull’ultimo rapporto che aveva ricevuto.
Attese solo qualche attimo prima di riprendere a parlare.
Quando tua madre accettò di sposare lord Semple io sapevo che lui aveva un’amante, una donna che amava davvero, forse l’unica che gli abbia mai conquistato il cuore. Gli ordinai di allontanarla dal castello o non avrei acconsentito alle nozze, e lui non ci pensò nemmeno un attimo a cacciarla preferendo la ricchezza all’amore. Quello che non sapeva, e che ancora non sa è che miss Susan aspettava un figlio suo quando se ne andò. Per non morire di stenti acconsentì a sposare un vecchio benestante che diede il suo nome al figlio che nacque. Ora quel ragazzo, Cristofer ha vent’anni e il vecchio Arthur è morto da circa un anno. Avrebbero potuto vivere agiatamente molto a lungo se il ragazzo non avesse il vizio del gioco ed ora sono sul lastrico. Il lord fece una pausa. Katrin si chiese dove volesse arrivare suo nonno e rimase compostamente in attesa di conoscere tutto il racconto.
Perché ti racconto tutto questo? Perché miss Susan ha deciso di tornare da lord Semple e metterlo al corrente che ha un figlio, vuole sposarlo e fargli riconoscere il ragazzo per poter avere la sua completa eredità. Le informazioni che ho su di lei dicono che si tratta di una donna che ottiene sempre ciò che vuole, che non si fa scrupolo per ottenerlo ed è disperata. Noi dobbiamo fare in modo di togliere a lord Semple quello che non gli appartiene, che ha avuto con l’inganno. Per questo mi servi tu, te la senti?
Nonno, non vedo l’ora di farlo! Gli rispose già battagliera.

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lunedì 28 ottobre 2019

KATRIN, la sua storia


KATRIN, la sua storia

parte ventitre






Entrò come una furia nella sua stanza. Sara la stava aspettando con gli occhi ancora gonfi di lacrime.
L’espressione di Katrin era terribile, lei non l’aveva mai vista così e si chiese cosa fosse successo con suo padre. Rimase in silenzio ad osservarla mentre si cambiava di abito e indossava i suoi indumenti da cavallerizza.
Dove va, miss Katrin? Le chiese timidamente l’istitutrice.
Vado da mio nonno. Non so quanto starò assente. Le rispose mentre usciva come una saetta.
Raggiunse le stalle e sellò Lampo. Arco e spada come consuetudine e uscì dal castello senza avvisare nessuno.
Il capitano delle guardie la osservò allontanarsi e si chiese cosa dovesse fare, ma lui doveva semplicemente obbedire agli ordini del suo padrone e non ce n’erano stati.
Katrin galoppava come se avesse il fuoco che la inseguiva. Nella mente un miliardo di pensieri le esplodevano ma non sapeva come affrontarli. Possibile che suo padre avesse detto la verità? Non aveva motivo di dubitarne ma non sapeva, proprio non sapeva perché lo avesse fatto. Ma ancora poco e avrebbe scoperto ogni cosa.
Impiegò tre ore ad arrivare al castello di suo nonno, un’ora in meno del solito. Lampo era sudato e assetato.
Oltrepassò il portone e si diresse all’entrata principale. Lasciò il cavallo libero il quale si diresse alle stalle, in cerca di acqua e di sollievo.
Lei entrò come una furia. Una cameriera stava sistemando qualcosa all’ingresso e si spaventò sentendosi apostrofare così rudemente.
Dov’è Eloine? In quale ala del castello si trova? Aveva occhi spiritati e la cameriera le indicò la strada.
Non conosceva tutto il castello di suo nonno e dovette chiedere ad altre due cameriere prima di arrivare alla stanza della sua vecchia nutrice.
Spalancò la porta che ancora aveva il fiato corto. Avrebbe voluto aggredire quella vecchia bugiarda ma dovette trattenersi. Eloine era stesa sul suo letto e stentava a respirare, si vedeva che stava molto male. Le si avvicinò. Apri gli occhi, Eloine, sono Katrin e sono venuta per conoscere la verità! Disse con tono più calmo possibile.
La vecchia aprì faticosamente gli occhi e uno striminzito sorriso le rallegrò il vecchio viso rugoso quando si rese conto di chi aveva di fianco al letto. Due grosse lacrime le scesero mentre cercava di alzare la mano per prendere quella della ragazza, che non gliela porse. Mio padre mi ha detto che mi ha comprata e che tu sei sua complice, dimmi la verità! Urlò quasi senza rendersene conto.
Katrin! Suo nonno era comparso sulla porta e la guardava con sguardo severo. Vieni nel mio studio! Le ordinò.
Non vengo da nessuna parte se prima questa donna non dice a me e anche a te la verità! Le rispose senza allontanarsi dal letto.
Io conosco la verità! Ora vieni con me. Ribadì di nuovo battendo il bastone con nervosismo sul pavimento. La ragazza era disorientata, guardò il viso della vecchia bagnato di lacrime e quello di suo nonno dall’espressione truce. Si decise a seguirlo.
Non dissero una parola fino a che non fu chiusa la porta dietro di loro.
Siediti Katrin. Le ordinò suo nonno in modo più gentile possibile.
Spettinata e sudata, con la spada al fianco e l’arco in spalla sembrava una selvaggia, suo nonno la osservava ma riusciva ancora a vedere in lei tanto di sua figlia, nonostante tutto lui amava quella ragazza.
Lei si sedette cercando di riprendere fiato e calma. Sto aspettando, nonno. Disse soltanto.
Il vecchio sospirò, aveva saputo ogni cosa soltanto da poco, Eloine stava morendo e si era voluta liberare dal suo segreto.
Sei grande ora, Katrin, e ti dirò la pura verità, verità che conosco da poco anch’io. Nessuno conosce la tua provenienza, soltanto tuo padre. Mia figlia partorì il suo terzo figlio già morto e lui aveva un piano per ottenere la firma sul contratto prematrimoniale. La ragazza fece per ribattere ma lui la fermò. Per me non cambia niente, tu sei mia nipote, la figlia amatissima di mia figlia. Hai succhiato il latte dal suo seno, l’hai resa felice e, soprattutto hai reso vivibile gli ultimi anni della sua vita. Il suo amore per te è stato il motivo stesso della sua ripresa. Sarebbe morta senza di te. Eloine lo sapeva ed ha accettato lo scambio per amore di Harriet.  Alla sua morte lord Semple l’ha scacciata minacciandola di fare del male a te se avesse parlato e lei per amore tuo ha accettato di abbandonarti, ha sofferto terribilmente per questo. Ti amava, ti ama e tu dovresti saperlo questo. Terminò il vecchio lord.
Katrin rimase silenziosa per un po’. Mio padre non mi ha mai amata, nemmeno accettata, per quale motivo mi ha tenuta con sé? Volle sapere.
Suo nonno la osservava e vedeva quanti dubbi e sofferenza passavano in quegli occhi meravigliosi che contro ogni logica erano lo specchio di quelli di sua figlia. Cercò di non commuoversi. Per soldi, mia cara, solo per denaro. Rispose in un soffio, quasi con vergogna.
Katrin scosse la testa, aveva bisogno di tutta la verità. Devo sapere tutto, nonno, o impazzirò!



 immagine dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

domenica 27 ottobre 2019

ASSAPORARE LE EMOZIONI


Assaporare le emozioni



Quando mia mamma è morta, oltre al dolore c’è stato un altro dolore: persone molto vicine a lei hanno approfittato dell’incidente per entrarle in casa (un’altra volta!) e portarle via pochissime cose (ormai avevano già provveduto) ed a ribaltare di nuovo tutta la casa.
Quando sono entrata per prenderle il vestito da farle indossare per l’ultimo viaggio ed ho visto lo scempio di come era ridotto il suo appartamento che teneva come l’oro mi sono sentita male, ma ho aumentato la corazza intorno al cuore e, in quei mucchi di roba sparsi sul pavimento sono riuscita a trovare qualcosa ma non quello che avrei voluto.
Passati quei giorni terribili dovevo svuotare il suo appartamento entro due settimane e, per fortuna mi ha aiutata mia zia e mio cognato.
Non so se potete capire cosa si prova a mettere le mani nelle cose personali di qualcuno! Era mia mamma, sapevo dove teneva quasi tutto ma mi sembrava di commettere un sacrilegio.
Quante cose ho scoperto mentre prendevo e mettevo negli scatoloni: non volevo pensare, non volevo vedere, non volevo sentire.
Poi, ho aperto l’ultima anta dell’armadio e mi è venuto un colpo: appesa all’interno c’era la sciarpa di seta di mio padre (morto da ormai 32 anni), sciarpa che tutti noi della famiglia conoscevamo per quanto l’amava ma che non sapevamo dove fosse finita dopo tutti questi anni. In quel momento ho “visto e sentito ogni cosa”. Tutte le volte che lei ha aperto quell’anta per guardare la sciarpa con gli occhi che si riempivano di lacrime per il dolore nel suo cuore. Tutte le volte che portava alle labbra quel pezzo di seta e ne annusava l’odore come se il profumo del dopo barba di suo marito fosse ancora lì a ricordarle la loro vita passata. Tutte le volte che di notte soffriva più di altre la solitudine e si avvolgeva la sciarpa intorno al collo, come fosse l’abbraccio di suo marito che tanto le mancava.
Ecco, mi sono bloccata quando l’ho vista lì appesa, gli altri non potevano sapere, non potevano capire quello che voleva significare. L’ho presa ed ho sentito tutta l’armonia che aveva assorbito, sì armonia perché c’era una miriade di sogni e di emozioni di mio padre e di mia madre, era la loro storia impressa in quella striscia di seta come fosse uno scrigno che conserva ciò che di più prezioso possiedi. Ho rivisto mio padre col suo sorriso mentre la indossava, ho rivisto mia madre orgogliosa della bellezza del suo uomo, ho rivisto mia sorella mentre la usava e mi sono vista spettatrice di qualcosa che nessun altro poteva né vedere né capire. Così come ho capito che quella sciarpa non toccava a me, a me aveva già detto e dato tutto. L’ho presa e piegata con delicatezza e l’ho messa nella mia borsa.
L’ho portata a mia sorella, ho visto l’espressione dei suoi occhi quando l’ha vista, le sue lacrime e la sua incertezza nel capire che la davo a lei. Non è una semplice sciarpa di seta bianca e grigia è la storia di nostro padre e nostra madre, impressa come su una pellicola e, mia sorella ed io siamo le uniche persone a vedere e sentire questo film. E’ una sciarpa che ha almeno sessant’anni ed è ancora integra, è la continuazione del film della nostra vita e, finchè qualcuno la conserverà con Amore su quel film non verrà mai scritta la parola FINE ma la parola FAMIGLIA.


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venerdì 25 ottobre 2019

KATRIN, la sua storia


KATRIN, la sua storia

parte ventidue






Mentre correva verso l’appartamento di suo padre in testa le esplodevano migliaia di pensieri e di emozioni, la rabbia era quella principale. Quell’uomo stava oltrepassando i limiti della decenza. Lei si era assoggettata ai suoi voleri, non era più una bambina ed era giunto il momento di mettere in chiaro alcune cose.
Entrò come una furia nello studio di suo padre. Il suo cameriere era chino a pulire quello che sembrava vomito sul pavimento e si spaventò quando sentì aprire la porta.
Katrin vide che lui non era lì e guardò il cameriere che si affrettò a dire che il lord non si era ancora alzato.
Percorse il lungo corridoio e raggiunse la camera da letto di suo padre. Si fermò solo un attimo cercando di ricomporsi ma non ci riuscì. Spalancò la porta e una puzza di vomito e urina la fece quasi vomitare. La stanza era semibuia e si sentiva il russare di suo padre. Andò alla finestra e l’aprì cercando di respirare aria pura a pieni polmoni. Suo padre era ancora vestito e sdraiato di traverso sul letto. Russava ed era circondato da varie chiazze di vomito.
Katrin fece una smorfia di disgusto e si fermò qualche secondo ad osservarlo. Era una figura patetica immersa in un sonno innaturale. Si guardò intorno, non era mai entrata lì, varie bottiglie su alcuni mobili e tavolini, un secchio contenente i suoi bisogni aperto vicino al letto. Il suo disgusto verso quell’uomo aumentò.
Si avvicinò e sguainò la spada, gliela puntò alla gola. Svegliati, è ora che tu apra gli occhi! Lo dovette chiamare varie volte prima che quello si decidesse ad alzare le palpebre su occhi rossi e gonfi.
Lord Semple non capì subito quello che stava succedendo, ma vide la punta della spada puntata alla gola e che sua figlia lo guardava come se lo volesse trafiggere. Per un attimo si spaventò e urinò nei pantaloni già sporchi.
Lei se ne accorse e lo diede a vedere. Poi, piano piano l’uomo si riprese, almeno in parte.
Che ci fai tu qui nella mia stanza? Le chiese imperioso senza accorgersi di quanto fosse ridicolo il suono della sua voce.
Perché hai allontanato Alfred? Non perse tempo a chiedergli.
Una parvenza di lucidità sembrò schiarirgli il cervello e si mise seduto sul letto. Come osi minacciare tuo padre? Le chiese cercando di alzarsi dal letto senza riuscirci. Tu finisci immediatamente nella torre, e stavolta ci rimarrai fino a quando lo dirò io! Aggiunse.
Lei premette con più forza la lama alla gola dell’uomo. Devi solo provarci, padre. Gli rispose calcando sulla parola padre.
L’uomo aveva lo sguardo di un ubriaco in astinenza e il cervello annebbiato dal troppo bere che lo aveva fatto cadere svenuto sul letto, nemmeno sapeva come era arrivato nella sua camera.
Noi avevamo un accordo. Gli ricordò. Io ti avrei obbedito e tu mi avresti lasciata in pace. Te lo ricordi? Gli disse senza nessun timore. Non sono più una bambina, la tua bambina alla quale puoi dare gli ordini a tuo piacimento!
L’uomo covava da sempre un odio smisurato verso quella figlia di nessuno ed esplose senza che nemmeno se ne accorgesse.
Maledetta figlia di nessuno, chi ti credi di essere? Urlò.
Katrin rimase immobile cercando di assimilare la frase. Io non ti voglio come padre. Ripetè ancora una volta, era passato molto tempo dall’ultima volta che glielo aveva sputato in faccia.
Tu non sei mia figlia! Non lo sei!  Urlò di rimando.
Katrin abbassò la punta della spada sul cuore dell’uomo. Non permetterti di calunniare mia madre, io sono sua figlia e di conseguenza tua! Parlò molto lentamente, mentre cercava di trattenere l’esplosione di rabbia.
Tu non sei né sua figlia né mia figlia, sei solo la figlia di nessuno che ho comprato per il bene di tutti. Le rispose.
Katrin rimase spiazzata, ma non toglieva la spada dal petto di suo padre.
Tu menti! Ribadì la ragazza.
Davvero? Perché non lo chiedi a quella strega che mia moglie si è portata in dote? Come si chiama? Ah sì, Eloine, perché non lo chiedi a lei? Le disse assimilando compiaciuto i dubbi di quella ragazza.
Katrin non ci voleva credere. Era vero che suo padre era un uomo che disprezzava ma quello che le aveva rivelato andava oltre ogni immaginazione. Perché l’aveva comprata? E dove erano i suoi veri genitori? Non sapeva se ridere o piangere. Rinfoderò la spada e rimase ad osservare l’uomo che aveva sempre creduto suo padre. Doveva scoprire la verità.
Una rabbia e un dolore che non aveva mai conosciuto si impossessarono di lei, sapendo che non avrebbe potuto controllarsi a lungo decise di mantenere ancora per qualche minuto la calma. Versò del liquore in due bicchieri e si avvicinò a suo padre.
Che ne dici, lord Semple, brindiamo alla verità?  L’uomo scolò tutto d’un fiato il liquore e ricadde sul letto ricominciando a russare.
Katrin posò il suo bicchiere e uscì da quella stanza con una verità che doveva confermare. Aveva bisogno di sapere e l’unica persona che poteva dirle tutta la storia era Eloine.


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giovedì 24 ottobre 2019

KATRIN, la sua storia



KATRIN, la sua storia

parte ventuno





Ottobre era iniziato portando vento e pioggia, l’autunno sembrava avere fretta di farsi sentire. Katrin diventava ogni giorno più bella, i capelli si erano un po’ allungati e il suo viso felice era una gioia per i due amici che le volevano bene.
Nonostante il brutto tempo lei ed Alfred erano in cortile e facevano allenamento con l’arco. Miss Katrin, deve imparare a usare l’arco con ogni intemperia, ci sarà sempre sole negli occhi, vento contrario, pioggia sulle palpebre ma bisogna saper usare l’arma, molto spesso è quello che ci salva la vita. Le insegnava il maestro.
Rimasero finchè ci fu luce. Alfred era orgoglioso delle capacità di Katrin, migliorava sempre di più, anche con la spada, dio non volesse che qualcuno la ostacolasse o avrebbe avuto una brutta sorpresa.
Da quando Helen se ne era andata, tutti i compiti erano di competenza di Sara, ma lavorare con lei era davvero piacevole e, con la sua giovane e sveglia intelligenza imparava ogni cosa molto in fretta: che fosse un duello o acconciarsi i capelli per un pranzo di gala, ormai sapeva fare di tutto.
Per tutto l’inverno non ci furono novità. Suo padre si era ammalto ma ora stava di nuovo bene. Si erano trovati insieme solo per il pranzo di Natale e non si erano scambiati che poche parole.
La vita di Katrin sembrava procedere serenamente. Quell’anno avrebbe compiuto quindici anni ed era davvero bellissima.
Aprile era sbocciato quasi all’improvviso con i suoi colori e profumi. Katrin e Alfred uscivano spesso a cavallo per allenarsi fuori dalle mura. Stavano galoppando veloci e duellando con le spade, Lampo inciampò in una buca nascosta e lei cadde rovinosamente da cavallo. Lanciò un urlo di dolore, cercò di rialzarsi ma non ci riuscì. Alfred le fu subito accanto e l’aiutò a salire sul suo cavallo.
Dove si è ferita, miss Katrin? Le chiese con voce preoccupata. Non ti preoccupare, Alfred, è solo una caduta ma credo che per un po’ non potrò cavalcare. Gli rispose.
Giunsero al castello e, con delicatezza Alfred l’aiutò a scendere, la sorreggeva mentre suo padre osservava la scena dalla sua finestra. Quello che vide lo fece infuriare, nella sua mente ottenebrata aveva scambiato quei gesti come sconvenienti: nessuno poteva trattare con così tanta confidenza sua figlia. Cercò di trattenere l’ira, ma non ci riuscì.
Mentre Katrin raggiungeva la sua stanza con Sara, Alfred portava i cavalli alle scuderie. Quello che avvenne fu talmente violento e inaspettato che nessuno dei presenti osò fiatare.
Lord Semple fece schioccare la frusta e colpì alle spalle l’ignaro soldato.
Il grido di dolore gli uscì senza che riuscisse a trattenerlo. Si voltò per scoprire chi lo avesse colpito e si trovò di fronte la faccia rossa e infuriata del suo padrone.
Come osi mancare di rispetto a mia figlia? Cosa le hai messo in testa? Tu non sei degno nemmeno di toccarla! Ed io che mi sono fidato di te per tutto questo tempo. Prendi la tua roba e vattene subito da casa mia. Urlava come un dannato mentre Alfred non capiva a cosa si riferisse. Avrebbe voluto ribattere ma un’altra frustata lo colpì sulla spalla, lord Semple sembrava posseduto dal demonio.
Intervenne il capitano e si mise fra i due. Ci penso io, lord Semple. Aspettarono che se ne tornasse nelle sue stanze prima di muoversi.
Alfred sanguinava. Fu medicato mentre raccontava al suo capitano cosa era successo. Il suo superiore sapeva da tempo delle sfuriate del suo padrone, di come fosse perennemente ubriaco ma non poteva disobbedire ad un ordine. Fasciò le ferite di Alfred, gli consegnò la sacca con i suoi averi e lo accompagnò fuori dalle mura. Mi dispiace molto, Alfred, so quanto tu sia affezionato a miss Katrin.
Ancora dolorante, in groppa al suo cavallo si diresse alla sua fattoria. Aveva bisogno di riprendersi.
Katrin si stava rilassando nella vasca da bagno, aveva preso una botta ma tutto sarebbe passato. Rimase con Sara fino a sera e mangiarono insieme, un’abitudine che avevano preso dal loro ritorno a casa dopo la visita al nonno.
La porta si aprì e il nuovo giorno si preannunciava gradevole e soleggiato, sarebbe bastata una passeggiata quel giorno, niente allenamento almeno per un po’. Sara entrò e lei l’accolse sorridendo, fino a quando scoprì il viso sconvolto della sua tutrice.
Cosa è successo, Sara? Cosa ti turba? Le chiese cominciando ad essere preoccupata. Si accorse degli occhi rossi e di alcune lacrime che le erano sfuggite. Le presa la mano e si sedettero davanti al camino.
Avanti Sara, non tenermi sulle spine! Insistette.
Sara cercò di trattenere le lacrime ma non ci riuscì. Guardò la ragazza che aveva di fronte. Ieri tuo padre ha frustato Alfred e lo ha cacciato via. Dice che si è comportato in modo sconveniente nei suoi confronti, miss Katrin. E ricominciò a piangere.
La ragazza rimase interdetta per alcuni minuti, mentre offriva un fazzoletto a Sara.
Chi è stato a mettere in giro queste calunnie? Volle sapere.
Vi ha visti rientrare e dice che Alfred si è comportato con lei in modo sconveniente.
Katrin si ricordò dell’aiuto che le aveva dato, e una rabbia bollente cominciò a salirle dalla pancia, sempre più su finchè non le esplose nella testa.
Si alzò in piedi come una furia, e con la spada già al fianco andò di corsa a cercare suo padre. Questa volta gliel’avrebbe fatta pagare.

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mercoledì 23 ottobre 2019

KATRIN, la sua storia


KATRIN, la sua storia

parte venti






Erano seduti entrambi e si osservavano in silenzio. Nella testa ottenebrata dell’uomo passavano vari pensieri, non conosceva niente della famiglia di quella figlia di nessuno, e si chiese se poteva esserci un filo di follia. Tutto era possibile ma lui doveva tenerla buona, almeno fino a che trovava una soluzione al problema dell’eredità.
La ragazza lo osservava e vedeva varie espressioni passare sulla faccia flaccida di suo padre, gli zigomi pieni di vene rosse e gonfie denotavano molto chiaramente la sua abitudine al bere. Rimaneva lì, ad osservarlo, con la mano sull’elsa della spada. Non sarebbe servito usarla, sarebbe morto presto da solo se continuava a bere in quel modo.
Nessuno dei due si decideva a parlare. Katrin restava seduta senza distogliere lo sguardo dal viso di suo padre. Mi hai mandata a chiamare, che cosa vuoi dirmi? Si decise a chiedergli.
Suo padre si riscosse dal torpore. Tuo nonno vuole che passi da lui il mese di settembre ed io ho acconsentito. Le disse mentre si asciugava la bava che gli scendeva dalla bocca.
La ragazza fece una smorfia di disgusto. Sono felice della tua approvazione, padre. Gli rispose sempre calcando sulla parola padre. Sara ed Alfred verranno con me. Non era una richiesta. Era una sfida che gli lanciava, aveva deciso di cominciare la sua battaglia personale contro quell’uomo e questa era la sua prima volta.
Katrin si alzò e riempì un calice per suo padre e uno per lei. Brindiamo al nostro accordo. Gli disse e uscì lasciando il suo boccale intatto sulla scrivania.
Mancavano ancora due mesi prima della partenza ma era sicura che tutto sarebbe andato bene.
I due mesi passarono senza incidenti. Katrin non aveva più rivisto suo padre e questo le faceva piacere.
Sara era in carrozza con lei mentre Alfred le seguiva a cavallo. Finalmente raggiunsero il castello di lord Sheppard. Il vecchio lord era sulla soglia, appoggiato al suo bastone e sorrideva felice nel vedere sua nipote corrergli incontro. Dio quanto era bella, e quanto somigliava alla sua povera figlia. Per fortuna non aveva niente in comune con suo padre, e questo lo rallegrava.
Benvenuta, Katrin. La salutò con gli occhi che gli brillavano. Lei non si trattenne e contro ogni convenzione lo abbracciò e lo strinse a sé. Sono così contenta di essere qui, nonno, non sai quanto. Lo prese per mano ed entrarono. Il vecchio signore si appoggiava pesantemente al bastone ed aveva il passo lento. C’è qualcosa che non va, nonno? Gli chiese vedendo quanta sofferenza cercava di trattenere. Sono solo vecchio, tesoro mio. Le rispose.
Fu un mese dolce in ogni senso. Nonno e nipote passavano insieme ogni istante che potevano. Lord Sheppard amava quella ragazza con tutto se stesso, portava il nome della sua adorata moglie ed era la bambina della sua amata e unica figlia.
Ogni tanto Katrin sentiva di essere osservata, Eloine, sempre in disparte si nascondeva e la spiava senza avere il coraggio di avvicinarla. Avrebbe voluto chiamarla, abbracciarla, tenerla stretta fra le sue braccia come quando era piccola, ma aveva perso quel privilegio quando era stata allontanata dal castello.
La carrozza la stava riportando a casa e lei era molto triste. Sara la osservava, non l’aveva mai vista così felice come in quelle settimane passate dal nonno.
Va tutto bene, miss Katrin? Le chiese la donna.
Katrin sospirò. Mi piacerebbe passare più tempo al castello del nonno, o vivere con lui, ci vado troppo poco. Le rispose.
Sapevano entrambe che lord Semple non lo avrebbe mai permesso.
Katrin si sporse dal finestrino e chiamò Alfred. Dista molto la tua fattoria? Gli chiese. E’ piuttosto distante, miss Katrin, dovremmo ritardare di un giorno il rientro. Le rispose.
Allora andiamo a trovare Vento. E presero la strada della fattoria.
Valse la pena sopportare quelle ore sulla carrozza. Quando arrivarono Katrin corse al recinto e Vento l’aveva sentita arrivare. Oltrepassò la palizzata con un balzo che non aveva niente di elegante e abbracciò il suo vecchio compagno. Lacrime umane e animale si mescolavano. Gli saltò in groppa, senza sella e gli parlò con tutto l’amore che provava. Era vecchio ma era stato il suo primo amico, ed era felice che avesse trovato un bel posto dove passare il resto della sua vita.
I genitori di Alfred li accolsero con calore e passarono una serata davvero piacevole. Il mattino arrivò fin troppo in fretta. Katrin era al recinto già da un pezzo quando Alfred la chiamò, la carrozza era pronta e dovevano tornare in fretta.
Ringraziò e salutò quella splendida famiglia si preparò a raggiungere casa sua.
Non era felice, ma sapeva che non poteva sottrarsi.


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martedì 22 ottobre 2019

KATRIN, la sua storia


KATRIN, la sua storia

parte diciannove






Katrin aveva compiuto quattordici anni. Non era più una bambina e non era ancora una donna. Si trovava nel mezzo di un’età in cui una madre fa sempre la differenza, ma lei era sola e se si guardava intorno non vedeva proprio nessuno che l’amasse.
Aveva un peso sul cuore che non sarebbe stato facile sollevare: rabbia, risentimento e perfino odio che indirizzava verso suo padre e contro il destino che era stato così ingeneroso con lei.
Non era una stupida ragazzina, aveva messo a frutto gli studi e sapeva difendersi come un maschio. Cosa voleva da lei la vita? E soprattutto cosa voleva lei stessa dalla propria vita?
Raggiunse la sua stanza, la colazione era sul tavolo e cominciò a mangiare, le era mancato molto il cibo e soprattutto l’acqua, ne era consapevole. Prese un pezzo di pane e si rese conto di quello che veramente era: una ragazzina sola, senza amici, senza genitori, senza nessuno che l’amasse.
Un groppo le chiuse la gola e rimise il pane nel piatto. Perché le era toccato tutto questo? Una sola persona l’aveva veramente amata e se ne era andata così in fretta. Finalmente cominciò a singhiozzare e una cascata di lacrime sembrava non avessero freno. Il petto era squassato dai singhiozzi, il ricordo di sua madre la faceva così tanto soffrire! Dio come sarebbe stato tutto diverso se lei fosse vissuta! Poco alla volta si calmò, se voleva sopravvivere sufficientemente per lasciare quel maledetto castello doveva essere forte, e prese la decisione: avrebbe lottato con tutte le sue forze, contro tutto e contro tutti fino ad arrivare alla maggiore età ed essere libera di andarsene. Era consapevole che suo padre aveva molto potere su di lei, ma lei non era più disposta a lasciarsi sopraffare. Con un gesto stizzito si asciugò le ultime lacrime e sentì bussare. La voce di Helen chiedeva il permesso di entrare. Torna fra un’ora. Le disse, e quella se ne andò.
Riprese a mangiare, nonostante il groppo che le chiudeva la gola, doveva riprendere peso e forze, doveva tornare ad allenarsi. Ripensò al volto dolce e gentile di Alfred, ecco, lui e Sara forse le erano affezionati, e lei si sarebbe accontentata di questo.
Aveva ripreso il controllo e terminato di mangiare quando Helen tornò, e lei la fece entrare.
L’istitutrice sembrava invecchiata di dieci anni. Katrin la osservava mettendola apposta a disagio. Cosa facciamo, oggi. Le chiese a ragazza. La donna alzò lo sguardo e si rese immediatamente conto di come fosse cambiata quella ragazzina in così poco tempo. Sono venuta a dirle che me ne vado, con lei ho finito il mio compito. Ho già dato la lettera a suo padre e domani parto. Sono venuta solo per comunicarglielo personalmente. Le disse tutto d’u fiato.
Finalmente una bella notizia, un bel regalo di compleanno. Ora può andare, miss Helen. Finì la frase con disprezzo, e quella girò sui tacchi e uscì di corsa.
Katrin rimase alcuni minuti davanti alla finestra, non era abituata a stare senza far niente e le tre settimane di prigionia le avevano messo nel sangue una voglia di muoversi e di correre che non aveva mai conosciuto.
Andò dal capitano delle guardie e gli chiese una scorta per uscire dal castello, una passeggiata era tutto quello che poteva permettersi, le forze erano poche, il dolore ai muscoli e alle piaghe non le davano tregua ma lei non si sarebbe fermata.
Per più di una settimana uscì scortata dalle mura del castello e, colorito e forze stavano tornando, aveva cominciato a mangiare di più e Sara l’aiutava e le faceva compagnia quando era nella sua stanza.
Domani riprendo ad allenarmi. Non vedo l’ora. Disse a Sara. Si sorrisero, un sentimento di affetto era sbocciato fra tutte e due e questo aveva calmato l’ansia della ragazzina.
Luglio era appena iniziato e il caldo era soffocante. Nel cortile Katrin e Alfred erano impegnati con la lezione di scherma. Il cameriere personale di lord Semple li raggiunse e chiese alla ragazza di seguirlo.
Lei rinfoderò la spada, seguì l’uomo che l’accompagnò nello studio di suo padre.
Lord Semple l’accolse seduto dietro la scrivania. Spalancò gli occhi quando la vide entrare: i corti capelli spettinati, il viso sudato e la divisa bagnata appiccicata alla pelle disegnava il corpo non più acerbo di quella figlia di nessuno. Ogni volta che l’aveva davanti non riusciva a non pensare a tutta la faccenda e ogni volta si alterava sempre di più. L’alcol gli aveva appannato i sensi ma in quel momento era piuttosto sobrio.
Sembri una selvaggia. Le disse. Non c’è stato tempo per rendermi presentabile ai tuoi occhi, anche se credo che non avrebbe cambiato niente. Gli rispose. L’uomo si alzò di scatto, quell’impertinente osava ribattere.
Vuoi tornare nella torre? Grugnì alzandosi in piedi. Anche lei si alzò. Io non andrò più nella torre, padre! E calcò sulla parola padre.
Davvero? E chi me lo può impedire? Le rispose beffardo.
Katrin gli piantò gli occhi negli occhi, a poca distanza, come l’ultima volta che si erano scontrati e che l’aveva mandata nella torre.
Lentamente, molto lentamente sguainò la spada e la tenne abbassata al suo fianco. Aveva lo sguardo infuocato, di fronte all’uomo che odiava più di tutto al mondo faticava a trattenersi. Devi solo provarci per scoprirlo. Gli rispose riprendendo posto sulla poltrona.
All’uomo servirono alcuni istanti per riprendersi e sedersi a sua volta.

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lunedì 21 ottobre 2019

KATRIN, la sua storia


KATRIN, la sua storia

parte diciotto






Sara accolse Katrin nella sua stanza. Alfred l’aveva accompagnata mentre le spiegava che la sua prigionia era finita anzi tempo.
L’istitutrice osservava la ragazzina senza dare a vedere quello che provava: aveva davanti non una bella ragazza ma uno spaventapasseri sporco e con la testa piena di pidocchi.
Venga, miss Katrin, la vasca è pronta, abbiamo da fare. Le disse mentre la liberava dagli indumenti lerci e strappati.
Katrin non aveva ancora detto una parola. Era impossibile non notare quanto fosse cambiato il suo sguardo, non era più quello di una ragazzina ma quello di una giovane donna che aveva sofferto, e c’era dell’altro che Sara si rifiutava di sondare.
L’acqua era piacevole e l’istitutrice si diede da fare per ripulirla ma i capelli erano un vero vespaio.
Passami le forbici. Sara quasi si spaventò nel sentire la voce roca di Katrin. Esitava. Ti ho detto di passarmi le forbici! Anche il tono era diverso, non le aveva mai dato del tu e non l’aveva mai guardata con uno sguardo così freddo. La donna le passò le forbici.
Katrin si alzò in piedi nella vasca dove galleggiava tutto il sudiciume di quelle tre settimane tremende. Tre, quattro tagli e anche i suoi lunghi capelli galleggiavano insieme ai pidocchi.
Fai cambiare l’acqua e fanne portare dell’altra, non ho ancora finito. Le ordinò.
Ci vollero altre due ore prima che fosse lavata e la sua testa fosse liberata dai pidocchi. Sembrava una selvaggia con i riccioli corti e Sara provvide a sistemarglieli con delle forcine.
Si sedettero a tavola, c’era ben poco per cena, nessuno si aspettava che tornasse prima del previsto ma Sara era riuscita a farle portare del dolce, dopo tutto era il suo compleanno.
Buon compleanno, miss Katrin. Le disse prima di uscire.
Fuori era sceso il buio e lei stava alla finestra, nel suo solito atteggiamento e guardava il cielo stellato, le era mancata la libertà, non avrebbe mai immaginato che stare prigionieri fosse così dura. Ci sarebbero voluti parecchi giorni per far tornare la voce e curare il fuoco che aveva in gola. Maledetto! Pensò di nuovo. Si passò le mani fra i capelli, era una sensazione strana e sapeva che suo padre non ne sarebbe stato contento, per questo l’aveva fatto, per dimostrare al mondo intero che lei non era più una bambina e che avrebbe lottato contro suo padre con ogni mezzo possibile. Si decise a mettersi a letto. Sara le aveva spalmato un unguento sulle piaghe che aveva e le dolevano in modo indicibile, avrebbero pagato anche per questo, e miss Helen sarebbe stata la prima.
Finalmente si coricò e potè dormire un sonno tranquillo.
L’alba era appena spuntata e Katrin si era già rivestita. Corse alle scuderie ma Vento non c’era più! Rimase impalata ad osservare il box vuoto e ripulito, stringeva le mani sul legno mentre dentro di lei passava la tempesta. Vento era il suo cavallo, l’ultimo ricordo che aveva di sua madre, come aveva potuto suo padre darlo via? Avrebbe voluto piangere dalla rabbia ma si accorse che aveva gli occhi asciutti: nessuna lacrima riusciva a scendere.
Si girò sentendo dei passi. Alfred la raggiunse e anche lui rimase colpito dal suo sguardo. Buongiorno, miss Katrin. Non si preoccupi per Vento. Era ormai piuttosto anziano e nessuno lo avrebbe comprato, ci ho pensato io e l’ho portato nella fattoria dei miei genitori. Viene trattato bene e presto andremo a trovarlo. Le disse il soldato.
Non l’ho ancora ringraziata, mi ha aiutata a sopportare la torre, non so se ce l’avrei fatta senza il suo aiuto, ed ora vedo che si è preso cura anche di Vento. Perché fa tutto questo? Gli chiese gentilmente.
Io sono venuto qui con la scorta di sua madre, miss Katrin. La conoscevo da tanto tempo e ho visto cose che non avrei voluto vedere. Poi è nata lei e qualcosa è cambiato, ma la sua prematura morte ha portato in questo posto e in chi ci abita tristezza e dolore. Lei è la figlia di lady Harriet e merita qualcosa di meglio. Le rispose tutto d’un fiato.
Rimasero in silenzio per alcuni minuti. Ognuno ripensava alla donna che avevano amato e rispettato e a come erano andate le cose dopo la sua morte.
Quando possiamo riprendere gli allenamenti? Volle sapere la ragazza.
Quando si sarà ripresa e avrà recuperato un po’ di peso. Qui c’è la sua spada, il suo arco e le sue frecce, ed io sono sempre pronto ad insegnarle. Le disse sorridendo.
Ma non ho più un cavallo! Disse desolata la ragazza.
Mi segua miss Katrin. C’è una sorpresa per lei. L’uomo la precedette e si fermò davanti ad un box da dove spuntava il muso dolce di un giovane cavallo pezzato. Questo è il regalo di suo nonno, pensava che si fosse dimenticato di lei? Le disse con un sorriso mentre osservava l’espressione della ragazza. Lei accarezzò quel muso caldo e cominciò a parlargli. Dovrà dargli un nome, miss Katrin.
Lei aveva gli occhi lucidi, era felice del bellissimo regalo che suo nonno le aveva mandato. Un lampo passò fra animale e ragazza, già si amavano. Si chiama Lampo, questa dolcezza si chiama Lampo. Entrò nel box e iniziarono a fare conoscenza. Ancora non poteva cavalcare, le piaghe erano ancora aperte e dolorose ma presto avrebbero galoppato nel vento.
Mio padre è a conoscenza di questo regalo? Volle sapere.
Alfred misurava le parole. Non credo, miss Katrin. Ultimamente è piuttosto assente. Le rispose.
Puoi anche dire che è costantemente ubriaco, e ti dirò quello che ho detto a lui: io non voglio essere sua figlia, non lo voglio come padre. Gli rispose mentre il suo sguardo si scuriva.
Grazie di tutto, Alfred. Gli disse mentre rientrava.


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venerdì 18 ottobre 2019

KATRIN, la sua storia


KATRIN, la sua storia

parte diciassette






Era stanca di subire le angherie di Helen e di suo padre. Cosa potevano farle più di quello che le stavano facendo? Suo padre non l’avrebbe lasciata morire, era un uomo incattivito, quasi sempre in preda ai fumi dell’alcol, ma lei sapeva che suo nonno non gli avrebbe permesso di farle del male.
Si chiedeva in continuazione il perché suo nonno non si facesse vivo più spesso. Ah se avesse potuto fargli sapere quello che le stava capitando!
La serratura scattò e lei si irrigidì. Dopo quello che era successo il giorno prima non sapeva cosa aspettarsi. Intravide Alfred che faceva la guardia e si scambiarono uno sguardo veloce. Helen tremava mentre sistemava la caraffa colma d’acqua e la pagnotta sul tavolino. Mangia un pezzo di quel pane. Le intimò Katrin. Quella ne strappò un boccone e lo masticò a lungo prima di inghiottirlo. La ragazzina si alzò e Helen spalancò gli occhi tremando. Fai bene ad avere paura, da oggi in poi dovrai guardarti le spalle, ma forse non sarà abbastanza, so usare molto bene arco e frecce e arrivo molto lontano. Ora vattene e guai a te se dici qualcosa a mio padre. Helen uscì di corsa.
La serratura non scattò e la porta si riaprì poco dopo. Alfred entrò facendole segno di non parlare. Ho poco tempo, bisbigliò l’uomo, ti ho portato questo, cerca di non cedere, Sara ed io faremo di tutto per aiutarti ma non è facile, tuo padre ha organizzato la tua prigionia con cura estrema. Rimase ancora un minuto ad osservarla, sentendo una gran pena prima di uscire.
Katrin aprì il fagotto e sorrise vedendo fichi secchi, uva passa, perfino un vasetto di miele. Spezzò il pane e cominciò a mangiare con voracità, e finalmente potè bere acqua pulita.
Cominciò a seguire il tran tran delle giornate, cercava di lavarsi, di mangiare e aspettava il cibo che Alfred le faceva arrivare. Era stanca e i muscoli le dolevano, girava in tondo per ore e ore cercando di sgranchirsi i muscoli.
Era il giorno del suo compleanno, il suo quattordicesimo compleanno e doveva restare nella torre ancora per una settimana. I capelli erano un groviglio di nodi e di sudiciume, i vestiti puzzavano come lei e non riusciva più a dormire.
Guardava fuori dalla finestrella sperando in un temporale che portasse un po’ di frescura. Quei giorni, quegli interminabili giorni avevano lasciato il segno, si sentiva fuori posto in quel castello, odiava suo padre e cercava il modo per vendicarsi di quello che le faceva subire. Io non voglio essere tua figlia. Non ti voglio come padre. Ripeteva spesso ad alta voce, e decise che si sarebbe vendicata.
Si sedette al solito posto e chiuse gli occhi. Quanto mi manchi, mamma. Pensò mentre lacrime amare le bagnavano il viso.
Sulla ghiaia si sentirono le ruote di una carrozza. Lord Semple l’aspettava. Sentì bussare e il suo cameriere fece entrare l’ospite.
L’incaricato di lord Sheppard entrò nello studio. Il padrone era seduto sulla sua poltrona e aveva davanti un vassoio con vino e bicchieri.
Posso offrirle da bere? Chiese il padrone di casa, ma quello rifiutò. Consegnò un bauletto e un foglio da firmare. Lord Semple firmò e chiamò il suo cameriere per accompagnare fuori l’ospite.
Quello si alzò e rimase qualche attimo in silenzio. Lord Sheppard vuole sapere come sta sua nipote, ho un regalo per il suo compleanno da consegnarle. Gli disse.
Mia figlia è indisposta, dica a suo nonno che le farò avere il suo regalo. Ora può andare. E lo accompagnò lui stesso alla porta.
Mentre la carrozza si allontanava lui aprì il cofanetto ed estrasse i dieci lingotti d’oro. Avrebbe dovuto essere felice della sua ricchezza che aumentava sempre di più, ma la sua mente sempre più annebbiata dall’alcol e dal risentimento non riusciva ad accettare che quella figlia di nessuno lo avrebbe privato della maggior parte dell’eredità. Ripose l’oro in cassaforte e bevve altro vino.
Russava ubriaco nel suo studio, succedeva molto spesso. Entrò il capitano delle guardie e rimase qualche istante ad osservare il suo padrone. Non era compito suo fare rimostranze ma cominciava ad avere meno rispetto per quell’uomo, ricco e potente che ogni giorno si lasciava andare sempre di più. Aveva ricevuto il rapporto delle guardie, e soprattutto di Alfred così aveva deciso di intervenire, approfittando proprio della semi incoscienza del suo padrone.
Lord Semple! Chiamò il capitano. Dovette ripete il nome per ben tre volte prima che quello aprisse gli occhi e capisse chi aveva di fronte.
Cosa c’è? Biascicò mentre si puliva la bocca dalla saliva che gli colava.
Lord Semple, è ora di far uscire miss Katrin. Gli disse.
E’ già passato un mese? Si stava rischiarando le idee.
No signore, ma ho paura che un’altra settimana in quel posto possa essere pericolosa, e non credo che lei la voglia malata o morta. Gli riferì rimanendo rigido.
Lord Semple cercò di schiarirsi le idee, il suo capitano aveva ragione e la punizione era già stata molto grave. Le do il permesso di farla uscire, ma non la voglio vedere. Gli rispose.
Il capitano salutò e uscì. Fuori c’era Alfred ad aspettarlo e gli fece un cenno con la testa. Salirono insieme alla torre, finalmente la prigionia era finita.

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