domenica 30 settembre 2018

INNO ALLE RUGHE


INNO ALLE RUGHE


Mi capita spesso di osservare il volto delle persone, niente parla ed esprime più della vita che le rughe dipingono per ognuno di noi, e non mentono mai.
Così la fronte, che denota l’espressione di chi si è tanto corrucciato, o impegnato e assorto, forse per pregare, o per trattenere sentimenti e dispiaceri, o la volontà di spaccare tutto ma poi non ne ha fatto niente. Quelle linee in mezzo agli occhi così profonde e scolpite che nemmeno lo scalpello di Michelangelo le avrebbe potute fare così perfette: proprio perché vere e non sottintese.
E poi gli occhi: che siano chiari, scuri, accesi o spenti, veritieri o falsi, se ne guardi i solchi che li contornano li capisci più delle parole. Puoi vedere quante volte quel viso ha sorriso, ha riso, ha sofferto ed ha pianto, le puoi perfino contare e quanto è dolce accarezzarle, sono la vita stessa che quella persona ha vissuto. A volte sono rade, a volte sono fitte e numerose e questo dipende se ha riso troppo o ha pianto troppo, sta a me che le osservo capire se quel volto è portato più al pianto o al riso.
E che dire della bocca? Intorno alle labbra c’è tutto un mondo di tristezza e di gioia, qui ci sono le rughe che distinguono i sorrisi veri da quelli falsi e, forse ancora di più di quelle degli occhi, fanno capire chi ha pianto così tanto nella vita.
La gente indossa spesso la maschera quando esce per strada ma c’è sempre un momento che la maschera cade e, se sai cogliere proprio quell’attimo troverai la verità scolpita dal miglior artista del mondo: noi stessi.
La vita scolpisce i volti di ognuno di noi, quelle sono le rughe che mettiamo in mostra, poi ce ne sono altre talmente nascoste nel profondo della nostra Anima che le sa vedere solo chi è Aliena come me.
Amo le rughe perché si possono spianare con una carezza, con un sorriso o con parole di conforto, amo le rughe perché sono degli Uomini e Donne vere, amo le rughe come opere d’arte incompiute che si portano a spasso la nostra Eternità.


diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

sabato 29 settembre 2018

ELOISE


ELOISE

P. QUARANTADUE E QUARANTATRE




Varcò la soglia della baracca delle guardie con lo sguardo ancora imbronciato. Oliver se ne accorse ma fece finta di niente.
Il tuo padrone ha bisogno di imparare parecchio su quella che ritiene la sua gente! Non si farà amare, non serve essere obbedito o temuto se non hai il rispetto di chi lavora per le tue ricchezze! Sbottò bevendo un sorso di birra fresca.
Non ti piace sir Power? Le chiese Oliver. La ragazza rimase silenziosa per qualche attimo. No, non mi piace ma non è importante. Importa che sia un buon padrone. Noi siamo gente semplice, gran lavoratori e non ci serve essere comandati a bacchetta per fare il nostro dovere. Spero che quando sarà sposato possa formare il capostipite di una nuova generazione di castellani amati dal popolo. Gli rispose convinta.
Spero di non dover sedare una rivolta con te a capo! Scherzò Oliver.
Eloise si accorse del pallore e della stanchezza del suo amico, si alzò e si congedò con la promessa che sarebbe tornata ancora.
L’autunno quell’anno era più dolce del precedente. Le giornate erano ancora tiepide e i campi erano pronti per il grande freddo. Tutto stava rallentando, soltanto i lavori al castello continuavano frenetici ed erano davvero avanzati.
In casa, Rose ed Eloise stavano riposando davanti al camino acceso. Il cane cominciò a ringhiare e la ragazza andò alla porta. Fu davvero sorpresa di trovarsi di fronte sir Power, non lo aveva più visto. Lo osservava attentamente, era un suo difetto cercare di scoprire sul viso delle persone le emozioni che portavano dentro.
Buon pomeriggio, miss Eloise, anche a lei missis Rose. Posso avere il permesso di parlare con sua figlia? Chiese educatamente.
La ragazza prese uno scialle e uscì di casa, incuriosita. Il cavaliere rimaneva in silenzio e lei non lo agevolava per niente. Avevano fatto alcuni passi e l’uomo si fermò. I suoi occhi si immersero nel viso bellissimo di Eloise e dovette faticare parecchio per non prenderla fra le braccia. Il ricordo del bacio che si erano scambiati era impresso indelebile nei suoi più bei ricordi, e questo lo innervosiva oltre ogni limite.
Voleva parlarmi?  Chiese la ragazza. Si stava spazientendo.
Ho pensato di portarle un piccolo regalo. Lo so che non vuole niente in cambio dell’aiuto che ci ha dato, ma la prego, lasci che possa donarle un piccolo oggetto, solo per dimostrarle la mia gratitudine e quella di Oliver. Prese un piccolo astuccio e glielo porse. Ho pensato a lei quando l’ho visto, era di mia madre e credo che sarebbe felice che lo donassi alla ragazza che mi ha salvato la vita. Le disse tutto d’un fiato.
Eloise aprì l’astuccio che conteneva una sottile catenella e un ciondolo a forma di girasole. Pietre preziose ne rendevano i colori meravigliosi, era piccolo ma doveva avere un grande valore e lei non aveva mai posseduto gioielli. Era senza parole mentre lo osservava, le piaceva davvero ma non sapeva se fosse opportuno accettarlo.
Vedendo la sua titubanza sir Power le prese le mani. La prego di accettarlo, mi renderebbe felice.
E’ davvero molto bello, io non ho mai posseduto gioielli, è il primo, così come è stato il primo bacio quello che mi ha rubato. Cosa vuole da me, sir Power? Gli chiese alzando lo sguardo sul viso dell’uomo.
La ragazza rivide le stesse emozioni che l’uomo aveva in riva al fiume e si allontanò di un passo.
Il cavaliere rimase in silenzio. Il suo intento era stato soltanto quello di ringraziarla e di farsi perdonare per il modo brusco in cui l’aveva trattata l’ultima volta, ma si rese conto, e questo lo spaventò che avrebbe voluto portarla con sé e scappare lontano, dove non esistevano pericoli, e vivere con lei tutta la vita. Per la prima volta ammise a se stesso che si era innamorato di una ragazzina sfacciata che non sarebbe mai stata sua.
Il suo umore cambiò, così come il suo sguardo. Dalle mie parti si usa fare un dono per ricambiare. Imparerò a seguire le usanze di questo posto da domani in poi, per oggi sarei davvero felice se lo accettasse. Riuscì a dirle.
Va bene, è davvero molto bello e sento che è donato col cuore, lo accetto, ora siamo pari. Entri, mia madre vorrà essere messa al corrente di questo dono, non capita tutti i giorni di ricevere un gioiello come questo e potrebbe fraintendere.
Rose ed Eloise osservavano il cavaliere che si allontanava. Deve essere molto solo il nostro padrone. Disse alla figlia. Ognuno si sceglie la propria vita. Le rispose semplicemente.
Finalmente era giunto il giorno dell’inizio della scuola di ballo di miss Maffy. Eloise era pronta e sua madre l’accompagnò alla scuola. C’erano una decina di ragazze e solo cinque ragazzi, avrebbero dovuto litigarseli.
Miss Maffy li mise al corrente delle regole della scuola e iniziarono il corso.
All’inizio impararono a muoversi più elegantemente nei loro balli tradizionali, era davvero una grande allegria, soprattutto per la musica stonata che mister Gunnas elargiva a piene mani.
Miss Maffy chiamò a raccolta i suoi allievi. Per il saggio di fine anno dovrete munirvi di un abito da ballo, poi vi insegnerò ad acconciarvi i capelli e imparerete come si balla alla corte del re.
Rimasero tutti sorpresi, chi mai sarebbe andato a corte? Ma lo sguardo della maestra non prometteva niente di buono e rimasero zitti.
Uscirono scherzando su quello che li aspettava ed Eloise corse a casa a raccontare le novità a sua madre. Ci sarebbe stato da ridere al saggio di fine anno.




Ottobre aveva portato con sé le prime nebbie. Il fumo usciva da ogni comignolo e gli abiti pesanti erano stati tolti dalle casse. Tutto era rallentato, come ogni anno all’arrivo della stagione fredda.
Le donne del villaggio si erano organizzate a casa di una di loro e si ritrovavano insieme per cucire gli abiti da ballo per il saggio di fine corso.
Era un bel modo di passare insieme un paio di pomeriggi alla settimana. Si era creato un bell’ambiente e si confidavano come non era mai successo. La sordità di Rose le impediva di partecipare vivacemente ai discorsi ma riusciva a capirne la maggior parte. Erano tutte mamme che adoravano i propri figli e figlie e i discorsi, inevitabilmente erano principalmente su di loro.
Il mese era quasi finito e la neve aveva cominciato a cadere leggera. Era un pomeriggio di quelli in cui Rose era impegnata con le amiche del cucito ed Eloise si stava annoiando. Il profumo di rosa si era intensificato. Guardò fuori dalla finestra il leggero manto bianco sul sentiero e seguì l’impulso del momento. Sellò Beatrice e sotto lo sguardo rassegnato di suo padre si allontanò al galoppo.
Raggiunse l’altura. La leggera foschia le impediva di vedere chiaramente le mura che si stagliavano verso il cielo. Non poteva vedere niente altro ma sapeva che i lavori erano proseguiti e che ancora non si erano fermati. Molte baracche erano vuote in attesa della bella stagione quando i lavoranti sarebbero ritornati.
Non vedeva Oliver da parecchio e lei non era più andata a trovarlo, pur avendogli promesso che ci sarebbe tornata. Beatrice percepiva il nervosismo della sua padrona e scalciava impaziente.
Era arrivata fino a lì, tanto valeva proseguire e andare al castello. Fu una grande sorpresa trovare il portone già montato, non era chiuso e lei lo varcò in sella a Beatrice.
Erano ancora tanti gli uomini al lavoro, la fucina andava a pieno ritmo, così come i falegnami, c’erano molti lavori che si potevano fare anche col cattivo tempo e l’inverno era ancora di là a venire.
Che ci faccio qui?  Pensò non sapendo cosa fare. Allen la vide e la raggiunse.
Buongiorno miss Eloise, che sorpresa! Venga, qui fa troppo freddo. L’accompagnò nella loro baracca e le offrì da bere del vino caldo. Steven stava riposando sulla sua branda e le sorrise. Mi dispiace ma Oliver è di turno col padrone, si dispiacerà di non essere stato qui. Le disse.
Sono venuta senza preavviso, se è fuori significa che sta bene. E’ questo l’importante. Bevve un sorso e andò a riprendersi la cavalla.
Ritornò all’altura mentre il crepuscolo cominciava a scurire la foschia che stava diventando nebbia. Voltò Beatrice e riprese la strada di casa.
Cosa mi è venuto in mente di venire fino a qui? Pensava mentre lasciava le briglie sciolte.
Il rumore di zoccoli di un cavallo che arrivava al galoppo la fece fermare. Era sicura che Oliver la stesse raggiungendo e il suo sorriso si spense quando vide che si trattava di sir Power.
Il fiato del cavallo dell’uomo si condensava mescolandosi alla foschia. Affiancò il cavallo a quello della ragazza.
Buon pomeriggio, miss Eloise. Sembrava non trovasse le parole per continuare il discorso. Quella ragazza gli rimescolava il sangue ogni volta che la vedeva ed ora si pentiva di averla seguita.
Buon pomeriggio a lei, sir Power. Lo so che non devo venire al castello ma non ho più visto Oliver e gli avevo promesso che sarei tornata. Lo osservava rendendosi conto dello sguardo dell’uomo che non si staccava dal suo viso.
L’accompagno per un pezzo di strada, non è sicuro stare da sola. E spronarono i cavalli.
Il silenzio era imbarazzante. Eloise non lo agevolava e lui si innervosiva. D’un tratto prese le briglie di Beatrice e fermò la cavalla. Smontò da cavallo e altrettanto dovette fare anche lei.
Il cavaliere aveva il battito accelerato e tratteneva a stento la voglia di stringerla fra le braccia.
Deve dirmi qualcosa, sir Power? Ruppe il silenzio.
Avrei tante cose da dirle, miss Eloise, ma convenienza esige che non lo possa fare. Una cosa però non posso tacerle: lei è bellissima, fortunato chi riuscirà a conquistare il suo cuore. Le rivelò con voce emozionata.
La ragazza non si aspettava questa dichiarazione. Rimase in silenzio alcuni attimi. Lei è molto gentile, nessuno me lo aveva mai detto. Non so cosa si dice in queste circostanze, perciò è meglio se riprendo la strada di casa. Gli rispose.
Miss Eloise, voglio che lei sappia che ha un posto speciale nel mio cuore. Aggiunse senza guardarla. Risalì sul cavallo e, senza ulteriori spiegazioni tornò al castello.
La ragazza era arrivata a casa, l’oscurità era quasi totale. Era turbata per le parole di sir Power, proprio non riusciva a capire cosa volesse dire. Non sarebbe potuta essere sua amica come con Oliver, lui era il padrone delle terre e di tutti gli abitanti, lei era una ragazza di umile famiglia che non aveva grandi sogni nel cuore.
Finì di strigliare Beatrice e raggiunse i genitori che l’aspettavano per la cena.
Sua madre si accorse subito che qualcosa turbava la sua amata figlia. Tutto bene, piccola? Le chiese mentre le accarezzava i capelli ancora umidi di nebbia.
Non lo so, madre, non lo so.

foto dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

venerdì 28 settembre 2018

ELOISE


ELOISE

P. QUARANTA E QUARANTUNO



Fu una notte di allegria e di grandi bevute. Era quasi l’alba quando i suonatori rimisero a posto i loro strumenti e, alticci presero la strada di casa.
Eloise e i suoi genitori avevano raggiunto la loro casa quando un cavallo arrivò al galoppo. Troppo stanchi per spaventarsi aspettarono di vedere chi fosse. La loro era la prima casa del villaggio e capitava spesso che dei viandanti si fermassero per chiedere informazioni.
Allen scese dalla sella ancora prima che il cavallo si arrestasse. Abbiamo bisogno di aiuto. Ci serve un carro, siamo stati attaccati da alcuni briganti e abbiamo dei feriti. Disse col fiato corto.
Eloise corse alla rimessa e preparò il cavallo attaccato al carro. Suo padre la raggiunse a cassetta e seguirono il cavaliere.
Il cuore della ragazza batteva all’impazzata, pensieri terribili le riempivano la testa, era preoccupata per Oliver, se non fosse stato ferito sarebbe venuto lui a chiedere aiuto.
Ci volle quasi un’ora per raggiungere il luogo dell’agguato. Eloise saltò giù dal carro e prese la sacca con i medicamenti, anche se ancora non sapeva cosa servisse.
Due uomini erano distesi e molto sangue circondava i loro corpi privi di sensi. Li raggiunse di corsa e si inginocchiò sentendo le ginocchia che si sbucciavano.
Sir Power e Oliver erano svenuti e avevano ferite da taglio. Osservò attentamente i due, doveva decidere chi aiutare per primo e decise di occuparsi di sir Power che le pareva il più grave.
Che ci fate ancora qui? Non dovreste già essere al castello? Disse lei rabbiosa.
Allen la osservava mentre strappava la camicia di sir Power e tamponava la ferita. Non era grave ma il colpo in testa che aveva preso cadendo da cavallo lo aveva stordito, era svenuto e non si era più ripreso.
Bagnagli la fronte con acqua fresca e finisci la fasciatura. Disse ad Allen mentre andava ad occuparsi di Oliver.
Il suo amico aveva una profonda ferita all’addome e aveva perso molto sangue. Buon dio! Ma cosa è successo? Eloise aveva le mani sporche di sangue mentre suo padre aiutava a mettere sir Power ancora svenuto sul carro. Pulì sommariamente la ferita di Oliver e lo fasciò come meglio poteva. Lo caricarono con molta delicatezza sul carro e trasportarono i due feriti al castello.
Il mattino era sorto da poco quando entrarono dal grande portone, Allen e Steven portarono i due nella piccola infermeria del campo.
Non avevano ancora ripreso conoscenza quando entrò l’uomo che prese in mano la situazione.
L’abito nuovo di Eloise era macchiato e strappato. Trovò una botte per lavarsi viso e mani e sciacquò anche le ginocchia che sanguinavano. All’entrata dell’infermeria Steven e Leroi montavano la guardia. Allen si avvicinò alla ragazza che si asciugava le mani nel suo bellissimo ma ormai rovinato abito.
Cos’è successo. Chiese loro con voce stanca. Siamo stati assaliti di sorpresa, non riesco a capire come sia potuto succedere. Hanno subito attaccato sir Power mentre Oliver, che era il più vicino ha cercato di difenderlo, ma erano tre contro uno, il nostro capo era già stato sbalzato da sella e giaceva in terra. Prima di perdere i sensi ci ha ordinato di inseguirli e abbiamo lasciato Steven di guardia. Li abbiamo cercati per parecchio tempo ma non li abbiamo trovati e il buio ha coperto le loro tracce se ne hanno lasciate. Quando sono ritornato ho visto i feriti e sono corso a casa sua per chiedere aiuto, il resto lo sa.
So che non è il primo agguato che subisce sir Power. Cosa possono volere? Perché la sua vita è così in pericolo? Disse più a se stessa.
Il medico uscì dall’infermeria e si lavò le mani sporche di sangue. Sir Power avrà un gran mal di testa per alcuni giorni, ma l’altro avrà bisogno di più tempo per rimettersi. La guardia ha subito una profonda ferita che non ha intaccato organi vitali ma c’è la possibilità che si infetti, e allora…
Tom posò una mano sulla spalla della figlia. Siamo tutti stanchi, piccola. Torniamo a casa, qui è tutto sotto controllo e il tuo amico si riprenderà, ne sono sicuro. Le disse premuroso.
Eloise si rivolse ad Allen. Potrò venire a trovarlo? Gli chiese speranzosa. Certamente, e le garantisco che mi assicurerò personalmente che venga curato a dovere. Ora torni a casa e si riposi, ha fatto tanto per noi e le sono veramente riconoscente.
Tutto ad un tratto la stanchezza della notte passata e le emozioni subite le fecero quasi piegare le gambe. Tom se ne avvide e la accompagnò sul carro.
Si addormentò con la testa poggiata alla spalla di suo padre e non si accorse nemmeno della strada del ritorno.
Sua madre l’aiutò a scendere e la spogliò gentilmente, accompagnandola a letto e aspettando che si addormentasse.
Rose raggiunse suo marito, stravolto dalla stanchezza e dal viaggio. Avrebbe voluto conoscere ogni particolare ma quello che leggeva negli occhi del suo uomo la fece tacere, aiutò anche lui a mettersi a letto e anche lei si coricò, finalmente la sua famiglia era ancora riunita e lei sospirò addormentandosi abbracciata a lui.






 Eloise si svegliò che il pomeriggio era appena cominciato. Era giorno di riposo, in tanti al villaggio dovevano smaltire stanchezza e sbornia.
Raggiunse sua madre che era in cucina con la tavola apparecchiata. Sorrise a sua figlia e le servì da mangiare. La osservava, spettinata e con gli occhi gonfi, si rese conto una volta di più di quanto fosse bella, se non fosse stata così cocciuta e indipendente sarebbe già stata promessa in sposa a qualche ragazzo del villaggio. Sospirò, ben sapendo che nessuno avrebbe potuto farle fare qualcosa che non voleva.
Vado a fare una cavalcata con Beatrice. Disse alla madre. Avrebbe voluto correre al castello per vedere come stava Oliver ma sapeva bene che il suo amico aveva bisogno di riposo, doveva avere pazienza qualche giorno.
Come al solito, lasciò libera la cavalla di andare dove voleva, ben sapendo che l’avrebbe condotta all’ansa del fiume.
Si sedette come faceva ogni volta sul masso lucido sotto le fronde del grande albero. Soltanto gli uccelli con i loro canti le facevano compagnia, mentre le onde leggere dell’acqua sembravano fare da coro.
Chiuse gli occhi. Prepotente la scena del suo primo bacio le si ripresentò. Non lo avrebbe mai ammesso con nessuno ma il ricordo di quel bacio e delle emozioni che aveva provato erano state talmente forti che non riusciva a dimenticarle. Si arrabbiava con se stessa ogni volta che ci pensava, ed ora, proprio lì dove era successo lasciò che la mente le rimandasse quello che fino ad allora aveva tenuto ben chiuso in fondo al suo cuore.
Le braccia di sir Power erano state gentili, le sue labbra sapevano di fresco e le aveva aperto le sue con delicatezza. I suoi capezzoli si erano induriti e una strana debolezza le aveva preso le gambe. Per pochi attimi aveva chiuso gli occhi e immaginato di essere la sua innamorata. Era stato proprio questo pensiero che l’aveva destata di colpo. Quell’uomo non avrebbe mai potuto essere niente per lei, e lei non voleva essere solo una ragazza da usare.
Si accorse con sgomento che alcune lacrime le erano scese e aveva le guance bagnate. Le asciugò con decisione senza capirne il significato.
Era molto semplice, dopotutto, disse a se stessa, anche lei desiderava innamorarsi, avere un uomo tutto per sé, per poter rivivere le emozioni che solo il vero amore può dare. Aveva quasi quattordici anni e i suoi genitori insistevano spesso velatamente e spesso più apertamente sul fatto che doveva decidersi o sarebbe rimasta zitella.
Pensò a Oliver, non era sprovveduta ed aveva capito che lui provava qualcosa per lei, ma lei, lei cosa provava per lui? Cosa voleva? Era facile rispondere, lei non lo amava, gli voleva bene perché era il suo unico e vero amico, ma l’amicizia non bastava per costruire una vita insieme. Dio come le sarebbe piaciuto riuscire ad amarlo, ma il suo cuore sembrava chiuso all’amore. Non ho fretta. Pensò fra sé, arriverà anche per me l’uomo giusto. Sorrise alla sua ombra mentre il profumo di rosa la avvolgeva come una nuvola variopinta.
Era il primo giorno di ottobre quando Eloise in sella a Beatrice oltrepassò il varco del castello. Presto sarebbe stato provvisto di un solido portone e per entrare ci sarebbe voluto il permesso del padrone.
Allen l’aveva vista arrivare e l’accompagnò alle stalle. Lasciata Beatrice fu accompagnata nella baracca delle guardie.
Oliver era seduto col torace fasciato, era ancora debole ma il suo viso si illuminò di un sorriso quando la vide. Vi lascio soli. Disse Allen prima di uscire sorridendo.
Eloise scrutava il suo amico cercando di capire come stesse davvero. L’uomo rise imbarazzato.  Hai finito l’ispezione? Sto bene e presto riprenderò il mio lavoro. So che ti devo molto. Le disse di buon umore.
Mi hai fatto prendere un bello spavento! Gli rispose. Erano imbarazzati e non lo erano mai stati. Ci pensò Allen a toglierli dall’impasse. Sir Power chiede di vederti, dovrei accompagnarti da lui. Oliver serrò le labbra ma non disse niente. La sua amica era venuta per lui. Tranquilla, ti aspetto qui e se ritardi vengo a salvarti dalle sue grinfie! Cercò di scherzare.
 Il cavaliere era seduto al tavolo. Due boccali erano su un vassoio e fece cenno alla ragazza di sedersi, mentre Allen usciva e rimaneva di guardia.
Eloise lo osservava, l’uomo aveva un occhio nero e la cicatrice sembrava più evidente nel pallore del viso.
La ringrazio, miss Eloise. Mi hanno detto che è stata la prima a soccorrermi e ad aiutarci insieme a suo padre. Vorrei ricambiare in qualche modo. Disse con voce bassa.
Eloise prese fiato e gli rispose. Dalle nostre parti è usanza aiutare chi ha bisogno, e lo facciamo senza volere niente in cambio, sarebbe piuttosto sconveniente. Credo che lei, sir Power abbia molto da imparare sugli usi e costumi di quella che ritiene la sua gente. Sono contenta che si stia riprendendo e sarebbe meglio che scoprisse chi vuole la sua morte o prima o poi ci riusciranno a toglierla di mezzo. Era stata sfacciata ma non le importava proprio niente di lui. Aveva messo a rischio la vita di Oliver e delle sue guardie. Mi risulta che lei sia un protetto del re, come lo fu in passato il padrone di questo castello, veda di non fare la sua stessa fine.
Era andata oltre, ne era consapevole e si aspettava una secca replica dell’uomo che rimaneva zitto e la osservava.
Signorina sotuttoio, crede che non lo sappia? Ne porto i segni sul corpo ed ogni volta che mi guardo allo specchio questa ferita me lo ricorda inesorabilmente. L’ho convocata per ringraziare lei e suo padre e non per ascoltare la predica da una mocciosa. Si stava alterando e la cicatrice aveva cambiato colore.
I boccali non erano stati nemmeno toccati. Eloise era in piedi, teneva i pugni chiusi e una rabbia inconsulta la invadeva.
Le auguro ogni bene, sir Power. E uscì senza averne ancora ricevuto il permesso.



 Foto dal web - proprietà e diritti riservati di Milena Ziletti

giovedì 27 settembre 2018

ELOISE


ELOISE

P. TRENTOTTO E TRENTANOVE





Niente era stato programmato. Entrambi furono presi alla sprovvista. L’uomo era certamente più esperto della ragazzina ma sentire il sapore di quelle labbra fresche gli fece stringere ancora di più le braccia intorno al corpo esile di Eloise. Si accorse della sua inesperienza e cercò di essere gentile mentre con la lingua le apriva le labbra e, finalmente potè suggere un nettare giovane che sapeva di linfa vitale. Le grandi mani dell’uomo le accarezzavano la schiena, con gentilezza, con la paura di farla spaventare. Una parte della sua mente era cosciente ma l’altra parte avrebbe voluto stenderla sui sassi duri della riva e farla sua. Stava combattendo una dura battaglia con se stesso mentre Eloise si riaveva dalla sorpresa.
Anche lei scopriva nuove emozioni, alle quali sapeva di non essere pronta e soprattutto con quel cavaliere che lei non amava di sicuro. Ci volle poco perché si rendesse conto di quello che le stava facendo, i suoi sensi acerbi si stavano risvegliando e lei non era assolutamente d’accordo. Gli mise le mani sul petto e lo allontanò con decisione.
Per pochi attimi si guardarono negli occhi e ognuno vide ciò che voleva. Con mano ferma Eloise si asciugò le labbra e ritrovò per prima la parola. Lei è il padrone indiscusso delle Terre del Green, ma io non sono di sua proprietà. Quello che è appena accaduto io l’ho già cancellato e spero che lo faccia anche lei. Gli disse con la voce che le tremava. Fischiò a Beatrice che giunse lentamente, le salì in groppa e lo lasciò in riva al fiume.
Galoppava sentendo il vento tiepido sul viso mentre cercava di allontanare dalla sua mente ciò che era successo. A differenza di quello che gli aveva detto sapeva che sarebbe stato difficile dimenticarlo, dimenticare il suo primo vero bacio. Sentiva ancora in bocca il sapore del cavaliere e si indispettì per non essere riuscita a mandarlo via. Io non ti appartengo, padrone delle Terre del Green. Con questo pensiero in testa raggiunse la stalla e cominciò a strigliare Beatrice.
Sir Power non si capacitava di quello che aveva fatto. Era immerso nei suoi pensieri e guardava, senza vederla l’acqua che scorreva pacifica nel fiume. Sentiva ancora il profumo di rosa che gli era rimasto nella barba. Cominciò ad odiare e amare quel profumo.
Tutto a posto, sir Power?  La voce di Oliver lo riscosse, doveva immaginarlo che non lo avrebbero fatto allontanare a lungo.
Il nuovo venuto si guardava intorno con la speranza di vedere la ragazzina ma non c’era nessuno. La faccia del suo padrone non rivelava niente di buono, per questo capì che l’incontro fra i due c’era stato. Aveva capito da tempo che Eloise lo intrigava e che non gli era indifferente. Avrebbe dovuto difenderla anche da lui, se fosse stato necessario.
I due montarono a cavallo e ritornarono al castello senza dire una parola.
A settembre, come ogni anno i granai e i fienili terminavano di essere riempiti. In ogni casa c’era la scorta di legna e di tutte le conserve che si potevano fare per il rigido inverno. L’ultima domenica del mese ci sarebbe stata la festa di fine estate, con balli, banchetti e allegria.
Rose osservava sua figlia, si era accorta di un certo cambiamento ma non osava chiederle niente. Era un’età particolare ed Eloise era una ragazza, anzi ormai una signorina con un carattere indipendente. Conosceva bene sua figlia e sapeva altrettanto bene che non le si poteva imporre niente. Sospirava pensando a come sarebbe stato il suo futuro. Le ragazze della sua età avevano già parecchi ragazzi che ronzavano loro intorno, alcune si erano già fidanzate ufficialmente. Presto anche lei avrebbe compiuto quattordici anni e a quell’età molte doti erano già pronte e molti fidanzamenti erano stati concordati.
Con Eloise non sarebbe stato possibile. Non scherzava del tutto quando diceva che non era una cavalla da domare e comandare. I ragazzi avrebbero dovuto faticare parecchio per conquistarla e lei, da madre sperava che il cavaliere che aveva instaurato con lei un bel rapporto di amicizia potesse riuscire a farla innamorare. Era sicura che se sua figlia si fosse innamorata lei lo avrebbe capito subito e avrebbe fatto di tutto per incoraggiarla, ma fino ad ora non si prospettava niente di simile.
Come evocato dai suoi pensieri vide Oliver arrivare. Uscì sotto il portico e lo salutò con un sorriso. Era quasi ora di pranzo e lo invitò a rimanere con loro.
Eloise fu sorpresa di vederlo a tavola che chiacchierava con sua madre. Sorrise, felice di rivederlo e si sedette anche lei in attesa cha arrivasse Tom.
Fu un pasto semplice e conviviale. Rose invitò i due ad uscire per una passeggiata.
E’ bello rivederti, sei quasi uno straniero. Gli disse.
Sono stato molto impegnato, essere parte della scorta personale del padrone non è semplice, tende a sfuggirci e noi non possiamo perderlo di vista. Già una volta lo abbiamo salvato per un pelo e abbiamo paura che possa succedere ancora. Le rispose.
Ma chi può volere la sua morte? Per quale motivo? Non mi sembra un personaggio pericoloso visto che si vuole ritirare in questo posto sperduto. Aggiunse Eloise.
E’ proprio questo il punto: non sappiamo rispondere a queste domande, perciò nemmeno debellare il pericolo. Se lo conoscessimo sapremmo come affrontarlo e porre fine a tutto. Ma così non possiamo distrarci nemmeno un secondo, per questo ho poco tempo per venire a trovarti. La mise al corrente.
La ragazza lo prese per mano e lo trascinò nel boschetto. So che hai poco tempo e voglio mostrarti un nido che ho scoperto da poco.
L’uomo sorrise e si lasciò trascinare. Non era certo quello che lui desiderava, ma la seguì cercando di avere il medesimo entusiasmo della ragazza.





Era giunto il giorno della festa. Eloise si stava rimirando davanti allo specchio col vestito nuovo che sua madre le aveva regalato. Si era rifiutata di farsi acconciare i capelli e li portava come al solito, due piccole trecce laterali che si univano dietro, esattamente al centro della sua folta cascata di capelli. Soltanto un fiocco colorato e niente altro. Il viso pulito e senza trucco, sua madre temeva che potesse sfigurare al ballo ma era talmente bella e caparbia, di più non aveva ottenuto.
La giornata era davvero bellissima, tipica di quelle che annunciano la fine dell’estate, come un segno di matita che separa le due stagioni: l’indomani poteva già essere pieno autunno senza che l’estate avesse avuto tempo di salutare con un arrivederci le Terre del Green.
Rose, Tom ed Eloise si stavano dirigendo alla piazza del villaggio e già la musica arrivava fino a lì. Ogni famiglia aveva un posto dedicato e ognuno portava cibi e vino. Presero posto e portarono alla mensa quello che Rose aveva preparato.
Eloise si guardava intorno sorridendo. Aveva sempre vissuto lì, conosceva praticamente tutti, era cresciuta in quella comunità e l’amava senza darlo a vedere. Sapeva che i suoi genitori erano stati girovaghi in passato ma in quel posto avevano trovato tante persone che li avevano accolti e, col tempo anche apprezzati.
Si accorse di un tavolo ancora vuoto e preparato con particolare attenzione. Si stava chiedendo a chi appartenessero quei posti privilegiati quando sir Power e tutta la sua scorta fecero il loro ingresso, mentre tutto intorno si faceva silenzio.
Oliver vide Eloise e le sorrise prima di prendere posto accanto al suo padrone.
La musica riprese e iniziarono a servire cibo e bevande. Tante giovinette portavano i piatti ai tavoli e a quello del padrone c’era un assembramento incredibile. Tante risate, smorfie e inchini da far accapponare la pelle di Eloise. Si vergognava per quelle ragazze che speravano di ottenere o elargire particolari favori, ben sapendo che sir Power era fidanzato e che mai si sarebbe abbassato in pubblico a venire meno ai suoi doveri.
Girò lo sguardo mentre il ricordo del bacio che si erano scambiati le ritornò prepotente nella mente. Si arrabbiò con se stessa, voltò la schiena a quel tavolo e cominciò a mangiare di malavoglia.
Sua madre, fraintendendo il suo comportamento la richiamò all’educazione. Lo sai che Oliver non può allontanarsi, non essere risentita. Le disse. Hai ragione, madre, cercherò di comportami bene. Le rispose senza però cambiare posizione.
Il sole stava tramontando e il vino aveva fatto già molte vittime. La luna sarebbe sorta di lì a poco e gli ultimi grilli avrebbero allietato la notte stellata.
La pista da ballo era pronta e i musicisti avevano già accordato i loro strumenti. Era finalmente giunta l’ora che i giovani e meno giovani aspettavano: avevano davanti tutta la notte per ballare e divertirsi.
Molte coppie di ragazzi e ragazze saltellavano nei balli tipici di quel posto. Tutti li conoscevano, li imparavano ancora da bambini così come si impara a camminare e a nuotare.
Rose e Tom si guardarono e raggiunsero l’allegra brigata per ballare fino a che i piedi li avessero sorretti.
Eloise non era una fan del ballo, forse lo sarebbe diventata di lì a poco quando avrebbe frequentato la scuola di miss Maffy, per ora si sentiva goffa e per niente invogliata ad unirsi all’allegra combriccola.
Si stava divertendo ad osservare gli altri quando un ragazzo che ben conosceva la prese per un braccio e la trascinò in pista. All’inizio era risentita del trattamento ma sua madre le passò vicino e le sorrise. Decise di buttarsi e cominciò a divertirsi come gli altri.
Sir Power la osservava, non si accorgeva che non le aveva ancora tolto gli occhi di dosso e che Oliver ne era ben conscio. La guardia si alzò e raggiunse la pista, tolse dal braccio del suo cavaliere la sua amica e iniziò goffamente a ballare con lei.
Dovrai venire anche tu alla scuola di miss Maffy, stai sbagliando ogni passo ma mi sto divertendo. Gli disse mentre lui imparava in fretta i pochi e semplici modi di quel ballo popolare.
Rimasero in pista per parecchio. Steven li raggiunse e prese in consegna la dama. Da quel che ho visto non è difficile ballare questo ballo, mi faccia da maestra. Le disse saltellando e ridendo insieme a lei.
Ogni uomo della scorta ballò con Eloise e lei non si era mai divertita tanto. Ognuno di loro era stato conquistato dalla sua spontaneità ma tutti sapevano di quello che provava Oliver e la rispettavano per questo. Era indiscutibilmente la più bella ragazza della festa e se ne erano accorti tutti.
I suonatori si presero una pausa e tutti tornarono ai loro posti a dissetarsi.
Rose e Tom erano accaldati e sorridenti seduti vicini alla loro figlia. Ti stai divertendo, Eloise? Hai trovato il ragazzo che ti piace? Le disse scherzando ma non troppo sua madre.
Madre, lo troverò quando il mio cuore me lo dirà, ma non è stasera quel momento. Le rispose.
La musica riprese e i balli continuarono. Oliver raggiunse il loro tavolo. Noi dobbiamo andare, c’è parecchia strada da fare e il buio è nostro nemico. Le bisbigliò all’orecchio.
Eloise lanciò uno sguardo a sir Power che stava aspettando il suo uomo. State attenti, è una notte di divertimenti e potrebbe essere quella giusta per un agguato.
Le baciò la mano come se fosse la regina, raggiunse gli altri e lasciarono la festa.

 foto dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti





mercoledì 26 settembre 2018

ELOISE



ELOISE

P. TRENTASEI E TRENTASETTE





Il re prese due bicchieri con del vino e invitò il suo ospite a sedersi di fronte a lui. Voglio sapere cosa le è successo! E non trascuri i particolari. Gli intimò.
Sono venuto a palazzo senza invito, volevo rivedere la mia fidanzata ma ho avuto questo. Sono quasi morto, non mi sono ancora ripreso del tutto. Non mi sento al sicuro qui, per questo non ho obbedito al suo ordine, aspettavo di aver recuperato le forze. E non aggiunse altro.
Il re era pensieroso. La sua espressione non lasciava trasparire niente, era un ottimo diplomatico e sapeva come mantenere a freno i suoi istinti. La sua mente elaborava quello che aveva saputo, vedeva molto bene che l’uomo che aveva davanti era debilitato e non sarebbe stato in grado di sopportare la missione che gli voleva di nuovo assegnare.
Sir Power avrebbe dato dieci anni della sua vita per conoscere quello che passava nella mente del sovrano, lo conosceva bene ma non ci era mai riuscito, era anche sicuro che la chiamata era per assegnargli un’altra missione, cosa che lui era deciso a non accettare.
Può tornare al suo castello domani mattina. Lasci a me il compito di indagare e quando scoprirò qualcosa glielo comunicherò. Non aggiunse altro.
Sir Power, confuso e sollevato salutò il suo sovrano e andò direttamente negli alloggi dei soldati.
Uscito dalle mura del palazzo fu affiancato da Oliver e Allen. Partiamo immediatamente, non voglio rimanere qui nemmeno un minuto di più!
Uscirono dal portone a notte fonda, fra lucciole luminose e grilli canterini, ma nessuno di loro si soffermò su quanto era bella la natura in una notte di piena estate, ascoltavano solo gli zoccoli dei loro cavalli che galoppavano lontano da lì.
Un furioso temporale salutò il mese di luglio. L’aria rimase fresca solo per poche ore mentre il castello prendeva ogni giorno la sua forma definitiva.
Anche alla fucina si lavorava alacremente. Eloise sudava abbondantemente mentre ferrava un altro cavallo. Tom le si avvicinò e le disse che avrebbe finito lui, aveva una visita.
Aveva le mani sporche e il viso sudato quando fu raggiunta da Oliver. Le sorrise mentre raggiungeva la botte con l’acqua e a lui, mai ragazza gli era sembrata più bella.
Sara portò del cocomero fresco sul tavolo sotto il portico e li lasciò soli. Era ora che venissi, pensavo avessi perso la strada. Gli disse mentre addentava una succulenta fetta di cocomero fresco. Sono stato molto impegnato, come tutti in questo periodo. Ho poche ore a disposizione e volevo invitarti al fiume se i tuoi genitori lo permettono. Le propose.
Ne ho proprio bisogno. Dammi solo pochi minuti.
Fu di parola, in sella a Beatrice si inoltrarono nel boschetto. La piccola insenatura che li aveva fatti incontrare li accolse con la sua bassa acqua fresca.
Eloise immerse i piedi nell’acqua mentre Oliver la osservava divertito, si beava di tanta bellezza e spontaneità, era davvero una ragazza unica nel suo genere, un’altra al suo posto si sarebbe atteggiata in modo differente, ma a lei non interessava essere diversa da come era.
Raggiunse l’uomo seduto all’ombra e si sedette accanto a lui. Oliver avrebbe voluto prenderla fra le braccia ma sapeva che un gesto sbagliato poteva porre fino alla loro amicizia. Da tempo aveva capito se non voleva perderla doveva atteggiarsi solo ad amico e niente di più.
Come procedono i lavori al castello? Gli chiese subito.
Molto velocemente. Le rispose. Hanno un obiettivo da raggiungere prima dell’inverno e ci stanno riuscendo molto bene. Sono brave persone e grandi lavoratori.
Un’ombra passò nello sguardo della ragazza. In pochi mesi avevano rimesso in piedi quei ruderi e lei ne era fiera, nonostante ne fosse stata allontanata sapeva che era giusto quello che stavano facendo.
Da alcuni giorni il fantasma rosa si è quietato. Deve essere successo qualcosa. Sento sospiri e non più lamenti. Disse ad Oliver guardandolo in faccia.
L’uomo rimase in silenzio per alcuni istanti, indeciso su quello che poteva dirle. In effetti qualcosa è successo. Sir Power ha rischiato di morire nell’agguato che ha subìto. Le rivelò. Non posso rivelarti altro, Eloise.
Capisco. Mi dispiace e spero che si riprenda. Gli rispose senza troppa convinzione.
Quest’autunno andrò alla scuola di ballo della signorina Maffy. I miei genitori vogliono che diventi più femminile. Gli disse ridendo. Mia madre ha insistito e me lo ha imposto. Dice che la signorina Maffy è stata a corte e conosce come ci si comporta nell’alta società. Mi viene da ridere al solo pensiero ma l’accontenterò, dopotutto non c’è molto da fare e avrò modo di conoscere altri ragazzi e ragazze.
Un tuffo al cuore gli mozzò il respiro. Doveva assolutamente fare in modo di starle intorno se non voleva correre il pericolo che incontrasse qualcuno e si innamorasse.
Verrò a vederti danzare, allora. Ma ora dobbiamo tornare.
Si salutarono all’uscita del boschetto e ognuno raggiunse la propria meta.





Agosto spalancò le sue fauci come se provenisse dall’inferno. Il caldo torrido aveva procurato molte malattie nei lavoratori, sia quelli impegnati nei campi sia quelli che lavoravano alla costruzione del castello.
Sir Power non era più uscito dalle mura, osservava e dirigeva i lavori e spesso interveniva ad aiutare.
La ferita si era un po’ scolorita e il dolore era cessato, ora poteva mangiare senza soffrire ad ogni boccone masticato. La sentinella segnalò un temporale in arrivo. Il cielo si scuriva velocemente e tutti gli uomini e le donne raggiunsero in fretta luoghi sicuri.
Sembrava fosse scesa la notte. Il vento ululava e sferzava alberi e piante mentre la pioggia scendeva con un impeto incredibile. La grandine aveva imbiancato viottoli e campi limitrofi al castello e alcuni volatili ritardatari giacevano morti a terra.
Il lamento del vento che entrava nelle stanze non ancora terminate si univa ad un lamento ancora più alto, il fantasma rosa sembrava che, dopo giorni di quiete si fosse risvegliato e urlasse ancora più del vento.
Tutti sentivano. Il vento e il fantasma rosa urlavano in un crescendo che quasi stordiva, perfino il rumore dei grossi chicchi di grandine si faticava a sentire.
Ci fu un tuono assordante da sembrare un boato che fece tremare le fondamenta del castello e alcune baracche furono scoperchiate dal vento. Il fulmine cadde lasciando sul terreno fumo e odore di bruciato, poi, finalmente uno splendido arcobaleno arrivò a portarsi via il temporale.
L’aria era quasi fredda mentre tutti uscivano a constatare i danni. Palline di grandine scricchiolavano sotto i piedi e del fumo saliva in cielo. Sir Power si diresse verso il fumo e si accorse con un certo sgomento che il fulmine era caduto proprio sul pozzo che aveva fatto chiudere, lo aveva riaperto bruciando terra ed erba. Avvertì il profumo di rosa che cercò discacciare con un gesto nervoso.
Raggiunse i responsabili dei lavori che stavano dando ordini per rimettere a posto tutto e riprendere in fretta. Richiudete il pozzo. Disse prima di continuare il controllo dei danni.
La Terra del Green si era rinfrescata. Avrebbe fatto ancora caldo ma il grosso temporale aveva segnato la fine dell’afa. Sembrava che un miracolo avesse risparmiato i raccolti, soltanto al castello e nel suo limitare era caduta la grandine e i contadini erano pronti a riprendere i loro lavori.
Eloise era alla finestra ed osservava le foglie dei grandi alberi piegate verso il basso che lasciavano cadere a terra le ultime gocce trattenute. Si girò verso sua madre. E’ stato un bel temporale, madre, finalmente potremo respirare. La donna si avvicinò alla figlia e le accarezzò i capelli.
Niente cambiò per tutto il mese di agosto. Erano tutti molto impegnati nei loro lavori ma l’autunno si stava avvicinando, l’estate lasciava il posto a giornate che si accorciavano e serata fresche e piacevoli.
Eloise non aveva più rivisto Oliver e non era più stata sulla sua altura. Si era imposta di stare lontana dal castello, perché ogni volta che lo osservava provava dolore in fondo al cuore anche se non ne conosceva il motivo.
Era l’ultima domenica di agosto e il sole splendeva gradevole. Eloise sellò Beatrice senza avere una meta precisa. Il suo istinto le diceva di tornare all’altura ma la ragione le suggeriva di no. La cavalla, lasciata libera di decidere la condusse nel loro posto preferito, l’ansa del fiume. L’acqua era più fredda e tornò subito a riva dopo aver immerso i piedi.
Era pensierosa e osservava il paesaggio che ormai conosceva a memoria. Il profumo di rosa non l’abbandonava mai e lei era consapevole che il fantasma di Sara l’aveva adottata, non c’erano altre spiegazioni.
Cosa vuoi da me, Sara? Io non posso fare proprio niente. Sussurrò a bassa voce. Il castello ha il suo padrone e dovresti essere contenta di come sta avanzando. Potrai rimanere quanto vorrai, ma io penso sempre che dovresti raggiungere i tuoi cari.
Adesso parla da sola, miss Eloise?  Il rumore dell’acqua aveva coperto l’avvicinarsi di sir Power. Eloise, che non si aspettava nessuno si alzò in piedi con uno scatto nervoso e aveva già in mano il suo pugnale.
Le ci vollero solo pochi istanti per riprendersi e rinfoderò la sua arma.
Buongiorno, sir Power, non mi aspettavo nessuno ed io parlo col vento e con l’acqua. Gli rispose risentita di essere stata presa alla sprovvista.
L’uomo la osservava, la ragazza era in pieno sole e aveva i capelli sciolti, braccia e gambe scoperte fino alle ginocchia e il seno che si alzava e abbassava sotto la sottile camiciola. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, era una visione. Dio com’era cambiata! Ora non si poteva più definire una mocciosa, ma era pur sempre una ragazzina impertinente.
Visto che lei è il padrone delle terre le lascio il posto, sir Power. Gli disse facendogli un ridicolo inchino prima di allontanarsi.
Non se ne vada, miss Eloise, c’è posto per entrambi.  E sono stanco di essere solo, aggiunse solo nei suoi pensieri.
Guardinga, Eloise si rimise le scarpe e finalmente potè osservarlo. La cicatrice gli deturpava la guancia, ma non era solo quello che gli aveva cambiato il volto. I suoi occhi, la sua espressione, il suo atteggiarsi era troppo diverso da quando si erano incontrati la prima volta. Non smetteva di osservarlo e lui si inalberò.
Le fa così orrore la mia faccia?  Le ringhiò rabbioso.
Lei scosse la testa e gli si avvicinò. Passò il suo dito sulla ferita e una lacrima le scese dagli occhi. Non è la sua ferita che mi disturba, ma quello che non riesco a leggere nei suoi occhi, perché se è vero quello che vedo lei è molto triste e solo. Conscia di quello che stava facendo si ritirò imbarazzata.
Il cavaliere non lasciò che si allontanasse, la prese con forza fra le braccia e la baciò ardentemente sulla bocca.
Il primo bacio di Eloise.



 foto dal web - proprietà e diritti riservati di Milena Ziletti

martedì 25 settembre 2018

ELOISE


ELOISE

P. TRENTAQUATTRO E TRANTACINQUE





Le sue guardie del corpo lo distesero sul tavolo dell’infermeria. La benda che gli premevano sulla guancia era fradicia di sangue e sir Power non aveva ripreso i sensi. Oliver e Allen aiutarono l’uomo che venne chiamato per suturare la ferita. Oliver puntò la sua lama alla gola di quest’ultimo cerca di fare un buon lavoro o ti riduco come hanno ridotto lui. Le mani dell’uomo tremavano mentre cuciva la ferita di sir Power, sapeva bene che sarebbe rimasta una brutta cicatrice, sempre che fosse sopravvissuto a tanta perdita di sangue.
Finì di cucirlo e di fasciarlo, lasciò unguenti e erbe dicendo che sarebbe ritornato la mattina a controllare.
Le quattro guardie non lasciarono l’infermeria, presto la voce si sarebbe sparsa per tutto il palazzo e la sicurezza del loro capo doveva essere assolutamente efficace.
Chi può aver fatto questo? Chiese Oliver. Siamo arrivati appena in tempo! Dopo essere scampato al primo attentato doveva saperlo che non poteva essere al sicuro. Per fortuna non l’abbiamo lasciato solo. Aggiunse.
Leroi e Steven si erano sdraiati, avrebbero fatto il prossimo turno. La notte trascorse lenta, il respiro di sir Power sembrava tornato normale ma non si era ancora svegliato.
Allen aveva recuperato il suo pugnale e lo stava pulendo quando i primi gemiti riscossero gli uomini di guardia. Dovettero faticare parecchio per tenergli le braccia ferme, si lamentava e urlava mentre tentava di togliersi la benda, non sapevano cosa fare, scottava e sudava per la gran febbre e delirava frasi senza senso.
Per fortuna arrivò il medico, o quello che era e riuscì fargli inghiottire qualche goccia di un liquido scuro, dopo pochi minuti, il ferito riprese a dormire.
Passarono così tre giorni prima che sir Power riprendesse completamente i sensi e la febbre sparisse. Dove sono? Riuscì faticosamente a chiedere, ogni volta che apriva la bocca la ferita gli doleva in modo inumano. Le sue guardie lo misero al corrente di tutto e di come lo avevano salvato. Mandate un messaggio alla regina, ho bisogno di parlarle. Ordinò ai suoi uomini. La regina è partita con il suo seguito due giorni fa, per raggiungere il re. Gli rispose Allen.
Vuoi dire che abbiamo fatto il viaggio per niente? Che sono quasi morto, per niente? Grugnì arrabbiato sir Power. Seguì il silenzio. Domattina torniamo al castello. Ordinò.
Le sue guardie si guardarono ben sapendo che non poteva sopportare il viaggio in quelle condizioni ma non osarono controbattere.
Impiegarono parecchi giorni per arrivare a casa e sir Power non si reggeva in piedi. Cadde svenuto sulla sua branda appena lo accompagnarono nella sua baracca.
Era già metà luglio quando sir Power riprese ad uscire dalla sua baracca. Era dimagrito e stava recuperando le forze. Sul viso una benda più leggera gli copriva la ferita, ferita che ogni sera osservava nello specchio che gli rimandava l’immagine di un viso deturpato.
I lavori procedevano spediti e prima dell’inverno i muri portanti dell’abitazione principale sarebbero stati eretti. Altri muri si stavano alzando, e ben presto tutto avrebbe preso la forma di quello che sarebbe stato alla fine. Sapeva di essere sempre seguito da almeno due delle sue guardie ma lì, era a casa sua e si sentiva al sicuro.
Gli operai lavoravano a torso nudo sotto un sole implacabile e quando scoppiavano i temporali dovevano correre a ripararsi, troppo spesso grandine e fulmini li avevano sorpresi sui blocchi di pietra, per questo avevano messo una sentinella che li avvisava dell'arrivo della tempesta.
La sentinella osservava spesso la ragazza in sella al suo cavallo nero che si metteva sull’altura ad osservare i lavori. Fu lì che Oliver la raggiunse.
Che bello rivederti, Oliver. Dove sei stato tutto questo tempo? Gli chiese con un sorriso la ragazza.
Lo so che sarei dovuto venire prima ma non ho potuto liberarmi. Sir Power è stato ferito in un’imboscata e noi abbiamo dovuto raddoppiare la sorveglianza. La mise al corrente.
Siamo in pericolo? Gli chiese preoccupata. Non è successo qui, ma a palazzo reale. Cercò di rassicurarla.
Oliver la osservava e faticava a trattenersi dall’abbracciarla, ogni giorno diventava più bella, ancora pochi mesi e al suo quattordicesimo compleanno si sarebbe dichiarato, o almeno era quella la sua intenzione. Rimasero insieme solo pochi minuti. Eloise lo salutò col suo solito bellissimo sorriso e tornò a casa.
Oliver rimase ad osservare la sua schiena che si rimpiccioliva mentre si allontanava, doveva ammetterlo almeno con se stesso, era proprio innamorato di lei. Ma lei lo avrebbe mai visto come più che un amico? Sospirò girando il cavallo e tornando al castello.
Aveva ancora nella mente e nei pensieri il viso dolce di Eloise quando superò la muraglia. Vide subito un cavallo sconosciuto davanti alla baracca di sir Power. Raggiunse Leroi che era di guardia. Chi è arrivato? Gli chiese. Penso sia un messaggero del re. Gli rispose. Rimase accanto a Leroi fino a quando lo sconosciuto uscì dalla baracca e, senza nemmeno guardarsi intorno riprese la strada e scomparve.
Sir Power uscì sulla porta. Oliver, Leroi, entrate. Ordinò.
Il re vuole che vada al palazzo. Ho risposto che non è il momento. I due uomini lo osservavano allibiti, aveva disobbedito al re per la prima volta nella sua vita.





Il caldo era insopportabile. Gli operai che lavoravano erano costantemente rifocillati di acqua e viveri. Sir Power seguiva costantemente i lavori intervenendo solo raramente a correggere o modificare il lavoro dei suoi uomini e delle sue donne che si impegnavano senza risparmiarsi. Stavano facendo un gran bel lavoro e lui ne era consapevole.
Era metà settimana e il tempo si manteneva al bello. Tutti erano stanchi ma altrettanto consapevoli che non potevano rallentare. Sir Power aveva smesso di portare anche la leggera benda e sulla guancia era molto visibile la cicatrice ancora rossa. Sapeva che col tempo si sarebbe schiarita e sarebbe stata meno visibile, ma per il momento gli doleva ancora. Era intento ad osservare il movimento di tutta la gente al lavoro e, per la prima volta sentì una grande stanchezza. Un cavallo entrò al galoppo e lui riconobbe le insegne del re sulla sella. Lo stesso messaggero della volta precedente lo raggiunse e gli consegnò un messaggio. Sir Power lo spedì a rinfrescarsi ed entrò nella sua baracca.
Osservava il rotolo senza il minimo desiderio di aprirlo, ma sapeva di non poter tergiversare oltre. Strappò il sigillo e iniziò a leggere.
“Sono stato molto deluso dal suo rifiuto. Avevamo un accordo e lei, sir Power non l’ha rispettato. Io sono il suo re e nessuno può disobbedire ad un mio ordine, anche se camuffato da invito come quello che le ho inviato solo pochi giorni fa. A seguito del suo comportamento ho provveduto a richiamare i miei tre esperti che dovranno lasciare i lavori e tornare a palazzo immediatamente. Ordino che tutti i lavori vengano sospesi fino a quando non darà seguito all’ordine di tornare a palazzo. Non procedo al suo arresto solo in virtù dei suoi trascorsi.”
Sir Power gettò con rabbia la missiva sul tavolo. Non fu sorpreso quando vide entrare i tre esperti con l’ordine scritto di rientrare, ordine firmato dal re in persona.
Partiremo domani mattina. Abbiamo l’ordine preciso di bloccare tutto. Siamo spiacenti, sir Power. Disse il più anziano.
A sir Power tremavano le mani dalla rabbia e dalla frustazione. Doveva prendere una decisione e non era affatto facile. Tornare al palazzo reale significava rimettersi nelle mani di chi lo voleva morto, ma era altrettanto importante che i lavori del suo castello procedessero e avanzassero il più possibile prima dell’inverno.
Rimanete e continuate. Andrò io dal nostro sovrano. Non aggiunse altro e quelli uscirono confusi.
Oliver e Allen erano fuori dalla baracca quando furono invitati ad entrare. Il loro capo era seduto con uno sguardo che loro non avevano mai conosciuto. Li mise al corrente della missiva e della decisione che aveva preso. Preparate tutto quello che serve, domattina partiremo alle prime luci dell’alba. E li liquidò con gesto nervoso della mano.
Le sue quattro guardie del corpo si riunirono per mettere a punto ogni cosa. Era innegabile che ci fosse qualcosa sotto. Capivano che il loro campito sarebbe stato ancora più difficile. Oliver era dispiaciuto di partire senza rivedere Eloise, ma non poteva fare diversamente.
Arrivarono al palazzo e, come consuetudine ognuno raggiunse i propri alloggi. Sir Power fu accompagnato nelle sue stanze. Era molto stanco, nervoso e frustrato. Quello che lo innervosiva maggiormente era il fatto che non poteva fidarsi di nessuno, nemmeno del suo re. Sapeva di essere costantemente in pericolo proprio nel luogo dove doveva essere più al sicuro.
Si rinfrescò e si sdraiò, la ferita gli doleva e vi cosparse l’unguento che gli era stato dato.
Il giorno volgeva al termine e lui si era riposato a sufficienza. Avrebbe voluto raggiungere i suoi uomini ma sapeva di dover aspettare l’invito del re che poteva arrivare in qualsiasi momento.
Le lucciole erano sparse tutt’intorno ei grilli sembravano cantare una canzone diversa quando sentì bussare. Un paggio del re era finalmente venuto per portarlo dal sovrano.
Passarono fra corridoi semibui e il cuore del cavaliere batteva all’impazzata ripensando a quello che gli era capitato proprio fra quei corridoi. La sua mano era ferma sulla stretta dell’elsa della spada, stavolta non lo avrebbero colto di sorpresa. Gli parve di sentire un rumore e si voltò di scatto, non vide nessuno ma non si sentiva tranquillo.
Riconobbe l’ala riservata del sovrano e sospirò di sollievo. Il paggio bussò e lo accompagnò nello studio riservato del re.
Il sovrano gli dava le spalle mentre sir Power rimaneva immobile. Non mi aspettavo questo comportamento da parte sua. Il mio cavaliere, quello che ho compensato così generosamente che rifiuta di venire quando lo chiamo. Spero che abbia un ottimo motivo, sir Power o, come è vero che sono il re la spedisco nelle campagne in compagnia dei contadini! Il suo tono era rabbioso. A stento si era trattenuto da mandarlo a prendere dai suoi soldati. Nessuno poteva disubbidire al re, nemmeno la sua spia personale.
Sir Power rimase in silenzio. Il re, sempre più indisposto si girò verso di lui. La luce delle torce rischiarava la stanza e lo sguardo infuriato del re si fissò sulla figura dell’uomo che aveva osato disobbedirgli.
Passarono alcuni secondi di silenzio assoluto mentre il re spalancava gli occhi accorgendosi della ferita sul volto dell’uomo. Gli si avvicinò. Cosa le è successo? Chiese il re senza staccare lo sguardo dalla cicatrice. Non è a me che lo deve chiedere, sire, visto che è successo proprio fra queste mura.
I due uomini si fronteggiavano. Il sovrano cercava di assimilare quello che aveva appena saputo mentre l’altro taceva per non incorrere ancora di più nelle ire del suo re.



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