lunedì 24 settembre 2018

ELOISE


ELOISE

P .TRENTADUE E TRENTATRE






I lavori al castello procedevano spediti. Sir Power era sempre indaffarato e molto scontroso. Le sue quattro guardie erano riunite a consumare il loro veloce pasto. Da un po’ di giorni non riuscivano a capire il loro capo. Secondo voi che cosa lo rende così scorbutico? Chiese Allen. Ha bisogno di una donna. Rispose Steven. Non può aspettare due o tre anni, dovrebbe sposarsi subito e portare qui la sua fidanzata. Staremmo tutti più tranquilli. Continuò.
Io credo abbia altro per la testa. A volte quando sono con lui e lo osservo noto la sua faccia tirata e le labbra serrate, come se fosse arrabbiato, ho paura che prima o poi esploderà con qualcuno e gli farà molto male. Non dobbiamo lasciarlo solo anche se fa di tutto per sfuggire alla nostra vista. Disse Leroi.
Nostro compito è sorvegliarlo e proteggerlo, e se serve anche da se stesso. Aggiunse Oliver. Con me è particolarmente rude e non ne capisco il motivo. Credo che il nostro compito diventerà sempre più difficile.
Terminarono il loro pasto e mentre due di loro riposavano gli altri andavano ad aspettare che sir Power uscisse dalla sua baracca.
Giugno stava terminando e il caldo era soffocante. I lavori sia al castello che nei campi procedevano molto speditamente. Le mura portanti dell’abitazione principale crescevano a vista d’occhio. Fu lì, ad osservarle che Oliver raggiunse il suo capo. Rimase in disparte, ad aspettare le sue mosse per seguirlo con la massima discrezione.
Vieni, Oliver. Cosa ne pensi? Gli chiese con gli occhi che gli brillavano. Credo che abbia fatto bene a mantenere la costruzione originale, è davvero molto bella e sarà anche molto solida, poi ci penserà miss Mariclaire ad abbellirlo una volta terminato. Gli rispose.
Vorrei possedere la capacità di farlo terminare domani. Ho nostalgia della mia fidanzata. Disse stringendo i pugni. Si voltò di scatto verso la sua guardia. Organizza il viaggio, domani torniamo al palazzo reale! Era stato l’impulso di un momento, ma ora la decisione era presa. Il re non lo aveva chiamato ma lui era ansioso di rivedere la sua fidanzata.
Sarà fatto, mio signore. Potremo partire alle prime luci dell’alba. Rispose Oliver andando ad avvisare anche gli altri.
In quelle giornate così calde lavorare alla fucina era come stare in un forno. Rose portava spesso acqua fresca e aveva allestito recipienti di acqua perché i lavoranti potessero rinfrescare mani e viso. Tom, Eloise e il ragazzo che li aiutava sudavano parecchio mentre lavoravano. Quest’ultimo, nonostante fosse giovane aveva maturato un fisico muscoloso, era un timido ed era anche molto bravo nel suo lavoro. Lui ed Eloise si parlavano poco e, nonostante avessero pochi anni di differenza non era mai nata un’amicizia.
Eloise stava facendo una pausa vicino alla tinozza dell’acqua. Si era rinfrescata il viso, deliziose e fresche gocce di acqua le scendevano fra i seni e lungo la schiena. Chiuse gli occhi mentre riposava.
Ripensò a quando aveva conosciuto sir Power, alla sua gentilezza e al cambiamento avvenuto in quel poco tempo. Lei era arrabbiata con lui per averle proibito di ritornare al castello e di averla bandita perfino nelle vicinanza dello stesso. Doveva ammettere, però che stava facendo un ottimo lavoro mantenendo le fondamenta originarie. Non vedeva l’ora che fosse finito per confrontarlo col disegno che possedeva e desiderava ardentemente che il fantasma fosse soddisfatto e potesse trovare la pace che meritava. Sospirò e tornò al lavoro, aspettava che Oliver venisse in visita per portarlo in giro e rendergli la visita che le aveva organizzato al castello. Sorrise ripensando ai passi di danza che aveva iniziato per poi finire addosso proprio a sir Power, avrebbe potuto spostarsi invece di stringerla così tanto. Alzò le spalle cancellandolo dalla sua mente, non avrebbe perso nemmeno un minuto della sua vita pensando al padrone delle Terre del Green.
Il drappello dei cinque uomini era in viaggio da parecchie ore. Il caldo rendeva la cavalcata piuttosto difficoltosa ma nessuno si lamentava. Dovremmo far riposare i cavalli. Disse Oliver al suo capo. Quest’ultimo lo fulminò con un’occhiata. Hai così fretta di ritornare dalla tua ragazzina? Gli rispose in malo modo. Io non ho nessuna ragazzina, sir Power, e comunque sono faccende che non la riguardano! Gli rispose allo stesso modo. Voltò il cavallo e si mise in coda alla fila.
Nessuno osava fiatare, i cavalli erano stanchi ma soltanto il loro capo avrebbe deciso quando fermarsi. Solo a notte fonda sostarono ai limiti di un boschetto. Allen rifocillò tutti i cavalli mentre Steven prendeva da mangiare. Oliver si era allontanato per una breve ricognizione, non aveva voglia di rimanere accanto al suo capo, non capiva cosa intendesse con quella frase. Leroi lo raggiunse portandogli del pane e del vino. Non ti crucciare, Oliver, sai quanto è frustrato e nervoso e quella che lui chiama mocciosa si vede lontano un miglio che non gli è indifferente. Gli disse sottovoce.  Oliver alzò lo sguardo, sorpreso. Credi che Eloise gli piaccia? E’ solo una bambina! Rispose irritato. Non direi proprio che sia una bambina, è una splendida fanciulla che può conquistare il cuore di un uomo solo con uno sguardo, e tu dovresti saperlo, visto quanto ne sei infatuato. Gli rispose.
Oliver rimase pensieroso per qualche attimo. E’ vero, mi piace molto, è davvero bellissima e nemmeno lo sa, ma io sono un gentiluomo e la rispetto, so aspettare e ti giuro che non lascerò che qualcuno possa arrivare e portarsela via, fosse anche il re in persona. Diede voce ai suoi pensieri. Nessuno di noi oserà fare altro che del bene a miss Eloise, questo te lo posso garantire a nome di tutti noi, ma lui? E’ il padrone e come tale può ordinarti di andartene quando vuole. Gli ricordò Leroi.
Non succederà, amico mio. Non succederà!



Era il secondo giorno di luglio quando il drappello arrivò al palazzo reale. Tre guardie furono mandate loro incontro e li scortarono alle stalle.
Erano stanchi e di cattivo umore. Sistemarono i cavalli e Allen chiese a sir Power gli ordini da seguire durante la permanenza. Potete riposare, vi chiamerò se ho bisogno di voi. Seguì il paggio appena arrivato che lo condusse in una stanza per gli ospiti dentro il palazzo. Sapeva di dover aspettare, il re avrebbe saputo del suo arrivo e appena possibile lo avrebbe chiamato. Si lavò e indossò abiti adatti, si sdraiò sul letto e si addormentò.
Si svegliò di soprassalto, fuori era buio e si chiese quanto avesse dormito. Si meravigliò che nessuno fosse venuto a portare cibo o messaggi, e questo lo innervosì parecchio. Non poteva far altro che aspettare l’alba per uscire.
Bussarono e un paggio entrò con la colazione. Quando potrò vedere il re? gli chiese. Il paggio, fece un inchino e uscì senza dire una parola.
Finalmente iniziò a sentire i primi rumori del giorno e scese in cortile. Alcune guardie si stavano allenando, raggiunse l’alloggio dei soldati e si unì ai suoi uomini. Nessuno fiatò vedendo l’espressione che aveva in viso. I piatti fumanti passavano di mano in mano mentre gli uomini parlavano in libertà. Fu così che venne a sapere che il re non era a palazzo, c’era solo la regina.
Sir Power non voleva trattenersi per troppo tempo, il suo castello richiedeva la sua presenza ed era quasi pentito di aver seguito l’impulso di un momento, ma ora che era lì avrebbe rivisto Mariclaire per poi tornare indietro più sollevato. Scrisse un biglietto per la regina e lo consegnò ad un paggio, aspettando di essere chiamato.
La giornata si trascinò lenta, nessuna risposta al suo biglietto e lui non poteva far altro che aspettare. Era ormai tardi e si stava accingendo a coricarsi quando bussarono alla sua porta. Infilò il pugnale sotto la camicia e aprì la porta. Mi segua, sir Power, la regina l’aspetta. Era un orario insolito ma non poteva fare diversamente. Prese un leggero mantello e seguì il messaggero.
Seguirono corridoi a lui sconosciuti, non era mai stato negli alloggi della regina. Cercò di memorizzare il tragitto ma era difficile con la poca luce delle torce. Il suo accompagnatore svoltò in un corridoio ancora più stretto e quando sir Power fece lo stesso non lo vide più. Il sangue gli si gelò nelle vene. Impugnò istintivamente il pugnale e aspettò di capire cosa stava succedendo. Fu un attimo, nemmeno se ne accorse. Un cappuccio gli calò sulla testa e un pugno ben assestato gli fece perdere i sensi. Non si accorse di niente mentre veniva trascinato e poi legato ad una sedia.
Si svegliò sentendo un gran mal di testa, la luce era molto fioca e non riusciva a distinguere nemmeno se ci fossero delle pareti. Lo avevano spogliato e indossava solo le braghe leggere.
Sentiva freddo mentre i suoi sensi riprendevano a funzionare, c’era silenzio ma percepiva la presenza di qualcuno. La vita pericolosa che aveva sempre condotto lo aveva reso sensibile ad ogni situazione, ma questo, nel palazzo del re, proprio non se lo aspettava.
So che c’è qualcuno. Cosa volete? Disse con voce rauca. Nessuno rispose ma un movimento attrasse la sua attenzione. Finalmente si è svegliato, sir Power, o mi sarei perso tutto il divertimento! Disse una voce sconosciuta.
L’uomo, incappucciato si avvicinò al prigioniero e gli assestò un colpo ai fianchi con un bastone. Sir Power trattenne un urlo di dolore, capiva di essere in pericolo di vita, nessuno sapeva dove fosse e i suoi uomini men che meno.
Chi è lei? Cosa vuole da me? Perché sono prigioniero nel castello del mio re? Volle sapere. Gli rispose soltanto una risata di scherno.
Il bastone si abbattè di nuovo sui fianchi, aggiungendo dolore al dolore. Questa volta non gli riuscì di trattenere un grido soffocato. Cercava di riprendere fiato con piccoli respiri. Stava ragionando e non capiva se quello si stava divertendo prima di finirlo o avesse solo l’ordine di fargli del male. Un’ombra si staccò dal muro, non l’aveva vista e si avvicinò a lui. Non avrebbe potuto riconoscere nessuno dei due ma memorizzava ogni particolare che poteva. Quest’ultimo prese il bastone dalle mani del suo compare e lo scagliò con forza sull’addome del prigioniero. Era un colpo inatteso e sir Power non riuscì ad attutirlo in nessun modo. Il sudore gli colava negli occhi e la sofferenza gli toglieva il fiato, mentre la mente stava cedendo all’oblio. Il primo uomo gli prese i capelli e gli sollevò la faccia mentre l’altro, con il pugnale tolto al prigioniero gli feriva la faccia squarciandogli la guancia dall’orecchio alla bocca. Il sangue colò abbondante mentre i due rimanevano a guardare, sarebbe morto dissanguato sotto i loro occhi.
Perché tutto questo? Riuscì a biascicare.
Sapevano tutti che sarebbe morto. Noi eseguiamo solo gli ordini. Rispose uno.
Nella mente di sir Power echeggiò la stessa frase che il capitano Carrel aveva detto prima di morire. Capì che doveva essere qualcuno di molto importante se aveva tutto questo potere, soltanto il re poteva tanto. O c’era una congiura? Non voleva credere che il suo re, che aveva servito con tanta lealtà volesse la sua morte.
I sensi lo stavano abbandonando, non aveva nemmeno la forza di alzare la faccia. L’ultimo pensiero che gli attraversò la mente fu dove butteranno il mio corpo? Poi svenne.
Non sentì il trambusto che seguì. Oliver e Steven entrarono come furie attaccando i due uomini incappucciati che non si fecero sorprendere e sparirono velocemente da un’uscita che solo loro conoscevano. Le due guardie non persero tempo a rincorrerli, slegarono sir Power e tamponarono la ferita mentre lo trasportavano il più rapidamente possibile nell’infermeria dei soldati.
La notte era buia, fuori e dentro la mente di sir Power.

foto dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

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