ELOISE
P .TRENTADUE E TRENTATRE
I lavori al
castello procedevano spediti. Sir Power era sempre indaffarato e molto
scontroso. Le sue quattro guardie erano riunite a consumare il loro veloce
pasto. Da un po’ di giorni non riuscivano a capire il loro capo. Secondo voi che cosa lo rende così
scorbutico? Chiese Allen. Ha bisogno
di una donna. Rispose Steven. Non può
aspettare due o tre anni, dovrebbe sposarsi subito e portare qui la sua
fidanzata. Staremmo tutti più tranquilli. Continuò.
Io credo abbia altro per la testa. A
volte quando sono con lui e lo osservo noto la sua faccia tirata e le labbra
serrate, come se fosse arrabbiato, ho paura che prima o poi esploderà con
qualcuno e gli farà molto male. Non dobbiamo lasciarlo solo anche se fa di
tutto per sfuggire alla nostra vista. Disse Leroi.
Nostro compito è sorvegliarlo e
proteggerlo, e se serve anche da se stesso. Aggiunse Oliver. Con
me è particolarmente rude e non ne capisco il motivo. Credo che il nostro
compito diventerà sempre più difficile.
Terminarono
il loro pasto e mentre due di loro riposavano gli altri andavano ad aspettare
che sir Power uscisse dalla sua baracca.
Giugno stava
terminando e il caldo era soffocante. I lavori sia al castello che nei campi
procedevano molto speditamente. Le mura portanti dell’abitazione principale
crescevano a vista d’occhio. Fu lì, ad osservarle che Oliver raggiunse il suo
capo. Rimase in disparte, ad aspettare le sue mosse per seguirlo con la massima
discrezione.
Vieni, Oliver. Cosa ne pensi? Gli chiese con gli occhi che gli
brillavano. Credo che abbia fatto bene a
mantenere la costruzione originale, è davvero molto bella e sarà anche molto
solida, poi ci penserà miss Mariclaire ad abbellirlo una volta terminato.
Gli rispose.
Vorrei possedere la capacità di farlo
terminare domani. Ho nostalgia della mia fidanzata. Disse stringendo i pugni. Si voltò di
scatto verso la sua guardia. Organizza il
viaggio, domani torniamo al palazzo reale! Era stato l’impulso di un
momento, ma ora la decisione era presa. Il re non lo aveva chiamato ma lui era
ansioso di rivedere la sua fidanzata.
Sarà fatto, mio signore. Potremo
partire alle prime luci dell’alba. Rispose Oliver andando ad avvisare anche gli altri.
In quelle
giornate così calde lavorare alla fucina era come stare in un forno. Rose
portava spesso acqua fresca e aveva allestito recipienti di acqua perché i
lavoranti potessero rinfrescare mani e viso. Tom, Eloise e il ragazzo che li
aiutava sudavano parecchio mentre lavoravano. Quest’ultimo, nonostante fosse
giovane aveva maturato un fisico muscoloso, era un timido ed era anche molto
bravo nel suo lavoro. Lui ed Eloise si parlavano poco e, nonostante avessero
pochi anni di differenza non era mai nata un’amicizia.
Eloise stava
facendo una pausa vicino alla tinozza dell’acqua. Si era rinfrescata il viso,
deliziose e fresche gocce di acqua le scendevano fra i seni e lungo la schiena.
Chiuse gli occhi mentre riposava.
Ripensò a
quando aveva conosciuto sir Power, alla sua gentilezza e al cambiamento
avvenuto in quel poco tempo. Lei era arrabbiata con lui per averle proibito di
ritornare al castello e di averla bandita perfino nelle vicinanza dello stesso.
Doveva ammettere, però che stava facendo un ottimo lavoro mantenendo le
fondamenta originarie. Non vedeva l’ora che fosse finito per confrontarlo col
disegno che possedeva e desiderava ardentemente che il fantasma fosse
soddisfatto e potesse trovare la pace che meritava. Sospirò e tornò al lavoro,
aspettava che Oliver venisse in visita per portarlo in giro e rendergli la
visita che le aveva organizzato al castello. Sorrise ripensando ai passi di
danza che aveva iniziato per poi finire addosso proprio a sir Power, avrebbe
potuto spostarsi invece di stringerla così tanto. Alzò le spalle cancellandolo
dalla sua mente, non avrebbe perso nemmeno un minuto della sua vita pensando al
padrone delle Terre del Green.
Il drappello
dei cinque uomini era in viaggio da parecchie ore. Il caldo rendeva la
cavalcata piuttosto difficoltosa ma nessuno si lamentava. Dovremmo far riposare i cavalli. Disse Oliver al suo capo.
Quest’ultimo lo fulminò con un’occhiata. Hai
così fretta di ritornare dalla tua ragazzina? Gli rispose in malo modo. Io non ho nessuna ragazzina, sir Power, e
comunque sono faccende che non la riguardano! Gli rispose allo stesso modo.
Voltò il cavallo e si mise in coda alla fila.
Nessuno
osava fiatare, i cavalli erano stanchi ma soltanto il loro capo avrebbe deciso
quando fermarsi. Solo a notte fonda sostarono ai limiti di un boschetto. Allen
rifocillò tutti i cavalli mentre Steven prendeva da mangiare. Oliver si era
allontanato per una breve ricognizione, non aveva voglia di rimanere accanto al
suo capo, non capiva cosa intendesse con quella frase. Leroi lo raggiunse
portandogli del pane e del vino. Non ti
crucciare, Oliver, sai quanto è frustrato e nervoso e quella che lui chiama
mocciosa si vede lontano un miglio che non gli è indifferente. Gli disse
sottovoce. Oliver alzò lo sguardo,
sorpreso. Credi che Eloise gli piaccia?
E’ solo una bambina! Rispose irritato. Non
direi proprio che sia una bambina, è una splendida fanciulla che può
conquistare il cuore di un uomo solo con uno sguardo, e tu dovresti saperlo,
visto quanto ne sei infatuato. Gli rispose.
Oliver
rimase pensieroso per qualche attimo. E’
vero, mi piace molto, è davvero bellissima e nemmeno lo sa, ma io sono un
gentiluomo e la rispetto, so aspettare e ti giuro che non lascerò che qualcuno
possa arrivare e portarsela via, fosse anche il re in persona. Diede voce
ai suoi pensieri. Nessuno di noi oserà
fare altro che del bene a miss Eloise, questo te lo posso garantire a nome di
tutti noi, ma lui? E’ il padrone e come tale può ordinarti di andartene quando
vuole. Gli ricordò Leroi.
Non succederà, amico mio. Non
succederà!
Era il
secondo giorno di luglio quando il drappello arrivò al palazzo reale. Tre
guardie furono mandate loro incontro e li scortarono alle stalle.
Erano
stanchi e di cattivo umore. Sistemarono i cavalli e Allen chiese a sir Power
gli ordini da seguire durante la permanenza. Potete riposare, vi chiamerò se ho bisogno di voi. Seguì il paggio
appena arrivato che lo condusse in una stanza per gli ospiti dentro il palazzo.
Sapeva di dover aspettare, il re avrebbe saputo del suo arrivo e appena
possibile lo avrebbe chiamato. Si lavò e indossò abiti adatti, si sdraiò sul
letto e si addormentò.
Si svegliò
di soprassalto, fuori era buio e si chiese quanto avesse dormito. Si meravigliò
che nessuno fosse venuto a portare cibo o messaggi, e questo lo innervosì
parecchio. Non poteva far altro che aspettare l’alba per uscire.
Bussarono e
un paggio entrò con la colazione. Quando
potrò vedere il re? gli chiese. Il paggio, fece un inchino e uscì senza
dire una parola.
Finalmente
iniziò a sentire i primi rumori del giorno e scese in cortile. Alcune guardie
si stavano allenando, raggiunse l’alloggio dei soldati e si unì ai suoi uomini.
Nessuno fiatò vedendo l’espressione che aveva in viso. I piatti fumanti
passavano di mano in mano mentre gli uomini parlavano in libertà. Fu così che
venne a sapere che il re non era a palazzo, c’era solo la regina.
Sir Power
non voleva trattenersi per troppo tempo, il suo castello richiedeva la sua
presenza ed era quasi pentito di aver seguito l’impulso di un momento, ma ora
che era lì avrebbe rivisto Mariclaire per poi tornare indietro più sollevato.
Scrisse un biglietto per la regina e lo consegnò ad un paggio, aspettando di
essere chiamato.
La giornata
si trascinò lenta, nessuna risposta al suo biglietto e lui non poteva far altro
che aspettare. Era ormai tardi e si stava accingendo a coricarsi quando
bussarono alla sua porta. Infilò il pugnale sotto la camicia e aprì la porta. Mi segua, sir Power, la regina l’aspetta. Era
un orario insolito ma non poteva fare diversamente. Prese un leggero mantello e
seguì il messaggero.
Seguirono
corridoi a lui sconosciuti, non era mai stato negli alloggi della regina. Cercò
di memorizzare il tragitto ma era difficile con la poca luce delle torce. Il
suo accompagnatore svoltò in un corridoio ancora più stretto e quando sir Power
fece lo stesso non lo vide più. Il sangue gli si gelò nelle vene. Impugnò
istintivamente il pugnale e aspettò di capire cosa stava succedendo. Fu un
attimo, nemmeno se ne accorse. Un cappuccio gli calò sulla testa e un pugno ben
assestato gli fece perdere i sensi. Non si accorse di niente mentre veniva
trascinato e poi legato ad una sedia.
Si svegliò
sentendo un gran mal di testa, la luce era molto fioca e non riusciva a
distinguere nemmeno se ci fossero delle pareti. Lo avevano spogliato e
indossava solo le braghe leggere.
Sentiva
freddo mentre i suoi sensi riprendevano a funzionare, c’era silenzio ma
percepiva la presenza di qualcuno. La vita pericolosa che aveva sempre condotto
lo aveva reso sensibile ad ogni situazione, ma questo, nel palazzo del re,
proprio non se lo aspettava.
So che c’è qualcuno. Cosa volete? Disse con voce rauca. Nessuno
rispose ma un movimento attrasse la sua attenzione. Finalmente si è svegliato, sir Power, o mi sarei perso tutto il
divertimento! Disse una voce sconosciuta.
L’uomo,
incappucciato si avvicinò al prigioniero e gli assestò un colpo ai fianchi con
un bastone. Sir Power trattenne un urlo di dolore, capiva di essere in pericolo
di vita, nessuno sapeva dove fosse e i suoi uomini men che meno.
Chi è lei? Cosa vuole da me? Perché
sono prigioniero nel castello del mio re? Volle sapere. Gli rispose soltanto una risata di
scherno.
Il bastone
si abbattè di nuovo sui fianchi, aggiungendo dolore al dolore. Questa volta non
gli riuscì di trattenere un grido soffocato. Cercava di riprendere fiato con
piccoli respiri. Stava ragionando e non capiva se quello si stava divertendo
prima di finirlo o avesse solo l’ordine di fargli del male. Un’ombra si staccò
dal muro, non l’aveva vista e si avvicinò a lui. Non avrebbe potuto riconoscere
nessuno dei due ma memorizzava ogni particolare che poteva. Quest’ultimo prese
il bastone dalle mani del suo compare e lo scagliò con forza sull’addome del
prigioniero. Era un colpo inatteso e sir Power non riuscì ad attutirlo in
nessun modo. Il sudore gli colava negli occhi e la sofferenza gli toglieva il
fiato, mentre la mente stava cedendo all’oblio. Il primo uomo gli prese i
capelli e gli sollevò la faccia mentre l’altro, con il pugnale tolto al
prigioniero gli feriva la faccia squarciandogli la guancia dall’orecchio alla
bocca. Il sangue colò abbondante mentre i due rimanevano a guardare, sarebbe morto
dissanguato sotto i loro occhi.
Perché tutto questo? Riuscì a biascicare.
Sapevano
tutti che sarebbe morto. Noi eseguiamo
solo gli ordini. Rispose uno.
Nella mente
di sir Power echeggiò la stessa frase che il capitano Carrel aveva detto prima
di morire. Capì che doveva essere qualcuno di molto importante se aveva tutto
questo potere, soltanto il re poteva tanto. O c’era una congiura? Non voleva
credere che il suo re, che aveva servito con tanta lealtà volesse la sua morte.
I sensi lo
stavano abbandonando, non aveva nemmeno la forza di alzare la faccia. L’ultimo
pensiero che gli attraversò la mente fu dove
butteranno il mio corpo? Poi svenne.
Non sentì il
trambusto che seguì. Oliver e Steven entrarono come furie attaccando i due
uomini incappucciati che non si fecero sorprendere e sparirono velocemente da
un’uscita che solo loro conoscevano. Le due guardie non persero tempo a
rincorrerli, slegarono sir Power e tamponarono la ferita mentre lo
trasportavano il più rapidamente possibile nell’infermeria dei soldati.
La notte era
buia, fuori e dentro la mente di sir Power.
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