lunedì 31 dicembre 2018

VISANO E LA MALEDIZIONE DEL ROGO - ROMANZO


TRATTO DA “VISANO E LA MALEDIZIONE DEL ROGO”



 Con i polsi ben stretti, Lena fu condotta davanti al suo patibolo. Tone aspettava che anche gli altri si avvicinassero.
Procedi. L’uomo strattonò la ragazza fino al palo e la legò senza che lei si ribellasse. Lena levò lo sguardo e trafisse con gli occhi ognuno di loro. Io, Lena Ferdinandi vi maledico. Tu, Mariano Livorni, sai già cosa ti aspetta. Tu, Tina Livorni, ogni volta che sentirai il mio odore saprai che una disgrazia sta per capitarti. Tu, Tone Anastase, non riuscirai a godere di quello che otterrai. Tu, Antonio Anacleto Spiga (e qui fece una lunga pausa senza mai abbassare gli occhi) tu otterrai onori, ricchezze, terre e ogni cosa che desideri, ma la tua stirpe finirà prima che il 1000 e non più 1000 scocchi i rintocchi. La tua discendenza sarà quella che più soffrirà per causa tua. E voi, uomini di chiesa, verrete giudicati dalla storia ma soprattutto da quel Dio che avete così spudoratamente tradito. Io sono pronta, ma ricordate, non sono finita.
Tina tremava visibilmente, ricordando lo strano odore che aveva percepito.
Mariano ribolliva di rabbia e non vedeva l’ora che quella puttana andasse in fumo per correre da Agata e dimostrare che il suo calvario era finito.
Tone sorrideva senza timore.
Antonio Anacleto Spiga si rigirava il sigaro fra le labbra, imperturbabile come sempre.
L’inquisitore, avvezzo a tutto questo, aveva solo il desiderio di porvi fine in fretta.
Il Vicario alzò gli occhi al cielo e gli sembrò di vedere un lampo, come se il suo Dio gli mandasse un segno, e cominciò ad avere paura.
Procedete.
Tone aveva già acceso la torca e cominciò a dare fuoco alle fascine.
Lentamente il fuoco si avvicinava alla ragazza e le vesti cominciarono a bruciare. Nessuno dei presenti riusciva a staccare gli occhi dalla scena che avrebbero ricordato per tutta la vita.
Quando le fiamme cominciarono a lambire la carne di Lena, la ragazza cominciò ad urlare.
Che Dio vi maledica. Che siate maledetti, tutti quanti maledetti. Continuò a ripetere le stesse parole fino a quando il fuoco l’avvolse.



domenica 30 dicembre 2018

SENSI



                                               SENSI




E’ mattino molto presto e sono sveglia. Cos’è stato a svegliarmi? Guardo l’ora e sono le cinque.Sono sveglia e mi alzo in silenzio. E’ estate, ma l’alba non è ancora spuntata. Scendo piano le scale e anche il mio cane mi guarda sonnacchioso e sembra dire “io rimango qui ancora un po’”. Esco piano e prendo la strada dei campi. Che strano, pensavo di ascoltare il silenzio assoluto, ma così non è. Chiudo gli occhi e acuisco i miei sensi e sento sulla pelle l’umidore della notte che sta svanendo. Un respiro profondo e colgo l’odore dell’acqua stagnante del fosso. Cerco di ascoltare e sento lo strisciare di una biscia nell’erba, lo sbattere d’ali di un uccello notturno; e i sapori che sento sulle labbra: l’amaro del radicchio selvatico, la freschezza del verde finocchietto.
La frescura sulla pelle, gli odori dell’acqua, il rumore dell’erba strisciante, i sapori sulle labbra, manca ancora un senso. Allora apro gli occhi e mi metto di fronte al sole che sorge: la luce giallastra che spazza via il grigio della notte morente e, inondata da questa luce immortale dell’alba mi chiedo “perché sono qui? Cos’è stata quella carezza impalpabile che mi ha svegliato stamane?” E mentre il sole, implacabile, sorge mi guardo intorno e vedo me stessa in ciò che mi circonda: non sono io parte del mondo è la natura che è parte di me, e i cinque sensi si mescolano, si alzano, si confondono, e niente è più terreno e reale. C’è qualcosa che mi sfugge. Perché sono qui nell’alba nascente di questa mattina?  La natura mi parla ma io ancora non sento, non capisco: è semplicemente un nuovo giorno che sorge, cosa c’è di strano? E’ dalla nascita del mondo che questo succede, dove è la novità?
Richiudo gli occhi ed alzo il viso al cielo ed è come se un angelo scendesse ad accarezzarmi il cuore, mi apre la mente e capisco: un nuovo giorno è un altro miracolo se lo vivi con amore, non è la routine quotidiana, è un succedersi di gioie e dolori che temprano l’anima di noi persone sensibili; e capisco anche un’altra cosa: i miei sensi non sono più cinque ma ce n’è un altro che devo scoprire pian piano, è quello che mi apre il cuore e la mente verso un universo imponente con tante emozioni pronte per me.
Ho capito qualcosa di più e piano piano, canticchiando ritorno a casa mia che mai mi è sembrata così bella. Apro piano la porta ma il mio cane è già fuori e un profumo di caffè mi da’ il bentornata. Mio marito mi guarda e mi dice con amore “tu sei pazza”, e gli rispondo che sì: se l’amore universale rende pazzi, allora lo sono. Un abbraccio, un bacio, e la giornata riprende il suo ritmo, e ogni giorno è un giorno d’amore così.



 diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

sabato 29 dicembre 2018

AGHATA


AGHATA

P. VENTIDUE






Sir Cortan stava tornando al suo alloggio, col viso contrito dalla rabbia e dal dispiacere di aver sentito parole così inverosimili uscire dalla bocca del suo lord. Sapeva che erano le parole che sua moglie gli aveva piano piano fatto penetrare nella mente, che cosa aveva in testa quella donna? Questi erano i pensieri quando incrociò proprio lei e il suo capo scorta. Fece solo un cenno del capo ma quella lo chiamò. L’uomo si bloccò, aveva fretta e non era dell’umore adatto ad ascoltare le facezie della lady. Sir Cortan, quella serva deve riprendere il suo posto al più presto. Passo sopra al fatto che l’ha fatta uscire dalla gabbia prima del tempo ma non tollero che manchi alle sue mansioni, è una serva del palazzo, cioè mia e non voglio intromissioni nei miei ordini. Mi sono spiegata?  L’uomo fremeva, avrebbe voluto spiegarle ma sapeva che non gli conveniva. Farò il mio dovere, come sempre. Le rispose semplicemente.
Arrivato al suo alloggio si fermò un attimo davanti alla sua porta cercando di riprendere il controllo, poi entrò. Ester stava pettinando i lunghi capelli rossi di Aghata e si fermò quando vide il suo padrone e lo sguardo che lei conosceva bene. Devo uscire, mio signore, vi lascio soli.
Sir Cortan e miss Aghata erano uno dei fronte all’altra. La ragazza aveva ancora i capelli sciolti che rendevano il suo viso ancora più sottile e i suoi splendidi occhi verdi sembravano ancora più grandi. Per un attimo l’uomo si perse in quella luce mentre nelle viscere gli saliva qualcosa che gli prendeva il cuore, e ancora non capiva di cosa si trattava. Fu la ragazza a rompere il silenzio. Grazie, mio signore, so che devo a lei se sono uscita dalla gabbia. Eve? Sussurrò. L’uomo non riusciva a staccare i suoi occhi dallo sguardo magnetico della giovane. Vorrei poter fare di più, miss Aghata. Il corpo di Eve verrà consegnato alla sua famiglia e farò in modo che più nessuna ragazza venga tradotta nelle gabbie, ma stiamo vivendo tempi difficili e anche la mia autorità sta vacillando. Avrei voluto tenerla più a lungo al riparo ma ho ricevuto ordini perentori di rimandarla ai suoi compiti. Quello che le posso promettere è che la terrò d’occhio e farò quanto è in mio potere per aiutarla a sopravvivere in questo posto. Per qualunque cosa abbia bisogno non esiti a contattare Ester o venire direttamente da me, anche se è pericoloso. La ragazza assentiva col capo. Non so cosa lady Lucy abbia contro di me, io voglio solo portare a termine il mio servizio, ma vedo tante cose che mi fanno soffrire ed ho paura che stia accadendo qualcosa di ancora più grave. Gli alzò lo sguardo dritto in viso. Io lo so di essere in pericolo, ma lo supererò, il pericolo più grande riguarda proprio lei, sir Cortan! Gli si avvicinò e gli carezzò la cicatrice. L’uomo era immobile al tocco gentile di quella mano. Ci saranno giornate tremende prima di giorni migliori. Gli disse enigmaticamente la fanciulla. Ora, dove devo andare sir Cortan? Io sono pronta. L’uomo, con forte autocontrollo si riprese, gesti gentili o parole fatte di dolcezza e comprensione erano per lui cosa nuova e li stava scoprendo con quella fanciulla, forse era una strega e gli stava rubando il cuore. Mi segua, miss Aghata, devo accompagnarla da lady Lucy.
Raggiunsero le stanze della loro signora. Puoi andare, sir Cortan, so sbrigarmela benissimo da sola, gli disse la lady senza nemmeno alzare gli occhi su di lui. Il capitano salutò e uscì con la mente in tumulto.
Vedo che te la sei cavata giù nelle gabbie. Le disse la signora mentre beveva il suo tè e lasciava in piedi la fanciulla. E’ stata dura. Rispose. Ti rimangono ancora dieci giorni da passare là sotto per scontare la tua pena, non credere che sia passata nel dimenticatoio, alla tua prossima mancanza ti verrà raddoppiata e aggiunta alla pena per quello di cui sarai condannata. O ti comporti bene e farai quello che comando io, o ritornerai là sotto, magari in compagnia di quella tua amica sguattera. Lady Lucy chiamò la governante e diede ordine che Aghata riprendesse il suo vecchio compito.
In cucina c’era il solito fermento e quando la governante entrò con Aghata tutte si fermarono. Nessuna di loro sapeva cosa fosse successo, soltanto Sofia che girò lo sguardo da un’altra parte. La cuoca la prese in consegna e tutto riprese come prima.
Sofia si stava cambiando quando Aghata entrò nella cameretta, era soltanto molto stanca e debilitata, non disse niente, si coricò senza riuscire ad addormentarsi mentre la sua compagna usciva.
Maggio sembrava passare lentamente, la vita di Aghata era legata al suo lavoro di sguattera, non usciva più nemmeno in giardino dal timore di incontrare qualcuno di indesiderato. Non respirava aria pulita da tempo e il suo colorito ne risentiva. Preferiva questo piuttosto che servire la lady e sperava che si dimenticasse di lei.
Mentre i giorni passavano, lady Lucy intesseva la sua tela, era ora di passare all’azione.
La cena che si stava svolgendo era informale, solo per i signori del palazzo e i loro più fidati consiglieri.
Il vociare era il solito, anche le risate. Fu il tintinnio di un un pugnale battuto sul boccale ad attirare l’attenzione di tutti, e si zittirono in attesa di scoprire cosa voleva comunicare il vice capitano delle guardie.
Sir Mortenn si alzò e andò davanti a lord Aram. Sicuro di aver ottenuto la sua attenzione disse semplicemente. Voglio sfidare sir Cortan per prendere il suo posto.
Nessuno si aspettava una simile dichiarazione, tutti ne furono sorpresi. Ma non si poteva tornare indietro.
Lord Aram si alzò in piedi e fece alzare anche sir Cortan. Conosco questa richiesta e vi darò seguito. Si alzò anche lady Lucy. Perché non farla avvenire fra due settimane quando sarà presente anche lord Sirus? La donna teneva la sua mano teneramente poggiata a quella del marito guardandolo con dolcezza.
Lady Lucy ha ragione. Si farà alla presenza di lord Sirus.


illustrazione di Donatella Casiraghi - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

venerdì 28 dicembre 2018

AGHATA


AGHATA

P. VENTUNO







Con la fanciulla fra le braccia stava dietro ai suoi uomini che trasportavano il corpo di Eve. Portatela nella sala delle spade, depositatela sul piccolo tavolo e lasciatela lì. Era una novità, tutte le ragazze che morivano per un motivo o per un altro venivano gettate in una fossa comune o in mare con un masso legato ai piedi. Non discussero l’ordine del loro capitano.
Sir Cortan raggiunse il suo alloggio. Ester lo vide entrare come una furia. Prepara la vasca con acqua calda, procurati delle vesti e del cibo per miss Aghata! La donna si mise subito all’opera. Prima di uscire dalla stanza si voltò verso il suo padrone: lord Aram è tornato e si mormora che sia di pessimo umore. Lasciò la stanza di corsa.
Il capitano aveva disteso Aghata sul tappeto vicino al camino, la ragazza era gelida da sembrare morta, sperò ardentemente di essere arrivato in tempo per salvarle la vita. I capelli lunghi e sporchi le coprivano il viso e lui, per la prima volta le sfiorò il volto liberandolo da quel groviglio rosso. Si soffermò ad osservarla e si rese conto, se ancora ce ne fosse stato bisogno che era davvero bellissima, ma la sua più grande attrattiva erano i suoi splendidi occhi verdi, l’avevano catturato ancora la prima volta che l’aveva incontrata, era la prima ragazza che risvegliava in lui sentimenti che mai avrebbe immaginato di poter provare.
La porta si aprì ed Ester entrò con Sara e secchi di acqua calda. La ragazza corse dalla sua amica e mentre le accarezzava il viso Aghata aprì gli occhi. Non piangere, Sara, io non morirò prima di aver compiuto il mio compito. Si guardò attorno. Dove sono? Sir Cortan si avvicinò a lei. E’ nel mio alloggio, miss Aghata, qui nessuno le potrà fare del male, Ester si prenderà cura di lei insieme a Sara, io devo andare. Si perse per un attimo nello splendore del verde dei suoi occhi e uscì dalla stanza.
Lord Aram lo stava aspettando nel suo vasto studio privato. Il viso del suo signore non presagiva niente di buono. Ben tornato, lord Aram, quali novità ci sono? Il lord teneva in mano una coppa di vino e ne offrì una al suo capitano che, come sempre rifiutò. Ci sono state lunghe riunioni al palazzo di lord Sirus, eravamo tutti presenti e sono sorti dei problemi. Le voci corrono prima fin là che al mio orecchio, voci che riguardano il mio territorio, quello che anche tu dovresti tenere sotto controllo. Ti stanno sfuggendo troppe cose, sir Cortan e non ne sono per niente soddisfatto. Il capitano era immobile. Posso sapere di cosa parla? Gli chiese. Lord Aram beveva nervosamente e faticava a stare seduto sulla sua sedia imbottita. Del malcontento che sta serpeggiando da tempo nei villaggi dei pastori, di voci di rivolte e di furti di bestiame e di granaglia, del fatto che molti contadini hanno fatto pervenire a lord Sirus una missiva dove si lamentano del mio comando. Io, unico fra tutti i presenti ad essere ripreso davanti a tutti quanti per il fatto che non controllo il mio territorio. E’ compito tuo, questo, perché non ci riesci? Ti sei forse rammollito? La voce del lord cresceva di intensità mano a mano che ricordava l’onta subita in quel frangente, se avesse potuto avrebbe preso a frustate il suo capitano ma, sapeva bene che nonostante tutto era ancora un uomo fidato.
Sir Cortan sapeva cosa stava succedendo, lo aveva scoperto durante il suo ultimo sopralluogo. Se lord Aram lo avesse saputo si sarebbe accanito ancora di più sulla sua gente, era in una situazione davvero imbarazzante, i signori di palazzo avevano il compito di dirigere e governare quel territorio e tutto quello che conteneva ma dovevano risponderne in prima persona a lord Sirus che a sua volta doveva risponderne ancora più in alto. Nessuno voleva, per colpa di qualcun altro finire in miseria e perdere i privilegi che quella posizione garantiva.
Venga con me, lord Aram. Il lord lo guardò dubbioso, posò la coppa e lo seguì. Ci vollero solo pochi minuti per raggiungere la sala delle spade, i suoi uomini avevano appena terminato di sistemare il corpo di Eve. Lasciarono la stanza ai loro superiori. Sul tavolo, in bella mostra stava il cadavere della fanciulla: sporco, tumefatto e magro da far spavento. Cosa significa questo?  Chiese lord Aram. Questo è uno dei motivi del malcontento della sua gente. Mandano le loro figlie a palazzo per servire il loro signore e in molto casi non le vedono più, nei migliori dei casi tornano alla loro famiglie segnate da tutto quello che subiscono qui. Lord Aram osservava quella ragazzina ma non l’aveva mai vista. Chi è questa fanciulla? Volle sapere. Questa fanciulla si chiamava Eve e serviva a palazzo, è stata sua moglie a spedirla nella gabbia, così come sono i miei soldati a ridurle spesso in condizioni disastrose solo perché lei lo permette. Sono ragazze e fanciulle che hanno famiglia, famiglie che lavorano la sua terra, che crescono i suoi animali, e vengono ripagati in questo modo. E si chiede del perché del malcontento? Lord Aram si girò verso il suo capitano. Queste cose sono sempre successe, cosa c’è di diverso ora? Sir Cortan scosse la testa. Se non riesce a capirlo da solo io non glielo spiegherò. Fece per andarsene ma lord Aram lo fermò. Stai diventando insolente, al limite della disobbedienza, ha ragione mia moglie quando sostiene che non sei più adatto a fare il capitano delle guardie, che fai troppe cose di testa tua e che non mi rispetti più come prima. Il capitano mantenne a stento la calma. Nessuno le è più leale di me, nessuno come me ha tenuto tutto sotto controllo, se lei non controlla sua moglie la porterà alla rovina. Sapeva di aver osato troppo, ma lui non era più disposto a mettere ordine nei pasticci dei padroni del palazzo, quello che aveva sentito e visto in quei giorni gli avevano insinuato parecchi dubbi e molte domande, e non era più sicuro di essere dalla parte della giustizia. Non osare incolpare lady Lucy, mi ha detto quante volte hai cercato di importunarla, non le volevo credere ma ora sono propenso a pensare che mi abbia detto la verità. Sir Cortan non batteva ciglio. Lord Aram, mi dispiace sentire queste parole ma ora devo occuparmi di un’altra faccenda, una delle quali mettono in subbuglio la sua gente. Ho una fanciulla da salvare, se ci riesco o sua moglie dovrà rispondere delle sue azioni a lord Sirus.
Uscì dalla sala delle spade lasciando il suo padrone arrabbiato e offeso. Il capitano diede ordine di far sistemare il cadavere della ragazza e di consegnarlo alla sua famiglia. Questa volta avrebbero avuto una tomba sulla quale pregare per la propria figlia.

illustrazione di Donatella Casiraghi - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

giovedì 27 dicembre 2018

AGHATA


AGHATA

P. VENTI







Il tempo nella gabbia sembrava non passare mai. Aghata si estraniava e volava col pensiero alla sua terra, alla sua famiglia e aveva anche imparato a volare con i gabbiani sul mare spumoso; spesso mentre sentiva sulla pelle il vento ancora fresco della primavera inoltrata guardava in basso il suo mare, sempre mosso, sempre lo stesso e doveva scacciare la voglia di lasciarsi andare fra le onde e sprofondare nell’acqua salata. Da alcune ore Eve respirava male, lei sapeva che presto la ragazzina sarebbe morta, il suo alito di vita l’aveva già abbandonata. Si alzò dal pagliericcio e si avvicinò alle sbarre che le separavano. Non tentò nemmeno di chiamarla. Iniziò a cantare sottovoce una delle canzoni della loro terra e accompagnò la sua sventurata compagna verso il suo viaggio finale. Cantava e piangeva, stringeva le sbarre e piangeva. Smise di cantare, dal pagliericcio non arrivava più nessun rumore, Eve se n’era andata, innocente fanciulla fra le fauci di quei lord e lady che non avevano cuore. Si rimise a sedere, fra poco sarebbero arrivate le guardie e avrebbero portato via il corpo di Eve, per un attimo desiderò di essere lei stessa morta al suo posto, ancora dieci giorni prima di uscire da quel posto, poteva resistere, si disse, doveva resistere per la sua famiglia.
Sir Cortan venne raggiunto da una delle sue guardie. Capitano, dobbiamo scendere nei sotterranei a prendere il cadavere di una ragazza, dovrebbe venire con noi, alcuni uomini si rifiutano di scendere. Il cuore del capitano si fermò. Sembrava lui stesso diventato di ghiaccio. Si riprese in fretta e seguì la guardia. Più che camminare correva, aveva il fiatone e si maledisse mentalmente di non aver osato scendere a vedere Aghata, ed ora era troppo tardi per la ragazza. Il suo viso si indurì mentre scendeva gli scalini sconnessi, aveva un dolore in mezzo al petto che lo faceva ansimare, la cicatrice gli doleva come non gli succedeva da tempo, si impose la calma ma non ci riuscì.
Raggiunsero le gabbie e sul tavolo un telo copriva il corpo. Sir Cortan si avvicinò al guardiano. Cos’è successo? Il suo tono spaventò quell’uomo avvezzo a tutto. La ragazza è giunta già debilitata, noi l’abbiamo trattata secondo gli ordini, ma si vedeva che non aveva più voglia di vivere, non è colpa nostra, noi eseguiamo gli ordini!
Sir Cortan si avvicinò al tavolo, doveva sollevare quel lurido telo ma le sue mani tremavano. Chiamò il suo soldato e gli ordinò di scoprire il corpo. Era preparato a tutto e quando vide che non si trattava di Aghata fu come se rinascesse, ma chi era quella fanciulla? Dov’era Aghata? Aveva diritto a fare tutte le domande che voleva, era il capitano di tutte le guardie ed era stato chiamato lì. Vieni con me. disse ad una delle sue guardie. Facciamo un’ispezione. I soldati non erano molto contenti di rimanere in quel posto lurido e maleodorante ma il loro capitano aveva dato un ordine e, mentre due uomini avvolgevano il cadavere e legavano il sacco per riportarlo di sopra, il capitano e l’altro soldato iniziarono l’ispezione. Come fanno a resistere qui sotto? Si lasciò sfuggire il sottoposto. Questo posto non dovrebbe esistere da nessuna parte, sono pochi i lord che li tengono ancora in uso, sarebbe ora di chiuderlo anche qui. Passavano in rassegna le gabbie, ne contarono almeno una ventina ma soltanto tre erano occupate. Due uomini e la ragazza, in quella in fondo, lontano da tutto e da tutti. Come sempre era immersa nei suoi sogni e il suo viso trasmetteva le belle sensazioni che stava provando sulla scogliera. Nonostante i capelli arruffati, le vesti stracciate, i piedi nudi e sporca in ogni parte del corpo, agli occhi di sir Cortan sembrò una visione. Tirò un sospiro di sollievo vedendola viva.
Miss Aghata. La chiamò dolcemente. La ragazza non lo sentì nemmeno. Miss Aghata! Ripetè a voce più alta. La voce arrivò alla ragazza che si destò dai suoi sogni e aprì gli occhi. Guardò i due uomini al di là delle sbarre ma non li riconobbe. Miss Aghata, sono io, sir Cortan, mi riconosce? Ci vollero ancora alcuni secondi prima che la mente della ragazza si riprendesse. Guardò i due uomini non sapendo cosa aspettarsi, abbassò il viso e rimase in attesa. Come sta miss Aghata? Era una domanda stupida, si vedeva bene in che condizioni era, ma non era riuscito a tirare fuori altro. Diede ordine al suo soldato di raggiungere gli altri e di aspettarlo.
L’uomo avrebbe voluto tirarla fuori di lì, non sapeva cosa fare. La fanciulla si alzò dal pagliericcio e raggiunse le sbarre. Lei se n’è andata! Eve è morta! Che giustizia è mai questa che tortura e uccide fanciulle innocenti? Come fate a vivere senza rimorsi? Lacrime di dolore e di disperazione scendevano sul suo viso, lasciando solchi sulla sporcizia che lo ricopriva. Il cuore del capitano piangeva per lei e non capiva cosa gli stesse succedendo, non aveva mai provato niente di simile e non seppe riconoscere quello che gli stava nascendo nel cuore. Aghata ritornò sul suo pagliericcio e girò le spalle all’uomo continuando a piangere in silenzio. Sir Cortan era fermo con le mani strette alle sbarre, la sua anima si lacerava: seguire il cuore o le regole di palazzo? La cicatrice gli doleva in modo atroce dalla tensione che lo divorava.
Guardia! Chiamò a gran voce. Apri questa gabbia. L’uomo arrivò di corsa, sapeva che doveva obbedire. Lady Lucy ha dato ordini tassativi per questa giovane, nessuno le ha torto un capello, e possiamo consegnarla solo al capitano della sua scorta. Disse l’uomo. Ho detto di aprire questa gabbia o ti ritroverai con le mani mozzate! Il guardiano era spaventato, non sapeva se avere più paura della lady o del capitano, allora gli consegnò le chiavi e se ne tornò alla sua postazione, lui non voleva averci niente a che fare.
Sir Cortan aprì la gabbia e raggiunse la ragazza. La sollevò fra le braccia, dio quanto era leggera! Raggiunse i suoi uomini che avevano caricato in spalla il cadavere di Eve e risalirono in superficie. Che ne sarà del corpo della mia sventurata compagna? Gli sussurrò all’orecchio. Lui sapeva bene che fine facevano le ragazze che morivano durante il servizio ma non glielo disse. Lei alzò i suoi splendidi occhi sull’uomo che la teneva fra le braccia. E’ inumano quello che fate. E svenne.


illustrazione di Donatella Casiraghi- diritti e proprietà di Milena Ziletti

domenica 23 dicembre 2018

C'ERA UNA VOLTA UN NATALE PIU' POVERO


C’ERA UNA VOLTA UN NATALE PIU’ POVERO




Fuori la neve cadeva gioiosa. I canti di Natale rallegravano le strade. Frotte di bambini con cuffie colorate si rincorrevano scivolando sulla neve fresca. Luci colorate addobbavano le case e il profumo di caldarroste invitava a togliersi i guanti per sbucciarle ancora bollenti.
C’era una volta un Natale più povero.
C’era una volta un Natale più povero. Comincia così la fiaba di Natale che oggi è spuntata da sotto il grande abete pieno di palle colorate. Un vecchio babbo natale seduto imbronciato tiene fra le mani una storia da raccontare. I bambini seduti in cerchio intorno a lui sono in attesa di sentirlo raccontare.
Sono tutti attenti col fiato condensato, che in spirali sale verso il cielo scuro di nuvole grasse.
C’era una volta un Natale più povero, ma come raccontarlo a chi non lo ha mai conosciuto?
Babbo natale alza le braccia e con le sue mani guantate di banco si copre gli occhi e quelli di tutti i bambini, inizia la magia e non c’è più bisogno di parlare.
Tutti i bambini entrano in casa di Pietro, sono lì ma è come se non ci fossero. Vedono, ascoltano e osservano. Non hanno mai visto una casa così! Niente tv, niente pc, niente caloriferi. Una grande stanza col fuoco nel camino rallegra quasi cantando l’ambiente. Una vecchia si dondola su una sedia cigolante e sferruzza biascicando un infinito rosario. Una giovane donna sta impastando il pane e il dolce delle feste, mentre Pietro è seduto sulla pietra del camino assaporando il calore della fiamma.
Dove sono i colori e i canti delle feste? Dove sono i dolci e i regali?
Si sentono solo i bisbigli della nonna e il canto a labbra chiuse della mamma che impasta. Poi un vagito di neonato irrompe come una tromba di soldati e Pietro corre a prendere in braccio la sua sorellina. Una vecchia coperta vicino al fuoco e alcuni bottoni per giocare. La luce si fa fioca e si accende una candela mentre sul fuoco cuoce il minestrone.
Sarà Natale, domani, e c’è un’attesa nell’aria.
Il cuore della giovane madre accelera nell’attesa e la vecchia sembra pregare più forte mentre le mani aggiungono il filo di lana sul ferro.
Sarà Natale, domani e c’è una speranza nell’aria.
Spari di armi rimbombano con echi lontani, sarà Natale, domani anche per chi lotta per la Patria e per Dio, per chi vuole una casa con dentro una famiglia e un lavoro per dare dignità alla Vita.
Sarà Natale, domani e c’è la paura nell’aria.
La candela si consuma insieme al minestrone. La vecchia prende sottobraccio i bambini e si ritira nel grande letto, si terranno caldo insieme
E’ già Natale, e le preghiere si sprecano.
C’era una volta un Natale più povero, dove il regalo più bello era vivere insieme.
C’era una volta un Natale più povero, dove la gente non voleva regali, ma vita da vivere e figli da crescere.
C’era una volta un Natale più povero, ma non fu Natale fino a quando il vero regalo non varcò quella soglia e la famiglia fu di nuovo riunita.
C’era una volta un Natale più povero, dove era l’Amore la gioia più grande, dove in una casa c’era un padre e una madre, una sorella e magari dei nonni.
C’era una volta il Natale, ora non si sa.



immagine dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

sabato 22 dicembre 2018

AGHATA


AGHATA

P. DICIANNOVE





Sara era disperata, dopo aver visto come era ridotta la sua amica non si dava pace, voleva aiutarla e non sapeva come. Era seduta nella sala comune a consumare la cena quando vide Ester entrare e mettersi nel suo solito angolo, restava sempre distante da tutte. La giovane le si avvicinò. La vecchia cameriera alzò lo sguardo sulla ragazza, ma non disse una parola, aveva imparato da tanto tempo a non fidarsi di nessuno e di nessuna di loro, il suo corpo portava ancora i segni di quello che aveva subìto. Tu sei la donna che si è presa cura di Aghata, la conosci forse più di tutte qui dentro. Le disse Sara. Aspettò che quella le rispondesse ma Ester non apriva bocca, stava terminando il suo pasto e presto se ne sarebbe andata. Sara non sapeva cosa fare e in un impeto di sconforto le disse: sei fredda come il ghiaccio ed io non ti conosco, ma so che tu conosci Aghata ed ha bisogno di aiuto, rimani pure nel tuo mondo dorato mentre qui le ragazze soffrono e spariscono! Si alzò per tornare al suo posto ma la donna le prese il braccio e la costrinse a sedersi di nuovo.
Sussurrando per non farsi udire le chiese dov’è la fanciulla? Sara la osservava. Se davvero ti interessa è in gabbia ed io non so come aiutarla! Ester sbiancò ma non disse niente. E’ là già da alcuni giorni, riesci ad immaginare? Io l’ho vista e quasi non la riconoscevo! Non si sopravvive a lungo là sotto. Aveva le lacrime agli occhi mentre diceva queste cose alla donna, se ne andò delusa e arrabbiata, cosa le era saltato in mente di parlare a quella vecchia cameriera? Aveva osato troppo, sperava solo che quella non andasse a dire a nessuna che lei era scesa alle gabbie.
Ester terminò il suo pasto. Andò nell’alloggio di sir Cortan a controllare che tutto fosse a posto e fu sorpresa di vederlo seduto davanti al fuoco. Si affrettò a preparargli la vasca per il bagno e andò a procurarsi del cibo. Si vedeva che era stanco. Ci volle quasi un’ora prima che il suo padrone si sedesse al tavolo a mangiare, indossava abiti puliti e aveva ancora i capelli umidi. La donna, come al solito era seduta sul gradino del camino in attesa che il suo padrone terminasse per poter rimettere tutto in ordine.
E’ successo qualcosa di significativo durante la mia assenza? Le chiese l’uomo. Ci sono stati strani movimenti nell’appartamento della lady ma nessuno parla o non ne sa niente. Fece una pausa. Ho appena saputo che la fanciulla è rinchiusa nella gabbia. Sir Cortan la guardava in cerca della conferma, sperava di non aver capito quello che gli aveva detto la cameriera, ma la donna fece un cenno affermativo per confermare.
Tu sai perché si trova là? Volle sapere. No, credo che nessuno lo sappia, nemmeno la sua amica che l’ha cercata ed è riuscita a vederla, rischiando molto e lei lo sa, deve volerle bene per aver fatto un gesto simile. L’uomo rimase pensieroso, lord Aram non era ancora tornato, perciò doveva essere stata lady Lucy a spedirla nella gabbia. Ancora lei, sempre lei a tramare e mettere in pericolo la dignità stessa di suo marito. Lord Aram non era un uomo di saldi principi morali, nessuno lo era, tranne lui stesso, ma sua moglie era la personificazione della cattiveria e perfidia, lui ascoltava molte voci che circolavano ed era preoccupato. I suoi gesti e le sue stupide arroganze stavano mettendo in pericolo la loro stessa posizione di comando in quel presidio. La scorta personale di quella donna si vantava spesso di quello che facevano e lui conosceva ogni gesto, compreso il fatto dell’omicidio della vecchia fattucchiera. Purtroppo non poteva fare niente fino al ritorno del suo padrone, sapeva che quella era un’altra trappola per lui, se si fosse presentato nei sotterranei lei lo avrebbe saputo subito e le avrebbe dato la conferma che cercava. Vai dalla sua amica e fa in modo che possa tornare nei sotterranei con cibo e coperte, ma non mettere in pericolo né lei né te stessa. Al ritorno del lord cercherò di saperne di più. Ora puoi andare, sono stanco ed ho bisogno di riposare.
Era rimasto solo, era sempre stato solo in quel posto fin dal suo arrivo. Quando ragazzino si era presentato al capitano delle guardie aveva fatto un giuramento a se stesso: non si sarebbe mai mescolato con nessuno e sarebbe stato un capitano generoso e giusto con i suoi sottoposti e leale con il lord. Lui aveva mantenuto tutte le sue promesse, anche se talvolta era stato difficile sopportare certe situazioni, sapeva però che era rispettato e ben voluto da tutti quelli che dipendevano da lui. Prese il suo mantello e uscì. I due uomini di guardia lo riconobbero e lo salutarono. Si incamminò verso l’alloggio personale della lady passando dal parco e si fermò a poca distanza. Era buio e dalle sue finestre filtrava la fioca luce delle candele. Cosa passava nella mente di quella donna? Di chi poteva fidarsi per saperne di più? Fece dietro front e ritornò sui suoi passi, c’era qualcuno che sapeva. Andò nell’alloggio dello scrivano, era tardi ma non gli importava, quell’uomo aveva un debito molto grosso con lui ed era ora di riscuoterlo. Bussò alla sua porta e venne lui stesso ad aprire, lo fece entrare e si accomodarono nel vasto studio dell’uomo. C’erano molti registri, molti libri, era un uomo stimato e giusto e rispondeva direttamente a lord Sirus, il capo di tutti i lord della zona. So perché sei qui. Gli disse lo scrivano. Allora parla. Gli rispose sir Cortan. La fanciulla di nome Aghata è incolpata di furto, la sua compagna di stanza l’ha denunciata e le guardie della lady hanno trovato la refurtiva. E’ quello che c’è a verbale. E’ stata condannata a venti giorni nella gabbia mentre alla ragazza che l’ha denunciata è stato abbuonato un anno di servizio. Io ho preso atto di questa situazione, come mio compito ma sto assistendo a troppe cose che mi disturbano e se avessi le prove di quello che sospetto potrei rivolgermi a lord Sirus, ma fin’ora non ne ho, i sospetti non bastano o sarei io stesso a finire in gabbia. Sir Cortan rimase qualche minuto in silenzio. Ti ringrazio, come posso fare per farla tornare prima in libertà senza espormi? Tratteneva il respiro in attesa della risposta. Non puoi fare nulla, la condanna è stata trascritta e solo lord Aram può annullarla, io non posso aiutarti. Sir Cortan lo guardò dritto in faccia e quello si spaventò quando vide lo sguardo del capitano delle guardie. Fa in modo di trovare le prove dei reati della lady, ma portali a me e a nessun altro, non esporti. Lo salutò e tornò al suo alloggio. Quella notte non riuscì a dormire nonostante la stanchezza di quei giorni, pensava alla fanciulla, a tutte le fanciulle che in passato avevano sofferto e che avevano perso la vita, non poteva più continuare a sopportare quella situazione. Cosa le aveva fatto quella ragazza per renderlo, ora così diverso?



illustrazione di Donatella Casiraghi - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

venerdì 21 dicembre 2018

AGHATA


AGHATA

P. DICIOTTO







Il freddo intenso di quel sotterraneo entrava nelle ossa insieme alla grande umidità, erano bastate poche ore perché il corpo di Aghata risentisse di quel gelo. Ormai doveva essere giorno pieno e il sole doveva danzare fra le fronde tenere degli alberi che avevano aspettato la primavera così a lungo.
Se ne stava rannicchiata tenendo le ginocchia contro il corpo e si abbracciava per non disperdere nemmeno una briciola di calore. Le gabbie non avevano pareti, venivano così chiamate perché avevano solo sbarre. Non sapeva quante ce ne fossero, ma si sentivano vari lamenti e sospiri, alcune imprecazioni e percepiva tanta rabbia e dolore.
I suoi occhi si erano abituati a quella oscurità. Si avvicinò alle sbarre della gabbia di fianco alla sua, non sentiva nessun rumore provenire da lì, soltanto un respiro faticoso. Osservò il corpo di una ragazza sdraiata sul pagliericcio. Chi sei? Le chiese dolcemente. Ma non ottenne risposta. Ti prego, parla con me! disse a voce un po’ più alta. Il rumore della paglia umida le fece capire che, chiunque fosse quella ragazza, o donna si stava alzando. Era scalza, le vesti stracciate ed aveva il viso sporco e tumefatto. Si mise davanti ad Aghata, la osservava con occhi spiritati, sembrava non vedere niente, sembrava persa in un altro mondo o forse era la sua mente che l’aveva abbandonata.
Aghata, poggiando le mani sulle sue intorno alle sbarre le trasmise un po’ di calore. La riconobbe, era la ragazza che aveva visto portare via quando lei si trovava in giardino con lady Lucy. Poco alla volta la giovane riprese a respirare in modo più normale. Chi sei? Le chiese ancora una volta. Mi chiamo Eve. E tu chi sei? Batteva i denti dal freddo. Aghata si tolse le scarpe e passò le calze alla ragazza. Grazie, tu sei un angelo? Sono già morta? Chiese mentre indossava le calze ancora calde.  Mi chiamo Aghata, sono appena stata messa in gabbia. Non ho commesso nessun reato, ma credo che niente conti davanti alla parola del lord o della lady. Tu perché sei qui? Volle sapere. Eve si massaggiava le braccia nude e girava in tondo nella piccola cella. E’ stata la lady a farmi condurre qui. Il vice capitano delle guardie mi ha vista uscire dalla stanza del lord, avevo solo portato un secchio di acqua calda ma lui mi incolpò di essere stata nel suo letto, se l’avevo fatto col lord potevo concedermi anche a lui. Mi ha portato nella sua stanza ed ha abusato di me, poi mi ha consegnato alle guardie di lady Lucy dicendole che mi aveva colta con suo marito. Ed ora sono qui. Tremava dal freddo e dallo choc. Non doveva avere più di quindici anni. Una tristezza infinita strinse il cuore di Aghata. Non si poteva sopportare tanto dolore e tanta umiliazione, era solo una fanciulla e tante altre come loro chissà cosa avevano sopportato a palazzo. Non era umano, non era tollerabile.
Si rincantucciarono ognuna sul proprio giaciglio aspettando che venisse servito il pasto. Come si poteva resistere in un posto come quello? L’odore era la cosa peggiore che bisognava sopportare, e l’aria pulita era il desiderio maggiore, ancora di più del cibo.
Aghata riprese la sua posizione e chiuse gli occhi. Se voleva sopravvivere doveva imparare a resistere, lei voleva tornare a casa e giurò che, in un modo o nell’altro ci sarebbe riuscita. Cominciò ad immaginarsi sulla scogliera, ad ascoltare le onde che si infrangevano e mandavano schiuma salta sul suo viso, cercò con la mano il suo cane e lo accarezzò immaginando la lingua calda che le leccava la mano. Guardò i gabbiani che volavano liberi, ricordò la voce di sua madre e rimase immobile ad assaporare ogni sensazione, allontanandosi da quel lurido e maleodorante posto.
A palazzo nessuno sapeva quello che era successo ad Aghata. Sara, con discrezione la cercava, erano passati due giorni e di lei non c’era traccia, così decise di rivolgersi a Sofia. La raggiunse mentre era in pausa con le sue compagne. Buongiorno Sofia, sto cercando Aghata, tu sai dov’è andata? La ragazza sbiancò e si allontanò dal gruppo. Io non so niente, se n’è andata senza dire nulla a nessuno, tipico di una come lei comportarsi da primadonna! Le rispose piccata. Sara non era una ingenua e conosceva meglio dell’altra gli intrighi di palazzo, sapeva bene che nessuno si poteva allontanare, prese per un braccio la ragazza e le si mise di fronte, la superava di una buona spanna, e la costrinse ad alzare il viso. Tu sai più di quanto dici! Se non mi rispondi metterò in giro dei pettegolezzi che ti faranno finire nella gabbia! Sara era spaventata, pur sapendo che la lady era dalla sua parte sapeva pure che il vento poteva cambiare in un attimo. Bhè, nella gabbia intanto ci è finita lei. Con uno strattone si liberò e raggiunse le altre.
Era quello che aveva temuto fin dall’inizio, fin dal suo tentato rapimento, era troppo bella, troppo ingenua e troppo fiera per sopravvivere in quel posto senza soffrire. Chissà cosa aveva passato in quei due giorni rinchiusa nei sotterranei. Andò nella dispensa riservata ai lord e prese del cibo, lo nascose e con l’aiuto di una guardia che ben conosceva si fece accompagnare alle gabbie.
Scendeva i gradini e quasi non riusciva a respirare per il fetore. Il guardiano li bloccò ma la guardia gli passò qualcosa e li fece proseguire. Sara trovò Aghata immobile sul pagliericcio con gli occhi chiusi. Aghata, sono Sara. La giovane pensava ancora di sognare e non si mosse. Fu Eve ad avvicinarsi e a risvegliare Aghata. Si avvicinò alle sbarre, sembrava irriconoscibile, i capelli sciolti e il viso sporco, era a piedi nudi che affondavano in una melma scivolosa. Sara, che ci fai qui? La ragazza aveva il viso bagnato di lacrime alla vista della sua amica, ma cercò di riprendersi. Ti ho portato qualcosa da mangiare e una coperta, ti ho cercata dappertutto, cosa è successo? No, non parlare, prendi questa roba non posso rimanere oltre. Dio come sei ridotta! Farò di tutto per aiutarti ma non ho molte possibilità. Cerca di resistere. La salutò e ritornò velocemente ai suoi compiti, nessuno doveva sapere che era scesa lì.
Aghata chiamò Eve e divise con lei il cibo, le diede anche la coperta, aveva la febbre, tremava e delirava, aveva bisogno di calore più di lei. Ora che la sua amica l’aveva trovata aveva motivo di sperare. Si rimise nel suo angolo e tornò alla sua scogliera.



illustrazione di Donatella Casiraghi - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

giovedì 20 dicembre 2018

AGHATA


AGHATA

P. DICIASSETTE







Lady Lucy e sir Mortenn erano in silenzio. Ognuno di loro valutava l’offerta e la risposta che ne sarebbe venuta. Cosa le fa credere, lady Lucy che io voglia sfidare sir Cortan? E’ il mio capitano, un ottimo capitano e non credo sia possibile vincere qualsivoglia sfida con lui. La donna misurò le parole. Sir Cortan è il consigliere più fidato di mio marito, un uomo enigmatico e solitario e so che tu aneli a prenderne il posto, essere al comando delle nostre guardie, avere il posto di fianco al tuo lord, tutte le ragazze che vuoi, nessuno oserebbe contraddire la tua autorità. Nella mente dell’uomo avevano facile preda quelle lusinghe, da tempo mal sopportava la disciplina che il suo capitano imponeva a tutti, non c’erano né guerre né rivolte e non erano necessarie tutte quelle simulazioni e allenamenti, se fosse dipeso da lui avrebbe di molto alleggerito tutto. E lei che beneficio ne trarrebbe? Ebbe il coraggio di rispondere. Sul viso della donna comparve un sorriso che di dolce aveva poco. Se mi permetti, questi sono fatti miei. Voglio solo avere la tua risposta. L’uomo la osservava, sicuro che ci fosse un tranello in qualche angolo remoto della proposta. Io potrei sfidarlo ma non vincerei la sfida, so riconoscere il valore di un uomo che combatte, e lui è valoroso ed è il migliore di tutti noi. Era questa la risposta che stava aspettando.  Tu lancia la sfida, al resto penso io e ti garantisco la vittoria. Il vice capitano non era molto convinto, sapeva cosa spettava a chi perdeva la sfida per il titolo di capitano delle guardie. Vedendo la sua titubanza, lady Lucy avvicinò il suo viso a quello dell’uomo, tanto vicino che i loro respiri si confondevano e si mischiavano. Pensaci, ma non troppo, lo sai che non ho molta pazienza e che porto sempre a termine i miei piani, potresti anche ritrovarti con la gola squarciata in un angolo buio del parco o essere il braccio destro di lord Aram. Si allontanò e riempì due boccali di vino. A cosa brindiamo? Insistette la donna. Al futuro capo delle guardie. Gli rispose l’uomo. Brindarono in silenzio. Aspetta mie notizie e tieniti pronto. Gli disse mentre lo congedava.
Col boccale ancora in mano guardava fuori dalla finestra. Il suo piano stava prendendo forma e, soprattutto seguiva quello che che lei voleva. Il buio era sceso da poco quando la sua cameriera bussò ed entrò con il vassoio della cena. Lo pose sul suo tavolo e uscì silenziosamente. Lady Lucy sorrise fra sé e sé, domani sarebbe stato un altro giorno importante, lei era pronta e non vedeva l’ora di mettere in atto la sua vendetta e sentire finalmente placarsi il fuoco di rabbia che da tempo la divorava. Si sedette e mangiò senza nemmeno sapere cosa metteva in bocca, tutta presa da quello che l’aspettava il giorno dopo.
Aghata e Sofia dividevano ancora la stessa cameretta. I rapporti fra di loro si erano molto raffreddati da quando Sofia aveva cominciato a frequentare le altre ragazze e soprattutto i ragazzi. Fra di loro non c’era molto in comune e Aghata veniva relegata nel suo angolo senza mai essere convolta con nessuna di loro, sembrava una congiura, nessuno voleva saperne di lei, soprattutto da quando avevano saputo che lady Lucy ce l’aveva con lei.
La fanciulla osservava Sofia che si preparava ad uscire anche quella sera. Non aspettarmi. Le disse semplicemente quella, senza nemmeno guardarla in faccia. Aghata si accorse che c’era qualcosa di diverso. Che ti succede, Sofia? Ma quella se ne andò senza voltarsi. Stava succedendo qualcosa, lo aveva percepito da tempo, ma ora il tempo era scaduto. Aghata non si spogliò nemmeno, si sdraiò sul suo giaciglio e rimase con gli occhi spalancati ad aspettare gli eventi.
La campanella non era ancora suonata quando sentì il rumore di passi e la porta aprirsi. Sir Forsal entrò e le disse di seguirlo.
L’alba non era ancora spuntata, le lucciole sembravano danzare nelle ultime ore di buio, ma il loro spettacolo non toccò il cuore della fanciulla. Le guardie l’accompagnarono nel salone delle dispute. Sullo scranno che di solito occupava il lord era seduta lady Lucy, vestita di tutto punto e con lo scrivano che ancora sembrava addormentato.
Non la soprese vedere che oltre alla lady, alle guardie e allo scrivano c’era Sofia. Aghata guardò la sua compagna ma quella non alzò lo sguardo. Fu condotta di fronte alla lady.
Sai perché sei qui? Le disse la signora. No. Rispose semplicemente la fanciulla. Conosci Sofia figlia di David, capo del clan del tuo villaggio? Aghata fece cenno di sì con la testa. La tua compagna ti accusa di aver rubato alcune suppellettili e cibo dalla cucina e le mie guardie hanno trovato la refurtiva durante una perquisizione. Portate qui la merce requisita. Due guardie posarono sul gradino quello che avevano trovato. Hai qualcosa da dire? Aghata alzò i suoi splendidi occhi verdi sulla sua signora. Non sono stata io. Quello sguardo e quel viso così bello e sincero mandarono su tutte le furie la donna. Stai dicendo che la tua compagna mente? Perché se così fosse la gabbia dei sotterranei toccherebbe a lei, mi basta la tua parola!  Insistette la donna.
Aghata guardò la sua compagna, cosa aveva fatto per accettare di calunniarla in quel modo? Cosa le avevano promesso? Si rivolse alla sua signora. Posso solo dire che non sono stata io.
Sei stata tu, Sofia? Chiese la lady. E quella rispose convinta no!
Scrivano, prendi nota che la discussione si è svolta nel rispetto delle regole. Guardie, conducete questa ragazza nella gabbia dei sotterranei e vi ordino che non le sia torto nemmeno un capello.
Le guardie la presero per le braccia e la condussero via. Fece in tempo a sentire la voce di lady Lucy dire a Sofia che poteva ritornare a casa con un anno di anticipo.
Aghata seguì gli uomini per corridoi e scale disconnesse e scure, le sembrava di scendere fino al centro della terra talmente erano tanti gli scalini che aveva fatto. Fu consegnata alle guardie delle gabbie con l’ordine impartito dalla lady, fu sbattuta in una minuscola cella con solo un pagliericcio, un secchio per i bisogni corporali, e se non fosse stato per una piccola feritoia posta in alto, non avrebbe mai avuto nemmeno un briciolo di luce.
Le guardie si allontanarono e lei rimase da sola insieme ai suoi pensieri.



illustrazione di Donatella Casiraghi - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

mercoledì 19 dicembre 2018

AGHATA


AGHATA

P. SEDICI







Maggio stava terminando e il caldo iniziava a far fiorire le rose del parco. Aghata, figura solitaria continuava il suo lavoro di sguattera. Le sue compagne avevano avventure e interessi in comune mentre lei non aveva nessuno, perfino Sara era sparita da un po’.
Era una bella giornata e lady Lucy, rimasta da sola a palazzo portava avanti i suoi piani.
Salì nell’ala del palazzo che non aveva mai frequentato, l’accompagnava una serva che la lasciò davanti alla porta delle stanze di sir Cortan. Non bussò, spinse i battenti ed entrò. Ester era intenta a rammendare qualcosa e rimase sbigottita dall’intrusione della signora, cosa che non era mai avvenuta. La serva non si mosse dal suo posto, osservava lady Lucy ispezionare tutta la stanza, le armi ben pulite e appese al muro, le due corazze lucide e pronte all’uso, il letto completamente sfatto prendere l’aria pulita che entrava dalla finestra, un tavolo con boccali e caraffe, un piccolo mobile con sopra un catino e un telo pulito, tutto osservava e senza dire una parola. Passò nel piccolo guardaroba dove erano appesi i pochi abiti del capitano e dove una piccola vasca era pronta per il bagno.
Ester faticava perfino a respirare ed era rimasta con ago e filo sospeso, come se fosse diventata una statua di marmo. Alla fine ritrovò la voce. Mia signora, cosa posso fare per lei? l’altra la guardava come si si guarda una mucca da macellare. Per ora non mi serve niente, solo ricorda che sono io la tua padrona e non lui. Se ne andò lasciando sconcertata la vecchia cameriera.
Quel giorno, la signora del palazzo invitò nella sue stanze, a pranzo il capitano delle sue guardie. Tu mi sei leale, vero sir Forsal? Gli disse mentre si abbassava gli spallini dell’abito scollato. Non ha bisogno di chiederlo, sono al suo comando e farò quello che comanda. La donna sorrise. Vieni nel mio letto, è da tanto che desidero essere fra le tue braccia. Si spogliarono entrambi e il letto li accolse nudi e già avvinghiati. Si persero nel sesso e nel piacere, ma la donna non perse mai di vista quello che era e che voleva. Lo lusingava, lo adulava, e lasciò che le facesse quello che desiderava, dopotutto non era male sentire il suo corpo rispondere a tanto ardore. Furono necessari vari amplessi per placare le voglie di entrambi. Il capitano sognava da tempo di fare sua la lady del palazzo, ma mai aveva dato motivo di capirlo, era solo un sogno di quelli che non si realizzano mai, invece era successo e sperava di ripeterlo.
Erano nudi e riposavano. La donna allungò la mano e cominciò ad accarezzarlo in mezzo alle gambe, l’uomo ricominciava ad avere un’altra erezione ma la donna si fermò. Devi fare una cosa per me. E intanto gli strusciava il seno sul torace. Tutto quello che vuole, mia signora. Lei abbassò la bocca all’orecchio e gli fece la sua richiesta. Troverai il modo? L’uomo, pronto per un altro amplesso le disse che avrebbe provveduto. La donna lo lasciò fare, aveva scordato quanto fosse piacevole lasciarsi andare, e mentre pensava questo vide con la mente un altro uomo disteso accanto a lei.
Si fece preparare la tinozza per un bagno, a cena sarebbe toccato al vice capitano delle guardie, e con lui serviva un approccio diverso.
Il pomeriggio lo trascorse supervisionando i giardinieri e dando ordini a tutti, raggiunse la grande cucina e si fermò sulla porta ad osservare, quell’odore nauseabondo non le si addiceva ma entrò ugualmente e passò in rassegna ogni singola ragazza che vi lavorava. Lasciò per ultima la sguattera che non aveva smesso di fare il suo lavoro e non aveva alzato gli occhi. E così ti ritrovi qui, spero che ti piaccia! Le disse con malcelato piacere. La cuoca era attenta e pronta a obbedire a qualsiasi desiderio. Lady Lucy osservava la ragazza che non dava segno di vederla. La sua rabbia cresceva, come poteva una ragazza così insignificante, seppur graziosa interessare a sir Cortan? Inutile che l’uomo facesse l’indifferente, lei lo aveva capito subito, quello che non sapeva era se la ragazza ricambiava e se si fossero, in segreto già incontrati. Goditi l’ultimo giorno di felicità. Le bisbigliò la donna e ritornò alle sue stanze.
Lady Lucy si era preparata per l’incontro con sir Mortenn. Indossava un abito castigato, non erano necessari approcci personali con lui, sapeva bene cosa voleva quell’uomo e lei glielo avrebbe promesso, tanto non le costava niente illuderlo.
La cameriera fece entrare il vice capitano delle guardie e la donna lo fece accomodare direttamente a tavola. Si scambiarono freddi saluti, l’uomo non si era mai fidato molto di lei e non avrebbe cominciato ora.
La cameriera servì varie portate e vari boccali di vino, alla fine sparecchiò lasciandoli soli.
Sei un ottimo comandante, sir Mortenn, mio marito lo dice spesso. E’ un peccato che tu non abbia maggior potere, sono certa che saresti un ottimo capitano delle guardie. L’uomo alzò un sopracciglio e guardò dritto in faccia la sua signora. Vorrei che andasse direttamente al sodo, milady, non sono uomo da inutili preamboli. La donna gli sorrise, sapeva bene com’era quell’uomo: rude, volgare, aggressivo e spesso anche vigliacco, lo nascondeva molto bene ma non era sfuggito a lei. Ho da farti una proposta, se sei disposto ad ascoltarmi. Aspettò che l’uomo avesse tutta l’attenzione necessaria, poi gli disse: vuoi diventare il capitano delle guardie? Io te lo posso garantire.


illustrazione di Donatella Casiraghi - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

martedì 18 dicembre 2018

AGHATA


AGHATA

P. QUINDICI






Durante l’assenza della signora anche le cene erano informali. Le serve portavano vassoi carichi di cibo nel grande salone e venivano prese e palpeggiate, nei migliori dei casi. In quelle occasioni sir Cortan non si presentava mai, se non era espressamente richiesta dal lord la sua presenza, preferiva consumare il pasto nella sua stanza, come quella sera. Ester lo serviva in silenzio, come faceva di solito e si era seduta sul gradino del camino in attesa di rassettare e tornare nella sua stanza.
La donna osservava il suo padrone e sapeva che aveva varie preoccupazioni e pensieri che gli giravano nella mente. Il suo compito non era semplice, sottoposti e guardie dipendevano dai suoi ordini e il territorio da controllare era piuttosto vasto.
Sarò assente per alcuni giorni e tu sarai più libera. Lord Aram mi ha ordinato di andare a controllare i confini a nord dei suoi possedimenti. Il comando passa nelle mani del mio vice, sir Mortenn. Vorrei che tu tenessi occhi e orecchie aperte per me, sento che c’è più malcontento del solito e non dovrei andarmene proprio ora, ma gli ordini sono ordini. Domani torna lady Lucy e credo che stia tramando qualcosa. Tu stai in guardia lo sai che non perde occasione per cercare di ferirmi.
Ester non si mosse. La fanciulla è tornata in cucina, al suo vecchio lavoro. Non so cosa abbia contro questa giovane, non ho afferrato il suo comportamento ma non mi piace, la signora non fa mai niente che non abbia uno scopo, soprattutto che non sia a suo vantaggio. Si era espressa in libertà, sapeva di poterlo fare, il suo padrone sapeva che lei gli era leale. Lo sai bene cosa vuole, portarmi nel suo letto e distruggere così la mia reputazione, il rancore che nutre per suo marito si è trasformato in odio ed io sono il mezzo che ha per umiliarlo. Io non sono disposto ad assecondarla e lei sta cercando il modo per farmi cedere. Credo si sia messa in testa che fra la fanciulla e me ci sia qualcosa, ma non è così. Ester lo osservò. Anche se è come il mio signore dice, quello che io so è che userà ogni mezzo e se conosco il mio padrone so pure che non rimarrà a guardare mentre la signora userà tutto il suo perfido potere sulla ragazza.
Sir Cortan lo sapeva bene, e non lo avrebbe mai confessato a nessuno, ma quella fanciulla gli era entrata nel cuore, senza motivo, senza cercarlo. Avvertiva la sua vicinanza senza vederla e manteneva il sangue freddo con difficoltà. Nessuno lo avrebbe mai saputo, tranne Ester che lo aveva capito ma non glielo avrebbe mai confidato, anche per il suo stesso bene.
Il giorno era spuntato e sir Cortan con un nutrito drappello di soldati era già partito.
La carrozza di lady Lucy arrivò a palazzo a metà giornata e trovò suo marito che l’attendeva nel vasto ingresso. Vieni nel mio alloggio, ti devo parlare. Non le diede nemmeno il tempo di togliersi gli abiti da viaggio. La donna si sedette e aspettò che lord Aram si decidesse a parlare. Questa mattina ho ricevuto un dispaccio, devo recarmi al castello di lord Sirus. C’è una riunione di tutti i lord del paese e non mi è dato di sapere quanto starò assente. Purtroppo sir Cortan era già partito quando ho ricevuto la missiva e sarà assente per vari giorni. Rimani tu a presidiare il palazzo, con il vice capitano delle guardie e il capitano della tua scorta personale. So che sono affidabili e ti sono molto devoti, ma non parto tranquillo. Non ci sono affari in sospeso di particolare importanza e ho rimandato tutto quello che era in programma, non dovrai fare altro che controllare che tutto proceda come al solito e riunirti con sir Mortenn e sir Forsal. So che posso fidarmi di te, lord Sirus ha il potere di toglierci il comando di questo distretto, perciò fai del tuo meglio. La donna sorrise a suo marito. Vai tranquillo, non ho nessuna intenzione di perdere tutto questo e ti garantisco che non succederà niente.
Fuori si sentivano scalpitare i cavalli del drappello di guardie di scorta del lord. Era un viaggio di parecchie ore e dovevano sbrigarsi se volevano arrivare prima di notte. Lord Aram salutò sua moglie, uscì e saltò in sella al suo cavallo.
Lady Lucy raggiunse le sue stanze. Sorrideva mentre nella sua mente andava formandosi un piano al quale pensava da giorni. Era proprio una fortuna che sir Cortan e suo marito fossero partiti. Mandò una cameriera con un messaggio per i due capitani e li invitò a cena nelle sue stanze.
Si era preparata con molta cura per quell’incontro, era bella e seducente, la tavola era già imbandita e molte pietanze erano pronte, non ci sarebbe stato nessuno a servire, sarebbe stata una cena a tre.
Fu molto brava a mettere a proprio agio i due uomini, sapeva bene che non correva buon sangue fra di loro, erano al comando uno come vice e l’altro di quello che considerava un lavoro poco importante. Parlò, li lusingò, lasciò cadere tante frasi che potevano interpretare a loro vantaggio. Lei osservava e studiava il loro atteggiamento, doveva capire come usarli senza creare attriti. Ci volle poco per capire quali erano le aspettative dei due uomini, conoscere i loro lati più deboli e quello che desideravano. Un brivido di piacere le attraversò tutta la spina dorsale, sarebbe stato emozionante portare avanti i suoi progetti e molto, molto piacevole sotto molti punti di vista.
Chiamò la governante che li accompagnò in una stanza in penombra e con profumi sparsi da vari catini colmi di braci. Alcune fanciulle li aspettavano e passarono una delle notti più piacevoli che avessero mai avuto. La loro lealtà verso la loro signora si ingigantì ancora di più.



 illustrazione di Donatella Casiraghi - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

lunedì 17 dicembre 2018

AGHATA


AGHATA

P. QUATTORDICI






La carrozza di lady Lucy stava lasciando il viale del palazzo. Un drappello di dieci guardie scelte l’accompagnava. Erano il suo personale corpo di guardia, tutti uomini fidati e scelti direttamente da sir Cortan con il suo stesso benestare. Il capitano, sir Forsal godeva di parecchia autonomia, pur rispondendo al capo delle guardie gli ordini li prendeva direttamente dalla signora del palazzo. Capitava di rado che dovesse scortarla per lunghi tragitti. Lady Lucy sporse la mano dal finestrino e il suo capitano si avvicinò. Facciamo una deviazione, ordina al cocchiere di portarmi da miss Arutha. Il capitano provvide. Non gli piaceva molto quel tragitto, miss Arutha era considerata una strega, una maga, una veggente a seconda di chi la consultava e viveva molto isolata da tutti. Giunsero alla sua misera casupola in breve tempo, il cielo cominciava a scurire, grosse nuvole presagivano un imminente temporale e il bosco non era il luogo ideale per farsi sorprendere dai fulmini. La cameriera aiutò la signora a scendere dalla carrozza. Voi restate fuori, entro da sola. E si diresse alla porta che era aperta, entrò, si tolse i guanti e aspettò che la veggente la raggiungesse. Cosa la porta da me, questa volta lady Lucy? La donna aspettò che la vecchia si sedesse di fronte a lei. Sei una veggente, dimmelo tu! Miss Arutha le prese le mani fra le sue, chiuse gli occhi bisbigliando parole e sortilegi comprensibili solo a lei. Dopo pochi minuti riaprì gli occhi e lasciò le mani della signora. Non parlò fino a che, una piccola borsa di monete non fu posata sul tavolo e lei la fece velocemente sparire. Gli occhi della vecchia, circondati da rughe e cespugliose sopracciglia sembravano spiritati. Guardò la donna che aveva di fronte e cominciò a parlare. Tu hai bisogno di un uomo e quello che hai scelto è molto pericoloso. Inutile che tenti di giustificare le tue mosse, io vedo la verità e tu sei innamorata dell’uomo con la cicatrice. Lui non ti ricambia e non ti ricambierà mai, il suo cuore è già preso. Una fanciulla gli ha stregato il cuore, per te non c’è speranza. Non tentare mosse ardite, il tuo futuro è in pericolo. Lady Lucy era rossa dalla rabbia, nemmeno a se stessa aveva mai confessato la passione che le risvegliava sir Cortan, e più lui si negava più in lei aumentava la bramosia di conquistarlo, di umiliarlo e di scacciarlo dal palazzo, o di amarlo. Quello che farò non è affar tuo! Le rispose rabbiosamente. Io ti ho avvisata, stai giocando col fuoco. C’è qualcosa di molto più forte delle mie capacità che circonda lui e la fanciulla, forze che non riesco a penetrare, per questo sono sicura che sono pericolose, lascia perdere i tuoi propositi, io li vedo molto bene, tu a differenza di loro sei prevedibile e ti posso predire, senza ombra di dubbio che farai una brutta fine. Lady Lucy si alzò rabbiosa, facendo cadere la sedia. Sei solo una ciarlatana, non mi sei mai stata di nessun aiuto e conosci troppe cose di me. Chiamò a gran voce il suo capitano. Sir Forsal uccidete questa vecchia bastarda e date fuoco a tutto, potete tenervi tutto ciò che di valore troverete.
Miss Arutha non si mosse, rimase seduta. Io conosco da tempo il mio destino, ed ora ti regalo il tuo: io morirò con la gola tagliata e tu… non terminò la frase, la spada del capitano gli recise il collo. La signora uscì mentre le guardie rovistavano nella casupola trovando ben poco, diedero fuoco a tutto e ripresero il viaggio.
La cameriera osservava la sua padrona quasi senza respirare. Era al suo servizio già da alcuni mesi e conosceva bene gli sbalzi d’umore della donna e quanto potessero essere pericolosi.
Lady Lucy chiamò il capitano e diede ordine di ritornare al palazzo, un fuoco le bruciava dentro, per la prima volta doveva ammettere che quello che voleva da sir Cortan era, prima di tutto di essere amata, dopo di che potevano liberarsi di lord Aram e governare insieme. Per prima cosa doveva togliere di mezzo la ragazza che aveva rubato il cuore al capitano delle guardie. Aveva bisogno di calmarsi e di pensare alle mosse da fare. Cambiò ancora gli ordini al capitano e si fece accompagnare nella sua dimora di famiglia, una splendida tenuta circondata da parchi e una scogliera, dove ancora viveva sua madre. Non era attesa ma sapeva che poteva sempre trovare lì l’affetto di una famiglia, quello che al palazzo non c’era più.
A palazzo tutto sembrava proseguire senza intoppi. L’assenza della lady rendeva tutta la servitù più tranquilla e i lavori erano meno pesanti. Anche in cucina si lavorava di meno e la cuoca decise di lasciare in libertà alcune delle ragazze. Si avvicinò ad Aghata. Tu rimani qui, continua il tuo lavoro. La ragazza abbassò la testa senza rispondere e continuò quello che stava facendo. Dalla piccola finestra aperta le giungevano le voci delle sue compagne che si rincorrevano sul piccolo prato, che scherzavano e fu con vero dolore quando sentì la voce di Sofia: dobbiamo stare alla larga da quella pezzente, ho saputo che ha perso la protezione di lady Lucy e che la vuole punire per qualcosa che ha fatto. Stiamo attente o finiremo come lei. Come fai a sapere queste cose? Le chiese una ragazza. Il mio ragazzo lavora nell’ala dei lord e mi riferisce ogni pettegolezzo. Mi ha raccontato che Aghata è stata scacciata in malo modo e che quando sua signoria tornerà verrà adeguatamente punita.
La fanciulla si asciugò gli occhi. Cosa poteva capitarle di peggio? Non aveva l’affetto o l’amicizia di nessuno, svolgeva il compito più umile in assoluto e le sue compagne la isolavano come fosse una lebbrosa. Cercò di riprendere il controllo, solo Sara nutriva dell’amicizia per lei e capì quanto fosse pericoloso, doveva trovare il modo di allontanarla o avrebbe sofferto per causa sua. Lady Lucy avrebbe fatto di tutto per distruggerla, lo aveva capito fin dal primo momento che l’aveva incontrata e ancora non ne conosceva il motivo.

illustrazione di Donatella Casiraghi - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti