AGHATA
P. SETTE
Aveva sedici
anni e si era fatto uomo, ben diverso dal ragazzino magro che si era presentato
al capo delle guardie. Ora era diventato esperto nell’arte militare, nessuno
come lui sapeva maneggiare la spada, o l’arco o il pugnale, inoltre aveva una
muscolatura possente nonostante avesse mantenuto il fisico così asciutto da
sembrare ancora troppo magro. E cosa di cui nessuno si era accorto: aveva una
mente e un ingegno davvero fuori dal comune.
Chiese
udienza al lord. Il capo delle guardie gli era al fianco quando Cortan si
presentò. Il ragazzo rimase in silenzio. Hai
chiesto udienza, cosa vuoi? Il lord non era molto ben disposto quel giorno.
Cortan non esitò a rispondere. Voglio
diventare il capo delle guardie. I due uomini si scambiarono uno sguardo e
si misero a ridere. Il giovane li lasciò sfogare poi riprese la parola. Nel regolamento del castello esiste una clausola
che stabilisce che chiunque può sfidare il capo delle guardie e chiederne il
posto, è stato firmato dal lord suo padre in persona, ed io sono venuto a
lanciare la mia sfida. I due uomini smisero di ridere e si fecero seri. Il
capo delle guardie raggiunse Cortan, sfoderò la spada e gliela puntò alla gola.
Come osi pidocchio insolente! Ti ho
accolto quando sembravi un cane rognoso senza casa e tu mi ripaghi in questo
modo. Alzò la spada per ucciderlo ma il lord, con un ordine secco lo fermò.
Quello che dice il ragazzo è vero, fu
mio padre a scrivere quella regola ed io la rispetterò, non avrai paura di un
ragazzino! Se così fosse significa che non sei più adatto a ricoprire il tuo
ruolo. Si pronunciò
il lord.
Io non temo questo moccioso,
stabilisci il giorno e l’ora della sfida ed io lo farò a pezzi! Grugnì il capo delle guardie.
Si sfidarono
davanti a tutti, prima con arco e frecce, poi col pugnale a infine con la spada
e la lotta corpo a corpo. Fu un duello lungo e faticoso ma, alla fine Cortan
vinse tutte le sfide. Il capo delle guardie era ansimante a terra mentre Cortan
gli teneva la spada puntata alla gola. Aveva umiliato il capo delle guardie e il
decreto del vecchio lord stabiliva che ora fosse lui a prenderne il posto. Il
lord si alzò e decretò la vittoria di Cortan. Il giovane rinfoderò la spada, la
sfida era finita ma il capo, accecato dalla rabbia prese il suo pugnale e lo
ferì al volto. Nessuno si aspettava un gesto così ripugnante dall’uomo che
avevano sempre considerato il loro capo indiscusso. Cortan fu portato via a
braccia mentre il capo delle guardie veniva arrestato e portato in cella.
Furono i
guaritori del lord a prendersi cura di lui, lo guarirono ma rimase per sempre
sfigurato. Il suo lord gli fece visita e gli consegnò il comando delle guardie,
imparò ad apprezzarne il valore e i consigli, era rimasto un uomo di saldi
principi e prese il posto del suo predecessore apportando le modifiche che
aveva sempre pensato. Il vecchio capo delle guardie venne impiccato per
disonore e il suo corpo fu lasciato marcire all’aperto come monito per chiunque
avesse qualche pensiero di vendetta.
Ma c’era
anche un’altra cosa che nessuno sapeva: la vista della violenza subita dalla
sorella lo aveva talmente scioccato che ogni volta che si avvicinava ad una
ragazza riviveva la scena e non riusciva nemmeno a toccarla, per questo stava
lontano dalle femmine, nessuno doveva sapere.
Si chiese
come la vista di quella fanciulla gli avesse riportato alla mente tutto questo,
era da tempo che lo aveva soffocato in un angolo della sua mente, che voleva
dimenticare, ma quel viso e quello sguardo lo avevano turbato più di quanto
volesse ammettere, per questo l’aveva relegata nel lavoro più umile, per
tenerla lontana dalle tentazioni degli uomini del castello e del lord, sapeva
quanto lady Lucy fosse terribile con le belle ragazze.
Il dovere lo
aspettava e risalì a cavallo cercando di non pensare a quello che era stato il
passato e nemmeno alla fanciulla.
Aprile stava
passando con sole tiepido e brevi acquazzoni. Le ragazze si erano adatte nel
bene e nel male ai loro lavori. I grandi giardini del castello avevano bisogno
di giardinieri per riportarli al loro splendore, la natura avrebbe fatto il suo
corso, come sempre.
Aghata
passava in un piccolo parco ancora bruciato dal gelo tutti i suoi momenti
liberi, avrebbe tanto desiderato poter lavorare all’aria aperta invece che in
cucina. Era intenta ad osservare un uccellino posato su un rovo lì vicino e non
aveva sentito i passi di sir Cortan che si avvicinava.
L’uomo,
stranamente quando si trovava nei paraggi della ragazza si sentiva inquieto e
timido e non erano sensazioni adatte al capo delle guardie. Aghata si sentì
osservata e si voltò. Lo riconobbe e gli sorrise. Fu come se la primavera fosse
sbocciata davanti all’uomo, sensazioni che non conosceva gli si mescolarono di
dentro, le fece un cenno di inchino e si allontanò.
Sir Cortan, la prego non se ne vada. Lo supplicò la ragazza. Anche la sua
voce era dolce e molto simile a quella di sua sorella. Un tuffo al cuore gli
fece ritornare il dolore mai sopito di quel tragico pomeriggio, si controllò e
ritornò sui suoi passi.
Cosa posso fare per lei, miss Aghata? La ragazza si stupì che ricordasse
il suo nome, così prese maggior coraggio per fare la sua richiesta.
Sir Cortan mi piacerebbe lavorare nei
giardini del palazzo, pensa che sia possibile? Mi sto distruggendo in cucina,
amo stare all’aria aperta e la primavera già si sente nell’aria e mi sto perdendo
la rinascita della natura, se possibile vorrei lavorare coi giardinieri. Aveva osato troppo? Oramai lo aveva
fatto, abbassò il viso in attesa. Vedrò
quello che posso fare, ma è pericoloso per una ragazzina stare qui fuori, ci
sono molti pericoli, ogni genere di pericolo. La salutò e la lasciò tornare
al suo lavoro.
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