lunedì 30 novembre 2020

MISHA

 MISHA
parte quattro



Le fate decisero di accogliere la piccola Misha con una festicciola, dopotutto era una bimba di soli quattro anni anche se quello che aveva imparato in quei tre anni con le ninfe era qualcosa che nessun bambino di quell’età aveva mai conosciuto. Ora toccava a loro avviarla su altri sentieri. Salena vide arrivare Oridea e Misha che si tenevano per mano, impossibile non accorgersi di quanto fossero entrambe tristi per il distacco che le aspettava. Con un elegante gesto della mano diede il via ai vari e numerosi tipi di uccelli che silenziosamente stavano aspettando il segnale. Un canto dolce melodioso di tante sfumature accolse le nuove venute.

Le fate iniziarono una danza gioiosa senza toccare terra, si muovevano con una grazia innata, i loro sorrisi erano di una serenità che toccava il cuore. Anche Salena danzava con loro e, lentamente, senza mai smettere di volteggiare raggiunse Misha, la prese per mano, salutò Oridea e trascinò la piccola nella loro danza.

Veli colorati fluttuavano mentre l’armonia del canto degli uccelli entrava in tutto il corpo della bimba. Le fate si scambiavano di posto e prendevano la manina facendo roteare quel piccolo corpo che mano a mano si rivestiva di veli colorati come quelli delle fate. I suoi capelli cambiarono leggermente colore e i suoi occhi erano blu come le piume di certi pavoni.

Iniziò così la vita di Misha con le fate. Imparava e cresceva ed era uno spettacolo vedere la sua intelligenza, la sua conoscenza, la sua bontà, il suo amore crescere ogni giorno. Le fate l’amavano ed erano ricambiate, anche se la piccola aveva un debole per Oridea che vedeva spesso, ogni tanto si accorgeva che la sua salvatrice si teneva nascosta dietro un cespuglio e la osservava mandandole  teneri baci. Inutile negarlo, fra loro due il legame era molto forte, ma la piccola ninfa non interferì mai.

A sei anni, Misha iniziò il suo addestramento sul campo. Le fate uscivano spesso al calar del buio, entravano silenziose nelle case per portare sogni lievi alla gente tanto provata e triste. Era piccola ma aveva imparato tanto e, mentre leggeva nelle menti di quelle persone cominciò a capire come era il mondo al quale lei era sfuggita.

Ogni volta che rientrava era sempre più triste. Salena la convocò.

“Mi hanno detto le fate che ti seguono che torni sempre più triste dalle uscite notturne. Questo lo immaginavo, tu fino ad ora hai vissuto in un mondo esclusivo, conosci solo quello che c’è qui, ma là fuori è dove si svolge la vita vera. Quasi nessuno crede al nostro mondo, ma se non ci fossimo noi a portare un po’ di pace e serenità le ombre maligne si sarebbero già portate via tante vite innocenti. Dovresti restare con noi ancora un anno, e non puoi immaginare quanto questo ci faccia piacere ma sei già pronta per passare al turno successivo. Saranno i folletti che per i prossimi due o tre anni si prenderanno cura di te e passerai molto tempo al di là del portale.” Le disse.

Misha avrebbe compiuto sei anni dopo una settimana e chiese di passare con Oridea quei giorni prima di cambiare compagni.

Fu Moliniana che l’accompagnò dalla ninfa e la felicità che quelle due tenere creature sprizzavano da tutti i pori le aveva circondate di tante scintille colorate. La strega sorrise, le lasciò con l’impegno che sarebbe tornata a prenderla per accompagnarla dai folletti.

Fu una settimana che passò in fretta e che le legò ancora di più. Fu in quel frangente che Misha scoprì come era arrivata in quel posto incantato e strinse forte a sé Oridea ringraziandola fra le lacrime.

Misha seguiva Moliniana saltellando e cantando, non si accorse nemmeno di essersi sollevata da terra e danzare con uno sciame di farfalle colorate. La strega la osservava sorridendo, quella era davvero una bambina speciale, lei lo aveva capito subito, era da tempo che aspettavano un simile evento e si convinceva sempre di più che il suo piano sarebbe riuscito molto bene.

Prese la manina della piccola e la riportò coi piedi per terra. “Ora andiamo dai folletti, con loro sari fuori molto spesso, imparerai a passare inosservata, a osservare e capire come si svolge la vita nei boschi, distinguerai tutti gli animali e imparerai a parlare con loro, sono certa che ti divertirai, i folletti sono sempre allegri.”

Nell’accampamento dei folletti, Valeio e la sua numerosa tribù le stavano aspettando. Erano minuscoli esseri variopinti, al confronto lei era quasi un gigante.

Moliniana prese la mano della piccola e la presentò al capo dei folletti e a tutti gli altri. Molti pensieri passavano fra di loro, e Misha li sentiva tutti e capiva che erano preoccupati, lei era troppo grande per fare quello che loro riuscivano a fare passando inosservati, come avrebbe fatto la bambina?

Moliniana sorrise a Valeio. “Non preoccuparti amico mio, nessun essere umano riuscirà a vederla finché sarà vicina ad uno di voi, sono una strega, ricordi?” Il folletto capì all’istante e tutti quanti fecero un sospiro di sollievo.

La strega si abbassò a guardare in viso la piccola, era una bambina sana e robusta di sei anni. La guardò negli occhi e le trasmise pochi pensieri, quelli necessari a renderla fiduciosa, con i folletti era diverso che con le fate e, conoscendo la sensibilità della piccola, fece un piccolo incantesimo per renderla più forte.

“Ora vado piccola Misha, ci rivedremo presto, sono certa che ti piacerà stare con  i folletti.” Le fece una carezza sui capelli che cambiarono di colore e divennero scuri come i tronchi degli alberi.

I primi giorni li passò in compagnia dei folletti più esperti, oppure a giocare con i più giovani, che erano fra l’altro i più intraprendenti. Imparò a conoscerli, si rese conto di quanto fossero leali e di quanto amore avevano per tutto ciò che li circondava. Imparò tante loro usanze e, dopo poche settimane ritennero che fosse pronta a seguirli.

Alla sua prima uscita fu affiancata da un folletto piccolo e serio. Oltrepassarono il portale che l’alba non era ancora spuntata sul bosco e la foschia rendeva tutto umido e spettrale. Era quasi estate ma l’umidità regnava perenne nel folto del bosco, trattenuta dai rami grandi e frondosi di alberi maestosi.

Una miriade di folletti si dileguò in pochissimi attimi, prendendo ognuno una direzione che conoscevano e che era stata loro assegnata.

Il folletto che l’aveva pesa sotto la sua custodia la guardò con sguardo severo “non ti devi allontanare dal mio fianco, o sarai visibile.”

Misha lo seguì e, quando il sole fu alto in cielo sentirono i rumori di cavalli, carretti, risate di esseri umani che passavano a fianco dei folletti e non riuscivano a vederli talmente erano ben mimetizzati.

I folletti non interferivano mai con gli esseri umani, si intrattenevano con varie specie animali, raccoglievano le loro storie, le loro esigenze per poi riportarle nel loro mondo e trovare le soluzioni adeguate. Misha era incantata da tutto quello che vedeva, era la sua prima volta e fu sorpresa quando un piccolo coniglietto le saltò in grembo e le leccò il viso. Un contatto veloce e morbido che la riempì di gioia.

Nel tempo che trascorse con i folletti imparò a superare trappole che gli umani mettevano per catturare gli animali, imparò a curare quelli feriti, imparò a mimetizzarsi e divenne davvero brava.

Due anni trascorse con i folletti e mai tempo passò così velocemente.

Presto avrebbe compiuto otto anni e lei era pronta per il passaggio successivo, la sua esperienza con gli gnomi.

Romanzo scritto da Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati - immagine dalla pagina fb di Elfi, fate e mondo incantato

domenica 29 novembre 2020

UN AMORE DISPERATO

 UN AMORE DISPERATO




I colori del cielo di un tardo pomeriggio, un azzurro che presto lascerà il posto al blu della notte e alle stelle ballerine, mentre la luna, stanotte non verrà a disturbare le grida degli uccelli notturni e il sonno dei piccoli nei loro nidi. Anche nel grande maniero il silenzio sta calando, soprattutto nella parte che da sempre è deserta, troppa magia, troppo mistero, troppa inquietudine prende chi si trova a passare da lì. Ogni pietra di quelle alte colonne e di quei muri così antichi sembra prendere vita propria quando il sole cala oltre la vasta pianura. Sembra abbiano bisogno della notte, delle stelle per continuare ad esistere, ed è come se un grande respiro ridia vita lunga e gloriosa a quella magnifica costruzione.

Leggeri passi di piedi nudi che non sentono il freddo e l’umidità di quel suolo così pieno di storia sono gli unici che rompono il silenzio e la solitudine. Nemmeno gli uccelli o i ratti passano da quelle parti, c’è qualcosa di strano anche per loro e se ne tengono a distanza.

La giovane donna continua a camminare, mentre i suoi lunghi capelli sembrano trovare spifferi di aria che li cullano, o sono loro stessi che prendono vita.

La veste chiara spazza il pavimento come fosse un delfino danzante e il cielo azzurro comincia a scurirsi, e piccole stelle tremolanti iniziano a dar vita alla notte che sta arrivando.

La giovane donna raggiunge le volte che danno sullo strapiombo e si innalza sul basso muro che delimita la fine della corsa.

Con naturalezza ci sale e osserva la sera che sta tranquillamente lasciando il posto al buio stellato. Chiude gli occhi e sente il soffio delicato di una carezza. Ora il buio è lì, nel silenzio di quelle mura così fredde e magiche. E’ in attesa e aspetta che il cielo e tutto ciò che circonda la terra sparisca sotto il velo del buio della notte.

La carezza sui capelli è quella che lei riconosce. Allarga le braccia e si lascia andare nel vuoto. E’ piacevole quella sensazione, lei sa che verrà il suo amato a salvarla, come un angelo che rimane nascosto alla luce e ama il nero del freddo del buio.

La prende fra le braccia e allarga le sue ali immense, la stringe, la bacia e lei si affida, come ogni notte senza luna. E’ un amore disperato che soltanto quelle mura conoscono. Un inganno che ha trafitto i loro cuori, due vite avvinghiate all’amore che, stavolta hanno deciso di sciogliersi insieme quando l’alba li troverà abbracciati sulla cresta della montagna. Hanno deciso, e i loro corpi, scolpiti nel ghiaccio saranno a protezione di tutti quelli che si amano. Per amore o si vive o si muore, o si diventa immortali, come loro.

racconto di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati - ispirato dall'immagine sulla pagina fb di elfi, fate e mondo incantato

venerdì 27 novembre 2020

MISHA

 MISHA

parte tre



Il villaggio delle streghe e di Moliniana, era un po’ discostato da tutti gli altri, erano le uniche, fra tutti gli abitanti di quel regno, ad avere bisogno di spazio per i loro riti, molti dei quali servivano a tenere in buona salute tutti gli abitanti di qualsiasi genere fossero.

La strega Moliniana teneva appoggiata la mano sulla spalla di Oridea e riusciva a leggere tutte le sue emozioni e i suoi pensieri. Aveva sempre saputo che quella piccola ninfa era troppo tenera e sensibile e la teneva d’occhio da tempo. Ora ne conosceva il motivo.

“Dovrai prenderti cura della piccola umana.” Le disse Moliniana. “Ed io ti aiuterò, c’è un disegno e un destino molto importante che la riguarda, lo capirai a tempo debito, per ora dovrai seguire i miei suggerimenti e crescerà come una di noi, anzi molto meglio” Si lasciò sfuggire.

Misha dormiva ancora beata quando fu adagiata su un soffice letto di piume. Moliniana e Oridea rimasero un attimo ad osservare quel viso sereno e poi uscirono.

Si ritirarono fuori dalla capanna e si sedettero.

“Tu sai, piccola ninfa, ciò che succede là fuori; il dolore e la cattiveria che vengono inflitti ad un popolo buono e operoso da gente malvagia. Io non capirò mai gli umani che godono a sfruttare e maltrattare i propri simili. Ora ti dico quello che faremo con Misha: la istruiremo, ognuno le insegnerà quello che a noi viene spontaneo, tutti noi, le ninfe, le streghe, gli gnomi, i folletti, le fate, ognuno di noi si prenderà cura di lei e trasmetterà il proprio sapere. Non sarà facile, siamo gelosi delle nostre conoscenze e rispettiamo le prerogative che ognuno di noi possiede, perché sappiamo che fra di noi non esisterà mai rivalità, ma là fuori, oltre il portale, non è così. La piccina non ha ancora assorbito niente di quello che è insito negli esseri umani, è pura, per questo possiamo riuscirci. Non affezionarti troppo a lei, anche se so che non sarà facile, per nessuno di noi, perché quando sarà il momento dovrà tornare fra i suoi simili e rimettere a posto le cose. L’aspetta un duro addestramento qui da noi, ma quando dovrà lasciarci …” Moliniana aveva il viso triste mentre terminava la frase, lei già sapeva quello che sarebbe successo, solo lei e Boris conoscevano il piano completo e sarebbe stato un segreto ben custodito, anche perché non avevano la certezza assoluta del risultato.

La piccola Misha iniziò la sua nuova vita come se fosse la “sua” vita. Oridea si prendeva cura di lei, aveva il compito di starle vicino fino a che avesse compiuto quattro anni e la piccola ninfa si godeva ogni istante. Le insegnava a riconoscere gli animali, a non avere paura dei temporali e della pioggia, a danzare alla musica del vento, tutte istruzioni che le sussurrava nella mente, perché in verità la piccola non le aveva mai viste ma già le conosceva.

Anche per lei era naturale la telepatia. Spesso canticchiava e aveva un nebuloso ricordo di una ninna nanna e di un viso che si chinava sul suo per darle il bacio della buonanotte. Pochi erano i ricordi che aveva del suo primo anno di vita, ma il viso di sua madre ogni tanto le riappariva e lei, senza nemmeno sapere chi fosse le mandava un sorriso e Oridea faceva in modo che le fate le mandassero in sogno il viso di sua figlia.

Il tempo passava e Misha cresceva come tutti i bambini felici. Avrebbe compiuto i quattro anni di lì a poco e Oridea era già triste, sapendo che avrebbe dovuto affidarla ad altri. Il piccolo scricciolo umano, raccolto quasi senza vita in una notte di temporale si era trasformato in una splendida bambina. La sua bellezza risaltava nei suoi occhi blu come il cielo limpido prima della notte (a questo aveva provveduto Moliniana) i capelli erano di un tenue castano, quasi biondo (a questo aveva provveduto Salena) lunghi e lievemente mossi. Ci avevano lavorato senza dare nell’occhio per fare in modo che diventasse bellissima, anche se lo era già di suo.

Mancava un giorno al suo quarto compleanno e Moliniana raggiunse Oridea e Misha vicino allo stagno che tanto la piccola amava. Era attratta dalle libellule, dai rospi dispettosi, dai pesci che si mostravano a lei con guizzi eleganti. La risata della piccola era musica per ogni abitante di quel magico posto.

Oridea l’aveva sentita arrivare e aspettò che le si sedesse al fianco mentre Misha si divertiva a correre sul prato che era fatto di margherite.

“Hai fatto un buon lavoro con lei.” Le disse Moliniana. “Ora tocca alle fate per i prossimi tre anni. Non essere triste la potrai vedere ogni volta che vorrai, sai che lei non si dimenticherà mai di te, di te che l’hai allevata con tanto amore e che, soprattutto, e un giorno lo scoprirà che le hai salvato la vita a scapito della tua cacciata.”

Una sola timida lacrima bagnò la guancia della ninfa, era preparata a questo distacco ma aveva imparato ad amare la bambina e le sarebbe mancata moltissimo.

“Stai tranquilla, Oridea, lo sai che verrà trattata con ogni riguardo. Ora chiudi gli occhi e osserva.” Con un gesto della mano, Moliniana fece apparire per pochi attimi nella mente della piccola ninfa una parte del futuro che aspettava Misha.

“Ci lascerà” disse la ninfa. “Lo sapevi fin dall’inizio.” Le rispose la strega. “Ma c’è ancora tempo.” Aggiunse asciugandole delicatamente la lacrima.

Misha le raggiunse e si sedette sulle ginocchia della piccola ninfa. Si era accorta della sua tristezza e anche il suo viso si era rattristato.

Ci pensò Moliniana che trasmise ad entrambe quello che sarebbe accaduto l’indomani.

Oridea sorrise alla piccola. “Andrai a stare con le fate, imparerai tante cose nuove e belle, e non sarai mai sola. Ogni volta che vorrai basterà che tu mi chiami ed io verrò da te. Mi mancherà non averti ogni giorno con me ma saremo sempre vicine col pensiero. Domani ti accompagnerò al villaggio delle fate.”

Misha si strinse forte a lei mentre Moliniana si allontanava. Il tempo trascorreva e il piano doveva andare avanti.


Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati - immagine da pagina fb gnomi fate e ondo incantato

giovedì 26 novembre 2020

MISHA

 MISHA

parte due



Oltre quel portale c’era il mondo delle fate, delle ninfe, degli elfi, delle streghe, degli gnomi e di tutti quegli esseri che nessun occhio umano aveva mai visto. Era il mondo della buona magia, in cui le regole erano non regole ma che non erano mai state infrante. Fino ad ora.

Oridea cercava la tenda di Solidea. Era la ninfa che sovrintendeva a tutte le ninfe come lei, ma aveva il vezzo di spostare la sua tenda e non era facile da trovare.

Molti di quegli esseri osservavano Oridea che teneva fra le braccia una creatura umana e, il tam tam telepatico era partito e aveva raggiunto tutte le creature del mondo magico.

La piccola non si era ancora svegliata e non si accorgeva di niente, dormiva tranquilla fra quelle braccia amorevoli.

In men che non si dica, ci fu il raduno intorno al fuoco centrale. Capitava raramente che questo avvenisse senza preavviso e senza essere programmato, ma la necessità di discutere della legge violata lo aveva reso necessario.

C’erano i rappresentanti di tutti gli abitanti, per le streghe Moliniana, Solidea per le ninfe, Boris per gli gnomi, Valeio per i folletti,  Salena per le fate. Questi erano radunati davanti al fuoco centrale e, dietro di loro tutti gli altri. Un posto era lasciato libero per Oridea che lo occupò sentendo le braccia pesanti dal peso del fardello che sorreggeva.

Essendo ella una ninfa, prese la parola Solidea. Tutto si svolgeva nel modo naturale per quegli esseri magici, nessuna parola ma solo linguaggio telepatico e tutti lo potevano ascoltare.

“Ci vuoi spiegare, Oridea, il tuo gesto sconsiderato? Tu conosci le nostre regole.”

La piccola ninfa teneva gli occhi bassi, osservava il petto della bambina che si alzava e abbassava al ritmo del suo respiro. L’aveva riportata in vita e non aveva avuto cuore di abbandonarla. Questi pensieri furono ascoltati da tutti.

“Dovrai riportarla indietro.” Le comandò Solidea.

Oridea non riuscì a trattenere le lacrime. Lei sapeva com’era il mondo degli umani, quando usciva sotto il temporale e salvava i piccoli animali, quelli le raccontavano ciò che succedeva, e lei lo raccontò anche ai presenti, semplicemente alzando lo sguardo e accarezzando il viso pallido della bambina.

“Noi abbiamo le nostre regole, questo non è un mondo per gli umani, ma per esseri come noi e mai nessuno ha trasgredito.” Disse Solidea.

Anche gli altri assentirono, dandole ragione.

Oridea si stava rassegnando a riportare indietro la bambina, quando Moliniana alzò la sua mano sottile.

“Io esco nelle notti senza luna e vago per boschi e sentieri deserti, parlo coi gufi e con le volpi notturne, anch’io conosco quello che succede là fuori e vi pongo una domanda: a cosa serviamo noi se non riusciamo ad aiutare gli umani?”

“Noi aiutiamo la natura, gli animali, non siamo fatti per aiutare gli umani che hanno un’Anima così diversa.” Si espresse Valeio dei folletti.

“Noi spesso entriamo nelle case degli umani, portiamo sogni dolci nei loro sonni, e anche noi conosciamo quello che succede, leggiamo i loro cuori e c’è tanta tristezza e tanto dolore.” Soffiò Salena delle fate.

Boris, il capo degli gnomi non aveva ancora parlato. Tutti sapevano che era sempre l’ultimo ad esprimersi e di solito la sua decisione era quella che tutti osservavano.

Erano in attesa di sentire cosa avrebbe detto quando Moliniana alzò di nuovo la sua mano. “Boris, noi ascolteremo come sempre il tuo giudizio, ma ti chiedo: e se questo fosse un segno? Se l’arrivo di questa bambina fosse quello che ci serve per aiutare l’umanità al di là del portale?”

Lo gnomo osservava la strega e leggeva nella sua mente. Qualcosa passò solo fra loro due e la faccia rugosa del vecchio Boris rimase impassibile. Alzò soltanto un sopracciglio e voltò lo sguardo su ognuno di loro soffermandosi sulla bambina addormentata.

Moliniana sorrise, era una strega potente e spesso usava i suoi poteri per portare gli altri al suo volere (sempre nel bene) e ci era riuscita anche stavolta. Lo gnomo le lanciò uno sguardo, e le fece capire che sapeva bene quello che gli aveva fatto, ma soltanto perché lui glielo aveva permesso.

“Come si chiama questa bambina?” Le chiese lo gnomo.

“Misha. Lo sanno anche le fate, chiedi conferma.” Gli rispose.

Lo gnomo si alzò in piedi. “Va bene, questa bambina rimarrà con noi, e tu, Moliniana ne sarai responsabile. Ho capito dove vuoi arrivare e sono d’accordo.” Trasmise a tutti il piano della strega che lui accettava e fu accettato anche da tutti gli altri.

Un sospiro di sollievo asciugò le lacrime di Oridea.

Moliniana chiamò la piccola ninfa e si allontanarono con Misha. La riunione era terminata e il fuoco centrale si spense.

Romanzo di Milena Ziletti- diritti e proprietà a lei riservati - immagine da fb Elfi fate e mondo incantato

mercoledì 25 novembre 2020

MISHA

 

Esistono streghe, ninfe, fate, folletti, gnomi e tanti esseri nascosti nel profondo dei boschi e delle foreste. Non è da tutti riuscire a vederli, anche soltanto scorgerli è un privilegio di pochi.

Ognuno di loro possiede la magia e ognuno di loro lavora per l’umanità.

MISHA



 

C’era una volta un Paese immerso nel buio del male, dove la gente cattiva comandava e sfruttava la povera gente. Nessuno aveva il coraggio di ribellarsi, quelle cattive persone, per essere sicure dell’obbedienza assoluta di tutti, sottraevano un bambino per ogni famiglia. Erano i più piccoli che venivano tolti alle loro famiglie, lasciando uno strazio e un dolore  da togliere il fiato.

Giungevano nei villaggi con carri coperti da teli neri, sembravano carri funebri, e così dovevano sembrare, i bambini che strappavano alle loro famiglie non sarebbero più tornati.

Era un periodo buio e tempestoso, la paura, l’impotenza, la rabbia e la frustrazione toglievano a tutti la forza di pensare. Dovevano lavorare e consegnare quello che i loro comandanti chiedevano, oppure avrebbero perso anche il privilegio di nutrirsi.

La primavera era appena iniziata e i carri telati di nero facevano il giro dei villaggi per prelevare gli ultimi nati. Urla strazianti di genitori disperati non servivano a niente, e le fruste schioccavano sulla pelle di chi osava avvicinarsi per un ultimo saluto al proprio bambino. Quanti ne avevano presi in quegli anni, nessuno era mai tornato, e nessuno conosceva la fine che avevano fatto.

Sui carri, ben nascoste agli occhi dei villani, c’erano alcune donne vestite di grigio che tenevano a bada i bambini. Ognuno di loro aveva compiuto un anno e strillava mentre veniva tolto dalle braccia materne, poi, come per incanto, una volta sul carro nessun grido veniva più sentito.

Sull’ultimo carro c’erano cinque maschietti e una femminuccia. Avevano gli occhi sgranati, la poca luce impediva di vedere perfino i contorni del carro. La piccola Misha aveva compiuto un anno da poco, era sveglia e si aggrappava al bordo del sedile per non cadere. Il telone svolazzava, un vento impetuoso di un temporale improvviso, con i suoi lampi le fornì la visuale di quello che c’era fuori. Ancora non sapeva cosa fosse un bosco, una foresta, uno stagno o quant’altro,  era troppo piccola. Gattonò  verso il bordo per osservare quelle luci improvvise, lampi poi seguiti dai tuoni e una pioggia intensa batteva sul telo come tanti proiettili.

Un lampo l’accecò e il tuono che seguì fu talmente forte che dallo spavento cadde dal carro. Nessuno se ne accorse e il carro proseguì per la sua strada.

La piccola chiuse gli occhi ancora accecati dai fulmini, mentre i tuoni le riempivano la testa, era fradicia, immersa in una profonda pozzanghera, e con le manine si puntellava cercando di rialzare la testa per non affogare. Tossiva e sputava l’acqua sporca che aveva bevuto ma il vento le rendeva le braccine rigide dal freddo. Cercò di aprire gli occhi ma la pioggia era talmente violenta che la costrinse a ricadere a faccia in giù.

Nei piccoli pugni stringeva il fango di quel sentiero che sarebbe stata la sua tomba, le mancava il fiato, le mancava la sua mamma, le mancava tutto mentre la vita l’abbandonava. Uno scricciolo di bambina che salutava la vita prima ancora di averla conosciuta.

Perse i sensi, i piccoli pugni si aprirono e si lasciò trasportare verso la fine.

Mentre il temporale imperversava e non accennava a diminuire, tutti gli animali del bosco se ne stavano ben nascosti nelle loro tane e nei loro nidi, soltanto una figura solitaria amava immergersi nella pioggia e nel vento. Era Oridea e nessuno sapeva se fosse umana o uno spirito del bosco. Nessuno l’aveva mai avvicinata, lei usciva solo quando imperversava la tempesta. Gli animali, ben nascosti e al riparo, la osservavano danzare come se il temporale fosse la sua musica preferita. Aveva lunghi capelli corvini che le ricadevano sulla schiena come tanti tentacoli. Passava fra gli alberi in punta di piedi, canticchiava ad occhi chiusi con le mani rivolte al cielo e raccoglieva la pioggia che poi lanciava in alto ridendo. Sapeva che non avrebbe mai incontrato nessuno e amava la sua solitudine.

Saltellava nelle pozzanghere come fanno i bambini, raccoglieva una foglia caduta e la rimetteva sul ramo e se trovava un animale ferito lo raccoglieva, lo asciugava col suo alito caldo e lo metteva al riparo. Era rispettata da tutti gli animali del bosco, perché aveva salvato tanti di loro.

Fu sorpresa di vedere quel piccolo corpo fradicio immerso nel fango. Non era uno dei soliti piccoli animali che riusciva a salvare. Con la sua innata grazia si inginocchiò ad osservare e la sua mano accarezzò i capelli di Misha incrostati di fango. Chi era? Delicatamente la sollevò e riconobbe uno scricciolo umano, freddo e rigido, talmente sporco da non capire chi fosse.

Teneva quel piccolo corpo fra le braccia, si guardava intorno ma non sapeva dove fosse la sua tana, il suo nido, non le era mai capitato uno scricciolo umano. Soffiò dentro la bocca della piccola per ridarle la vita, aspettò che il piccolo cuore riprendesse i suoi battiti, le accarezzava il viso mentre la pioggia lavava via tutto il sudiciume che aveva appiccicato e i suoi occhi si sgranarono alla vista di un visino così dolce e così pallido.

Il temporale andava scemando e Oridea doveva tornare nel suo mondo. Non poteva abbandonare quello scricciolo umano e, pur sapendo di andare contro ogni regola della sua gente, decise di portarla con sé.

Il cielo si stava schiarendo e lei correva verso il folto del bosco tenendo fra le braccia il suo dolce fardello. Si sollevò come avesse le ali e oltrepassò il portale che nessun umano aveva mai oltrepassato.

romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati - immagine dalla pagina di f di Elfi, fate e mondo incantato

martedì 17 novembre 2020

SE FOSSI DIO PER UN GIORNO

 

SE FOSSI DIO PER UN GIORNO



 

Se io fossi Dio per un giorno non cambierei niente sulla Terra. Metterei un grande specchio intorno al globo dove ognuno deve osservare quello che succede in ogni parte del mondo.

Mostrerei non solo le immagini, che quelle ormai le trovi su internet, no, sarebbe uno specchio dei sentimenti.

Obbligherei ogni abitante della Terra ad alzare lo sguardo per osservare nello specchio ed ogni ora cambierei scenario. Un’ora per volta per sentire nel profondo quello che ogni altro essere vivente prova dentro di sé.

Mostrerei a chi è assassino come sta la sua preda e trafiggerei il suo cuore col dolore che lui stesso ha causato.

Lo trasformerei in un cane abbandonato e gli infliggerei le angherie, la fame e gli stenti che lui stesso ha provocato.

Mostrerei i volti di tutti i feti abortiti e di come si sono trasformati in angeli protettori infliggendo loro il dolore di non aver mai respirato.

Manderei l’apocalisse delle guerre e delle vittime di tutte le armi usate per scopi che niente hanno di umano e farei provare la trincea a chi ha comandato questi obbrobri.

Rifletterei le tante lacrime di dolore inutile che per troppo tempo sono state inflitte alla natura e a tutti gli esseri non umani, mandando siccità e carestie per provare come si sta.

Paleserei a quei tanti uomini che indossano abiti sacri le lacrime dei troppi bambini abusati, di come le ricchezze hanno trasformato i loro cuori marci e farei semplicemente provare a loro il dolore delle spine che hanno avvolto il capo di Gesù.

Se fossi Dio per un giorno, sono certa l’Umanità cambierebbe, manderei sulla Terra, la mia tanto amata Terra un altro Figlio per insegnare cosa significa il vero Amore, ma siccome non sono Dio, ma se lo fossi, lascerei tutto come sta, perché anche Dio non crede più che l’Umanità di questo pianeta possa cambiare.

racconto di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati - immagine dal web

giovedì 12 novembre 2020

MESSAGGIO DA EMETIADES

 

MESSAGGIO DA EMETIADES



Da tanto tempo c’è la guerra fra le Tenebre e la Luce. Ai vostri giorni si stanno combattendo le battaglie finali. Al momento sembra che il buio stia vincendo, perché il male ha preso possesso di tante persone dannate. Ricordatevi che il Male, per vivere ha bisogno di terreno fertile e attecchisce sulle persone predisposte, il Male lusinga e conquista, ha preso possesso di Umani/Rettiliani da tanto tempo. Li ha arricchiti, ha dato loro Potere, lunga vita, Ricchezze e la certezza che, molto presto saranno i padroni del Pianeta. La certezza di VINCERE.

Al contrario, le persone nella Luce sanno distinguere il Bene dal Male, hanno l’Anima, un’Anima che non sarà mai un terreno dove attecchiscono le Tenebre, non passeranno mai dall’altra parte, continueranno con la loro vita e il loro esempio a dare nutrimento alla Luce, a rinforzarla, a renderla forte durante questa battaglia finale. C’è una grande conquista che queste Anime Illuminate stanno facendo, e senza fatica, stanno portando dalla loro parte quelli che hanno capito dove sta la Giustizia, perfino qualcuno di quelli che, nel Buio hanno ritrovato la loro Anima e hanno cambiato esercito. Ai vostri occhi di umani molte cose sono precluse, non avete cuore per intendere, avete dimenticato che l’Anima va nutrita e vi state allontanando dalla sorgente della Luce. Molti di voi si stanno facendo trascinare, da una parte le Tenebre, col loro potere e la loro forza, quelle che detengono anche le vostre paure e i vostri pensieri vi fanno perdere la Coscienza di quello che è davvero Vero, Importante e Giusto. Dall’altra parte, le Anime che brillano di Luce e di Amore, spandono una musica lenta, dolce, armoniosa, aspettando che apriate i vostri cuori, le vostre menti, il vostro stesso essere Umani/Divini e decidiate di svegliarvi e scegliere da che parte stare.

Le Tenebre sanno che la situazione sta cambiando e stanno cercando in tutti i modi di rapirvi e portarvi a loro.

La luce, al contrario, lavora con l’esempio, non rapisce, non condanna, distribuisce Amore, quell’Amore che squarcia le tenebre, che è per tutti e non promette né Denaro né Potere, ma solo una Vita che vale la pena di essere vissuta sul vostro Pianeta.

Tutti potete essere Anime Illuminate, noi da quassù vi vediamo come tante fiammelle e tante se ne stanno accendendo aggiungendosi a quelle che brillano da tempo.

Il destino del vostro Pianeta è nelle vostre mani.

Emetiades.

racconto di Milena Ziletti - dirittie proprietà a lei riservati - immagine dal web

lunedì 9 novembre 2020

PERCHE' NON CAPITE IL DOLORE?

 

PERCHE’ NON CAPITE IL DOLORE?




 

Le notizie passano e scorrono veloci, i titoli che si leggono mentre i giornalisti parlano di stronzate. Tante notizie vengono esplorate, raccontate, e troppo spesso manipolate da media venduti. Pochi sono gli accenni alle numerose vittime, che siano donne, ragazzi o bambine che subiscono stupri. Un accenno veloce “guarirà in quindici giorni.” CHE SIATE MALEDETTI voi e la vostra leggerezza e indifferenza nel trattare questo argomento. Che siano maledetti tutti quelli che non dedicano nemmeno un secondo a pensare a queste vittime.

Avete mai provato a parlare con loro? Ad ascoltare la loro angoscia, la loro paura, il terrore di uscire di nuovo per strada? A quei lunghi minuti mentre uno o più delinquenti profanavano quello che di più sacro abbiamo e che concediamo solo a poche persone che amiamo o che fa urlare le partorienti quando mettono al mondo un figlio?

CHE SIATE MALEDETTI, voi che passate sul corpo di queste vittime come se fosse ormai un’abitudine e non una ferita dell’anima di chi subisce la violazione del proprio corpo.

Avete mai provato a pensare alle urla e alla disperazione di queste donne anche anziane sottoposte a stupro mentre altri stanno a guardare? Donne non più giovani che hanno messo a riposo ogni velleità magari quando il marito è morto e che hanno nel cuore e nei ricordi solo quell’atto d’amore e di tenerezza scambiato a luci spente.

CHE SIATE MALEDETTI voi che non punite nemmeno queste bestie che uccidono l’anima di donne e bambini/e come se ormai fosse un atto talmente ordinario che non ha nemmeno più bisogno di un rimprovero.

Avete mai guardato negli occhi quei bambini/e che hanno lo sguardo ormai perso all’inferno? Piccoli/e che non hanno capito, se non nel dolore fisico, quello che hanno subìto, che rimangono accucciati in un angolo come un cane randagio preso a calci nella pancia. Avete mai provato a provare ad offrire una carezza e vedere quei piccoli corpi farsi ancora più piccoli dal terrore di essere toccati anche da mani gentili?

Certo, ognuno perso dai propri impegni, da pensieri diversi, passa sopra a queste notizie con un’alzata di spalle, nemmeno più si indigna. Rimane una piccola nota che scorre nei sottotitoli di un telegiornale.

CHE SIATE MALEDETTI voi che credete che non possa MAI capitare a qualcuno che amate, e che con un’alzata di spalle lasciate tutto dietro di voi.  

Donne, bambini/e violati, stuprati, massacrati di botte col viso e il corpo tumefatto che guarisce in quindici giorni. Ma l’anima, l’essenza stessa della vita QUANTO IMPIEGHERA’ A GUARIRE?

Donne, ragazzi/e che non riescono a risalire la china del dolore e della brutalità subita che trovano in una corda intorno al collo il solo sollievo che bramano.

Intanto, tutto tace, perché in quindici giorni tutto passa.

CHE SIATE MALEDETTI.

scritto da Milena Ziletti - immagine dal web