venerdì 31 agosto 2018

ADRIANA PARTE QUARTA


ADRIANA
PARTE QUARTA



Con la fine della scuola Mariangela porta a casa una pagella con bellissimi voti. C’è ancora chi la prende in giro e la tratta male, ma lei non lo ha più riferito alla nonna, ha imparato a sopportare e a non dare peso.
Ora c’è tutta l’estate di vacanza, e , Caterina e lei giocheranno insieme tutti i giorni.

E’ il 1954 e alla radio suonano tante belle canzoni, Le due bambine ballano spesso in cortile mentre la nonna riposa.

E’ da un po’ di tempo che la nonna sta spesso a letto, e Agnese viene di meno a trovarle, perché ha le gambe gonfie e fa fatica a camminare.
Oggi non è venuta nemmeno Caterina e lei fa dei bellissimi disegni al fresco in cucina.

Fuori c’è un caldo torrido, anche la gatta Camomilla, ormai molto vecchia, sta sulla poltrona a godersi il fresco della casa.

Mentre colora il suo disegno canticchia spensierata una di quelle canzoni che si sentono alla radio. Si sta molto bene oggi in casa.

Fuori si sente una macchina che si ferma, ma lei non ci fa caso, è molto impegnata nel suo lavoretto e quando si sentono dei passi fuori dalla porta la gatta Camomilla fa un balzo e corre verso l’entrata.
“Che ti prende Camomilla? Non ti ho mai visto comportarti così!”

Bussano alla porta.
Ha le mani sporche di colore e i capelli biondi sciolti sulle spalle con il suo immancabile nastro bianco.

Bussano ancora e lei va ad aprire.

Due grandi occhi azzurri si specchiano in altri occhi azzurri.
Si guardano, si scoprono e capiscono.

“Sei arrivato, finalmente papà, ti abbiamo aspettato tanto.”

Quel ragazzone, ormai diventato uomo non riesce a toglierle gli occhi di dosso, non riesce a parlare e rimane come impalato sulla porta.

“E tu, come ti chiami?”
“Sono Mariangela, la figlia di Sofia, ora chiamo la nonna.”

E sgambetta veloce da lei.
“Nonna, nonna, avevi ragione, il mio papà è arrivato!”

Adriana si sveglia di soprassalto e non riesce a capire. “Cosa stai dicendo piccola?”
“E’ arrivato il mio papà, è di là, vieni nonna, fai presto.”

Ha uno strano presentimento nel cuore, una grande speranza, che la Madonna abbia fatto davvero il miracolo?

Cerca di fare più in fretta che può, ma la debolezza è tanta, il suo cuore sta davvero arrivando al capolinea.

Entra in cucina e lo vede!

“Ragazzo, sei tornato finalmente! Ti abbiamo tanto aspettato. Entra, siediti qui, voglio guardarti, voglio essere sicura che sei proprio tu, sei tanto cambiato!”

Si siedono vicini e si prendono la mano. In questo momento non c’è bisogno di parole, ognuno sa, nel proprio cuore quello che vuole dire all’altro. Si guardano intensamente, e l’abbraccio di Helmut l’accoglie come fosse una bambina.
“Signora Adriana, oggi volevo farle una sorpresa e farle conoscere mia moglie e mia figlia, ma la più grossa sorpresa me l’ha fatta lei. Ma dov’è Sofia?”

In poche parole gli racconta la storia e poi si sovviene. “Dove sono tua moglie e tua figlia? Non le avrai lasciate in macchina sotto il sole? Chiamale, ti prego, falle entrare che prendo qualcosa di fresco da bere.”

Adriana e Mariangela rimangono sedute a guardarsi. Negli ultimi tempi hanno tanto fantasticato su questo momento che ora sembrano non crederci.
Una bella signora bionda e una bambina di 5 anni che è il ritratto identico di Mariangela entrano in casa.

“Adriana, questa è mia moglie Marta, e lei è mia figlia Rosa. Conoscono la nostra storia, anche se nessuno si aspettava di trovarne il seguito. L’abbiamo pensata spesso ma non abbiamo mai trovato l’occasione per tornare, ci siamo decisi, perché è in arrivo un altro bambino e non saremmo potuti partire per un altro anno.”

Le due bambine si avvicinano, non si capiscono ma il linguaggio dei giochi è universale e fanno subito amicizia.

“Ce l’hai fatta a tornare a casa, ce l’hai fatta a rivedere la tua famiglia! Sono proprio felice per te.”
“Se sono tornato a casa è solo merito vostro. Mia madre le manda a dire che non ha mai smesso di ringraziarla, ogni giorno, per tutti questi anni, e vorrebbe tanto conoscerla.”

“Helmut, lo sai vero che Mariangela è tua figlia? Ho pregato tanto che tu tornassi, io sono molto malata e non riesco più ad occuparmi di lei come merita, ho fatto preparare le carte e, se tu vorrai, potrai portarla con te in Germania. Pensi che tua moglie la possa accettare?”

Helmut guarda sua moglie, le traduce tutto e il suo sorriso dice molto più delle parole. Certo che prenderà quella bambina e rassicura Adriana che farà di tutto per crescerla come se fosse sua figlia. Non ci sono nemmeno problemi economici perché Helmut ha un buon lavoro, sono tutti in salute e la terranno al corrente.

Gli occhi di Adriana di riempiono di felicità e di immenso dolore. Adesso che si avvicina il momento, si rende conto che non la rivedrà più!

Ci vorranno alcuni giorni per firmare i documenti che sono già pronti da anni e, tutti insieme, su quella grossa auto, vanno prima al cimitero a salutare Sofia e poi da Don Mario per le ultime formalità.

Nel lettone con la nonna, per lasciare l’altro letto agli ospiti, Mariangela non sa cosa dire. Tocca ancora una volta ad Adriana. “Sei contenta Mariangela di aver conosciuto il tuo papà? Come ti sembra? E la tua nuova sorellina? Pensa a come sarà bello quando sarete tutti nella tua nuova casa! Quante cose nuove imparerai, mi raccomando fai la brava bambina e cerca di essere ubbidiente!”

“Nonna, io ho paura! Non capisco la loro lingua, non li conosco nemmeno, io non voglio lasciarti da sola, non voglio più partire!” e comincia a piangere abbracciata a lei.

Adriana si fa forza, non può avere cedimenti proprio ora, proprio quando si avvicina il tanto agognato traguardo.
“Mi hai fatto una promessa piccola mia, che non avresti pianto e che saresti andata via col tuo papà, che ci saremmo scritte tante lettere, ed ora, devi mantenere la tua promessa. Io sarò qui ancora per tanto tempo, ti penserò e pregherò tanto per te, ma tu devi essere contenta, io lo sono tantissimo, non lo sono mai stata così in tutta la mia vita!”

“Va bene nonna, ma non so se riuscirò a non piangere. Tu mi mancherai!”

I giorni sono volati e ora è il momento dei saluti.

Una piccola valigia con le poche cose di Mariangela, alcune fotografie di sua mamma e di sua nonna, i suoi quaderni di scuola ed ora, l’ultimo saluto.

Le lasciano sole e l’aspettano in macchina.

“Vai tranquilla mia piccola Mariangela, che Dio ti protegga sempre:”
Un intenso abbraccio, tante lacrime trattenute e tanti, tantissimi baci.

“Ciao nonna, ti voglio molto bene.”

L’accompagna all’auto, un ultimo bacio, un saluto a tutti e Adriana resta da sola.

Rientra in casa. E ora? Si guarda intorno, sistema una sedia, non c’è neanche la gatta Camomilla, c’è un tale silenzio!
Zoppicando arriva Agnese, non ha voluto essere presente all’addio, proprio non poteva. Le due donne si guardano, si capiscono e Adriana comincia finalmente a piangere. Piange come non ha mai fatto in tutta la sua vita e Agnese apre le braccia e l’accoglie come fossa una bambina.

Entrambe singhiozzano senza vergogna e senza ritegno. E mentre Adriana continua a piangere le passano nella mente i momenti più importanti di tutta la sua vita: il suo matrimonio con Ottorino, la nascita di Sofia, la guerra. Quel soldato ferito, la nascita di Mariangela, i sacrifici per farla crescere, ed ora? Cosa le resta ora? Solo il silenzio di una casa vuota? Che cosa può fare adesso? Una muta preghiera al Cielo “Ora sono pronta, quando vuoi prendermi con te, sono pronta.”

Si ricompone a si scioglie da quell’inaspettato abbraccio. “Vieni Agnese che ci beviamo un caffè, rimani un poco a farmi compagnia.”

Agnese rimane anche a cena, ma ora si devono salutare. “Mi raccomando Adriana, cerca di dormire, io torno domani mattina col pane biscotto, tu scalda il caffelatte che facciamo colazione insieme.”

La notte è lunga e non riesce a dormire, il suo cuore sembra più affaticato del solito, ora che manca la sua ragione di vita non le importa più di niente. “Vai con Dio piccola mia, portami sempre nel cuore come io porterò sempre il tuo sorriso” e, finalmente si addormenta.

La mancanza di Mariangela si percepisce in ogni angolo di casa. A volte le viene l’istinto di chiamarla per controllare cosa stia facendo, ma solo la gatta Camomilla è lì a farle compagnia.

Agnese ogni mattina le fa compagnia e passano molto tempo insieme, è una fortuna avere qualcuno vicino.

I giorni passano, l’estate ha lasciato spazio ai colori dell’autunno e Adriana scrive una lettera alla sua nipotina, non è la prima, ma questa sarà la più importante. Lascia la busta sul tavolo e va a coricarsi. Si sente molto, molto stanca e ha voglia solo di dormire.
Si mette a letto e si addormenta sognando la sua amata Mariangela e non si risveglierà mai più.

E’ Agnese che al mattino la trova morta e serena nel suo letto, e chiama Don Mario.

Adriana, si ricongiunge ai suoi cari, felice di essere riuscita a portare a termine il suo compito terreno e da lassù seguirà Mariangela insieme a tutti gli altri angeli.



giovedì 30 agosto 2018

ADRIANA


ADRIANA 
PARTE TERZA


Ha 46 anni Adriana, ma se ne sente addosso un centinaio. Sa che non può abbandonarsi all’apatia, che c’è una bimba da crescere, che dovrà rimboccarsi le maniche ancora più di prima, che da sola dovrà fare di tutto per Mariangela e spera, davvero spera, che almeno Agnese le dia una mano.

“Mariangela ha mangiato e dorme. Ora mangiamo qualcosa anche noi. Poi rimarrò con te per qualche giorno, mi farà bene stare in compagnia, a casa sono sempre così sola!”
“Grazie Agnese, ci avevo proprio sperato.”


Quei primi giorni sono scanditi dagli orari della pappa, dal bagnetto, e dai pianti di Mariangela, anche se piange davvero poco: è una bimba meravigliosa. Adriana ne è innamorata e Agnese la sente come sua, avranno un bel da fare per non viziarla troppo, Mariangela non ha più la sua mamma, ma in compenso ha due nonne che stravedono per lei.

Cominciano la loro semplice vita e convivenza: i lavori di ogni giorno, il lavoro di sarta, le visite al cimitero e Agnese che si è praticamente trasferita da loro. Vivono bene insieme e amano Mariangela in modo totale.

I primi tre mesi passano all’insegna della normalità per quella nuova famiglia. Mariangela cresce bene e sana e si comincia a capire a chi somiglia. E’ il ritratto sputato di suo padre: peluria bionda chiara sulla testa e occhioni azzurri come un lago di montagna.
Adriana è preoccupata, ci saranno altre chiacchiere, altri pettegolezzi. Se almeno fosse somigliata a Sofia, così scura di capelli e di carnagione, tutto sarebbe stato più semplice.

Agnese non ha mai fatto domande, non ha mai chiesto spiegazioni, ma è giunto il momento di metterla al corrente, deve essere preparata alla prossima ondata di chiacchiere.

Adriana non entra nei particolari, ma le racconta di Helmut e dell’amore fra quei due giovani. Di come il ragazzo non sappia niente di Mariangela, e in più, lei non sa nemmeno come si chiama e dove abita, non lo può rintracciare e metterlo al corrente, ma ha una speranza, anzi una certezza: Helmut tornerà, lo ha promesso, e potrà prendere Mariangela con sé.

E’ settembre e Mariangela deve essere battezzata. Don Mario è passato spesso a trovarle e hanno deciso che domenica ci sarà il Battesimo.

E’ una chiesa affollata quelle che le accoglie. Agnese fa da madrina e molte donne sono curiose di vedere quella bambina che non hanno ancora avuto occasione di conoscere. Nessuno si è presentato da loro con un regalo, un augurio, almeno hanno avuto il buon senso di stare alla larga, ma oggi, la curiosità verrà soddisfatta.

Fuori dalla chiesa trova qualcuno che fa loro gli auguri, che chiede di vedere la bambina e, naturalmente ci sono un sacco di complimenti.
“Ma a chi somiglia Mariangela?” Ecco, qualcuno ha fatto la domanda, ma Adriana ha già pronta la risposta: “E’ anche lei figlia di Dio, assomiglia a Lui”. E se ne ritornano a casa.

Il tempo passa e Mariangela cresce molto bene. Le sue due nonne la coccolano e la vezzeggiano come se si trattasse di una principessa e lei cresce al riparo dal mondo esterno.
A un anno cammina da sola. E sempre più bionda e chiara, e i suoi primi dentini le danno un aspetto angelico.
Adriana continua il suo lavoro, è come sempre instancabile e Agnese è sempre pronta ad aiutare.


A due anni parla correttamente, gioca con il gatto, corre nel cortile. Adesso ha due treccine con fiocchi colorati. A lei piacciono i fiocchi azzurri come i suoi occhi. Non fanno vita sociale, al momento non c’è bisogno, ma il prossimo anno dovrà andare all’asilo.

Adriana è molto preoccupata. Come verrà accolta la sua nipotina? La piccola desidera molto avere dei compagni, ma fin’ora non ne ha avuti. Forse è sbagliato, bisognerà pur cominciare.

E’ una bambina intelligente, sa che la sua mamma riposa sotto quel cumulo di terra che ogni domenica va a visitare con la nonna, sa che il suo papà è lontano ma che verrà presto a prenderla, e sa che la nonna la ama immensamente.

E’ una bambina di tre anni: bellissima. Bionda, chiara, con due grandi occhi azzurri, non si può avere dubbi su chi possa essere il padre, e questo lo hanno notato tutti in paese.

Nascono e fioriscono nuove dicerie e, stavolta, sono molto, molto cattive!
C’è di mezzo il nemico, il nazista: cosa sarà successo? Dove lo avrà incontrato? Cosa avranno avuto in cambio? Avranno tradito il loro paese per il nemico? C’è disprezzo verso quella famiglia, verso quella bambina che non ha colpe, tranne quella di ricordare il passato.

In Romagna, ma non solo qui, nessuno è disposto a perdonare. Ci sono state troppe morti, troppo dolore e nessuno vuole dimenticare.

Quando la domenica vanno in chiesa vengono isolate. Mariangela, nella sua ingenuità ed innocenza sorride e saluta gli altri bambini che vengono strattonati dai loro genitori e nemmeno capiscono il motivo. Se questo è l’inizio, come sarà il futuro? E’ un macigno sul cuore di Adriana, questo non sa proprio come affrontarlo o come risolverlo. Ancora una volta non le rimane che affidarsi alle preghiere e sperare davvero che il Signore aiuti la sua nipotina.

La guerra è finita da tanto tempo. Perché Helmut non si è più fatto vivo? Avrà raggiunto la sua famiglia? Possibile che abbia dimenticato la sua promessa di ritornare? C’è bisogno che ritorni, che venga a prendere Mariangela, con lui starà sicuramente meglio. Ogni anno che passa Adriana si sente sempre più stanca e più vecchia, la salute comincia a vacillare, il suo cuore fa i capricci e il dottore le ha detto che deve riposare di più, ma come può farlo? E’ con il suo lavoro che manda avanti la baracca, e Mariangela sta crescendo talmente in fretta che ha sempre bisogno di qualcosa.

Comincia l’asilo e Mariangela è molto emozionata. Finalmente conoscerà tanti bambini e potrà giocare con loro per tutto il giorno!
Adriana è preoccupata, non vorrebbe lasciarla andare, ma Mariangela la saluta con un bacio e corre incontro alla sua nuova avventura.

E’ tutto così nuovo e così emozionante! Finalmente ci sono altre bambine, si fanno giochi e il primo giorno passa in fretta. Torna a casa e racconta tutto alla nonna. Si vede che è felice e, anche Adriana, si rilassa un  po’.

Gli anni dell’asilo sono stati i più belli. Anche se non tutti l’hanno accettata, Mariangela ha colto solo il lato bello, lei è fatta così, ma ora quel tempo è finito, c’è la scuola vera che comincia adesso. È diventata grande, si comincia a fare sul serio.

E’ tutto pronto. La cartella, il grembiulino e lei così bella, le trecce sono cresciute, sono lunge, ancora più bionde e legate dal fiocco azzurro che preferisce. Le mancano alcuni dentini, ma è molto, molto bella, e quel suo sguardo così aperto e allegro la rende davvero diversa.

Inizia con entusiasmo anche questa avventura. Sembra che le preghiere di Adriana siano state ascoltate, anche se ancora Helmut non si è fatto sentire. Tutto procede abbastanza bene, ma lei non riesce a stare tranquilla, quasi si sente che qualcosa possa accadere.

I primi giorni passano tranquilli, poi succede qualcosa.

Mariangela segue un gruppo di bambini che vanno a giocare ma uno di loro si gira e le dice: “tu non puoi venire a giocare con noi, non ti vogliamo, tu sei una bastarda tedesca e mia mamma dice che sei maledetta, perciò torna da dove sei venuta.”

Lei non capisce, non sa cosa vuol dire quella parola “bastarda tedesca” non l’ha mai sentita, ma deve essere molto brutta se l’hanno scacciata.
Per tutto il giorno rimane in disparte e non vede l’ora di tornare a casa, di parlare con sua nonna, quei bambini l’hanno ferita e non sa il perché.

Quando Adriana la vede uscire da scuola capisce subito che qualcosa non va. La prende per mano e tornano a casa.
La merenda è pronta ma, stranamente, Mariangela non vuole mangiare. Deve essere successo qualcosa di grave e la nonna la prende in braccio.
“Cosa c’è che non va piccolina?”

“Oggi a scuola, alcuni bambini non mi hanno fatto giocare con loro, mi hanno detto che sono una bastarda tedesca e che sono maledetta, cosa significa, nonna?”

Il cuore già debole di Adriana perde alcuni battiti.” Adesso come spiego tutto questo a una bambina di sei anni?”

“Bastardo è un bambino che non ha un papà. Tu ce l’hai, ma loro non lo conoscono, non sei una bastarda, sei una bella bambina e presto conoscerai il tuo papà.”

“Ma nonna, io non l’ho mai visto, come faccio a sapere che esiste e che non sono una bastarda?”

“Io lo conosco e ti garantisco che esiste. Credi alla tua nonna, piccolina, io lo conosco, so che esiste.”

“E come si chiama?”

“Si chiama… Francesco, ed ha i capelli biondi come i tuoi, è da lui che hai preso gli occhi azzurri e i capelli biondi e, quando lo vedrai, lo riconoscerai immediatamente, perché ti somiglia molto, sei proprio uguale a lui, sei bella come lui. Non dare retta ai bambini cattivi, tu sei Mariangela, la mia nipotina, la figlia della mia cara Sofia e di Francesco.”

Mariangela si è un po’ rincuorata, torna alla sua merenda e ai suoi compiti.

Adriana sapeva che sarebbe successo, sa anche che questo è solo l’inizio, Madonna Santissima, ti prego, fa che suo padre venga a prenderla il più presto possibile.

Si avvicinano le feste di Natale e a scuola si fanno i preparativi per la recita ed il presepio. Mariangela dovrà fare l’angioletto ed è tutta emozionata. Sua nonna le ha già cucito l’abito e le ali di cartone, le scioglierà i capelli e con l’aureola dorata farà proprio un figurone.

La maestra da’ ad ognuno una poesia da studiare e poi, sul palco verranno recitate davanti ai genitori.

Alla vigilia di Natale è tutto pronto. Adriana è molto emozionata, Mariangela non è riuscita a dormire dall’agitazione, continuava a ripetere la poesia per la paura di dimenticare qualche parola e, vederla ora sul palco, sembra proprio di vedere un bellissimo angelo.

La pace scende dal cielo
E ricopre la terra col suo velo,
gli angeli cantano dolci canzoni
e nel cuore di ognuno mandano emozioni.
Arriva da noi Gesù Bambino,
accendiamogli insieme una candela
e tutto il mondo lo preghi ogni sera.

Silenzio tombale.
Solo bisbigli e commenti fatti sottovoce.

Poi un papà si alza e inveisce: “è uno scandalo! Quella bambina non deve stare lì sopra. E’ una bastarda tedesca! Vi siete già dimenticati di cosa ci hanno fatto durante la guerra? Possibile che nessuno veda di chi è figlia? Qui non la vogliamo!”

Mariangela si guarda intorno senza capire. Ancora quelle parole.
“Io non sono bastarda, il mio papà si chiama Francesco e la mia mamma Sofia, nonna diglielo anche tu.” Poi comincia a piangere e con rabbia si strappa le ali e l’aureola. “Portami via nonna, portami a casa, non voglio più stare qui.”

Adriana si alza e, con estrema calma si guarda intorno, guarda negli occhi quelle mamme e quei papà così cattivi, che se la prendono con una bambina di sei anni, con una vecchia vedova che sta facendo sacrifici per dare una vita migliore alla bambina.
“L’avete sentita, suo padre si chiama Francesco e, voi tutti vi dovreste vergognare, è Natale ma voi non sapete accogliere il Bambinello se non sapete accettare un’innocente. Vi auguro buone feste, che vi vada di traverso il cappone.”

Prende per mano la bambina e, con Agnese se ne ritornano a casa.

Per fortuna ci sono alcuni giorni di vacanza, con la speranza che la brutta esperienza venga dimenticata in fretta, ma Mariangela ha capito che non sarà più come prima.

Mariangela ha acquisito una nuova consapevolezza. E’ piccola, ma non è stupida. Ha sentito molti discorsi che non ha riferito alla nonna, sa cosa significa la parola bastarda e comincia a nutrire dei dubbi, ma sua nonna le ha detto la verità, su questo non ha il minimo dubbio.

Il rientro a scuola non è piacevole. Il sorriso di Mariangela è sparito. Se ne sta in disparte e non cerca di giocare con gli altri bambini.
Passano alcuni mesi e lei è sempre più sola.

E’ il mese di maggio e presto è il suo compleanno, compirà sette anni.
La maestra, ad ogni compleanno prepara un piccolo dono, e anche per lei ci sarà una sorpresa.

Sulla cattedra c’è un pacchettino giallo, con scritto il suo nome e la maestra glielo consegna. “Buon compleanno Mariangela, bambini, fate anche voi gli auguri alla vostra compagna.”
Tutti in coro “auguri Mariangela, buon compleanno.”
Lei ringrazia e se ne torna al suo posto, senza nemmeno un sorriso.

E’ seduta in giardino e apre il suo pacchetto, contiene un animale intagliato nel legno, un piccolo gatto e le piace molto. Si avvicinano i suoi compagni per vedere il regalo e lei lo mostra felice.
Arriva anche Mario, un bambino di terza e … zac, le taglia una treccia!

Treccia bionda, treccia bionda,
Mariangela è una tonta.
Tonta tedesca bastarda
Mariangela è sempre più tarda.

Mariangela è sotto choc. Tiene in mano il gattino di legno, la sua treccia tagliata con i capelli che si stanno sfilando. Guarda quei bambini che stanno ridendo di lei e vorrebbe solo scappare.

E’ quello che fa. Si alza di scatto e corre via da quel posto, non ci vuole più tornare in mezzo a quei bambini cattivi. Comincia a correre, a correre senza vedere dove sta andando. Le lacrime impediscono di vedere bene dove mette i piedi. E si ritrova a ruzzolare sulla tomba di sua madre.
E piange, piange, piange, finchè, sfinita, si addormenta su quella fredda terra.

E’ per caso che Don Mario si trova lì. Vede quel fagottino spettinato accasciato su quella tomba e prova una pena infinita. La sveglia con dolcezza, la prende in braccio e la riporta da Adriana.

Lei non ha mollato la sua treccia, la tiene ancora stretta in mano, di sicuro la nonna riuscirà a rimetterla a posto, non può stare con una treccia soltanto.

Adriana era stata avvisata che Mariangela era scappata e stava uscendo a cercarla. Apre la porta a Don Mario e prende fra le braccia la sua adorata nipotina. La culla, la rincuora, la stringe al suo petto per darle un po’ di conforto. “Cosa ti hanno fatto piccola mia? Adesso sei con me, stai tranquilla che sistemiamo tutto.”

Sul tavolo c’è la torta che aspetta, con sette candeline da spegnere, ma dovrà aspettare, Mariangela ora ha la febbre. Il dispiacere e lo choc l’hanno fatta ammalare.

E’ stato un brutto compleanno questo, non solo per Mariangela, ma per le persone che la amano. Sua nonna non si capacita della cattiveria di quei bambini. Ha sempre saputo che sarebbe stato difficile crescere quella sua adorata nipotina, ma non avrebbe voluto che soffrisse così.
“Signore Santissimo, Madonna Immacolata, vi prego con tutto il cuore, date a me il suo dolore, io lo posso sopportare, se colpa c’è stata, è stata solo mia, io ho accolto quel ragazzo, io non ho saputo proteggere Sofia, se ho peccato punite me, ma non lei, lei è innocente, ha diritto alla sua esistenza, aiutateci, vi prego, aiutateci!”

Per tutta la notte Adriana e Agnese sono al capezzale della piccola. Le tengono la mano, le rinfrescano la fronte, le raccontano storie di fate e principesse, ma lei non riapre gli occhi e continua a lamentarsi e chiamare la sua mamma!

Le due donne hanno il cuore sanguinante, darebbero volentieri la loro vita per la felicità di Mariangela. Ci stanno provando con tutte le loro forze ad aiutarla ad entrare nel mondo, ma non sanno più cosa fare. Non si può arginare la cattiveria della gente, proprio non c’è rimedio.

Al mattino si ritrovano insieme nella cameretta di Mariangela. Piano piano lei si sveglia e guarda le due donne, ancora sveglie e sedute su una sedia vicino a lei.

“Come ti senti piccola mia?”

“Nonna, cosa facciamo con la mia treccia?” E grossi lacrimoni tornano a gonfiare quegli splendidi occhi azzurri.

“Non ti preoccupare mia cara, ho già la soluzione. Una soluzione bellissima, che ti renderà ancora più bella e incantevole. Tagliamo anche l’altra treccia e ne facciamo un bel pacchetto con fiocco azzurro, così potrai tenere sciolti i tuoi capelli biondi, sarai ancora più bella! E poi faremo dei codini, se ti va, altrimenti terrai la tua chioma libera e profumata. Cosa ne dici?”
                                                                                                                   
“Va bene, nonna. Ma voglio tenere le mie trecce.”

“Adesso facciamo colazione, c’è la torta che ci aspetta, Agnese ha già scaldato il latte, poi ti rimetterò a nuovo. Buon Compleanno Mariangela, che i prossimi siano migliori di questo!”

Mariangela è bellissima con la nuova pettinatura. Sorride alla nonna e ringrazia Agnese per il regalo, poi sentono bussare alla porta.

E’ venuta a trovarla Caterina, una sua compagna di scuola. Le ha portato i compiti da fare, e il suo gattino di legno che ha perso in cortile mentre scappava.

Caterina è una bambina dolcissima, di buon carattere. Guarda Mariangela e le dice “come stai bene con i capelli corti! Anche a me piacerebbe avere i capelli biondi come i tuoi. La mia mamma ha detto che posso rimanere a giocare con te, posso restare?”

Gli occhi di Mariangela si illuminano “certo, vieni che ti do’ una fetta di torta, poi usciamo a giocare.”

Il cuore di Adriana manda un muto ringraziamento ai suoi santi protettori, le sue preghiere sono state ascoltate anche stavolta, la sua piccola ha trovato un’amichetta, chissà che le cose possano migliorare.

E’ Caterina che convince Mariangela a ritornare a scuola. Mancano poche settimane alla fine delle lezioni, non si può stare a casa. “Guarda, io non sono bravissima come te a scuola, ma staremo insieme, anche durante la ricreazione, sarò la tua amica e giocheremo insieme”.

Così, con la mano nella mano di Caterina, torna a scuola e finisce l’anno scolastico senza ulteriori incidenti.

E’ l’estate del 1952. Fa caldo e Adriana si sente male.

Mentre Agnese sta con le due amiche, ormai inseparabili, Adriana va dal dottore che la visita e la guarda molto serio.

“Adriana, il tuo cuore è stanco, ha bisogno di riposo, di medicine nuove e magari di un ricovero in ospedale, quello della città. Ti devi decidere, solo là possono trovarti la cura per farti stare meglio, io non so più cosa fare per te, c’è bisogno dello specialista. Ti faccio la carta di ricovero, vacci in fretta, prima vai, prima torni.”

Adesso cosa fare? Deve organizzare tutto, la città è lontana, Mariangela starà con Agnese e, per la prima volta da’ voce alle sue paure. “E se non ce la facessi? Se non dovessi riuscire a stare meglio, cosa ne sarà di Mariangela? Agnese è troppo vecchia per crescere una bambina così piccola, non posso abbandonarla anch’io. Perché suo padre non torna? Andrò da Don Mario, lo metterò al corrente di tutto. Dovesse capitarmi qualcosa, almeno lui saprà cosa fare quando arriverà Helmut. E’ ora che metta giù i piani per fare le cose in regola, non devo farmi trovare impreparata.”

Con una tristezza infinita nel cuore, prima di tornare a casa si reca dal prete.

Con calma, pazienza e tanto dolore, ripercorre quegli ultimi anni, da quel tragico giorno del 1945 quando un ragazzo moribondo è stato lasciato sulla sua porta di casa. Don Mario l’ascolta, le tiene la mano, e per la prima volta, anche lui conosce la verità.
“Ho sbagliato Don Mario? Potevo fare altro? Potevo fare diversamente? Ho seguito il mio cuore, la mia fede, ma ora mi trovo in difficoltà.”

“Ho sempre saputo che sei una buona cristiana, ma non avrei immaginato fino a questo punto. Hai messo in pericolo te stessa, tua figlia per salvare uno sconosciuto e per di più un nemico, non potevi essere una persona migliore. Ti prometto che mi interesserò presso il notaio per fare tutto a norma di legge, mi prendo l’incarico di seguire io Mariangela se ti dovesse succedere qualcosa, ma sono sicuro che Nostro Signore non lo permetterà, Lui ti darà la forza per portare a termine la tua missione. Io ti do’ la mia benedizione, Adriana, e sono fiero di quello che hai fatto. Ora fai tutto quello che serve per guarire, Aiuterò Agnese con la tua nipotina, aspetteremo insieme che tu ritorni da noi guarita e in perfetta forma.”

Adriana rimase in ospedale per tutto il mese di luglio. Fu un mese lungo e doloroso, ma la sua Fede, la sua Speranza, anche stavolta non andarono deluse.

Fu giorno di grande festa in casa quando Adriana tornò dall’ospedale. Mariangela piangeva e rideva, l’abbracciava e non riusciva a staccarsi da lei. “Sono tornata, piccola mia, sono qui, adesso sto bene e non ti lascerò più!”

Agnese fu di grande aiuto in quel periodo. Adriana aveva ancora bisogno di riposo e l’estate passò in tranquillità e serenità.
 Don Mario è stato di parola, i documenti sono pronti, ma ribadisce ancora una volta, che non sarebbero serviti.

Il desiderio più grande nel cuore di Adriana è sempre lo stesso: il ritorno di Helmut, per poter affidare Mariangela a suo padre che di sicuro è la persona che di più la può amare. Inoltre spera ardentemente di riuscire a portare a termine il suo compito, qualunque sia, e vuole che la sua nipotina possa vivere una vita serena, senza altri dolori e dispiaceri. Presto inizia il nuovo anno scolastico, una nuova avventura, con la speranza che Mariangela possa trovare migliore accoglienza.

Domani ricomincia la scuola e Mariangela è molto seria mentre prova il suo grembiulino, le scarpe nuove. Non vuole più il fiocco azzurro, ne vuole uno bianco, per trattenere i suoi biondi capelli sciolti. E’ timorosa, andrà in seconda elementare, ma ci sarà anche Caterina, con lei vicina si sente più sicura.

I mesi passano senza scossoni, le due bambine sono inseparabili e si avvicina ancora il Santo Natale.

Quest’anno nessuno chiede a Mariangela di partecipare alla recita, così, anche Caterina si rifiuta di farlo.

Le feste passano, il freddo è intenso e Adriana si sente meglio. Le nuove cure la fanno stare bene, si sente più in forze e lavora alacremente di ago e filo, i soldi non bastano mai con una bambina che cresce così in fretta.
Presto dovrà iniziare il catechismo, ci sarà la prima comunione, ed è più emozionata la nonna della nipotina.
Adriana sembra rivivere le stesse emozioni provate con Sofia, le incertezze della sua bambina. Allora c’era anche Ottorino con loro, ora c’è soltanto Agnese, con la sua salute che vacilla, e gli anni che sono tanti.

Fino ad ora, non è successo più niente di male. Nessuno se l’è presa con Mariangela; che finalmente la gente abbia messo una pietra sul passato?

Presto Mariangela compirà otto anni. “Mio Dio, come passa veloce il tempo! E come si fa bella la mia nipotina! Ed è anche molto brava. Sofia deve essere soddisfatta di come sono riuscita a crescerla, e quando suo padre arriverà, troverà una figlia meravigliosa!”

“Chissà perché Helmut non si è mai fatto vivo in questi lunghi anni? Sono passati nove anni da quando è partito, e non è mai arrivata nemmeno una cartolina. Eppure aveva detto che l’avrebbe fatto. Ci sarà un buon motivo, una spiegazione, me la dirà quando arriverà”.


Adriana prende in braccio la sua nipotina che ormai pesa quanto un macigno, ma non se la sente di staccarsi dal quel suo abbraccio così tenero e sincero, succederà presto che la piccola non voglia più le sue coccole, pertanto è meglio approfittarne finchè lei le accetta.

“Cosa desideri per il tuo compleanno?”

I grandi occhi azzurri guardano quel viso vecchio e tanto amato. “Nonna, parlami di mio padre.”

Questo se lo aspettava, ma non così presto. E ora? Cosa può dirle?

“Nonna, adesso sono grande, ho sentito tante cose, tante volte mi hanno chiamata bastarda tedesca, non te l’ho più detto perché ogni volta stavi male. So cosa vuol dire bastarda e so che io non lo sono, che un papà ce l’ho anch’io, ti prego, parlami di lui.”

Il cuore di Adriana ha perso anni di vita in un attimo solo. Deve parlarle e spera di farlo nel modo giusto.

“Facciamo una cosa, andiamo al cimitero, a salutare tua madre ed io, strada facendo, ti racconto tutta la storia.”

S’incamminano tenendosi per mano, assaporando il caldo di quel mese dedicato alla Madonna. Come al solito si rivolge a tutti i suoi Santi “aiutatemi voi, datemi le parole giuste per questa bambina che ha diritto di sapere.”

“Quando la guerra è finita, tutti i soldati sono tornati alle proprie case, alle loro famiglie. Ce n’era uno che era molto ammalato e non poteva superare quel viaggio, così fu ospitato nella nostra casa. Tua madre ed io lo abbiamo curato. Era un bellissimo ragazzo e Sofia si è innamorata di lui. Da quel giovane e delicato amore sei nata tu. Quando lui è ripartito, nessuno sapeva che tu stavi per nascere, lui non lo ha mai saputo, ancora non sa di te, ma ha promesso che un giorno sarebbe tornato, e ti assicuro che, quel giorno, quando arriverà, troverà una bellissima sorpresa: te, la sua bambina. E tu andrai con lui.”

“Nonna, non mi hai ancora detto il suo nome, e poi io non voglio lasciarti, non andrò via con lui.”

“Ogni bambino deve stare con i propri genitori, io sono la tua nonna e lo sarò sempre, ma tu andrai con la tua nuova famiglia, conoscerai un Paese nuovo, avrai un papà e una nuova mamma, magari anche dei fratelli o delle sorelle, chissà che bella sorpresa ci porterà. Si chiama Helmut il tuo papà, ma non conosco altro di lui, so solo che ha fatto una promessa e che la manterrà.”

Mentre camminano ognuna immersa nei propri pensieri, Adriana comincia a capire che deve convincere Mariangela a seguire suo padre. Lo sa che la sua salute vacilla, il suo cuore le ha fatto capire che quasi non ce la fa più.

“Nonna, ma tu sei contenta se ti lascio e vado via? Io piangerei moltissimo!”

“Non c’è niente che mi possa rendere più felice che vederti andare via con tuo padre. Noi ci scriveremo, ci manderemo fotografie, ci parleremo col cuore, ma io sarò la nonna più felice del mondo, e dovrai esserlo anche tu. Promettimi fin d’ora che non rimpiangerai niente di quello che lasci, che nel tuo cuore porterai il mio amore e che farai di tutto per crescere educata e buona come ti ho sempre insegnato. Non piangere mai pensando al passato, sii felice guardando verso il futuro e ama con tutto il cuore le persone che ti vogliono bene.”

“Ma nonna, io non sto partendo, sono ancora qui con te e con la mia mamma che mi sorride dalla sua fotografia. Ti prometto, nonna, che quando me ne andrò non piangerò, ma tornerò tantissime volte a trovarti, oppure tu verrai con noi.”

La giornata è gradevole e, mentre tornano a casa, Adriana recita il Santo Rosario. La Madonna deve fare un grande miracolo: far tornare Helmut il più presto possibile.
(foto dal web)


mercoledì 29 agosto 2018

ADRIANA



ADRIANA

SECONDA PARTE


La vita riprende per le due donne. Anche se il loro pensiero è per Helmut. “Ce l’avrà fatta?” Non sanno niente, non hanno notizie, ma è giusto così. Quello che hanno fatto non lo deve sapere nessuno, è stata solo un’esperienza che non divideranno con altri, la devono cancellare, ma sanno che sarà difficile dimenticarsi di quel giovane.

Mentre l’autunno avanza Adriana e Sofia tirano un grosso sospiro di sollievo.

La gatta Camomilla cerca invano il suo compagno di lunghe giornate e non si da pace. Piange spesso e non vuole mangiare, poi, anche lei torna alla normalità, ma sembra sempre in attesa di quei passi che non ritornano più.

Dio com’è bello vivere senza turbamenti! La guerra è finita, Helmut è di sicuro a casa sua e noi possiamo finalmente vivere come persone normali.
Presto ci sarà la commemorazione dei defunti e ci sarà una messa speciale per i caduti della guerra. I resti mortali di Ottorino non ritorneranno a casa, ma il suo ricordo sarà sempre vivo nelle preghiere di sua moglie e di sua figlia. “Dio ti ringraziamo che tutto sia finito!”

E’la mattina del 2 novembre e le due donne si preparano per la messa.
Sofia si sente male e corre a vomitare nel vaso da notte.

“Cosa ho mangiato, mamma, che mi fa stare così male?”

Adriana ha già capito tutto, mentre Sofia ancora non sa cosa le sia successo.
“Vuota lo stomaco che poi starai meglio. Dopo la Messa vediamo come ti senti.”

La funzione è stata molto commovente. Per una volta la chiesa era completamente piena di gente, capita raramente da queste parti. Don Mario l’ha tirata piuttosto lunga e Adriana e Sofia tornano a casa che mezzogiorno è già passato.

“Come ti senti ora Sofia? Ti è passata la nausea?”
“Sì mamma, ora mi sento bene, anzi ho fame, l’ora di pranzo è passata già da un po’.”

Adriana è silenziosa, più del solito, e a fine pasto rimane seduta.
Guarda con affetto e infinito amore quella sua figliola tanto bella e non sa come iniziare il discorso.

“Sofia, guardami e rispondimi con sincerità, hai fatto l’amore con Helmut?”

Non c’è bisogno che le risponda, il suo viso rosso ha già detto la verità e lei comincia a piangere in silenzio.

“Figlia mia non piangere, io sono sempre qui con te. Hai capito, vero, che stai aspettando un bambino?”

“L’ho sospettato, ma è capitato solo una volta, non credevo potesse succedermi, adesso cosa facciamo?”
“Niente. Figlia mia, ogni bambino è una creatura di Dio e noi lo accoglieremo con tutto il nostro amore. Non sarà facile, ma noi lo ameremo.”

“Perdonami mamma, ti sto dando un grande dolore e mi dispiace tanto, se solo potessi tornare indietro…”
“Non dire niente, un bambino che nasce va solo amato, e se Dio ce lo ha mandato è perché aveva bisogno di noi. Stai tranquilla figlia mia, una nuova vita dopo tante morti e una guerra così crudele non può che portare la benedizione sulla nostra casa.” Ma sapeva bene che non sarebbe stato semplice. Sofia adesso doveva stare tranquilla, ai problemi ci avrebbe pensato quando sarebbero arrivati.

La gravidanza di Sofia rimane nascosta finchè si può. Ma poi, arriva il momento che non si riesce più a nascondere il pancione che cresce.

A febbraio, Sofia è di 5 mesi e si vede benissimo. La gente, soprattutto le donne, cominciano a mormorare ed i pettegolezzi si fanno sempre più ghiotti.

“Cosa sarà successo alla Sofia? Di chi sarà quel figlio? Io non ho mai visto nessuno corteggiarla. Adriana cosa dice?”

Adriana, naturalmente non dice niente, e cominciano a nascere molte supposizioni.

Qualcuno dice di aver visto un forestiero, uno dei paesi vicini che andava di nascosto a trovarla. Altri dicono che lo abbia fatto per soldi, altrimenti come avrebbero fatto due donne sole a sopravvivere tanti anni? E pensare che non mancavano mai alla messa della domenica. Don Mario dovrebbe scacciarle quando varcano la soglia della chiesa. E’ proprio vero che non si deve credere a nessuno, che l’apparenza inganna, che sembrava tanto una santarellina e pensare che anche alcuni bravi ragazzi del paese avevano cercato di farle la corte, ma lei non ha mai voluto saperne, aveva già un amante, magari un uomo sposato e padre di famiglia, certo poteva diventare una ruba mariti, ma è stata castigata e si ritrova da sola e incinta. Spero che le brave ragazze del paese le stiano lontano, non è degna di essere ammessa nella nostra comunità.

Questo era quello che circondava le due donne; e Adriana cominciò anche ad avere meno lavoro. Poche donne volevano avere a che fare con loro.

Sofia piangeva e non riusciva più a mangiare. Era diventata magra come uno spaventapasseri. E più la sua pancia cresceva, più lei si consumava. Non si dava pace per il dispiacere che stava procurando a sua madre. Non riusciva quasi ad alzarsi dal letto e Adriana era preoccupata e disperata. Chiamò il dottore che la visitò e le mandò l’ostetrica del paese.

Sofia non era malata, doveva solo mangiare di più se voleva che anche il suo bambino crescesse, ma Sofia si stava spegnendo dal dolore.

Era ancora Adriana che sopportava tutta la situazione. Imboccava la sua figliola come quando era bambina, la cullava e la coccolava cercando di infonderle un po’ di voglia di vivere. Mancavano ancora due mesi prima della nascita e doveva impegnarsi di più.
Adriana era una roccia. Lei sapeva di non avere niente da rimproverarsi e continuava la sua vita anche davanti alla cattiveria della gente. Continuava ad andare a messa e anche don Mario la guardava in modo diverso, ma lei si rivolgeva a Dio, solo Lui le dava la forza di affrontare tutto.

La nascita era prevista per metà maggio e l’ostetrica che visitava Sofia diceva che poteva anticipare, che doveva mangiare di più e che non garantiva per la vita di entrambi.

Era un immenso dolore per Adriana vedere la vita spegnersi negli occhi della sua adorata figlia. Faceva di tutto per farla reagire, le parlava anche di Helmut, delle cose che gli aveva raccontato della sua vita e che sarebbe ritornato.
Sofia si stava consumando dal dispiacere: dispiacere per il dolore che aveva procurato a sua madre, per la cattiveria della gente, e per la mancanza del suo amore.

Ormai erano rare le volte che si alzava dal letto. Quel suo pancione era pesante da sopportare e faticava anche a stare seduta.
Ma oggi, domenica, si sono ritrovate entrambe a pranzo.

“Mamma, mi hai perdonata? Amerai il mio bambino?”
“Figlia mia, io non ho proprio niente da perdonarti. Sono preoccupata per la tua salute e per quella del bambino, ti prego, fatti forza, mangia un po’ di più, devi essere forte per prepararti al parto, ormai manca poco ed io non vedo l’ora di stringere fra le braccia il mio nipotino. Quando sarà nato farai in fretta a riprenderti e l’amore che proverai per il tuo piccolo ti farà guarire velocemente. Abbi fede, figlia mia, non perdere mai la speranza nel Signore.”

E due settimane dopo, nel pieno della notte sono cominciate le doglie.
Adriana corre a chiamare l’ostetrica. Ha già preparato tutto l’occorrente, ma sa che possono passare molte ore prima della nascita del suo nipotino.
Infatti sono trascorse ore interminabili e lamenti dolorosi di Sofia, poi, nel primo pomeriggio tutto si compie.

Adriana e l’ostetrica aiutano Sofia nell’ultimo atto. “Spingi Sofia, ti prego spingi forte.” Ma la ragazza già debole prima, ora sembra avere esaurito le forze.
“Ti prego figlia mia, non cedere, il tuo bambino sta per nascere, ancora uno sforzo e lo potrai tenere fra le braccia e vedere quanto è bello.”
Un urlo lacerante ed il bambino esce completamente e comincia a piangere subito.
“E’ una femmina! Sofia, quanto è bella! Adesso la laviamo e te la diamo subito.”

Sofia è stanca ma sorride ed è felice.
L’ostetrica sta lavando la bambina e gliela porta. Adriana la prende in braccio e guarda quel viso così piccolo e così perfetto, ora anche la sua mamma potrà finalmente vederla e baciarla.

“Oddio Adriana, le cose si mettono male, c’è una forte emorragia, non riesco a fermarla, aiutami o Sofia non ce la farà!”

Adriana è spaventata, ha in braccio la sua nipotina che piange, sul letto sua figlia sta morendo e per un attimo è come se il tempo si fermasse: lei in piedi con la piccina in braccio e il suo cuore da sua figlia, l’ostetrica che cerca di risolvere una situazione disperata e, infine, l’ultimo respiro di Sofia.
L’unico pensiero di quel momento è il dispiacere che sua figlia non abbia nemmeno visto la sua bambina.
E ora?

Le due donne si guardano. L’ostetrica si riprende per prima. “Vado a chiamare il prete, non c’è altro da fare.”

In quei minuti interminabili che si trova da sola con sua figlia e sua nipote, Adriana ha un attimo di cedimento. Vorrebbe urlare, piangere, sbattere la testa contro il muro, ma è solo un attimo, un attimo intimo che nessuno conoscerà mai. Si avvicina al letto per guardare il viso esanime di Sofia. “Guarda piccolina, guarda la tua mamma, sarà il primo ed ultimo sguardo che posi su di lei, poi sarò io a prendermi cura di te, te lo giuro sul letto di morte di tua madre, sarai la mia bambina e ti amerò con tutto il cuore.”

Don Mario arriva di corsa e trafelato. Guarda Adriana con la piccola in braccio. “Non corra Don Mario, riprenda fiato, ormai non c’è più fretta.”

Il prete impartisce a Sofia gli ultimi Sacramenti. La benedice e comincia a pregare per la sua Anima. Adriana guarda e rimane muta, è strano non vederla pregare, ma è come se il suo cuore si fosse inaridito.
Don Mario la guarda dubbioso ma non osa chiederle niente. Sa bene che anche lui non si è comportato bene con le due donne, che hanno dovuto affrontare tutto da sole, spera solo che la grande Fede di Adriana le possa aiutare a proseguire il loro cammino.

La notizia si sparge in paese in un batter d’occhio. Le comari che tanto hanno criticato e sparlato di Sofia, anche ora non trovano un briciolo di pentimento. “Il Signore se l’è ripresa, ha pagato i suoi peccati!”
Non capiscono che è stata la loro cattiveria a portare ad un epilogo così tragico, sarebbe bastato un po’ di carità verso quella piccola innocente bambina e sua madre, e, forse, le cose sarebbero andate diversamente.

Qualcuno bussa alla porta di Adriana. E’ Agnese, sua cugina. Cara dolce Agnese! E’ stata l’unica a non criticare mai, a dare una mano nel momento del bisogno.

Le due donne si guardano. Agnese guarda quel fagottino che dorme in braccio alla nonna. “Da’ a me la bambina, e vai ad occuparti di Sofia.”

Adriana fa uscire tutti, Don Mario ci rimane male, ma se ne va con l’ostetrica, adesso avranno tutto il tempo di spettegolare anche loro, ma una sorta di pudore li convince a non aprire bocca. Ora suoneranno le campane e tutti sapranno.

Adriana, con infinito amore, spoglia la sua figliola. La lava, la pettina, e la riveste con il suo abito migliore. Cambia le lenzuola e, aiutata da Agnese, la sistema con un Rosario in mano e i capelli sciolti.

E’ un momento talmente intenso e commovente quando le due donne si ritrovano sole davanti a quella giovane salma! La piccola dorme tranquilla e Adriana scoppia in un pianto dirotto.
Agnese non sa cosa fare, non sa come aiutarla. Apre semplicemente le braccia e accoglie Adriana che singhiozza disperata.

“Adriana, mia cara, io sono qui se hai bisogno, e avrai sicuramente bisogno. Lo sai che sono da sola e ti prometto tutto il mio aiuto per crescere la piccola, da sola non ce la puoi fare, non siamo più tanto giovani, ma insieme, sono sicura, faremo un bel lavoro con la piccina. A proposito, le hai già scelto il nome?”

Adriana si asciuga gli occhi, saranno le uniche lacrime che verserà, non piangerà mai più per la sua figliola, avrà per lei solo preghiere e rimpianto e tanto, tanto amore per la piccola.

“Il suo nome è Mariangela.”

I giorni interminabili della veglia. Tutti quei curiosi che vengono in casa senza un briciolo di vergogna per come si sono comportati. Qualcuno c’è che chiede scusa, ma sono in pochi. Poi il funerale, e tanta gente ancora. La sepoltura e poi, finalmente Adriana torna a casa da sua nipote che è rimasta con Agnese.

In quel tempo era usanza che chi aveva subito un così grave lutto fosse accompagnato a casa da qualcuno, e che rimanesse per fare un po’ di compagnia. Ma Adriana non ha voluto nessuno: da sola aveva affrontato tutto, da sola avrebbe continuato ad affrontare il futuro.
In silenzio, sotto sguardi curiosi e indagatori, a testa alta ritorna nella sua casupola, lasciando fuori tutto il resto del mondo.



martedì 28 agosto 2018

ADRIANA


ADRIANA
PRIMA PARTE



L’automobile sta percorrendo l’autostrada come se i chilometri da percorrere fossero solo note liete.
Dalla Germania stiamo viaggiando verso l’Italia, verso la terra che mi ha dato i natali. Una terra, la Romagna, rossa da qualunque parte si cerchi di guardarla. Una terra alla quale non devo niente, ma ci sto tornando per presentare a mia madre e a mia nonna il mio fidanzato, Peter, uomo meraviglioso del quale sono follemente innamorata.

La strada da percorrere è ancora lunga, perciò sistemo lo schienale del sedile, mi metto comoda, chiudo gli occhi e cerco di rilassarmi. Dalla radio proviene una musica dolce che ispira tanta intimità.

Quello che provo è pura felicità: il mio amore, il mio ritorno alle origini per dare un rispettoso saluto a nonna Adriana e mamma Sofia, due donne meravigliose alle quali devo letteralmente la mia esistenza. Il loro è un ricordo dolcissimo e un insegnamento che non potrò mai dimenticare e che ha segnato e segnerà tutta la mia vita.

“Non puoi metterti a dormire proprio ora, abbiamo molte ore prima di arrivare, e mi hai promesso che mi avresti raccontato tutta la storia. Avanti amore mio, comincia a raccontare, voglio sapere tutto.”

Sorrido a Peter, “proprio tutto? Allora bisogna che inizi fin dal principio, da quel tragico e felice giorno, quando tutto è cominciato.”



PRIMA PARTE

Era il 1945, la guerra era finalmente finita e tutti tiravano un sospiro di sollievo pensando ai miglioramenti che la pace avrebbe portato.
Quel giorno, molti soldati nemici e sconfitti tornavano a casa.

Adriana e Sofia, abitavano nell’ultima casa del paese. Avevano rinchiuso polli e galline, avevano sbarrato la porta e le finestre e si erano barricate in casa davanti al fuoco del camino.

Di fuori, una lunga colonna di carri, auto, e mezzi vari stavano marciando verso nord, verso la loro terra, che li avrebbe accolti in famiglia dopo tanto tempo e disperazione.
Il rumore era assordante. Anche la gatta non riusciva a stare tranquilla e Sofia la prese in braccio accarezzandola, cercavano di trasmettersi a vicenda un po’ di coraggio, doveva pur finire prima o poi quel lungo e rumoroso serpentone di uomini e mezzi.

Il rumore era così intenso che il pavimento di quella povera casupola vibrava senza interruzione, quasi come quando, vicino, scoppiava una di quelle maledette bombe. Ma ora la guerra era finita. Un poco ancora di pazienza e tutto sarebbe terminato.

Le due donne non parlavano nemmeno, bisbigliavano soltanto, dalla paura che ancora provavano. Era stato molto difficile quel periodo di guerra, e difficile sarebbe stato riabituarsi alla normalità. Ma cosa voleva dire ora “normalità”? L’avrebbero scoperto, ma almeno non ci sarebbe più stato il terrore di avere il nemico in casa.

Quei maledetti tedeschi invasori e spietati erano stati sconfitti e, finalmente, se ne stavano andando. Ci sarebbe stata grande festa appena le truppe nemiche fossero state oltre il confine. Non c’era molto da mangiare, ma la festa, con canti e balli, ci sarebbe stata.

Erano ormai quasi due ore che da fuori continuava quella lunga marcia. Anche le lancette dell’orologio sembrava fossero impietrite e non volessero fare il loro lavoro, il tempo non voleva passare.

Davanti al fuoco quasi spento, Adriana e Sofia aspettavano la fine di quell’incubo.

Poi ci fu quel rabbioso bussare alla porta. Le due donne saltarono letteralmente dallo spavento. I colpi alla misera porta rimbombavano come colpi di fucile, ma loro non avevano il coraggio di andare ad aprire.
Altri colpi ancora più forti fecero tremare i cardini. “Aprite, in nome di Dio, aprite.” L’accento era inconfondibilmente tedesco e le due donne ebbero molta paura.

Non riuscivano a muoversi, e i colpi alla porta si facevano sempre più forti. Non c’era altro da fare che andare a vedere.

“Aprite, in n nome di Dio, aprite per favore.” Era la seconda volta che veniva nominato il nome del Signore e questo non lasciava insensibile Adriana che era una devota al Dio crocifisso.

Si fece coraggio e aprì la porta. Aveva superato tutta la durata della guerra, non poteva succederle niente ora che era finita. Confidava molto in Dio e lo pregò anche in quel momento di proteggere lei e sua figlia.

Fuori dalla porta c’erano quattro soldati tedeschi che portavano una barella dove stava steso un giovane soldato privo di sensi.

“Signora, questo povero ragazzo è molto grave, non può sopportare questa lunga marcia, la prego, se ha un briciolo di umanità lo aiuti, noi non possiamo fare niente per lui, glielo affidiamo.”

Non aspettarono nemmeno la risposta, posarono la barella in terra, fuori dalla porta, e si ricongiunsero allo loro carovana.

Adriana non perse tempo e con Sofia spinse in casa la barella e sbarrò di nuovo la porta.

“Cosa facciamo ora, mamma?”

Adriana guardava quel giovane indifeso, sporco e coperto di sangue. Era il nemico, ma per lei, ora, era solo un essere umano che aveva bisogno di aiuto. Povero ragazzo, anche lui da qualche parte aveva una madre, una famiglia che lo aspettava e lo amava. Non era colpa sua la guerra e le atrocità sopportate, non era colpa della povera gente se la guerra era stata così nefasta, al punto di essersi presa anche Ottorino, il marito di Adriana.
Chissà se in qualche posto lontano anche Ottorino aveva ricevuto una carezza prima di morire, ora toccava a lei decidere.

“Facciamo quello che ogni buon cristiano deve fare, aiutare il prossimo. Noi cercheremo di fare del nostro meglio, ma dobbiamo essere molto caute.”
Con un po’ di sforzo riuscirono a mettere la barella sul tavolo.
Adriana spogliò il ragazzo e, nella tasca trovò una busta di pelle nera che conteneva documenti e denaro tedeschi. La nascose dietro il mattone mobile del camino e continuò la sua opera.

Nel togliere quelle luride bende si rese subito conto che la ferita era infetta. Non era grave in sé, ma era infetta.

Con acqua tiepida lavò quel corpo così magro e sconosciuto. Disinfettò la ferita e la curò come poteva. Bruciò i vestiti e la barella fatta a pezzi. Nessuno doveva sapere che in casa c’era quel ragazzo. Era ancora il nemico, e, se fossero state scoperte, ne avrebbero pagato le conseguenze.

Riuscirono a spostarlo nel letto di Sofia, e lui non si era ancora svegliato. Ora, pulito e disinfettato continuava nei suoi sogni.

Quando ebbero finito si risedettero davanti al camino.

“Sofia, dobbiamo fare in modo che nessuno sappia che in casa nostra c’è un forestiero e per di più tedesco. Dobbiamo continuare la nostra solita vita se vogliamo uscirne. Se qualcuno dovesse scoprire che aiutiamo un tedesco potrebbero esserci ripercussioni. Mi raccomando, o ne pagheremo gravi conseguenze.”

“Ma, mamma, se è così pericoloso, perché lo facciamo?”

“Perché ogni creatura è figlia di Dio, e questa non fa differenza, se aiuti un cucciolo smarrito non vuoi aiutare un ragazzo ferito?”

“Va bene, ma io ho paura, non so cosa farà quando si sveglierà, e se ci facesse del male? Dopotutto è un nostro nemico.”

“La guerra è finita, non esistono più nemici, bisogna che cominciamo a comportarci da persone civili e ci mettiamo dietro le spalle tutto il passato se vogliamo avere un avvenire migliore. Io non ho più nemici, e questo ragazzo potrebbe essermi figlio, lo faccio anche per sua madre, sperando che un giorno si possano rivedere. E poi, chissà, il futuro è nelle mani di Dio e non nella nostra volontà.”
“Allora, mamma, che Dio ci aiuti davvero.”



Adriana e Sofia lavoravano nei campi come braccianti e, inoltre, facevano vari lavori, quello che capitava pur di mangiare.
Per due giorni potevano stare a casa, fintanto che fosse tornata un po’ di normalità, poi avrebbero ripreso a lavorare.
Vivevano un po’ appartate ed erano piuttosto riservate, tranne che alla funzione della domenica o sul lavoro era difficile vederle in giro.

Adriana curava quel ragazzo con molta pazienza. Cambiava la fasciatura e disinfettava la ferita, gli metteva in bocca un po’ di acqua o del brodo di pollo, sembrava quasi che stesse curando il suo stesso figlio.
Era una persona generosa, molto devota al suo Dio e cercava di seguirne gli insegnamenti, prima con il cuore e poi con le azioni e Sofia la aiutava senza capirla fino in fondo. Quel giovane soldato tedesco non poteva capitare in mani migliori.

C’era Sofia che gli bagnava la fronte quando, finalmente, aprì gli occhi.
Occhi azzurri, chiari, meravigliosi e spaventati e si posarono sul suo viso.
Disse qualcosa quel ragazzo, ma lo disse in tedesco, e Sofia non capì.
“Non so cosa stai dicendo e se tu mi capisci, ma sono contenta che finalmente ti sei svegliato.”

“Tu sei un angelo? Allora, sono proprio morto?” Aveva un forte accento, ma parlava bene l’italiano.

Sofia sorrise. “Non sono un angelo, sono Sofia e tu sei in casa mia, sei stato ferito e mia madre sta cercando di farti guarire. Come ti chiami?”

“Mi chiamo Helmut, e mi sono innamorato di te.”

Sofia si mise a ridere e Adriana arrivò a vedere cosa succedeva.

“Mamma, Helmut si è svegliato, vieni a conoscerlo.”

Finalmente un soffio di vita era ripreso in quel ragazzo e forse poteva farcela, guarire, sopravvivere e tornare a casa propria.

“Ben tornato nel nostro mondo ragazzo. Sono contenta che ti sei finalmente svegliato. Non vorresti mangiare qualcosa? Adriana corri a prendere un po’ di minestrone e un pezzo di pollo, intanto che anch’io faccio la sua conoscenza.”

“Mi chiamo Helmut, signora, e la ringrazio di cuore per quello che ha fatto e sta facendo per me, mi vuole dire come sono arrivato in questa casa?”

Adriana lo mette al corrente e gli spiega anche che dovrà fare di tutto per tenersi nascosto o saranno guai per tutti.

“Ragazzo, io voglio solo che tu guarisca e ritorni a casa tua, voglio che tua madre ti possa riabbracciare, voglio che tu possa avere una vita normale e possa essere felice per tanti e tanti anni ancora.”

“Ho capito signora. Farò tutto quello che mi chiederà. Ho molto desiderio di tornare a casa mia. C’è mia madre che sarà molto in ansia senza mie notizie, mio padre e una sorella più piccola. Abitiamo in una grande città, ma non è una vita agevole, e chissà come sarà adesso. Non riesco ad immaginare cosa sia successo a casa mia, nella mia patria e se sono ancora tutti vivi. Siamo stati sconfitti e le nostre terre devastate, chissà cosa troverò quando tornerò da loro.”

“Troverai qualcosa di sicuro, ora devi solo guarire e poi vedremo come farti partire.”

Arriva la cena ed Helmut mangia con avidità. Non sa che quel pasto era per tutti loro e che le due donne si dovranno accontentare solo del minestrone, ma per una volta non moriranno di sicuro.

Si è riaddormentato quasi subito e le due donne tornano in cucina.

“E’ buon segno che abbia mangiato tutto. Ha bisogno di ritrovare le forze. Mi raccomando Sofia, fai la ragazza seria. Ho visto anch’io che è un bel ragazzo, ma ricordati bene che fra poche settimane lui tornerà nel suo paese e tu rimarrai qui con me, non metterti in testa strane idee figlia mia, non soffrire invano.”
Le bacia i capelli e le carezza il viso. Lo sa per esperienza che non esistono raccomandazioni di sorta quando è il cuore che comanda i sentimenti. C’è solo la speranza che non succeda proprio a sua figlia.

Quella notte, nello stesso letto, madre e figlia fanno un piano per cercare il modo di superare quella situazione così pericolosa che hanno in casa.
Non c’è molto che si possa fare, la solita vita e molto, molto riserbo.

Alla mattina si preparano per il lavoro. Portano la colazione ad Helmut che ancora non riesce al alzarsi dal letto.

“Ragazzo, oggi dovrai rimanere solo per tutto il giorno. Ti abbiamo portato acqua e cibo sul tavolino, c’è il vaso da notte se ti serve, ma dovrai fare tutto nel massimo silenzio e al buio. Mi raccomando, qui deve essere come al solito, c’è molta gente cattiva e vendicativa che cerca nei campi e nei rifugi i nemici che sono rimasti, e non ricevono un buon trattamento. Se vuoi davvero tornare a casa tua devi essere silenzioso e invisibile. Non stai ancora bene e le forze non ti sono ancora tornate, rimani a letto e riposa, più riposi più in fretta riacquisti le forze, e prima te ne vai.”

“Ho capito signora. Le do’ la mia parola che non si pentirà di avermi aiutato.”
“Lo spero, ragazzo, lo spero davvero.”

E finalmente, la vita riprende. In paese c’è molta euforia. Il nemico è stato sconfitto, i partigiani tornano nelle loro case raccontando ognuno una storia diversa. Il vino scorre a fiumi e le persone sembrano diverse dal solito. Madri, mogli, sorelle aspettano con ansia il ritorno dei loro cari e ognuno, proprio ognuno non manca di rimarcare il disprezzo per i nemici.
I fascisti, i tedeschi, chi li nomina non fa che detestarli. In paese c’erano alcuni fiancheggiatori del Duce, ma sono dovuti scappare a gambe levate, abbandonando tutto quello che avevano. Qui, è tutto uno sventolare di bandiere rosse e sembra un mondo alla rovescia.

Adriana sa che il suo Ottorino non tornerà più. Non nutre odio. Vuole solo che la vita abbia un percorso nuovo e diverso, dove tutti possano vivere in pace e il lavoro possa dare dignità alle persone oneste.

Mentre passano sulla via principale del paese, alcuni giovani fanno commenti galanti verso Sofia. Lei è piuttosto carina, ma sa che ora non può lasciarsi andare.

Il lavoro nei campi è duro come al solito. Poche pause, ma finalmente, nel tardo pomeriggio, possono tornare a casa.

Si fermano dal farmacista per comprare disinfettante e medicine, ma devono fare attenzione, non devono scoprirsi.
Arrivano a casa e, prima di entrare si guardano intorno per essere sicure che non ci sia nessuno, poi entrano.

Helmut è sdraiato sul letto. Ha mangiato tutto quello che gli hanno lasciato. Aprono le finestre e fanno entrare un po’ di aria fresca, anche lui ne ha bisogno, il vaso da notte è colmo e l’aria non è profumata.

“Ragazzo, come te la sei passata?”

“E’ stata una giornata lunga e noiosa, ma ho rispettato le regole che mi ha lasciato. Sono sicuro che fra alcuni giorni starò meglio e potrò fare qualche passo per rinforzare le gambe, in attesa del mio viaggio di ritorno.”

Le due donne si lavano e preparano la cena, ed Helmut non riesce a staccare gli occhi da Sofia.

Adriana va a raccogliere le uova nel pollaio e i due giovani si trovano da soli.

“Sono contenta che stai meglio. Oggi in paese alcuni giovani hanno formato delle squadre per cercare i tedeschi che sono rimasti indietro. Vogliono vendicarsi, ma spero che non trovino nessuno. Se la guerra è finita, deve essere finita per tutti. Io ho paura che ti trovino, perché anche per noi sarebbe la fine.”

“Non ti preoccupare Sofia, farò di tutto per andarmene il più in fretta possibile. Non so come potrò ricambiare quello che state facendo per me, non potrò mai ringraziarvi abbastanza, siete due persone meravigliose.”

Adriana rientra e sente il loro discorso. “Ragazzo, il ringraziamento migliore che puoi farci è di guarire e tornare dalla tua famiglia e vivere la tua vita ricordandoti che la vita è solo una, e bisogna onorarla nel nome di Nostro Signore.”

La settimana si trascina senza novità. La giovinezza di Helmut aiuta la sua guarigione. Ora riesce ad alzarsi dal letto e camminare intorno al tavolo, ma si stanca molto facilmente. Ha perso molto peso e il cibo in casa non è molto abbondante, ma la sua volontà è ammirevole. Nessuno finora si è accorto di niente, ma il pericolo è ancora tanto.


In paese è stata organizzata una grande festa. In piazza si stanno allestendo banchetti e la pista da ballo. Tutti parteciperanno, si deve festeggiare la vittoria. Ci saranno grossi spiedi, grigliate e il vino scorrerà a fiumi. La festa sarà una grande festa e tutti faranno baldoria sperando che non ci siano litigi e incidenti. Purtroppo succede spesso che qualcuno un po’ più brillo di altri non riesca a contenersi nei limiti della decenza e si comporti in modo sconveniente. Per questo Adriana cerca di starne alla larga, ma non sarà possibile in questa occasione.

C’è ancora tutta una settimana di lavoro prima, e c’è anche molto timore per le due donne.

Alcuni ragazzi hanno trovato il cadavere di un soldato tedesco e l’hanno trascinato in piazza e appeso come un salame. E’ lì, in bella mostra e molti lo sbeffeggiano. Adriana non sopporta questa crudeltà e fa intervenire don Mario per una degna sepoltura.
Ci sono voluti i carabinieri per poter seppellire quel povero ragazzo. Adriana non si capacità di tanta cattiveria e spera che don Mario riesca a portare un po’ di buon senso in paese. Ma sembra che, per il momento, l’euforia sia come una droga, ha tolto il senno a molte persone.

In casa Sofia e Adriana non hanno parlato del fatto con Helmut, non vogliono spaventarlo più di quanto non sia.
Sembra impossibile: un soldato del famigerato esercito tedesco è solo un ragazzo debole, spaventato e completamente indifeso.

Ora che Helmut riesce a stare seduto in cucina, Adriana gli ha adatto alcuni pantaloni del suo povero Ottorino. Vedere quel ragazzo col viso così bianco in un corpo così magro dentro a quegli ampi abiti ha del ridicolo e, loro due, cercano di prenderlo un po’ in giro per alleggerire la cupa atmosfera.

Hanno imparato a parlare sempre sottovoce, a tendere l’orecchio ai rumori esterni per non farsi cogliere impreparate all’arrivo di qualcuno ma, fino ad ora, per fortuna, non si è presentato nessuno, e la loro prudenza sembra dare buoni frutti.

Le giornate sono calde, a volte afose. Rimanere chiuso in casa al buio e solo con la compagnia della gatta Camomilla è veramente dura. Allora, per passare il tempo più piacevolmente, Helmut pensa a casa sua, a sua madre, a sua sorella, a suo padre che non sa se abbia superato vivo la guerra. Pensa ai dolci che sa cucinare sua madre e la rivede col grembiule in cucina mentre ascolta la radio. “Mamma, aspettami, presto ritorno a casa, ancora qualche tempo e farò ritorno da voi”. Questi sono i pensieri che gli tengono compagnia in quelle lunghe e solitarie giornate, ma quando tornano Adriana e Sofia tutto sembra cambiare.

Il viso dolce di Sofia, il suo sorriso così sincero, il suo modo di fare semplice lo hanno conquistato. Sa che deve comportarsi da persona adulta e seria, sa che deve tutto a quelle due donne e cerca di essere un uomo riconoscente, ma Sofia lo guarda in modo dolce e gli sorride spesso e lui fa di tutto per rimanere freddo.

Anche Adriana si è accorta che qualcosa è nato fra i due ragazzi e, in cuor suo, prega che non succeda l’irreparabile ma, vivono sotto lo stesso tetto e la giovinezza e l’ardore non si possono soffocare per sempre. Anche lei con il suo amato Ottorino non ha saputo aspettare i voti del sacro matrimonio prima di concedersi, e non sa come impedirlo anche a sua figlia.
Le preghiere sono il suo conforto. Spera in  Dio e nella guarigione di Helmut, che avvenga presto e possa tornare al più presto al suo paese e dalla sua famiglia.

E’ la vigilia della grande festa. I preparativi in paese fervono, il palco per i balli è stato il primo ad essere montato. La grande griglia per le salamelle è già pronta. Le donne hanno cominciato a preparare dolci, frutta e grandi pani fragranti. E’ la festa di tutti, e tutti partecipano alla preparazione.

Ad Adriana è toccato il compito di preparare frittate di ogni genere. Ha risparmiato uova già da alcuni giorni, ha raccolto erbe aromatiche, selvatiche, funghi, ogni ingrediente che possa insaporire le sue frittate, lei è una esperta e sa che farà un’ottima figura.

Si alza presto per cominciare in tempo. E’ in cucina quando sente Helmut lamentarsi e parlare nella sua lingua. Corre a vedere cosa succede e quello che vede la spaventa.
Helmut è in un bagno di sudore, ha la febbre molto alta e sta delirando. Corre a chiudere le finestre, non vuole correre il rischio che qualcuno senta i suoi lamenti, ed è molto spaventata e preoccupata. Cosa può fare adesso? Ha l’impegno della festa, non ha medicinali adatti, non può rivolgersi a nessuno.
Corre a svegliare anche Sofia e la mette al corrente.
“Cosa facciamo adesso, mamma?”
“Dobbiamo pensare qualcosa, figlia mia, la situazione è grave. Abbiamo bisogno delle medicine, ma come facciamo a procurarcele senza destare sospetti?”

Sono entrambe alla disperazione. Adriana prende la decisione.
“Mettiti a letto con la borsa dell’acqua calda, comincia a lamentarti, io vado a chiamare il dottore, fai finta di stare molto male, abbiamo bisogno delle medicine, hai un forte mal di gola, ti fa male dappertutto, lamentati ad alta voce, intanto vado a chiudere la porta dell’altra camera, e speriamo che il Signore ci protegga anche questa volta.”
Preparano meticolosamente la scena, sudore finto, occhi scuriti, luci abbassate, e, dopo un’ora arriva il dottore.

Ha molta fretta perché è impegnato con la preparazione della festa, ma fa comunque il suo dovere. Visita Sofia e non riscontra niente di grave ai polmoni alla gola, ma lei si lamenta talmente tanto e il termometro segna una temperatura alta così le prescrive le medicine e la raccomandazione di rimanere a letto e di non presentarsi alla festa, perché potrebbe essere un’influenza contagiosa.

Adriana corre in farmacia e comincia a somministrare le medicine ad Helmut.
Sofia gli tiene rinfrescata la fronte, gli pulisce e disinfetta la ferita, non sa cosa altro fare, allora, si mette a pregare. “Signore, Madonna Santissima, aiuta questo ragazzo, fallo guarire, fallo ritornare a casa sua, proteggi anche noi, fa che nessuno ci scopra, aiutateci voi e tutti i Santi.”

Mentre Adriana continua nei suoi lavori, sofia non abbandona Helmut, che, verso sera, si calma e si addormenta più tranquillo.

E’ il giorno della grande festa e Sofia non può parteciparvi. Deve rimanere a casa, fare finta di essere ammalata e curare Helmut.
Adriana non vorrebbe lasciarli soli, ma sa che non può fare diversamente, farà in modo di tornare presto con la scusa che Sofia sta male.

In paese è tutto uno sbocciare di risate e di allegria. Ci sono tutte le autorità, il prete, e tutti si divertono. Il dottore passa da Adriana a chiedere notizie di Sofia, anche gli altri sanno che è ammalata e non può partecipare alla festa. Anche stavolta il Signore le sta proteggendo, e Adriana, manda una muta preghiera nell’alto dei Cieli.
Il vino scorre davvero a fiumi, la baldoria si fa un po’ troppo sboccata e Adriana saluta tutti per correre a casa.
Tutti la ringraziano, la salutano e le offrono da bere, ma lei se ne guarda bene, vuole rimanere ben sobria e si incammina verso casa.

Tutte le luci sono ormai spente. Entra piano e va in camera di Helmut. Lui dorme e sembra stare meglio. Gli tocca la fronte che, finalmente è più fresca, Sofia ha fatto proprio un buon lavoro. Quella sua figliola è proprio una gran brava figliola, e chi la sposerà sarà molto fortunato.
Anche Sofia dorme, e quando sente la madre si sveglia e le chiede della festa. Adriana è stanca, ma le racconta un po’ di tutto, è molto dispiaciuta che non abbia partecipato. Finalmente anche lei si addormenta e la casa piomba nel silenzio.

Come ogni mattina è il gallo che da’ la sveglia al nuovo giorno. Le due donne si alzano per la colazione. Anche oggi Sofia dovrà rimanere in casa e continuare a fingere la malattia. Adriana controlla Helmut, che sta ancora dormendo, saluta la figlia e va al lavoro.

Oggi, quasi tutti soffrono delle conseguenze della festa. Tutti hanno bevuto, e sono andati a letto tardi, sembrano pecoroni assonnati e il lavoro va molto a rilento, ma nessuno se ne lamenta.

A casa, Sofia, aiuta Helmut a lavarsi e fare colazione. Sembra abbia superato la crisi, ma non riesce nemmeno ad alzarsi, le forze lo hanno abbandonato e non riesce a tenere gli occhi aperti, nemmeno per guardare il dolce viso di lei, così si riaddormenta con il sorriso di dolce di Sofia che lo accompagna nei sogni.

Sono passate tre settimane da quanto Helmut è arrivato. Fin’ora è filato tutto liscio, ma i tempi della sua guarigione si allungano. Quella ricaduta è stata molto grave, il suo fisico, anche se giovane, era molto debilitato, e ci è mancato un soffio che il Signore se lo riprendesse. La ripresa è molto lenta, per fortuna, questa volta ci sono le medicine giuste. Comprargliele è costato parecchio, i loro pochi risparmi sono quasi finiti. Speriamo che non venga a mancare il lavoro.

Adriana riprende anche il suo vecchio lavoro di sarta. E’ sempre stata molto brava ed ora, può ricominciare, almeno alla sera. E’ vero che è stanca dopo una giornata nei campi, ma c’è bisogno di denaro e bisogna fare tutti un po’ di sacrifici. Non ci sono molti soldi che girano, i suoi lavori li può barattare con altre cose che le servono e, così, inizia.
Lei fa di tutto per non far venire in casa nessuno. Va lei stessa dalle clienti e cerca di tenerle lontane dalla sua casa. Devono prestare maggiore attenzione, ora può capitare qualcuno all’improvviso.
Come in ogni circostanza della sua vita, anche stavolta, prega ardentemente il Signore, che la protegga e protegga anche il suo ospite.

I giorni passano lenti scanditi dalle ore di lavoro. Adriana non si corica mai prima di mezzanotte e Sofia si dedica con affetto ad Helmut.

Il giovane si sta lentamente ma costantemente riprendendo. Il colorito è ritornato sulle sue guance ed i suoi occhi hanno ripreso ad essere vispi.

“Come stai ragazzo?”

“Sto molto meglio signora Adriana. Anche stavolta le devo molta riconoscenza. Nel mio cuore spero di riuscire un giorno a ripagarla per tutto quello che sta facendo per me, ma qualunque cosa riuscirò a fare, non sarà mai abbastanza in confronto a quello che ha fatto lei.”

“Te lo ripeto ancora una volta, ragazzo, tutto quello che voglio è farti tornare al più presto alla tua famiglia, non voglio altro.”

Adriana è stanca, ma non si lamenta mai. Sofia fa di tutto per aiutarla in casa e con Helmut. Ormai loro due passano molto tempo insieme, hanno fatto amicizia, si raccontano i loro sogni, i loro desideri e, più passa il tempo, più fra loro si crea un forte affiatamento.

Oggi è domenica e le due donne vanno alla Messa. In paese ci sono affissi manifesti per ricordare la vittoria, il valore dei partigiani, ed il sapore della ritrovata libertà. In piazza c’è un comizio. Qualcuno è arrivato dalla città per parlare di politica, ma a loro due, non interessa niente, desiderano solo portare a termine il loro compito il più in fretta possibile, solo allora si sentiranno veramente libere.

A pranzo, finalmente, oggi Helmut riesce a mettersi a tavola con loro. E’ ancora molto debole, ma sta cominciando la ripresa.
Tutte le finestre sono chiuse e parlano sottovoce. Tengono d’occhio la gatta Camomilla, perché se arriva qualcuno, lei li sente per prima. Il ragazzo si è rasato e lavato, finalmente ritorna ad essere un po’ più umano e Adriana, in cuor suo, prega che si riprenda molto in fretta, perché non sa fino a quando riusciranno a sostenere questa situazione, ed a vivere costantemente con la paura di essere scoperte e punite.

E’ il giorno del riposo, quello dedicato al Signore, ma Adriana non può permettersi di rimanere con le mani in mano. Prende il suo lavoro e comincia a sistemare abiti e pantaloni, ci sarà tempo per riposare quando il ragazzo sarà partito.

Nei campi sono tornati a lavorare anche alcuni uomini, e per le donne il lavoro è diminuito. Adriana ottiene di lavorare solo di mattina, e sono ben felici di accontentarla, il suo posto viene preso da un padre di famiglia tornato dalla guerra.
Ora ha più tempo per il lavoro di sarta e si affatica di meno. Anche per lei gli anni si fanno sentire, non è più una ragazzina, ha 45 anni compiuti, e si sente molto stanca.

Helmut ha cominciato a camminare per casa, gira intorno al tavolo. Deve ritrovare le forze, le sue gambe devono ritornare ad essere agili e forti. Il lungo viaggio di ritorno lo deve trovare preparato. Sa che Adriana non lo farà partire se non sarà sicura che potrà farcela, e sa anche, che deve andarsene in fretta, quelle due donne meritano di tornare ad una vita più serena.

“Ragazzo, mi fai girare la testa. Perché non vieni a sederti un momento qui vicino a me? Raccontami qualcosa di te. Intanto che lavoro ti ascolto.”

Mentre guarda Adriana che cuce con agilità e sveltezza sente per lei un moto di tenerezza e di affetto. Le prende una mano e la costringe ad alzare gli occhi e a guardarlo. “Grazie”. Semplicemente una parola per esprimere la sua gratitudine.
“Avanti ragazzo, non farmi perdere il filo, parlami di te.” Ma i suoi occhi si sono inumiditi, anche lei prova affetto per lui, ma non glielo dirà mai.

“Sono nato nel 1920, ho una sorella più giovane. Mio padre lavorava in banca e mia madre insegnava alla scuola. Anch’io ho studiato, e quando torno a casa, spero di trovare lavoro in banca o in qualsiasi altro posto. Stavamo bene, non ci è mai mancato niente, ma Hitler ha cambiato la nostra vita, così come l’ha cambiata a tanti altri. Durante gli anni che ho combattuto ho visto molte brutte cose e non le racconterò mai a nessuno, voglio solo dimenticarle. Ho creduto nel nostro Furer all’inizio, poi ho capito che la guerra è comunque e sempre sbagliata. Spero, almeno nella mia vita, di non vederne un’altra. Giocavo a calcio, avevo molti amici, non ho mai avuto una fidanzata, per questo spero, quando tornerò, di ritrovare una vita semplice, normale, una donna da amare e dei figli da crescere con amore. Non desidero grandi cose, ma non so nemmeno cosa troverò al mio ritorno. Spero innanzi tutto di ritrovare mia madre, mio padre, mia sorella Katia,  la mia casa ancora in piedi. Ma mi basterebbe ritrovare almeno le persone che amo, il resto si può ricostruire. Parlerò a mia madre di te e Sofia, di quanto siete state meravigliose e di quello che avete rischiato per uno sconosciuto come me e, spero, che un giorno ci potremo incontrare e conoscere tutti, questo è il mio più grande desiderio.”

“Ragazzo, il nostro futuro è nelle mani di Dio. Se vuoi fare davvero qualcosa per me quando sarai tornato a casa tua, prega, prega per me e per Sofia e comportati bene, così come noi abbiamo aiutato te, fai altrettanto se incontrerai sulla tua strada chi ne ha bisogno. Se davvero qualcosa di buono hai imparato da questa vicenda, mettilo a frutto e pensa un po’ anche a noi. Ora riprendi a camminare e lasciami finire il mio lavoro.”

I giorni passano, le settimane si rincorrono. Sono passati due mesi ed Helmut adesso sta molto meglio.

Sofia sta lavando i piatti insieme a lui e parlano e ridono come è giusto che due giovani facciano, Le loro mani si toccano e i loro sensi si accendono. Adriana lancia uno sguardo ai ragazzi e invoca una preghiera; anche lei ha visto l’attrazione che c’è fra di loro, ma non può farci niente.

Sono seduti insieme per cena, le giornate si sono accorciate ed il fresco si fa sentire prima. Helmut dice che si sente pronto per tornare a casa sua.

Dovrebbe essere un momento felice, l’hanno tanto desiderato, ma ora, stranamente, ognuno ha nel proprio cuore un po’ di dolore per l’addio che si avvicina.

“E’ vero, ragazzo. Penso anch’io che tu sia pronto per il viaggio di ritorno. Dobbiamo organizzare bene tutto, non possiamo rischiare proprio ora che qualcosa vada storto, ma sappi che ci mancherai.”

Adriana esce per consegnare il suo lavoro ed i ragazzi rimangono soli.

E’ un momento triste, sanno che forse, non si rivedranno mai più.

Helmut si alza e prende fra le braccia Sofia. La stringe mentre lei piange con il viso schiacciato alla sua spalla. Non riescono a parlare.
Il viso bagnato di lacrime e uno sguardo che parla da solo.

Niente era programmato, ma si ritrovano in camera. E su quel letto, che l’ha visto quasi morto, consumano un unico e grande atto d’amore. Tenerezza, amicizia, riconoscenza, ma anche amore c’è stato in quel breve momento. Non potrà più ripetersi un tempo così magico, per nessuno dei due. Lo sanno bene. Un ultimo e tenero bacio e tutto finisce, ma tutto comincia.

Si sono ricomposti e aspettano il rientro di Adriana.

Sono passati alcuni giorni ed i preparativi per la partenza di Helmut si fanno frenetici. Adriana ha comprato una tintura per scurire i capelli, ha sistemato alcuni pantaloni e camice in una sacca, ha preparato del cibo che possa durare qualche giorno e poi si ricorda della busta di pelle nera, l’aveva completamente dimenticata.

Sposta il mattone mobile del camino e toglie la busta. La consegna al ragazzo. Dentro ci sono i suoi documenti, del denaro tedesco e alcune fotografie di casa sua. Sul suolo italiano dovrà viaggiare in incognito, non può mostrare documenti tedeschi, non è ancora sicuro. Per questo dovrà camminare di notte almeno finchè arriverà a Milano, da lì potrà prendere il treno che lo porterà finalmente a casa sua. Il pericolo maggiore è ancora che qualcuno lo veda e lo riconosca come tedesco, ci sono ancora tanti esaltati che non aspettano altro che di ammazzare il nemico, anche se la guerra è finita e non ci sono più “nemici”.

“Allora ragazzo, io penso che il giorno migliore per partire sia di lunedì notte. La maggior parte delle persone sta in casa dopo la festa e il giorno pesante di lavoro. Dovrai essere molto prudente, ne va della tua vita. Viaggerai di notte e dovrai stare nascosto di giorno. Prima arriverai a Milano, prima sarai al sicuro. Noi ti diamo del denaro, fanne buon uso perché non è molto, da domani notte in poi, il tuo futuro torna nelle tue mani, non commettere imprudenze.”

Ecco, è arrivato il momento tanto desiderato.

Helmut e Sofia si abbracciano e piangono insieme. “Tornerò, Sofia, ti prometto che tornerò, abbi cura di te, io non ti dimenticherò mai.”

Ora abbraccia e stringe con tenero amore anche Adriana.
“Non parlare, ragazzo, non serve. So già tutto quello che mi serve. Ti do’ la mia benedizione, abbraccia tua madre e porta i miei saluti a tutta la tua famiglia. Il mio compito è finito e sono felice di esserci riuscita.”

“Grazie. Non potrò dimenticarvi mai.”

Un ultimo sguardo a quella casa così accogliente, a quelle due donne che gli hanno ridato la vita e, con occhi bagnati si gira di scatto, parte con la nostalgia nel cuore e la felicità nascente. “Torno a casa, finalmente, ma anche questa è diventata la mia casa”. E’ l’ultimo pensiero prima di varcare quella soglia, e non si volta più indietro.