NIVES
Era un
torrido pomeriggio di luglio. Il sole picchiava come si fosse nel deserto, era
talmente bollente che nemmeno gli uccelli avevano il coraggio di lasciare le
fronde degli alberi.
La ragazza,
col suo trolley al seguito entrò nel parco praticamente deserto. Aveva lunghi
capelli neri e un leggerissimo abito scollato e corto. Un fisico da mozzare il
fiato. Con il cappello e gli occhiali scuri emanava un senso di mistero.
Vide una
panchina all’ombra di un grande albero e un uomo seduto che giocava col
cellulare. Scelse la panchina di fronte, in pieno sole e si sedette, proprio di
fronte all’uomo.
Per un po’
lo osservò da dietro gli occhiali scuri. Era brava a capire gli uomini e le ci
volle poco a inquadrarlo nella sua personalissima lista.
Si tolse il
cappello e scosse i lunghi capelli, poggiò gli occhiali e allargò le braccia
sulla panchina piegando indietro il collo offrendo il viso al sole.
Il corto
abito le risalì ancora di più sulle cosce e lei divaricò con maestria le gambe.
Aveva già catturato l’attenzione dell’uomo che aveva di fronte, lo sapeva anche
se ancora non lo aveva guardato.
Il sudore
cominciò a colarle fra i seni e il viso era lucido e umido. I sottili spallini
le scivolarono dalle spalle e lei allargò ulteriormente le gambe.
L’uomo di
fronte era ipnotizzato dalla ragazza, una splendida sconosciuta che non aveva
mai visto al parco che lui amava frequentare quando era deserto.
Lentamente
lei raddrizzò il collo e gli puntò gli occhi in faccia. L’uomo, colto di
sorpresa abbassò lo sguardo sul cellulare, arrossendo senza motivo.
La risata
della ragazza lo colse di sorpresa. Ti
piace quello che vedi? Gli chiese. L’uomo fece finta di non aver sentito,
era troppo imbarazzato. Dico a te,
maschietto timido, ti piace la mia merce?
L’uomo alzò
lo sguardo, era imbarazzato, mai nessuna donna si era interessata a lui, era un
quarantenne sovrappeso che non aveva mai conosciuto il sesso, ma che lo bramava
come un affamato desidera il cibo.
La ragazza
si alzò e si sedette accanto a lui. Il minuscolo abito non lasciava niente
all’immaginazione e il sudore lo aveva appiccicato al corpo mettendo in risalto
i capezzoli scuri tipici di una ragazza dalla carnagione scura. Accavallò le
gambe. Sei mai stato con una donna? Gli
chiese sfacciata. L’uomo non aveva il coraggio di guardarla ma sentiva il pene
rigido e pronto ad esplodere. Lei se ne accorse, gli prese la mano e se la
portò sul seno, muovendola delicatamente. Scommetto
che vorresti scappare per usare le tue mani e venire mentre mi pensi. Lui
poggiò la mano sul pene. No mio caro, se
tu ti tocchi io finisco lo spettacolo, decidi quello che vuoi fare. L’uomo
cercò di trattenersi, non voleva che lei se ne andasse, non ora che gli era
così vicina.
Gli si
avvicinò ancora di più, il suo corpo era incollato a quello dell’uomo. Cominciò
a passargli la lingua sull’orecchio mentre continuava a tenere la mano poggiata
al seno. Perché non andiamo a casa tua?
Gli chiese. Potremmo continuare a
giocare.
La mente
dell’uomo era completamente in subbuglio, non gli importava chi fosse quella
sconosciuta ma, ora che aveva cominciato a godere non voleva smettere.
Andiamo. Le disse.
L’appartamento
era come se lo aspettava, piccolo e in ordine. Sorrise fra sé, era proprio
brava a catalogare i maschi. Poggiò il trolley e il cappello mentre l’uomo era
andato a prendere dell’acqua fresca da bere.
Lei si
sedette sul divano, piccolo e morbido e l’uomo prese posto sulla poltrona
separata da un piccolo tavolino di cristallo dove posò i bicchieri.
La ragazza
gli sorrise e bevve un sorso. Poi si bagnò le dita e fece cadere alcune gocce
fra i seni. Si abbassò il corpetto e i seni, piccoli e ben fatti sembravano
un’opera d’arte. I capezzoli erano turgidi e le gocce di acqua gelata le
avevano procurato la pelle d’oca. Come ti
chiami, uomo timido? Gli chiese, ma quello non aveva nemmeno sentito la
domanda. Aveva gli occhi puntati sui seni della ragazza, per la prima volta li
poteva vedere dal vivo e non solo sulle cassette che guardava ogni sera. La sua
mano andò dritta al pene, come faceva quando guardava i suoi filmini. No, mio caro. Se tu ti tocchi io smetto e me
ne vado. Lui si strizzò lo scroto a calmare il bollore che sentiva, non
voleva che se ne andasse.
Lei si alzò
e si tolse l’abito. Un ridottissimo perizoma che non lasciava niente
all’immaginazione era tutto quello che indossava. Raggiunse l’uomo che ansimava
e che non riusciva a trattenere la mano. Lei lo guardava e non aveva bisogno di
ricordargli la regola. Lasciò che si spogliasse dei pantaloncini e della
maglietta, lasciandolo vestito solo degli slip che sembravano scoppiare.
C’è molta roba lì sotto, peccato che
tu non la possa toccare. Gli ricordò. Le si mise di fronte e si tolse il perizoma. Era
completamente rasata e sapeva che gli uomini impazzivano per questo. Il viso
dell’uomo era a pochi centimetri da quella parte così delicata. Dimmi, ti piace quello che vedi? Gli
chiese mentre cominciava ad accarezzarsi. L’orgasmo travolse l’uomo che bagnò
gli slip e la poltrona. Non mi sono
toccato, non devi andartene! La ragazza non gli rispose, continuava in
quello che stava facendo, ad ansimare mentre l’uomo ricominciava ad eccitarsi.
Le dita della ragazza si muovevano velocemente sul punto più sensibile e l’uomo
aveva gli occhi spalancati e guardava mentre sentiva che presto avrebbe avuto
un’altra esplosione. Lei ansimava e raggiunse l’orgasmo mentre l’uomo teneva i
pugni stretti lontano dagli slip.
Dimmi, uomo timido, l’hai mai vista
così da vicino? Hai mai sentito l’odore dell’orgasmo? Lei era completamente nuda, immerse
le dita nel bicchiere di acqua ghiacciata e se le passò per rinfrescarsi la sua
parte bollente. Erano umide di acqua e di umore. Apri la bocca. Gli disse. Ora
lecca le mie dita e dimmi se ti piace il mio sapore.
Niente di
tutto quello che aveva visto nei filmini era paragonabile a questo. Continuava
a leccare le dita della ragazza e non avrebbe mai voluto smettere.
Fra poco devo andare. Gli disse. Sei stato bravo, meriti un premio. Vieni. Prendi un sapone profumato e
lavami, puoi toccare il mio corpo dove vuoi, avrai un ricordo di me. Lo
prese per mano e andarono nel minuscolo bagno. Si misero sotto la doccia e lui,
timidamente cominciò a strofinarle la schiena. Gli prese le mani e se le portò
ai seni, poi più giù. Fai con calma. Gli
disse. L’acqua tiepida lavava via il sudore e, per la prima volta, l’uomo
timido toccava il corpo nudo di una donna, lei gli sorrideva e lo spronava a
continuare. Lo lasciò fare per diversi minuti, erano piacevoli le mani
dell’uomo, delicate e molto, molto inesperte. Sentiva il pene dell’uomo che le
poggiava sul ventre piatto, lo prese fra le mani e cominciò la danza del su e
giù. Non impiegò molto ad esplodere. Lo lavò con delicatezza e chiuse l’acqua.
Si asciugarono e con i capelli ancora bagnati brindarono a quell’incontro.
Rimani a cena con me? le chiese quasi vergognoso.
Lei sorrise.
Non posso, stasera uscirai a cena con tua
madre, è il tuo compleanno.
Lui la
guardò senza capire. Come fai a saperlo? Le
chiese.
Perché io sono il tuo regalo di
compleanno. Auguri Ramon, spero tu abbia gradito.
La ragazza
trasse dal trolley un paio di minuscoli shorts e un top, li indossò e si
pettinò i capelli ancora bagnati.
Buon compleanno, uomo timido, ora hai
le mani libere e io me ne sto andando, continua da solo. Gli mandò un bacio con la punta
delle dita e uscì che il sole era ancora bollente.
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