ADRIANA
PRIMA PARTE
L’automobile sta percorrendo
l’autostrada come se i chilometri da percorrere fossero solo note liete.
Dalla Germania stiamo
viaggiando verso l’Italia, verso la terra che mi ha dato i natali. Una terra, la Romagna , rossa da
qualunque parte si cerchi di guardarla. Una terra alla quale non devo niente,
ma ci sto tornando per presentare a mia madre e a mia nonna il mio fidanzato,
Peter, uomo meraviglioso del quale sono follemente innamorata.
La strada da percorrere è
ancora lunga, perciò sistemo lo schienale del sedile, mi metto comoda, chiudo
gli occhi e cerco di rilassarmi. Dalla radio proviene una musica dolce che
ispira tanta intimità.
Quello che provo è pura
felicità: il mio amore, il mio ritorno alle origini per dare un rispettoso
saluto a nonna Adriana e mamma Sofia, due donne meravigliose alle quali devo
letteralmente la mia esistenza. Il loro è un ricordo dolcissimo e un
insegnamento che non potrò mai dimenticare e che ha segnato e segnerà tutta la
mia vita.
“Non puoi metterti a dormire
proprio ora, abbiamo molte ore prima di arrivare, e mi hai promesso che mi
avresti raccontato tutta la storia. Avanti amore mio, comincia a raccontare,
voglio sapere tutto.”
Sorrido a Peter, “proprio
tutto? Allora bisogna che inizi fin dal principio, da quel tragico e felice
giorno, quando tutto è cominciato.”
PRIMA PARTE
Era il 1945, la guerra era
finalmente finita e tutti tiravano un sospiro di sollievo pensando ai
miglioramenti che la pace avrebbe portato.
Quel giorno, molti soldati
nemici e sconfitti tornavano a casa.
Adriana e Sofia, abitavano
nell’ultima casa del paese. Avevano rinchiuso polli e galline, avevano sbarrato
la porta e le finestre e si erano barricate in casa davanti al fuoco del
camino.
Di fuori, una lunga colonna
di carri, auto, e mezzi vari stavano marciando verso nord, verso la loro terra,
che li avrebbe accolti in famiglia dopo tanto tempo e disperazione.
Il rumore era assordante.
Anche la gatta non riusciva a stare tranquilla e Sofia la prese in braccio
accarezzandola, cercavano di trasmettersi a vicenda un po’ di coraggio, doveva
pur finire prima o poi quel lungo e rumoroso serpentone di uomini e mezzi.
Il rumore era così intenso
che il pavimento di quella povera casupola vibrava senza interruzione, quasi
come quando, vicino, scoppiava una di quelle maledette bombe. Ma ora la guerra
era finita. Un poco ancora di pazienza e tutto sarebbe terminato.
Le due donne non parlavano
nemmeno, bisbigliavano soltanto, dalla paura che ancora provavano. Era stato
molto difficile quel periodo di guerra, e difficile sarebbe stato riabituarsi
alla normalità. Ma cosa voleva dire ora “normalità”? L’avrebbero scoperto, ma
almeno non ci sarebbe più stato il terrore di avere il nemico in casa.
Quei maledetti tedeschi
invasori e spietati erano stati sconfitti e, finalmente, se ne stavano andando.
Ci sarebbe stata grande festa appena le truppe nemiche fossero state oltre il
confine. Non c’era molto da mangiare, ma la festa, con canti e balli, ci
sarebbe stata.
Erano ormai quasi due ore che
da fuori continuava quella lunga marcia. Anche le lancette dell’orologio
sembrava fossero impietrite e non volessero fare il loro lavoro, il tempo non
voleva passare.
Davanti al fuoco quasi
spento, Adriana e Sofia aspettavano la fine di quell’incubo.
Poi ci fu quel rabbioso
bussare alla porta. Le due donne saltarono letteralmente dallo spavento. I
colpi alla misera porta rimbombavano come colpi di fucile, ma loro non avevano
il coraggio di andare ad aprire.
Altri colpi ancora più forti
fecero tremare i cardini. “Aprite, in nome di Dio, aprite.” L’accento era
inconfondibilmente tedesco e le due donne ebbero molta paura.
Non riuscivano a muoversi, e
i colpi alla porta si facevano sempre più forti. Non c’era altro da fare che
andare a vedere.
“Aprite, in n nome di Dio, aprite
per favore.” Era la seconda volta che veniva nominato il nome del Signore e
questo non lasciava insensibile Adriana che era una devota al Dio crocifisso.
Si fece coraggio e aprì la
porta. Aveva superato tutta la durata della guerra, non poteva succederle
niente ora che era finita. Confidava molto in Dio e lo pregò anche in quel
momento di proteggere lei e sua figlia.
Fuori dalla porta c’erano
quattro soldati tedeschi che portavano una barella dove stava steso un giovane
soldato privo di sensi.
“Signora, questo povero
ragazzo è molto grave, non può sopportare questa lunga marcia, la prego, se ha
un briciolo di umanità lo aiuti, noi non possiamo fare niente per lui, glielo
affidiamo.”
Non aspettarono nemmeno la
risposta, posarono la barella in terra, fuori dalla porta, e si ricongiunsero
allo loro carovana.
Adriana non perse tempo e con
Sofia spinse in casa la barella e sbarrò di nuovo la porta.
“Cosa facciamo ora, mamma?”
Adriana guardava quel giovane
indifeso, sporco e coperto di sangue. Era il nemico, ma per lei, ora, era solo
un essere umano che aveva bisogno di aiuto. Povero ragazzo, anche lui da
qualche parte aveva una madre, una famiglia che lo aspettava e lo amava. Non
era colpa sua la guerra e le atrocità sopportate, non era colpa della povera
gente se la guerra era stata così nefasta, al punto di essersi presa anche
Ottorino, il marito di Adriana.
Chissà se in qualche posto
lontano anche Ottorino aveva ricevuto una carezza prima di morire, ora toccava
a lei decidere.
“Facciamo quello che ogni
buon cristiano deve fare, aiutare il prossimo. Noi cercheremo di fare del
nostro meglio, ma dobbiamo essere molto caute.”
Con un po’ di sforzo
riuscirono a mettere la barella sul tavolo.
Adriana spogliò il ragazzo e,
nella tasca trovò una busta di pelle nera che conteneva documenti e denaro
tedeschi. La nascose dietro il mattone mobile del camino e continuò la sua
opera.
Nel togliere quelle luride
bende si rese subito conto che la ferita era infetta. Non era grave in sé, ma
era infetta.
Con acqua tiepida lavò quel
corpo così magro e sconosciuto. Disinfettò la ferita e la curò come poteva.
Bruciò i vestiti e la barella fatta a pezzi. Nessuno doveva sapere che in casa
c’era quel ragazzo. Era ancora il nemico, e, se fossero state scoperte, ne
avrebbero pagato le conseguenze.
Riuscirono a spostarlo nel
letto di Sofia, e lui non si era ancora svegliato. Ora, pulito e disinfettato
continuava nei suoi sogni.
Quando ebbero finito si
risedettero davanti al camino.
“Sofia, dobbiamo fare in modo
che nessuno sappia che in casa nostra c’è un forestiero e per di più tedesco.
Dobbiamo continuare la nostra solita vita se vogliamo uscirne. Se qualcuno
dovesse scoprire che aiutiamo un tedesco potrebbero esserci ripercussioni. Mi
raccomando, o ne pagheremo gravi conseguenze.”
“Ma, mamma, se è così
pericoloso, perché lo facciamo?”
“Perché ogni creatura è
figlia di Dio, e questa non fa differenza, se aiuti un cucciolo smarrito non
vuoi aiutare un ragazzo ferito?”
“Va bene, ma io ho paura, non
so cosa farà quando si sveglierà, e se ci facesse del male? Dopotutto è un
nostro nemico.”
“La guerra è finita, non
esistono più nemici, bisogna che cominciamo a comportarci da persone civili e
ci mettiamo dietro le spalle tutto il passato se vogliamo avere un avvenire
migliore. Io non ho più nemici, e questo ragazzo potrebbe essermi figlio, lo
faccio anche per sua madre, sperando che un giorno si possano rivedere. E poi,
chissà, il futuro è nelle mani di Dio e non nella nostra volontà.”
“Allora, mamma, che Dio ci
aiuti davvero.”
Adriana e Sofia lavoravano
nei campi come braccianti e, inoltre, facevano vari lavori, quello che capitava
pur di mangiare.
Per due giorni potevano stare
a casa, fintanto che fosse tornata un po’ di normalità, poi avrebbero ripreso a
lavorare.
Vivevano un po’ appartate ed
erano piuttosto riservate, tranne che alla funzione della domenica o sul lavoro
era difficile vederle in giro.
Adriana curava quel ragazzo
con molta pazienza. Cambiava la fasciatura e disinfettava la ferita, gli
metteva in bocca un po’ di acqua o del brodo di pollo, sembrava quasi che
stesse curando il suo stesso figlio.
Era una persona generosa,
molto devota al suo Dio e cercava di seguirne gli insegnamenti, prima con il
cuore e poi con le azioni e Sofia la aiutava senza capirla fino in fondo. Quel
giovane soldato tedesco non poteva capitare in mani migliori.
C’era Sofia che gli bagnava
la fronte quando, finalmente, aprì gli occhi.
Occhi azzurri, chiari,
meravigliosi e spaventati e si posarono sul suo viso.
Disse qualcosa quel ragazzo,
ma lo disse in tedesco, e Sofia non capì.
“Non so cosa stai dicendo e
se tu mi capisci, ma sono contenta che finalmente ti sei svegliato.”
“Tu sei un angelo? Allora,
sono proprio morto?” Aveva un forte accento, ma parlava bene l’italiano.
Sofia sorrise. “Non sono un
angelo, sono Sofia e tu sei in casa mia, sei stato ferito e mia madre sta
cercando di farti guarire. Come ti chiami?”
“Mi chiamo Helmut, e mi sono
innamorato di te.”
Sofia si mise a ridere e
Adriana arrivò a vedere cosa succedeva.
“Mamma, Helmut si è
svegliato, vieni a conoscerlo.”
Finalmente un soffio di vita
era ripreso in quel ragazzo e forse poteva farcela, guarire, sopravvivere e
tornare a casa propria.
“Ben tornato nel nostro mondo
ragazzo. Sono contenta che ti sei finalmente svegliato. Non vorresti mangiare
qualcosa? Adriana corri a prendere un po’ di minestrone e un pezzo di pollo,
intanto che anch’io faccio la sua conoscenza.”
“Mi chiamo Helmut, signora, e
la ringrazio di cuore per quello che ha fatto e sta facendo per me, mi vuole
dire come sono arrivato in questa casa?”
Adriana lo mette al corrente
e gli spiega anche che dovrà fare di tutto per tenersi nascosto o saranno guai
per tutti.
“Ragazzo, io voglio solo che
tu guarisca e ritorni a casa tua, voglio che tua madre ti possa riabbracciare,
voglio che tu possa avere una vita normale e possa essere felice per tanti e
tanti anni ancora.”
“Ho capito signora. Farò
tutto quello che mi chiederà. Ho molto desiderio di tornare a casa mia. C’è mia
madre che sarà molto in ansia senza mie notizie, mio padre e una sorella più
piccola. Abitiamo in una grande città, ma non è una vita agevole, e chissà come
sarà adesso. Non riesco ad immaginare cosa sia successo a casa mia, nella mia
patria e se sono ancora tutti vivi. Siamo stati sconfitti e le nostre terre
devastate, chissà cosa troverò quando tornerò da loro.”
“Troverai qualcosa di sicuro,
ora devi solo guarire e poi vedremo come farti partire.”
Arriva la cena ed Helmut
mangia con avidità. Non sa che quel pasto era per tutti loro e che le due donne
si dovranno accontentare solo del minestrone, ma per una volta non moriranno di
sicuro.
Si è riaddormentato quasi
subito e le due donne tornano in cucina.
“E’ buon segno che abbia
mangiato tutto. Ha bisogno di ritrovare le forze. Mi raccomando Sofia, fai la
ragazza seria. Ho visto anch’io che è un bel ragazzo, ma ricordati bene che fra
poche settimane lui tornerà nel suo paese e tu rimarrai qui con me, non
metterti in testa strane idee figlia mia, non soffrire invano.”
Le bacia i capelli e le
carezza il viso. Lo sa per esperienza che non esistono raccomandazioni di sorta
quando è il cuore che comanda i sentimenti. C’è solo la speranza che non
succeda proprio a sua figlia.
Quella notte, nello stesso
letto, madre e figlia fanno un piano per cercare il modo di superare quella
situazione così pericolosa che hanno in casa.
Non c’è molto che si possa
fare, la solita vita e molto, molto riserbo.
Alla mattina si preparano per
il lavoro. Portano la colazione ad Helmut che ancora non riesce al alzarsi dal
letto.
“Ragazzo, oggi dovrai
rimanere solo per tutto il giorno. Ti abbiamo portato acqua e cibo sul
tavolino, c’è il vaso da notte se ti serve, ma dovrai fare tutto nel massimo
silenzio e al buio. Mi raccomando, qui deve essere come al solito, c’è molta
gente cattiva e vendicativa che cerca nei campi e nei rifugi i nemici che sono
rimasti, e non ricevono un buon trattamento. Se vuoi davvero tornare a casa tua
devi essere silenzioso e invisibile. Non stai ancora bene e le forze non ti
sono ancora tornate, rimani a letto e riposa, più riposi più in fretta
riacquisti le forze, e prima te ne vai.”
“Ho capito signora. Le do’ la
mia parola che non si pentirà di avermi aiutato.”
“Lo spero, ragazzo, lo spero
davvero.”
E finalmente, la vita
riprende. In paese c’è molta euforia. Il nemico è stato sconfitto, i partigiani
tornano nelle loro case raccontando ognuno una storia diversa. Il vino scorre a
fiumi e le persone sembrano diverse dal solito. Madri, mogli, sorelle aspettano
con ansia il ritorno dei loro cari e ognuno, proprio ognuno non manca di
rimarcare il disprezzo per i nemici.
I fascisti, i tedeschi, chi
li nomina non fa che detestarli. In paese c’erano alcuni fiancheggiatori del
Duce, ma sono dovuti scappare a gambe levate, abbandonando tutto quello che
avevano. Qui, è tutto uno sventolare di bandiere rosse e sembra un mondo alla
rovescia.
Adriana sa che il suo
Ottorino non tornerà più. Non nutre odio. Vuole solo che la vita abbia un
percorso nuovo e diverso, dove tutti possano vivere in pace e il lavoro possa
dare dignità alle persone oneste.
Mentre passano sulla via
principale del paese, alcuni giovani fanno commenti galanti verso Sofia. Lei è
piuttosto carina, ma sa che ora non può lasciarsi andare.
Il lavoro nei campi è duro
come al solito. Poche pause, ma finalmente, nel tardo pomeriggio, possono
tornare a casa.
Si fermano dal farmacista per
comprare disinfettante e medicine, ma devono fare attenzione, non devono
scoprirsi.
Arrivano a casa e, prima di
entrare si guardano intorno per essere sicure che non ci sia nessuno, poi
entrano.
Helmut è sdraiato sul letto.
Ha mangiato tutto quello che gli hanno lasciato. Aprono le finestre e fanno
entrare un po’ di aria fresca, anche lui ne ha bisogno, il vaso da notte è
colmo e l’aria non è profumata.
“Ragazzo, come te la sei
passata?”
“E’ stata una giornata lunga
e noiosa, ma ho rispettato le regole che mi ha lasciato. Sono sicuro che fra
alcuni giorni starò meglio e potrò fare qualche passo per rinforzare le gambe,
in attesa del mio viaggio di ritorno.”
Le due donne si lavano e
preparano la cena, ed Helmut non riesce a staccare gli occhi da Sofia.
Adriana va a raccogliere le
uova nel pollaio e i due giovani si trovano da soli.
“Sono contenta che stai
meglio. Oggi in paese alcuni giovani hanno formato delle squadre per cercare i
tedeschi che sono rimasti indietro. Vogliono vendicarsi, ma spero che non
trovino nessuno. Se la guerra è finita, deve essere finita per tutti. Io ho
paura che ti trovino, perché anche per noi sarebbe la fine.”
“Non ti preoccupare Sofia,
farò di tutto per andarmene il più in fretta possibile. Non so come potrò
ricambiare quello che state facendo per me, non potrò mai ringraziarvi
abbastanza, siete due persone meravigliose.”
Adriana rientra e sente il
loro discorso. “Ragazzo, il ringraziamento migliore che puoi farci è di guarire
e tornare dalla tua famiglia e vivere la tua vita ricordandoti che la vita è
solo una, e bisogna onorarla nel nome di Nostro Signore.”
La settimana si trascina
senza novità. La giovinezza di Helmut aiuta la sua guarigione. Ora riesce ad
alzarsi dal letto e camminare intorno al tavolo, ma si stanca molto facilmente.
Ha perso molto peso e il cibo in casa non è molto abbondante, ma la sua volontà
è ammirevole. Nessuno finora si è accorto di niente, ma il pericolo è ancora tanto.
In paese è stata organizzata
una grande festa. In piazza si stanno allestendo banchetti e la pista da ballo.
Tutti parteciperanno, si deve festeggiare la vittoria. Ci saranno grossi
spiedi, grigliate e il vino scorrerà a fiumi. La festa sarà una grande festa e
tutti faranno baldoria sperando che non ci siano litigi e incidenti. Purtroppo
succede spesso che qualcuno un po’ più brillo di altri non riesca a contenersi
nei limiti della decenza e si comporti in modo sconveniente. Per questo Adriana
cerca di starne alla larga, ma non sarà possibile in questa occasione.
C’è ancora tutta una
settimana di lavoro prima, e c’è anche molto timore per le due donne.
Alcuni ragazzi hanno trovato
il cadavere di un soldato tedesco e l’hanno trascinato in piazza e appeso come
un salame. E’ lì, in bella mostra e molti lo sbeffeggiano. Adriana non sopporta
questa crudeltà e fa intervenire don Mario per una degna sepoltura.
Ci sono voluti i carabinieri
per poter seppellire quel povero ragazzo. Adriana non si capacità di tanta
cattiveria e spera che don Mario riesca a portare un po’ di buon senso in
paese. Ma sembra che, per il momento, l’euforia sia come una droga, ha tolto il
senno a molte persone.
In casa Sofia e Adriana non
hanno parlato del fatto con Helmut, non vogliono spaventarlo più di quanto non
sia.
Sembra impossibile: un
soldato del famigerato esercito tedesco è solo un ragazzo debole, spaventato e
completamente indifeso.
Ora che Helmut riesce a stare
seduto in cucina, Adriana gli ha adatto alcuni pantaloni del suo povero
Ottorino. Vedere quel ragazzo col viso così bianco in un corpo così magro
dentro a quegli ampi abiti ha del ridicolo e, loro due, cercano di prenderlo un
po’ in giro per alleggerire la cupa atmosfera.
Hanno imparato a parlare
sempre sottovoce, a tendere l’orecchio ai rumori esterni per non farsi cogliere
impreparate all’arrivo di qualcuno ma, fino ad ora, per fortuna, non si è
presentato nessuno, e la loro prudenza sembra dare buoni frutti.
Le giornate sono calde, a
volte afose. Rimanere chiuso in casa al buio e solo con la compagnia della
gatta Camomilla è veramente dura. Allora, per passare il tempo più
piacevolmente, Helmut pensa a casa sua, a sua madre, a sua sorella, a suo padre
che non sa se abbia superato vivo la guerra. Pensa ai dolci che sa cucinare sua
madre e la rivede col grembiule in cucina mentre ascolta la radio. “Mamma,
aspettami, presto ritorno a casa, ancora qualche tempo e farò ritorno da voi”.
Questi sono i pensieri che gli tengono compagnia in quelle lunghe e solitarie
giornate, ma quando tornano Adriana e Sofia tutto sembra cambiare.
Il viso dolce di Sofia, il
suo sorriso così sincero, il suo modo di fare semplice lo hanno conquistato. Sa
che deve comportarsi da persona adulta e seria, sa che deve tutto a quelle due
donne e cerca di essere un uomo riconoscente, ma Sofia lo guarda in modo dolce
e gli sorride spesso e lui fa di tutto per rimanere freddo.
Anche Adriana si è accorta
che qualcosa è nato fra i due ragazzi e, in cuor suo, prega che non succeda
l’irreparabile ma, vivono sotto lo stesso tetto e la giovinezza e l’ardore non
si possono soffocare per sempre. Anche lei con il suo amato Ottorino non ha
saputo aspettare i voti del sacro matrimonio prima di concedersi, e non sa come
impedirlo anche a sua figlia.
Le preghiere sono il suo
conforto. Spera in Dio e nella
guarigione di Helmut, che avvenga presto e possa tornare al più presto al suo
paese e dalla sua famiglia.
E’ la vigilia della grande
festa. I preparativi in paese fervono, il palco per i balli è stato il primo ad
essere montato. La grande griglia per le salamelle è già pronta. Le donne hanno
cominciato a preparare dolci, frutta e grandi pani fragranti. E’ la festa di
tutti, e tutti partecipano alla preparazione.
Ad Adriana è toccato il compito
di preparare frittate di ogni genere. Ha risparmiato uova già da alcuni giorni,
ha raccolto erbe aromatiche, selvatiche, funghi, ogni ingrediente che possa
insaporire le sue frittate, lei è una esperta e sa che farà un’ottima figura.
Si alza presto per cominciare
in tempo. E’ in cucina quando sente Helmut lamentarsi e parlare nella sua
lingua. Corre a vedere cosa succede e quello che vede la spaventa.
Helmut è in un bagno di
sudore, ha la febbre molto alta e sta delirando. Corre a chiudere le finestre,
non vuole correre il rischio che qualcuno senta i suoi lamenti, ed è molto
spaventata e preoccupata. Cosa può fare adesso? Ha l’impegno della festa, non
ha medicinali adatti, non può rivolgersi a nessuno.
Corre a svegliare anche Sofia
e la mette al corrente.
“Cosa facciamo adesso,
mamma?”
“Dobbiamo pensare qualcosa,
figlia mia, la situazione è grave. Abbiamo bisogno delle medicine, ma come
facciamo a procurarcele senza destare sospetti?”
Sono entrambe alla
disperazione. Adriana prende la decisione.
“Mettiti a letto con la borsa
dell’acqua calda, comincia a lamentarti, io vado a chiamare il dottore, fai
finta di stare molto male, abbiamo bisogno delle medicine, hai un forte mal di
gola, ti fa male dappertutto, lamentati ad alta voce, intanto vado a chiudere
la porta dell’altra camera, e speriamo che il Signore ci protegga anche questa
volta.”
Preparano meticolosamente la
scena, sudore finto, occhi scuriti, luci abbassate, e, dopo un’ora arriva il
dottore.
Ha molta fretta perché è
impegnato con la preparazione della festa, ma fa comunque il suo dovere. Visita
Sofia e non riscontra niente di grave ai polmoni alla gola, ma lei si lamenta
talmente tanto e il termometro segna una temperatura alta così le prescrive le
medicine e la raccomandazione di rimanere a letto e di non presentarsi alla
festa, perché potrebbe essere un’influenza contagiosa.
Adriana corre in farmacia e
comincia a somministrare le medicine ad Helmut.
Sofia gli tiene rinfrescata
la fronte, gli pulisce e disinfetta la ferita, non sa cosa altro fare, allora,
si mette a pregare. “Signore, Madonna Santissima, aiuta questo ragazzo, fallo
guarire, fallo ritornare a casa sua, proteggi anche noi, fa che nessuno ci
scopra, aiutateci voi e tutti i Santi.”
Mentre Adriana continua nei
suoi lavori, sofia non abbandona Helmut, che, verso sera, si calma e si
addormenta più tranquillo.
E’ il giorno della grande
festa e Sofia non può parteciparvi. Deve rimanere a casa, fare finta di essere
ammalata e curare Helmut.
Adriana non vorrebbe
lasciarli soli, ma sa che non può fare diversamente, farà in modo di tornare
presto con la scusa che Sofia sta male.
In paese è tutto uno
sbocciare di risate e di allegria. Ci sono tutte le autorità, il prete, e tutti
si divertono. Il dottore passa da Adriana a chiedere notizie di Sofia, anche
gli altri sanno che è ammalata e non può partecipare alla festa. Anche stavolta
il Signore le sta proteggendo, e Adriana, manda una muta preghiera nell’alto
dei Cieli.
Il vino scorre davvero a
fiumi, la baldoria si fa un po’ troppo sboccata e Adriana saluta tutti per
correre a casa.
Tutti la ringraziano, la
salutano e le offrono da bere, ma lei se ne guarda bene, vuole rimanere ben
sobria e si incammina verso casa.
Tutte le luci sono ormai
spente. Entra piano e va in camera di Helmut. Lui dorme e sembra stare meglio.
Gli tocca la fronte che, finalmente è più fresca, Sofia ha fatto proprio un
buon lavoro. Quella sua figliola è proprio una gran brava figliola, e chi la
sposerà sarà molto fortunato.
Anche Sofia dorme, e quando
sente la madre si sveglia e le chiede della festa. Adriana è stanca, ma le
racconta un po’ di tutto, è molto dispiaciuta che non abbia partecipato.
Finalmente anche lei si addormenta e la casa piomba nel silenzio.
Come ogni mattina è il gallo
che da’ la sveglia al nuovo giorno. Le due donne si alzano per la colazione.
Anche oggi Sofia dovrà rimanere in casa e continuare a fingere la malattia.
Adriana controlla Helmut, che sta ancora dormendo, saluta la figlia e va al
lavoro.
Oggi, quasi tutti soffrono
delle conseguenze della festa. Tutti hanno bevuto, e sono andati a letto tardi,
sembrano pecoroni assonnati e il lavoro va molto a rilento, ma nessuno se ne
lamenta.
A casa, Sofia, aiuta Helmut a
lavarsi e fare colazione. Sembra abbia superato la crisi, ma non riesce nemmeno
ad alzarsi, le forze lo hanno abbandonato e non riesce a tenere gli occhi
aperti, nemmeno per guardare il dolce viso di lei, così si riaddormenta con il
sorriso di dolce di Sofia che lo accompagna nei sogni.
Sono passate tre settimane da
quanto Helmut è arrivato. Fin’ora è filato tutto liscio, ma i tempi della sua
guarigione si allungano. Quella ricaduta è stata molto grave, il suo fisico,
anche se giovane, era molto debilitato, e ci è mancato un soffio che il Signore
se lo riprendesse. La ripresa è molto lenta, per fortuna, questa volta ci sono
le medicine giuste. Comprargliele è costato parecchio, i loro pochi risparmi
sono quasi finiti. Speriamo che non venga a mancare il lavoro.
Adriana riprende anche il suo
vecchio lavoro di sarta. E’ sempre stata molto brava ed ora, può ricominciare,
almeno alla sera. E’ vero che è stanca dopo una giornata nei campi, ma c’è
bisogno di denaro e bisogna fare tutti un po’ di sacrifici. Non ci sono molti
soldi che girano, i suoi lavori li può barattare con altre cose che le servono
e, così, inizia.
Lei fa di tutto per non far
venire in casa nessuno. Va lei stessa dalle clienti e cerca di tenerle lontane
dalla sua casa. Devono prestare maggiore attenzione, ora può capitare qualcuno
all’improvviso.
Come in ogni circostanza
della sua vita, anche stavolta, prega ardentemente il Signore, che la protegga
e protegga anche il suo ospite.
I giorni passano lenti
scanditi dalle ore di lavoro. Adriana non si corica mai prima di mezzanotte e
Sofia si dedica con affetto ad Helmut.
Il giovane si sta lentamente
ma costantemente riprendendo. Il colorito è ritornato sulle sue guance ed i
suoi occhi hanno ripreso ad essere vispi.
“Come stai ragazzo?”
“Sto molto meglio signora
Adriana. Anche stavolta le devo molta riconoscenza. Nel mio cuore spero di
riuscire un giorno a ripagarla per tutto quello che sta facendo per me, ma
qualunque cosa riuscirò a fare, non sarà mai abbastanza in confronto a quello
che ha fatto lei.”
“Te lo ripeto ancora una
volta, ragazzo, tutto quello che voglio è farti tornare al più presto alla tua
famiglia, non voglio altro.”
Adriana è stanca, ma non si
lamenta mai. Sofia fa di tutto per aiutarla in casa e con Helmut. Ormai loro
due passano molto tempo insieme, hanno fatto amicizia, si raccontano i loro
sogni, i loro desideri e, più passa il tempo, più fra loro si crea un forte affiatamento.
Oggi è domenica e le due
donne vanno alla Messa. In paese ci sono affissi manifesti per ricordare la
vittoria, il valore dei partigiani, ed il sapore della ritrovata libertà. In
piazza c’è un comizio. Qualcuno è arrivato dalla città per parlare di politica,
ma a loro due, non interessa niente, desiderano solo portare a termine il loro
compito il più in fretta possibile, solo allora si sentiranno veramente libere.
A pranzo, finalmente, oggi
Helmut riesce a mettersi a tavola con loro. E’ ancora molto debole, ma sta
cominciando la ripresa.
Tutte le finestre sono chiuse
e parlano sottovoce. Tengono d’occhio la gatta Camomilla, perché se arriva
qualcuno, lei li sente per prima. Il ragazzo si è rasato e lavato, finalmente
ritorna ad essere un po’ più umano e Adriana, in cuor suo, prega che si
riprenda molto in fretta, perché non sa fino a quando riusciranno a sostenere
questa situazione, ed a vivere costantemente con la paura di essere scoperte e
punite.
E’ il giorno del riposo,
quello dedicato al Signore, ma Adriana non può permettersi di rimanere con le
mani in mano. Prende il suo lavoro e comincia a sistemare abiti e pantaloni, ci
sarà tempo per riposare quando il ragazzo sarà partito.
Nei campi sono tornati a
lavorare anche alcuni uomini, e per le donne il lavoro è diminuito. Adriana
ottiene di lavorare solo di mattina, e sono ben felici di accontentarla, il suo
posto viene preso da un padre di famiglia tornato dalla guerra.
Ora ha più tempo per il
lavoro di sarta e si affatica di meno. Anche per lei gli anni si fanno sentire,
non è più una ragazzina, ha 45 anni compiuti, e si sente molto stanca.
Helmut ha cominciato a
camminare per casa, gira intorno al tavolo. Deve ritrovare le forze, le sue
gambe devono ritornare ad essere agili e forti. Il lungo viaggio di ritorno lo
deve trovare preparato. Sa che Adriana non lo farà partire se non sarà sicura
che potrà farcela, e sa anche, che deve andarsene in fretta, quelle due donne
meritano di tornare ad una vita più serena.
“Ragazzo, mi fai girare la
testa. Perché non vieni a sederti un momento qui vicino a me? Raccontami
qualcosa di te. Intanto che lavoro ti ascolto.”
Mentre guarda Adriana che
cuce con agilità e sveltezza sente per lei un moto di tenerezza e di affetto.
Le prende una mano e la costringe ad alzare gli occhi e a guardarlo. “Grazie”.
Semplicemente una parola per esprimere la sua gratitudine.
“Avanti ragazzo, non farmi
perdere il filo, parlami di te.” Ma i suoi occhi si sono inumiditi, anche lei
prova affetto per lui, ma non glielo dirà mai.
“Sono nato nel 1920, ho una
sorella più giovane. Mio padre lavorava in banca e mia madre insegnava alla
scuola. Anch’io ho studiato, e quando torno a casa, spero di trovare lavoro in
banca o in qualsiasi altro posto. Stavamo bene, non ci è mai mancato niente, ma
Hitler ha cambiato la nostra vita, così come l’ha cambiata a tanti altri.
Durante gli anni che ho combattuto ho visto molte brutte cose e non le
racconterò mai a nessuno, voglio solo dimenticarle. Ho creduto nel nostro Furer
all’inizio, poi ho capito che la guerra è comunque e sempre sbagliata. Spero,
almeno nella mia vita, di non vederne un’altra. Giocavo a calcio, avevo molti
amici, non ho mai avuto una fidanzata, per questo spero, quando tornerò, di
ritrovare una vita semplice, normale, una donna da amare e dei figli da
crescere con amore. Non desidero grandi cose, ma non so nemmeno cosa troverò al
mio ritorno. Spero innanzi tutto di ritrovare mia madre, mio padre, mia sorella
Katia, la mia casa ancora in piedi. Ma
mi basterebbe ritrovare almeno le persone che amo, il resto si può ricostruire.
Parlerò a mia madre di te e Sofia, di quanto siete state meravigliose e di
quello che avete rischiato per uno sconosciuto come me e, spero, che un giorno
ci potremo incontrare e conoscere tutti, questo è il mio più grande desiderio.”
“Ragazzo, il nostro futuro è
nelle mani di Dio. Se vuoi fare davvero qualcosa per me quando sarai tornato a
casa tua, prega, prega per me e per Sofia e comportati bene, così come noi
abbiamo aiutato te, fai altrettanto se incontrerai sulla tua strada chi ne ha
bisogno. Se davvero qualcosa di buono hai imparato da questa vicenda, mettilo a
frutto e pensa un po’ anche a noi. Ora riprendi a camminare e lasciami finire
il mio lavoro.”
I giorni passano, le
settimane si rincorrono. Sono passati due mesi ed Helmut adesso sta molto
meglio.
Sofia sta lavando i piatti
insieme a lui e parlano e ridono come è giusto che due giovani facciano, Le
loro mani si toccano e i loro sensi si accendono. Adriana lancia uno sguardo ai
ragazzi e invoca una preghiera; anche lei ha visto l’attrazione che c’è fra di
loro, ma non può farci niente.
Sono seduti insieme per cena,
le giornate si sono accorciate ed il fresco si fa sentire prima. Helmut dice
che si sente pronto per tornare a casa sua.
Dovrebbe essere un momento
felice, l’hanno tanto desiderato, ma ora, stranamente, ognuno ha nel proprio
cuore un po’ di dolore per l’addio che si avvicina.
“E’ vero, ragazzo. Penso
anch’io che tu sia pronto per il viaggio di ritorno. Dobbiamo organizzare bene
tutto, non possiamo rischiare proprio ora che qualcosa vada storto, ma sappi
che ci mancherai.”
Adriana esce per consegnare
il suo lavoro ed i ragazzi rimangono soli.
E’ un momento triste, sanno
che forse, non si rivedranno mai più.
Helmut si alza e prende fra
le braccia Sofia. La stringe mentre lei piange con il viso schiacciato alla sua
spalla. Non riescono a parlare.
Il viso bagnato di lacrime e
uno sguardo che parla da solo.
Niente era programmato, ma si
ritrovano in camera. E su quel letto, che l’ha visto quasi morto, consumano un
unico e grande atto d’amore. Tenerezza, amicizia, riconoscenza, ma anche amore
c’è stato in quel breve momento. Non potrà più ripetersi un tempo così magico,
per nessuno dei due. Lo sanno bene. Un ultimo e tenero bacio e tutto finisce,
ma tutto comincia.
Si sono ricomposti e
aspettano il rientro di Adriana.
Sono passati alcuni giorni ed
i preparativi per la partenza di Helmut si fanno frenetici. Adriana ha comprato
una tintura per scurire i capelli, ha sistemato alcuni pantaloni e camice in
una sacca, ha preparato del cibo che possa durare qualche giorno e poi si
ricorda della busta di pelle nera, l’aveva completamente dimenticata.
Sposta il mattone mobile del
camino e toglie la busta. La consegna al ragazzo. Dentro ci sono i suoi
documenti, del denaro tedesco e alcune fotografie di casa sua. Sul suolo
italiano dovrà viaggiare in incognito, non può mostrare documenti tedeschi, non
è ancora sicuro. Per questo dovrà camminare di notte almeno finchè arriverà a
Milano, da lì potrà prendere il treno che lo porterà finalmente a casa sua. Il
pericolo maggiore è ancora che qualcuno lo veda e lo riconosca come tedesco, ci
sono ancora tanti esaltati che non aspettano altro che di ammazzare il nemico,
anche se la guerra è finita e non ci sono più “nemici”.
“Allora ragazzo, io penso che
il giorno migliore per partire sia di lunedì notte. La maggior parte delle
persone sta in casa dopo la festa e il giorno pesante di lavoro. Dovrai essere
molto prudente, ne va della tua vita. Viaggerai di notte e dovrai stare
nascosto di giorno. Prima arriverai a Milano, prima sarai al sicuro. Noi ti
diamo del denaro, fanne buon uso perché non è molto, da domani notte in poi, il
tuo futuro torna nelle tue mani, non commettere imprudenze.”
Ecco, è arrivato il momento
tanto desiderato.
Helmut e Sofia si abbracciano
e piangono insieme. “Tornerò, Sofia, ti prometto che tornerò, abbi cura di te,
io non ti dimenticherò mai.”
Ora abbraccia e stringe con
tenero amore anche Adriana.
“Non parlare, ragazzo, non
serve. So già tutto quello che mi serve. Ti do’ la mia benedizione, abbraccia
tua madre e porta i miei saluti a tutta la tua famiglia. Il mio compito è
finito e sono felice di esserci riuscita.”
“Grazie. Non potrò
dimenticarvi mai.”
Un ultimo sguardo a quella
casa così accogliente, a quelle due donne che gli hanno ridato la vita e, con
occhi bagnati si gira di scatto, parte con la nostalgia nel cuore e la felicità
nascente. “Torno a casa, finalmente, ma anche questa è diventata la mia casa”.
E’ l’ultimo pensiero prima di varcare quella soglia, e non si volta più
indietro.
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