AGHATA
P. DIECI
Aghata
provava una grande tristezza mentre indossava la nuova divisa. Sentì bussare
alla porta e una ragazza poco più grande di lei venne per accompagnarla. Si
ritrovò ad attraversare gli stessi corridoi e giunsero nella grande sala dove
la governante dava gli ordini per la giornata.
Quando tutte
se ne furono andate, miss Lorel le si avvicinò e la squadrò da capo a piedi. Sei stata scelta da lady Lucy per servirla e
devo insegnarti alcune cose, cose molto importanti. La donna non aveva mai
il ben che minimo sorriso e istruì la ragazzina su quello che la signora si
aspettava dalle sue cameriere, quello che si doveva e non si doveva fare o
dire. Hai capito bene? Rimarcò la
governante. Aghata assentì col capo. Fu accompagnata nella sala delle cameriere
della lady, fu presentata e lasciata a loro perché la informassero
ulteriormente sui loro compiti.
Aghata fu
affidata alla cameriera più anziana, ma pur sempre giovanissima. Si chiamava
Sara ed era molto bella. Per oggi mi
seguirai in silenzio e osserverai ciò che faccio, poi dovrai fare da sola, a
seconda dei desideri della lady. Strinse le labbra e non aggiunse altro, lì
dentro nessuno sapeva di chi potersi fidare, era un brutto ambiente e nessuna
delle ragazze rimaneva a lungo con quei compiti.
Sara andò in
una piccola cucina fornita di ogni ben di dio e iniziò a preparare la colazione
per la sua signora. Ogni giorno c’era un menu diverso e c’era da sperare che
fosse di gradimento della lady, perché nonostante fosse lei stessa a deciderlo,
molto spesso non gradiva ciò che le veniva servito.
Portarono il
vassoio nel salotto privato della signora. Lady Lucy era davanti allo specchio
mentre una cameriera le stava sistemando i capelli.
Sara e
Aghata, silenziosamente posarono il vassoio e uscirono. Aspettate! Le due ragazze si bloccarono e tornarono davanti alla
loro signora.
Vedo che ora fai parte della mia
servitù personale.
Disse lady Lucy ad Aghata. Spero ti
comporterai bene e mi sarai fedele o conoscerai le celle fredde e inospitali
del palazzo. Fece un cenno con la mano e le due ragazze uscirono.
Oltrepassarono i vari corridoi e raggiunsero la loro postazione.
Cosa voleva dire la signora? Chiese Aghata. L’altra sospirò. A volte, lady Lucy fa richieste molto
particolari e chi non le ubbidisce finisce nelle celle dei sotterranei. Sono
terribili. Alzò lo sguardo sulla sua compagna e Aghata osservò i suoi
occhi: erano tristi e vide e sentì la grande pena che provava. Osservò il suo
cuore e la sua mente, come solo lei sapeva fare e capì quello che provava e
sopportava, sarebbe toccato anche a lei ma non poteva accettarlo. Io non voglio fare quelle cose. Bisbigliò.
Se vuoi sopravvivere dovrai indurire il
cuore, qui sei solo un oggetto in balia dei signori del palazzo, non so cosa tu
abbia fatto per venire scelta da lei in persona, ma non ci trovo niente di
buono. Stai in guardia e comportati come se fossi trasparente, io non potrò
aiutarti in nessun modo. In un gesto di tenerezza, allungò la mano e
accarezzò il viso di Aghata, sospirando al pensiero di quello che poteva succederle,
anzi che le sarebbe successo. Così funzionavano le cose in quella parte di
palazzo. Quel gesto gentile sancì la nascita di una dolce amicizia, anche se
ancora non lo sapevano del tutto.
La prima
giornata passò senza intoppi. Aghata seguiva la sua compagna in silenzio,
cercando di capire ogni cosa e ogni persona. Le ragazze non avevano molto da
fare, in certi momenti riposavano tutte insieme aspettando di essere chiamate
dalla lady. Erano un gruppo di una decina di giovani bellezze, stavano spesso insieme
ma l’aria che si respirava non era delle migliori, ognuna di loro aveva i
propri dolori, le proprie vicissitudini e fra di loro non ne parlavano mai,
troppe volte una parola era stata travisata e riportata per ottenere qualche
privilegio e nessuna si fidava di nessuna, specialmente dall’ultima arrivata
scelta direttamente dalla lady. In questo contesto di omertà e diffidenza
Aghata doveva imparare a vivere e resistere.
I giorni
successivi passarono senza novità. Aghata si affezionava sempre di più a Sara
che era una ragazza dal carattere dolce e sensibile e questa apprezzava
l’indole della sua compagna, discreta e silenziosa.
Nella loro
piccola cucina si davano il turno per mangiare e fu lì che Aghata rivide Ester.
Le si avvicinò e la salutò ma quella fece finta di non vederla. Delusa ritornò
al suo posto. Sara, che aveva assistito alla scena le disse: Ester è la cameriera personale di sir
Cortan, l’unica che può entrare nelle sue stanze e anche l’unica ad essere
accettata dall’uomo. Nemmeno lady Lucy può comandare ad Ester, o almeno fin’ora
non l’ha mai fatto. Non ci fidiamo di lei, sir Cortan non piace a nessuna di
noi e lei non si è mai avvicinata a noi. Aghata pensò a quando la donna
l’aveva curata, alla discrezione che aveva dimostrato e alla lealtà verso il
suo padrone. Lealtà che nessuna delle ragazze presenti sapeva cosa
significasse, non c’era nemmeno una di loro che amava quel posto e chi ci
abitava, non si sentivano parte di niente e di nessuno e vivevano quel tempo
cercando di sopravvivere per poter ritornare a casa, dalle loro famiglie.
Odiavano i signori del palazzo per quelle regole che c’erano e che facevano
rispettare senza scrupoli, avrebbero fatto di tutto per ottenere qualche
privilegio e soprattutto di poter ritornare prima della scadenza a casa loro,
invece molte volte succedeva esattamente il contrario quando i loro genitori
non riuscivano a saldare i loro debiti col palazzo dovevano lasciare le figlie
più a lungo del previsto. Era dolore che si sommava al dolore insieme ad una
grande voglia di ribellione, ma nessuno osava nemmeno pensarlo.
illustrazione di Donatella Casiraghi - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti
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