giovedì 27 dicembre 2018

AGHATA


AGHATA

P. VENTI







Il tempo nella gabbia sembrava non passare mai. Aghata si estraniava e volava col pensiero alla sua terra, alla sua famiglia e aveva anche imparato a volare con i gabbiani sul mare spumoso; spesso mentre sentiva sulla pelle il vento ancora fresco della primavera inoltrata guardava in basso il suo mare, sempre mosso, sempre lo stesso e doveva scacciare la voglia di lasciarsi andare fra le onde e sprofondare nell’acqua salata. Da alcune ore Eve respirava male, lei sapeva che presto la ragazzina sarebbe morta, il suo alito di vita l’aveva già abbandonata. Si alzò dal pagliericcio e si avvicinò alle sbarre che le separavano. Non tentò nemmeno di chiamarla. Iniziò a cantare sottovoce una delle canzoni della loro terra e accompagnò la sua sventurata compagna verso il suo viaggio finale. Cantava e piangeva, stringeva le sbarre e piangeva. Smise di cantare, dal pagliericcio non arrivava più nessun rumore, Eve se n’era andata, innocente fanciulla fra le fauci di quei lord e lady che non avevano cuore. Si rimise a sedere, fra poco sarebbero arrivate le guardie e avrebbero portato via il corpo di Eve, per un attimo desiderò di essere lei stessa morta al suo posto, ancora dieci giorni prima di uscire da quel posto, poteva resistere, si disse, doveva resistere per la sua famiglia.
Sir Cortan venne raggiunto da una delle sue guardie. Capitano, dobbiamo scendere nei sotterranei a prendere il cadavere di una ragazza, dovrebbe venire con noi, alcuni uomini si rifiutano di scendere. Il cuore del capitano si fermò. Sembrava lui stesso diventato di ghiaccio. Si riprese in fretta e seguì la guardia. Più che camminare correva, aveva il fiatone e si maledisse mentalmente di non aver osato scendere a vedere Aghata, ed ora era troppo tardi per la ragazza. Il suo viso si indurì mentre scendeva gli scalini sconnessi, aveva un dolore in mezzo al petto che lo faceva ansimare, la cicatrice gli doleva come non gli succedeva da tempo, si impose la calma ma non ci riuscì.
Raggiunsero le gabbie e sul tavolo un telo copriva il corpo. Sir Cortan si avvicinò al guardiano. Cos’è successo? Il suo tono spaventò quell’uomo avvezzo a tutto. La ragazza è giunta già debilitata, noi l’abbiamo trattata secondo gli ordini, ma si vedeva che non aveva più voglia di vivere, non è colpa nostra, noi eseguiamo gli ordini!
Sir Cortan si avvicinò al tavolo, doveva sollevare quel lurido telo ma le sue mani tremavano. Chiamò il suo soldato e gli ordinò di scoprire il corpo. Era preparato a tutto e quando vide che non si trattava di Aghata fu come se rinascesse, ma chi era quella fanciulla? Dov’era Aghata? Aveva diritto a fare tutte le domande che voleva, era il capitano di tutte le guardie ed era stato chiamato lì. Vieni con me. disse ad una delle sue guardie. Facciamo un’ispezione. I soldati non erano molto contenti di rimanere in quel posto lurido e maleodorante ma il loro capitano aveva dato un ordine e, mentre due uomini avvolgevano il cadavere e legavano il sacco per riportarlo di sopra, il capitano e l’altro soldato iniziarono l’ispezione. Come fanno a resistere qui sotto? Si lasciò sfuggire il sottoposto. Questo posto non dovrebbe esistere da nessuna parte, sono pochi i lord che li tengono ancora in uso, sarebbe ora di chiuderlo anche qui. Passavano in rassegna le gabbie, ne contarono almeno una ventina ma soltanto tre erano occupate. Due uomini e la ragazza, in quella in fondo, lontano da tutto e da tutti. Come sempre era immersa nei suoi sogni e il suo viso trasmetteva le belle sensazioni che stava provando sulla scogliera. Nonostante i capelli arruffati, le vesti stracciate, i piedi nudi e sporca in ogni parte del corpo, agli occhi di sir Cortan sembrò una visione. Tirò un sospiro di sollievo vedendola viva.
Miss Aghata. La chiamò dolcemente. La ragazza non lo sentì nemmeno. Miss Aghata! Ripetè a voce più alta. La voce arrivò alla ragazza che si destò dai suoi sogni e aprì gli occhi. Guardò i due uomini al di là delle sbarre ma non li riconobbe. Miss Aghata, sono io, sir Cortan, mi riconosce? Ci vollero ancora alcuni secondi prima che la mente della ragazza si riprendesse. Guardò i due uomini non sapendo cosa aspettarsi, abbassò il viso e rimase in attesa. Come sta miss Aghata? Era una domanda stupida, si vedeva bene in che condizioni era, ma non era riuscito a tirare fuori altro. Diede ordine al suo soldato di raggiungere gli altri e di aspettarlo.
L’uomo avrebbe voluto tirarla fuori di lì, non sapeva cosa fare. La fanciulla si alzò dal pagliericcio e raggiunse le sbarre. Lei se n’è andata! Eve è morta! Che giustizia è mai questa che tortura e uccide fanciulle innocenti? Come fate a vivere senza rimorsi? Lacrime di dolore e di disperazione scendevano sul suo viso, lasciando solchi sulla sporcizia che lo ricopriva. Il cuore del capitano piangeva per lei e non capiva cosa gli stesse succedendo, non aveva mai provato niente di simile e non seppe riconoscere quello che gli stava nascendo nel cuore. Aghata ritornò sul suo pagliericcio e girò le spalle all’uomo continuando a piangere in silenzio. Sir Cortan era fermo con le mani strette alle sbarre, la sua anima si lacerava: seguire il cuore o le regole di palazzo? La cicatrice gli doleva in modo atroce dalla tensione che lo divorava.
Guardia! Chiamò a gran voce. Apri questa gabbia. L’uomo arrivò di corsa, sapeva che doveva obbedire. Lady Lucy ha dato ordini tassativi per questa giovane, nessuno le ha torto un capello, e possiamo consegnarla solo al capitano della sua scorta. Disse l’uomo. Ho detto di aprire questa gabbia o ti ritroverai con le mani mozzate! Il guardiano era spaventato, non sapeva se avere più paura della lady o del capitano, allora gli consegnò le chiavi e se ne tornò alla sua postazione, lui non voleva averci niente a che fare.
Sir Cortan aprì la gabbia e raggiunse la ragazza. La sollevò fra le braccia, dio quanto era leggera! Raggiunse i suoi uomini che avevano caricato in spalla il cadavere di Eve e risalirono in superficie. Che ne sarà del corpo della mia sventurata compagna? Gli sussurrò all’orecchio. Lui sapeva bene che fine facevano le ragazze che morivano durante il servizio ma non glielo disse. Lei alzò i suoi splendidi occhi sull’uomo che la teneva fra le braccia. E’ inumano quello che fate. E svenne.


illustrazione di Donatella Casiraghi- diritti e proprietà di Milena Ziletti

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