LA PECORA BLU
Il
pastorello osservava il suo gregge. L’estate era alle porte e l’aria era calda
e limpida. Era bello essere in montagna, la solitudine invitava a meditare, a
saper ascoltare il fruscio delle fronde degli alberi, a riconoscere il canto degli
uccelli e guardare il volo solitario in alta quota di un’aquila solitaria.
Aveva
trascorso l’ultimo anno con le sue pecore, le conosceva una per una e aveva
imparato perfino a distinguerle e a riconoscerne le qualità e i difetti.
Seduto sotto
l’albero, all’ombra di fronde ballerine si era tolto il cappello e lasciava che
la brezza mattutina gli accarezzasse i capelli. Chiudeva gli occhi e gli
sembrava di sentire la carezza di una ragazza che il vento portava da molto lontano.
Era giovane
e non aveva mai avuto a che fare con ragazze, il suo mondo era tutto lì, con le
sue pecore, il suo cane e la sua solitudine.
Bevve un
sorso di acqua mentre osservava gli animali al pascolo.
Era un unico
gregge, molto unito, col suo leader e con tutte le altre al seguito. Marella
era la pecora che trascinava tutte quante. Era molto bella e sempre
corteggiata. Il suo pelo era folto e morbido e lei sapeva farsi ascoltare. Il
pastorello aveva imparato da tempo che le pecore erano molto pettegole, oltre a
brucare, ad accoppiarsi, ad allattare non avevano altro da fare.
Marella era
comodamente sdraiata sul prato circondata da tutte le altre. Il cane se ne
stava tranquillo a fare la guardia ma era attento a qualsiasi movimento
sospetto.
Distante dal
gruppo c’era una pecora solitaria. Era nata con problemi alle zampe e aveva il
pelo di uno strano colore bluastro. Era stata subito emarginata dal gruppo,
troppo diversa dal gregge belante.
Era il
principale motivo di pettegolezzo fra le pecore. Il pastorello sorrideva ogni
qual volta capiva quello che le comari si dicevano. Marella si sentiva
importante, tutte pendevano dalle sue labbra e nessuna osava mai darle torto. Tutte
quante deridevano Blunilde, per il suo modo ridicolo di camminare, per il pelo
così arruffato e scuro da sembrare sempre sporco. Bastava che Marella dicesse
qualcosa di perfido contro Brunilde che tutte le altre si accodavano e
rimarcavano ancora di più i suoi difetti. E come se la ridevano mentre Blunilde
si girava dall’altra parte per non far vedere le lacrime del suo dispiacere.
Il
pastorello la chiamò e lei lo raggiunse col suo incedere zoppicante
accompagnato dalle risate di tutto il gregge. La fece sdraiare vicino e
l’accarezzò. Non prendertela per quelle
pettegole. Sono solo un gregge di pecore. Blunilde non lo capiva ma amava
la sua carezza, perfino il cane aveva un debole per lei e quando rimaneva
indietro lui faceva rallentare il gregge e l’aiutava a non perdersi.
Mentre
l’estate si faceva avanti col suo incedere di sole bollente, il gregge venne
preparato per la tosatura. Una alla volta, ogni pecora venne passata dalle mani
abili del tosatore e ognuna ne usciva sconvolta da un trattamento così
indelicato. Erano tutte nude e non erano più così belle. Marella guardava le
altre e rideva di loro non rendendosi conto che anche lei era uguale al gregge.
Le pecore, offese per la cattiveria di Marella nei loro confronti si
allontanarono lasciandola sola.
Si
raggrupparono imbronciate e Louisiana cominciò a spettegolare di Marella e
della sua cattiveria nei loro confronti, non meritavano questo trattamento, le erano
sempre state fedeli, forse si erano sbagliate. Ora avevano un leader diverso e
ripresero quello che sapevano fare.
Marella,
offesa se ne stava da sola. Non capiva cosa le era successo, non poteva.
Sarebbero presto tornate da lei con la coda fra le gambe. Ma il tempo passava,
l’estate si stava spegnendo e i colori dell’oro avevano cominciato a dipingere
la natura.
Ora c’erano
due pecore solitarie in quel gregge ed era ora di tornare all’ ovile in attesa
della primavera. Il gregge raggiunse il ricovero e si insediò nel recinto più
grande e comodo. Marella le raggiunse ma Louisiana chiuse con un calcio il
cancello di legno. Lei si guardò intorno, non sapeva cosa fare. Blunilde aveva
preso posto nel suo piccolo ricovero solitario e si sdraiò aspettando il foraggio.
Marella guardava al gregge e a Blunilde, la sera stava calando e lei non aveva
un posto dove stare.
Il
pastorello entrò con il profumato foraggio e si accorse subito della
situazione. Prese per un orecchio Marella e l’accompagnò nel recinto grande. Dovrai passare l’inverno proprio qui, e
imparerai quanto fanno male le maldicenze. Te lo sei cercato. Raggiunse Blunilde
e le accomodò foraggio e acqua. Le fece una carezza. Il tempo è galantuomo, anche fra le pecore.
Foto dal web
diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti
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