ELOISE
P. 7 E 8
La primavera
si sentiva ovunque. Era stata così improvvisa che aveva colto tutti di
sorpresa. Le donne cominciarono le grandi pulizie e i grandi bucati da stendere
all’aria fresca. Tom aveva molto lavoro e spesso Eloise lo aiutava. Aveva un
innato istinto per la creazione delle lame e suo padre la incoraggiava. Rose
non ne era molto soddisfatta, avrebbe preferito un lavoro più femminile per sua
figlia ma sapeva che Eloise avrebbe fatto solo quello che le piaceva.
La ragazzina
stava sbocciando come la primavere di quell’anno, improvvisa e senza preavviso.
Il suo corpo si modellava ogni giorno e prendeva forme sinuose e davvero
armoniose. Sua madre si chiedeva da chi avesse preso tanta bellezza e come
sarebbe stato bello se fosse stata accompagnata da altrettanta grazie femminile.
Era un maschiaccio e non si curava del suo aspetto. Amava cavalcare e a
malincuore aiutava suo padre.
I papaveri
sfogliavano i leggeri petali rossi al passaggio di Beatrice ed Eloise.
Finalmente poteva ritornare al castello e non vedeva l’ora di leggere il diario
che aveva trovato, o che si era fatto trovare.
Il terreno
si era asciugato, la neve era solo un ricordo e gli uccelli avevano nidificato
fra le brecce dei muri pericolanti.
Lasciò
Beatrice e raggiunse di corsa il pozzo. Tirò un sospiro di sollievo: tutto era
come lo aveva lasciato. Si avvicinò al bordo e tolse le pietre che coprivano la
scatola, le tremavano le mani mentre la apriva e il profumo di rosa era tutto
intorno a lei.
Con molta
delicatezza alzò la copertina rosa del quaderno. Il ritratto della bambina,
alla luce del sole splendente era ancora più bello. La piccola non poteva avere
più di un anno e sorrideva vicino ad un gattino. Chiunque avesse fatto quel
ritratto era davvero bravo. Passò alla pagina successiva. Un altro ritratto,
questa volta di un uomo che sembrava austero, dal cipiglio aggrottato. Folti
baffi incorniciavano labbra carnose e stava seduto osservando lontano. Doveva
essere stato in posa e si vedeva bene che era una fatica. Eloise lo osservava
in ogni dettaglio. La pagina successiva era dedicata ad una donna
sull’altalena, aveva fiori nei capelli e un sorriso incantevole. Avvicinò la
pagina per osservarla meglio e vide che i fiori disegnati erano tutte rose. Era
facile capire che quella era la famiglia che aveva abitato il castello.
Le due
pagine successive erano scritte elegantemente. Eloise si chiese se dovesse
leggere quelle pagine scritte sul diario di una sconosciuta, ma non potè
resistere. Si mise seduta in terra ed iniziò a leggere.
10 giugno 1531
Oggi è un giorno meraviglioso. La mia
piccola Eleonor compie un anno e sono orgogliosa di lei. Reginald non lo vuole
ammettere ma stravede per lei. Abbiamo passato tempi durissimi e sono felice
che, finalmente possiamo godere di un poco di tranquillità e di serenità. Sono
riuscita a ritrarre la mia piccola e mio marito (per me è il mio vero marito) e
sono soddisfatta del risultato. Ho eseguito il mio autoritratto per completare
la famiglia, una madre, un padre una figlia e tanto amore.
Non voglio pensare al passato, ma è
ancora troppo vivo e attuale, anche se è il presente che conta e il futuro ci
attende radioso. E’ stata ben strana la vita con me. Obbligata a sposare un
uomo che non amavo, violento e ubriacone mi sembrava di essere costretta in una
prigione, senza sbarre è vero, ma peggio che essere incatenata al ceppo. Rob
aveva pagato i miei genitori e mi aveva portata via. Non li ho mai perdonati
per questo. Ci siamo sposati subito e non ho più avuto la possibilità di
andarmene: ero sua e poteva farmi ciò che voleva.
Oh! Ricordo quella notte, quando sono
fuggita. Era tornato dalla locanda ubriaco e cattivo. Io mi ero nascosta in
cucina, lui mi chiamava, urlava e brandiva un bastone, sapevo che mi avrebbe
fatto del male.
Fuori scoppiò un furioso temporale.
Tuoni e fulmini come non ne avevo mai sentito. Rob si avvicinava al mio
nascondiglio ed io ero terrorizzata. Avevo paura dei temporali, fin da piccola
ma ancora di più avevo paura di quello che mi poteva fare mio marito. Un colpo
di vento spalancò la porta, era un segno. Con un balzo uscii dal mio
nascondiglio e corsi fuori nella bufera.
In pochi minuti ero fradicia. Non
riuscivo a vedere ad un passo. Il vento ululava e i tuoni rimbombavano come
cannoni in battaglia. I lampi squarciavano il buio e vidi mio marito che mi
stava raggiungendo. Barcollava ma non mollava il bastone che aveva in mano.
Urlava il mio nome ma il vento lo portava lontano. Anch’io devo andare lontano,
pensai. Ora o mai più. Cominciai a correre verso il bosco, senza sapere dove
andassi e senza curarmi di niente altro che di mettere la maggior distanza da
quell’uomo. Corsi a lungo, non so nemmeno per quanto e poi caddi sfinita. Non
sentivo più niente, forse ero morta e ne ero felice.
Fu un tiepido panno sulla fronte che mi
risvegliò. Non ero morta, e in quel momento cominciai a piangere lacrime
silenziose. “E’ al sicuro, ora.” Era una voce maschile, sconosciuta. Mi stavo
risvegliando ed ero consapevole di essere nuda in un letto. Il cuore cominciò a
martellarmi nel petto. Avevo paura di essere nelle mani di un altro uomo
cattivo. L’uomo si accorse della mia agitazione e si sedette sul bordo del
letto. “E’ al sicuro. Non deve avere paura, anche se mi accorgo che deve essere
terrorizzata. Sono lord Reginald Popper e lei si trova nel mio capanno di
caccia. Posso sapere il suo nome e perché era svenuta davanti alla mia porta?”
Aprii gli occhi e vidi il viso più
bello che avessi mai visto. Una dolcezza nello sguardo che mi catturò
all’istante, io mi innamorai di Reginald ancora prima di dirgli il mio nome. “Mi
chiamo Sara e non voglio essere trovata.”
Lo sconosciuto si alzò e mi girò le
spalle. “Si vesta, i suoi abiti si sono asciugati”. Era di poche parole, lo
sarebbe sempre stato. Avrei voluto fargli un milione di domande ma abituata ad
obbedire lo feci anche in quel frangente. Fuori era tornato il sole, ero
stupita, non mi ero resa conto di quanto avessi dormito. Uno splendido cavallo
ci aspettava. Con gesto deciso mi aiutò a salire in sella e poi si mise alle
mie spalle. Percorremmo sentieri che io non conoscevo, mi sentivo così bene
stretta fra le sue braccia. “Mi chiamo Reginald Popper. Lord Popper. Disse di
nuovo. Sono sicuro che nel mio palazzo troveremo qualcosa per lei. Non abbia
timore.” Cavalcammo per almeno un paio d’ore prima di intravedere il suo
palazzo. Spalancai la bocca dallo stupore, era immenso. Entrammo e ci venne
incontro lo stalliere. “Ron, avvisa la governante di raggiungermi nel mio
studio, e accompagna la signora negli alloggi della servitù.” Mi fece un timido
sorriso e si allontanò.
Iniziai così una nuova vita. Mi
vennero dati abiti e istruzioni sul lavoro che dovevo svolgere. Passarono quasi
due mesi e la mia vita era davvero cambiata. Pensavo spesso al mio salvatore,
il mio cuore era colmo d’amore per lui anche se non lo avevo più visto. Parlai
alla governante e le chiesi se potevo avere un incontro col lord, volevo
ringraziarlo di persona. Mi disse che avrebbe provveduto ma di non farmi troppe
illusioni. Alludeva alla mia infatuazione, lo aveva capito benissimo. Passarono
tre settimane prima che un servitore del lord venisse a cercarmi. Io non ci
speravo più, ero sicura che mi avesse dimenticata. Mi accompagnò dal suo e mio
padrone, bussò e mi fece entrare prima di chiudere la porta.
Lord Popper era seduto ad una grande
scrivania e leggeva alcuni fogli. “Sono subito da lei.” Disse senza alzare gli
occhi. Io ero immobile con le mani che mi sudavano, lo rivedevo dopo tre mesi
ed era più affascinante che mai. Mi chiesi se avesse una moglie, dei figli e
cercai di darmi un contegno. Ero solo una serva, una donna che aveva salvato
per pietà e non dovevo farmi illusioni. Passarono pochi minuti e mise nel
cassetto quello che aveva letto. Alzò lo sguardo e finalmente mi guardò.
Indossavo un semplice abito che mi ero cucita da sola, non avevo fatto in tempo
a sistemarmi i capelli come avrei voluto ed ero immobile sotto il suo sguardo
che mi metteva soggezione. Si alzò e mi venne vicino. “Sono contento di vedere
che si è adattata, so che ha voluto vedermi.” Io ero impacciata. “Sono qui per
ringraziarla, senza di lei avrei fatto una brutta fine, in tutti i sensi.” E
senza rendermene conto gli raccontai tutto. Mi ascoltò in silenzio senza
staccare lo sguardo da me. Versò da bere in due bicchieri e me ne porse uno.
Non smetteva di fissarmi ed io non potevo fare a meno di arrossire. “Lei è una
donna bellissima”. Mi disse. In quel momento ricordai che mi aveva spogliata e
chissà quanto tempo aveva passato a guardare il mio corpo nudo. Con gesto
delicato mi alzò il mento, era talmente vicino il suo viso al mio che sentivo
il suo fiato caldo che mi accarezzava. “Perché ha aspettato così tanto a venire
da me?” Soffiarono le sue labbra. Io ero confusa, non capivo. Mi tolse il
bicchiere di mano e lo posò sul mobile, aveva occhi bellissimi, tutto di lui
era bellissimo ed io mi sentivo sciogliere e avevo paura che lui lo capisse.
Era molto serio, allungò le sue mani e mi accarezzò i seni. “Li ricordo molto
bene questi seni. Così come ricordo le sue lacrime mentre era priva di sensi.
Completamente nuda nel mio letto mi ha lasciato senza fiato, ma io sono un uomo
per bene e non avrei mai fatto niente che potesse offenderla. Ma ora è qui,
sveglia e perfettamente cosciente.” Io ero col fiato corto e chiusi gli occhi.
Mi prese per mano e oltrepassammo una porta. La sua camera da letto era lì, col
letto rifatto. “Solo se lo vuoi anche tu”. Mi disse. Non riuscivo a parlare e
feci solo cenno con la testa. Mi spogliò con estrema gentilezza, una sensazione
che non avevo mai provato nella vita. Lo lasciai fare e mi ritrovai nuda
davanti a lui che si spogliava. Non eravamo due ragazzini e non tergiversammo
nemmeno un attimo in più del necessario. Passammo le due ore successive
scoprendo una passione e un accordo totale fra i nostri corpi e le nostre
menti. Non mi importava quello che sarebbe venuto dopo, ma in quel momento ero
una donna fra le braccia di un uomo, un uomo che desideravo. Mi decisi ad
alzarmi e a rivestirmi, avevo passato i più bei momenti della mia vita e glielo
dissi, sicura che tutto sarebbe finito lì, visto che avevo soddisfatto il suo
desiderio oltre al mio. “Non puoi andartene così, il destino ci ha fatti
incontrare e non ho nessuna intenzione di lasciarti andare via.” Cominciò così
la nostra storia, col tempo mi raccontò che si era innamorato di me quella
notte che mi aveva spogliata, che non si era mai sposato e che ora aveva capito
il perché: aspettava me. Non fu facile la nostra vita, io ero una donna
sposata, ma lui era un lord e aveva il re dalla sua parte. Ci assegnarono
questo castello e ci trasferimmo prima che nascesse Eleonor. Non fui mai più
felice di così.
Eloise si
accorse di avere gli occhi lucidi. Era entrata nell’intimità di una coppia e
nella loro vita. Ora osservava quello che era rimasto di quel castello, della
loro dimora, solo macerie e un fantasma che non lo voleva abbandonare. Perché
non se ne era andata col suo uomo e la sua bambina? Cosa le impediva di
lasciare quei ruderi e raggiungere i suoi amori?
Lei era una
ragazzina ma sapeva che al posto della signora non avrebbe abbandonato il suo
amore.
Alzò lo
sguardo e cercò il fantasma ma c’era solo un grande profumo di rose. Perché sei qui? Cosa posso fare per te? Chiese al vento. E il vento le rispose
facendole cadere il quaderno. Lo raccolse e una pagina si strappò, era l’ultima
pagina del diario. Un bellissimo disegno raffigurava un cavaliere e una
damigella con alle spalle il castello nel suo pieno splendore. La damigella era
circondata da tante rose e tutto ispirava ad un grande amore, e un’altra bella
immagine era stata disegnata sul lato opposto.
Eloise era
giovane ma capì immediatamente quel ritratto: tutto sarebbe ricominciato in
quel castello, l’amore sarebbe ritornato e lei avrebbe potuto raggiungere i
suoi cari, solo quando il vero amore avesse di nuovo abitato quelle mura.
Chissà quando succederà! Disse Eloise. Ripose tutto come lo
aveva trovato e tornò verso casa, aveva promesso a sua madre di raccontarle la
storia. Beatrice la raggiunse e galopparono verso casa.
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