ELOISE
P. VENTIRE E VENTIQUATTRO
Cavalcavano
silenziosi, ognuno di loro aveva un motivo personale per arrivare in fretta.
Sostarono
per la notte, mangiando quello che avevano nelle sacche, i quattro uomini
aspettavano che il loro capo parlasse.
Sir Power li
chiamò più vicini a sé. Oliver, Allen,
Leroi, Steven vi comunico che da questo momento siete la mia guardia personale.
La mia fiducia è riposta solo in voi e avete la mia vita nelle vostre mani.
Dovrete fare attenzione e aiutarmi a tenere tutto sotto controllo, ho paura che
il pericolo non sia rimasto a palazzo reale. Finchè non scoprirò il motivo e il
mandante di chi mi vuole morto non possiamo abbassare le difese. Sta a voi
organizzare i turni di guardia, riferirete solo a me. Avete capito? Disse
loro con fare serio. I suoi uomini assentirono. Allen sarà il vostro capitano ma ognuno di voi avrà grandi
responsabilità. Aggiunse.
Non
servivano altre parole, si distesero per dormire.
Era metà
maggio quando arrivarono sulla terra di sir Power. Era una mattina luminosa,
senza nuvole. Il viaggio era proseguito senza intoppi e, finalmente erano quasi
arrivati al castello.
In
lontananza si vedevano spire di fumo salire dal villaggio di baracche. I cinque
uomini spronarono i cavalli per coprire l’ultimo tratto il più veloce
possibile.
Finalmente,
arrivarono in prossimità del castello. Si fermarono stupiti. La muraglia
difensiva era quasi terminata. Parecchi uomini stavano lavorando alacremente e,
per la prima volta, sir Power entrò nel suo castello dalla volta principale,
che ancora non aveva il portone. Sentì una forte emozione mentre osservava gli
uomini al lavoro, il re aveva mantenuto la parola, come sempre, e i lavori
erano molto più avanti di quello che si aspettava.
In sella al
suo cavallo osservava con estrema fierezza la sua proprietà e anelava il
momento in cui fosse pronta ad accogliere la sua sposa.
Lasciò
liberi i suoi uomini, che sapevano cosa fare e raggiunse la baracca dei
responsabili dei lavori. Erano tre uomini piuttosto giovani ma con esperienza e
capacità, furono felici di rivedere il loro capo, avevano parecchie questioni
da sottoporgli. La giornata terminò che lui non aveva ancora raggiunto la sua
baracca. Stanco ma felice si sdraiò sulla branda e si addormentò davvero
soddisfatto.
Ci vollero
alcuni giorni prima che potesse lasciare i lavori e uscire in perlustrazione
nel suo territorio. Due dei suoi uomini lo accompagnavano. I campi erano stati
lavorati con estrema perizia e decise di lasciare liberi i contadini di
continuare senza ordini e senza costrizioni. Si fidava di quella gente, la sua
gente.
La vide per
primo. Su una lieve altura la ragazzina era in groppa alla sua cavalla nera.
Era ferma e aveva lo sguardo puntato al castello. Gli sarebbe piaciuto
immensamente sapere cosa le passava per la mente. Incurante del divieto era sul
suo territorio ma lei, nonostante lo avesse visto e riconosciuto non
abbandonava la sua postazione. I suoi uomini lo guardavano aspettando un
ordine, ci sarebbe voluto poco per allontanarla. Rimanete qui, vado da lei, e ci vado da solo. Disse loro mentre già
si allontanava.
Mentre le si
avvicinava notò i capelli spettinati e il viso arrossato, doveva essere
arrivata da poco. Affiancò il suo cavallo a quello della ragazzina mentre lei
non aveva ancora distolto lo sguardo dal castello.
Buongiorno, Eloise. Sei ancora entro
i confini che ti sono preclusi, lo sai vero? Le disse in finto tono mieloso.
La ragazzina
non rispose e rimase a fissare in lontananza il castello, che ormai non si
vedeva più da quando la muraglia era stata costruita.
L’uomo la
osservava, avrebbe pagato per leggerle nei pensieri, poi si accorse delle
lacrime che le rigavano le guance e si intenerì, dopo tutto era poco più di una
bambina.
Qualcosa ti turba, ragazzina? Le chiese in modo educato. Lei girò
il viso e lo fulminò con lo sguardo. Fu come ricevere una stilettata per l’uomo
che non si aspettava un simile trattamento. La guardò con occhi spalancati, dio
ma quanto tempo era che non la vedeva? Possibile che in così poco tempo fosse
così cambiata? Ora erano occhi di uomo che osservavano una fanciulla nel pieno
della sua giovinezza e sentì uno strappo al cuore, doveva ammetterlo: era
bellissima.
Era turbato,
anche se non ne capiva il motivo. Come la volta precedente, la ragazzina girò
il cavallo, gli passò vicino per andarsene, ma prima di allontanarsi, si voltò che tu sia maledetto, sir Power.
Spronò
Beatrice e partì al galoppo con i capelli al vento. Il cavaliere rimase qualche
attimo come sospeso poi spronò il suo cavallo e cercò di raggiungerla. Non fu
facile riuscire ad affiancare Beatrice, Eloise era davvero un’ottima
cavallerizza. Riuscì a bloccarla, scese da cavallo e prese le redini della
cavalla nera.
Era
arrabbiato, con se stesso e con lei che lo aveva maledetto, aveva il diritto di
conoscerne il motivo. Eloise ansimava dalla corsa frenetica e cercava di
strattonare la cavalla per allontanarsi dall’uomo che aveva cominciato ad
odiare.
Si può sapere che ti prende,
ragazzina? Che modi sono? Le disse arrabbiato.
Lo sguardo
di Eloise era come fuoco vivo, se fosse stata una strega l’uomo sarebbe morto
incenerito all’istante e lui se ne rese conto.
La stai facendo soffrire. Gli disse soltanto. E con un ultimo
strattone liberò le briglie e galoppò velocemente verso casa.
Il cavaliere
risalì in sella con la mente in subbuglio. Non si capacitava di quanto era
appena successo. Era vero che non avevano mai legato, ma lui era un uomo e lei
una bambina. Si soffermò col pensiero su Eloise, doveva ammetterlo che non era
più una bambina, ma una splendida fanciulla che stava sbocciando ed era davvero
molto bella.
Immerso nei
suoi pensieri raggiunse i suoi uomini e continuarono la loro perlustrazione.
Molti
contadini, sia uomini che donne lavoravano la terra con passione e i frutti che
raccoglievano erano lì a dimostrare quanto quella gente amasse il territorio.
Si accorse che mentre passava le chiacchiere venivano interrotte, e se non
fosse stato per gli sguardi poco amichevoli che riceveva non ci avrebbe fatto
caso.
Chiese ai
suoi uomini di raggiungerlo nella sua baracca. Versò per tutti una coppa di
vino. Credo che vi siate accorti che non
abbiamo ricevuto una buona accoglienza, e quello che mi ha detto quella
mocciosa mi ha fatto riflettere. C’è qualcosa che non va ed io non voglio
turbare la mia gente senza saperne nemmeno il motivo, voglio che siano liberi e
felici per quanto posso loro concedere. Oliver, tu sei il più estroverso di
tutti, va nei villaggi e cerca di capire quello che succede. Sono sicuro che
tornerai con la risposta. Ora al lavoro. E li congedò.
Sir Power
raggiunse i responsabili dei lavori e aggiunse delle variazione ai disegni che
gli avevano sottoposto. Uscì e si diresse al pozzo dove Eloise aveva fatto
cadere qualcosa ma ormai non lo poteva più recuperare. Era ubicato in mezzo ad
un piccolo pezzo di terra incolta e doveva essere abbattuto e chiuso per far
posto ad altro. In quel momento sentì il profumo di rosa e si rammentò del
fantasma. Alzò lo sguardo sulle rovine che lo circondavano e gli parve di
vedere qualcosa, era impossibile che, se davvero esisteva un fantasma si
sarebbe fatto vedere di giorno, e poi lui non ci credeva proprio.
Nella
bottega del fabbro il lavoro non mancava, era il periodo di maggior lavoro e
per tutta l’estate sarebbe stato così. Eloise stava ferrando un cavallo e il
sudore le scendeva copioso. Indossava una camicia senza maniche e pantaloni
sotto al ginocchio quando entrò Oliver.
Tom lo
raggiunse, era un forestiero e loro avevano sempre timore di chi non
conoscevano. Il nuovo venuto si presentò e chiese dove trovare una taverna, si
guardò intorno senza dare nell’occhio e se ne andò.
Ad Oliver
non era sfuggito niente, la ragazzina non lo aveva degnato di uno sguardo ma
lui l’aveva osservata bene, si era accorto della bellezza acerba che stava germogliando,
decise che sarebbe tornato ancora nei paraggi, era la prima ragazza che vedeva
in quel posto e gli sarebbe piaciuto conoscerla meglio.
Rose chiamò
sua figlia e gli altri, aveva preparato una bibita fresca per tutti e un dolce.
Chi era lo straniero? Chiese al
marito. Un uomo di sir Power, cercava
solo la taverna. Le rispose. Eloise mangiava in silenzio, suo padre e sua
madre non capivano più la loro figlia, da un po’ di tempo era taciturna più del
solito, avrebbe avuto bisogno di trovare qualche amica o amico, qualcuno con
cui passare del tempo, invece lei quando aveva del tempo libero sellava
Beatrice e spariva per delle ore. Ormai avevano smesso di preoccuparsi per lei
anche se sua madre capiva che c’era qualcosa che la turbava.
Trascorsero
alcuni giorni prima che Eloise avesse il permesso di andarsene con Beatrice.
Era giorno di festa e tutti lo rispettavano.
Andava al
passo in sella alla cavalla, faceva caldo e non c’era nessuno in giro, tutti
amavano stare nelle proprie case al fresco ogni volta che potevano. Raggiunse
uno dei suoi posti preferiti, una piccola ansa del fiume dove l’acqua era bassa
e limpida. Era nascosta al sentiero da alberi folti e raggiungerla era
difficoltoso, per questo doveva tenere Beatrice per le briglie e andare a
piedi. Lasciò la cavalla, si tolse le scarpe e immerse i piedi nell’acqua. Era
davvero piacevole, incurante di tutto si sedette nell’acqua e si sdraiò,
lasciando che i capelli seguissero il suo leggero ondeggiare. Aveva gli occhi
chiusi. Pensava a quello che era successo durante i lavori al castello. Si
irrigidì pensando al padrone di quel posto che non aveva rispetto per niente,
lei ci aveva provato a parlare con i responsabili ma non aveva mai potuto
nemmeno raggiungerli, era sempre stata respinta, e l’ultima volta le guardie
l’avevano insultata e strattonata. Erano gli ordini del loro padrone, lei lo
sapeva, le aveva proibito di mettere piedi vicino al castello, ma lei non lo
aveva ascoltato.
Ora si
limitava ad osservare dall’altura dove lui l’aveva scoperta, non riusciva più a
distinguere niente dei ruderi che l’avevano accolta da piccola e che aveva
imparato a conoscere col tempo. Il fantasma aveva bisogno di essere protetto,
ma nessuno la voleva ascoltare, così che spesso, di notte tutti i villaggi nei
dintorni, sebbene distanti ne sentivano i lamenti, e lei più di tutti.
Si accorse
che un’ombra aveva oscurato il cielo. Aprì gli occhi e vide grosse nuvole che
arrivavano quasi correndo. In distanza si vedevano già i lampi e i tuoni
arrivavano soffusi.
Si rialzò
bagnata fradicia, raggiunse la riva sassosa e cercò di strizzare l’acqua dai
vestiti. Un vento piuttosto freddo le fece venire la pelle d’oca. Raggiunse
Beatrice e le salì in groppa, non avrebbe fatto in tempo a raggiungere casa ma
sapeva dove potersi riparare.
La grotta
verde, così chiamata per le pareti ricoperte di muschio era poco distante, la
raggiunse ed entrò con la cavalla, avrebbero atteso che il temporale passasse.
Dall’apertura
si sentiva il vento ululare e la pioggia battere con forza contro la roccia. La
sorprese vedere entrare un uomo a cavallo, lo riconobbe appena scese dalla
sella. Era l’uomo di sir Power che aveva chiesto informazioni a suo padre.
Chiedo scusa, signorina, ma fuori
sembra che si sia scatenato l’inferno. Le disse gentilmente.
C’è posto anche per lei, ma non si
avvicini. Le
rispose.
L’uomo le
sorrise e si sedette al lato opposto.
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