giovedì 13 settembre 2018

ELOISE


ELOISE

P. 13 E 14



Il lavoro alla fucina di Tom si era ridimensionato. Il cavaliere gli aveva inviato un messaggio e lo richiedeva al castello.
Novembre era iniziato sotto la neve, i vecchi dicevano che quell’inverno sarebbe stato terribilmente freddo, con tanta neve e ghiaccio e di solito non sbagliavano.
Tom aveva sellato il suo cavallo e, sotto una sottile nevicata andò al castello per la prima volta da quando ci era arrivato tanti anni prima.
Varie baracche mandavano fumo grigio dai camini, avevano fatto un gran lavoro a prepararle, dovevano avere un grande esperto a dirigere i lavori, certamente il re non aveva lesinato nemmeno su questo.
Raggiunse la baracca del cavaliere e fu accompagnato all’interno. Il cavaliere stesso e altri due uomini stavano discutendo curvi su grandi fogli e piuttosto animatamente. Tom rimase in disparte in attesa di parlare col cavaliere.
Ci vollero parecchi minuti prima che sir Power si decidesse a raggiungerlo. Venga con me, Tom, raggiungiamo la fucina, voglio il suo parere, ho paura che ci sia qualcosa che non va.
La neve aveva cominciato ad allargare le sue ali, ora il nevischio si era trasformato in una nevicata davvero intensa. Del fumo nero usciva dalla fucina dove tre uomini stavano litigando fra di loro. Si zittirono appena si accorsero dei nuovi venuti.
Tom si guardò intorno con occhio esperto, mentre il cavaliere parlava con i suoi fabbri. Vide subito quello che non andava e ne parlò con loro. Il cavaliere era soddisfatto e consegnò una borsa con delle monete a Tom. Accetti questa ricompensa, se l’è meritata, senza il suo valido aiuto non avremmo risolto il problema. La chiamerò di nuovo quando avrò bisogno, spero che possa venire. Lo salutò frettolosamente e ritornò nella sua baracca.
Tom riprese la strada del ritorno mentre dal cielo grossi fiocchi intensificavano il loro danzare.
Rose lo aspettava con del vino caldo e la cena pronta. Com’è andato il tuo viaggio? Gli chiese la moglie. E’ stato proficuo. Rispose mettendo sul tavolo la borsa col denaro. Stanno facendo un gran bel lavoro. Sono sicuro che dopo il disgelo verranno gettate le fondamenta e in men che non si dica si alzeranno muri molto in fretta. Sono davvero in tanti ed hanno validi esperti in ogni settore. Riferì Tom.
Eloise continuava a mangiare senza intervenire nel discorso. Non aveva più nominato né il cavaliere né il castello da quando ne era stata allontanata, ed era diventata più silenziosa.
Rose e Tom la osservavano cercando di insinuarle qualche curiosità su quello che l’uomo aveva visto, ma lei se ne rimase zitta.
Arrivò l’inverno all’improvviso, così come all’improvviso era arrivata la primavera. Non era ancora finito novembre ma il freddo aveva già ghiacciato la neve e l’acqua dei ruscelli. I lavori da fare erano davvero pochi e la luce del giorno durava poche ore. Tom lavorava solo alcune ore al giorno, il freddo era talmente intenso che non resisteva molto nemmeno nella fucina riscaldata dal fuoco.
Arrivò anche il tredicesimo compleanno di Eloise. Sua madre la osservava con occhi colmi d’amore, si era fatta davvero una gran bella ragazza, era sbocciata come un prato a primavera e il suo viso aveva perso la spensieratezza di bambina che l’aveva sempre accompagnata. Si era alzata in statura e superava sua madre, le sue forme erano ancora un po’ acerbe ma entro la primavera tutto il suo corpo avrebbe gridato al mondo la sua nuova e splendida femminilità. Peccato, sospirava sua madre, che mentre il suo corpo fioriva lei rimanesse sempre un gran maschiaccio.
Fu un inverno tremendo. Molti anziani e bambini cagionevoli di salute si ammalarono e morirono. La guaritrice del villaggio era chiamata in continuazione mentre la gente moriva.
Eloise curava la sua cavalla e quella del padre, si teneva impegnata aiutando i più anziani e soli del villaggio ma non dava confidenza a nessuno. Era una ragazzina seria, e sorrideva poco, e ancor meno parlava. I suoi genitori erano preoccupati del cambiamento ma non sapevano cosa fare. Aveva già alcuni ragazzi che le facevano la corte ma lei sapeva come dissuaderli.
Fu un inverno davvero duro, ma come sempre la primavera tornò col suo canto di uccelli e prati verdi.
La prima mattina tiepida, Eloise sellò Beatrice e finalmente potè cavalcare sentendo tutta la felicità che le dava.
Raggiunse il confine delle terre intorno al castello. Il profumo di rosa lo sentiva anche a casa, nella sua stanza ma qui, all’aria aperta era molto più gradevole.
Si fermò ad osservare quel gruppo di baracche e di uomini e donne che si muovevano velocemente. Erano lontani ma si vedeva che ferveva una grande attività lavorativa.
Accarezzò Beatrice che si stava innervosendo per la prolungata inattività. Calma, amica mia, voglio solo dare uno sguardo ai ruderi del castello, non lo rivedrò mai più così.
Il cappuccio del mantello le si era abbassato e i capelli lunghi e scompigliati le ricadevano sulle spalle come riccioli che sembravano fatti apposta.
Guarda chi si rivede. Ti avevo detto di starne lontana! Sentì la voce dietro le spalle.
Eloise girò Beatrice e si mise di fronte al cavaliere.
L’uomo spalancò gli occhi, se non fosse stato per la cavalla non avrebbe riconosciuto quella splendida giovinetta.
Eloise, alzò il mento, spronò la cavalla e ritornò sui suoi passi. Passò di fianco a sir Power senza staccargli gli occhi dal viso, senza dire nemmeno una parola.
L’uomo rimase immobile ad osservarla mentre si allontanava. Era sbocciata una splendida creatura e sentì un tuffo al cuore.




La primavera aveva riportato la voglia di fare e di lavorare. I camini erano ancora accesi ma quella gente era abituata a quel clima e avevano cominciato a darsi da fare.
Al castello i lavori erano iniziati e ogni istante di luce veniva sfruttato per il lavoro. Erano più di un centinaio di uomini e una ventina di donne, tutti sempre impegnati nelle loro attività. Tre sovrintendenti dirigevano le varie fasi lavorative e il cavaliere osservava ogni cosa con la speranza che si abbreviassero i tempi dei lavori.
Sir Power era abbastanza soddisfatto e chiamò i tre capi. Devo assentarmi per un po’, la mia presenza è richiesta dal re e devo riferire dei lavori che state facendo. Parto tranquillo lasciandovi il compito di continuare il più alacremente possibile.
Era una splendida mattina di inizio aprile quando sir Power, lasciò la sua terra, non senza un misto di dispiacere e felicità di rivedere la sua futura sposa.
Cavalcava insieme ad altri quatto uomini che lo avevano seguito anche in passato, uomini dei quali si fidava. Il viaggio era piuttosto lungo e loro molto silenziosi. Non si risparmiavano ore infinite e dure di strada, erano avvezzi ad ogni scomodità ma ora potevano concedersi di sostare nelle locande lungo la strada, evitando il più possibile il duro terreno all’aperto.
Erano a metà strada, stanchi e affamati. Il villaggio che incontrarono era piuttosto grande e trovarono una stalla per i cavalli e una locanda per loro. Seduti al tavolo mangiavano guardandosi intorno. Alcune serve li osservavano con occhi rapaci, cercando di portarsi a letto qualcuno di loro per racimolare qualche moneta.
La più avvenente si avvicinò a sir Power e gli si sedette sulle ginocchia. Vuoi compagnia, stanotte, bel cavaliere? Gli sussurrò all’orecchio. L’uomo era piuttosto stanco e non aveva proprio né voglia né intenzione di sollazzarsi mentre la sua fidanzata lo aspettava. Cercati un altro, io voglio solo dormire. Le rispose serio.
Finalmente, dopo giorni passati all’addiaccio poteva dormire in un letto. Non perse tempo nemmeno a spogliarsi, si tolse solo gli stivali e si sdraiò. Il sonno lo colse subito e sognò. Sognò una ragazzina su un cavallo nero che galoppava ridendo di lui, lui che teneva il suo cuore in mano per donarglielo e lei che lo rifiutava gettandolo alle ortiche. Si svegliò di soprassalto. Cosa gli stava succedendo? Eloise era solo una ragazzina, poco più di una bambina e lui era promesso sposo ad una donna bellissima, scelta niente meno che dal re in persona per lui. Cercò di riportare alla mente il viso di Mariclaire e ci volle un bello sforzo per riuscirci. La differenza fra le due era abissale: la prima giovane, spontanea, senza l’educazione che solo l’alta società può dare, senza peli sulla lingua, la seconda semplicemente bellissima, con modi perfetti e sempre gentile con tutti, al limite dell’adulazione. Lui la conosceva poco ma aveva passato del tempo con lei quando il re gliela aveva presentata e ne era stato immediatamente conquistato. Allora perché pensava ad una ruvida ragazzina?
Si alzò irritato con se stesso. Scese a colazione e i suoi uomini videro subito che era di cattivo umore. Mangiarono  in silenzio e ripartirono.
Gli ultimi due giorni di viaggio furono lunghi e stancanti, poi arrivarono al palazzo del re e poterono riposare mentre sir Power veniva accolto nell’ala dei nobili.
L’etichetta di corte era rigida e formale, lui non la amava particolarmente, era un uomo d’azione ma sapeva come comportarsi anche ora. Gli assegnarono una stanza, due cameriere e potè finalmente avere le comodità che da tempo gli mancavano.
Mangiò da solo aspettando di venire convocato. Bussarono alla porta e un paggio del re lo accompagnò nel salone per la cena. Aveva indossato abiti eleganti. Quella mocciosa non mi riconoscerebbe! Pensò. Poi si irritò con se stesso per il pensiero che la sua mente aveva formulato.
Alcune persone a lui sconosciute erano in attesa del re per mettersi a tavola, lui si unì a loro rimanendo in silenzio.
Pochi minuti e il re apparve con al suo fianco Mariclaire. Gli occhi del cavaliere si accesero, era uno splendore. Bellissima, tutta perfetta dall’abito ai capelli e il sorriso era una gioia per chi la guardava.
Sir Power, le affido miss Mariclaire. Disse il re porgendo la mano della donna al suo fidato cavaliere. Poi seguirono il re e si sedettero al grande tavolo mentre la cena veniva servita.
La donna sorrideva e aveva maniere impeccabili. Guardava con occhi sognanti il suo futuro sposo che, non avvezzo a tanto formalismo parlava poco.
Va tutto bene, mio signore? Gli disse con voce suadente. L’uomo le restituì lo sguardo e, finalmente le sorrise. Sono molto felice di rivederla, miss Mariclaire, non vedo l’ora di poterla portare al mio castello come mia sposa. Il sorriso della donna era tirato, ma nessuno se ne accorse, sapeva bene come comportarsi, soprattutto sotto lo sguardo attento del re.
Un paggio si avvicinò a sir Power dicendogli che il re lo avrebbe ricevuto la mattina successiva a colazione, qualcuno sarebbe andato a prenderlo alle dieci.
Fu una serata di chiacchiere vuote e di sorrisi falsi. Miss Mariclaire chiese al suo fidanzato di accompagnarla sul balcone per una boccata d’aria, finalmente erano soli.
Qualcosa la turba, mio signore? Gli chiese col suo tono più dolce. Il suo profumo era intenso, troppo intenso per i suoi gusti, ma il cavaliere le sorrise. Sono solo stanco, ma sono felice di rivederla e passare del tempo con la mia futura sposa. Non so quanto il re mi tratterrà a corte e spero di avere tempo di stare un po’ in sua compagnia. Le rispose.
Come sua altezza deciderà. Gli rispose rientrando.
Il re si era già ritirato e anche gli altri poterono lasciare il salone. I paggi accompagnarono tutti nelle proprie stanze e sir Power si cambiò d’abito e raggiunse i suoi uomini.


foto dal web- diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

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