ELOISE
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Il lavoro
alla fucina di Tom si era ridimensionato. Il cavaliere gli aveva inviato un
messaggio e lo richiedeva al castello.
Novembre era
iniziato sotto la neve, i vecchi dicevano che quell’inverno sarebbe stato
terribilmente freddo, con tanta neve e ghiaccio e di solito non sbagliavano.
Tom aveva
sellato il suo cavallo e, sotto una sottile nevicata andò al castello per la
prima volta da quando ci era arrivato tanti anni prima.
Varie
baracche mandavano fumo grigio dai camini, avevano fatto un gran lavoro a
prepararle, dovevano avere un grande esperto a dirigere i lavori, certamente il
re non aveva lesinato nemmeno su questo.
Raggiunse la
baracca del cavaliere e fu accompagnato all’interno. Il cavaliere stesso e
altri due uomini stavano discutendo curvi su grandi fogli e piuttosto
animatamente. Tom rimase in disparte in attesa di parlare col cavaliere.
Ci vollero
parecchi minuti prima che sir Power si decidesse a raggiungerlo. Venga con me, Tom, raggiungiamo la fucina,
voglio il suo parere, ho paura che ci sia qualcosa che non va.
La neve
aveva cominciato ad allargare le sue ali, ora il nevischio si era trasformato
in una nevicata davvero intensa. Del fumo nero usciva dalla fucina dove tre
uomini stavano litigando fra di loro. Si zittirono appena si accorsero dei
nuovi venuti.
Tom si
guardò intorno con occhio esperto, mentre il cavaliere parlava con i suoi
fabbri. Vide subito quello che non andava e ne parlò con loro. Il cavaliere era
soddisfatto e consegnò una borsa con delle monete a Tom. Accetti questa ricompensa, se l’è meritata, senza il suo valido aiuto
non avremmo risolto il problema. La chiamerò di nuovo quando avrò bisogno,
spero che possa venire. Lo salutò frettolosamente e ritornò nella sua
baracca.
Tom riprese
la strada del ritorno mentre dal cielo grossi fiocchi intensificavano il loro
danzare.
Rose lo
aspettava con del vino caldo e la cena pronta. Com’è andato il tuo viaggio? Gli chiese la moglie. E’ stato proficuo. Rispose mettendo sul
tavolo la borsa col denaro. Stanno facendo
un gran bel lavoro. Sono sicuro che dopo il disgelo verranno gettate le
fondamenta e in men che non si dica si alzeranno muri molto in fretta. Sono
davvero in tanti ed hanno validi esperti in ogni settore. Riferì Tom.
Eloise
continuava a mangiare senza intervenire nel discorso. Non aveva più nominato né
il cavaliere né il castello da quando ne era stata allontanata, ed era
diventata più silenziosa.
Rose e Tom
la osservavano cercando di insinuarle qualche curiosità su quello che l’uomo
aveva visto, ma lei se ne rimase zitta.
Arrivò
l’inverno all’improvviso, così come all’improvviso era arrivata la primavera.
Non era ancora finito novembre ma il freddo aveva già ghiacciato la neve e
l’acqua dei ruscelli. I lavori da fare erano davvero pochi e la luce del giorno
durava poche ore. Tom lavorava solo alcune ore al giorno, il freddo era
talmente intenso che non resisteva molto nemmeno nella fucina riscaldata dal
fuoco.
Arrivò anche
il tredicesimo compleanno di Eloise. Sua madre la osservava con occhi colmi
d’amore, si era fatta davvero una gran bella ragazza, era sbocciata come un
prato a primavera e il suo viso aveva perso la spensieratezza di bambina che
l’aveva sempre accompagnata. Si era alzata in statura e superava sua madre, le
sue forme erano ancora un po’ acerbe ma entro la primavera tutto il suo corpo
avrebbe gridato al mondo la sua nuova e splendida femminilità. Peccato,
sospirava sua madre, che mentre il suo corpo fioriva lei rimanesse sempre un
gran maschiaccio.
Fu un
inverno tremendo. Molti anziani e bambini cagionevoli di salute si ammalarono e
morirono. La guaritrice del villaggio era chiamata in continuazione mentre la
gente moriva.
Eloise
curava la sua cavalla e quella del padre, si teneva impegnata aiutando i più
anziani e soli del villaggio ma non dava confidenza a nessuno. Era una
ragazzina seria, e sorrideva poco, e ancor meno parlava. I suoi genitori erano
preoccupati del cambiamento ma non sapevano cosa fare. Aveva già alcuni ragazzi
che le facevano la corte ma lei sapeva come dissuaderli.
Fu un
inverno davvero duro, ma come sempre la primavera tornò col suo canto di
uccelli e prati verdi.
La prima
mattina tiepida, Eloise sellò Beatrice e finalmente potè cavalcare sentendo
tutta la felicità che le dava.
Raggiunse il
confine delle terre intorno al castello. Il profumo di rosa lo sentiva anche a
casa, nella sua stanza ma qui, all’aria aperta era molto più gradevole.
Si fermò ad
osservare quel gruppo di baracche e di uomini e donne che si muovevano
velocemente. Erano lontani ma si vedeva che ferveva una grande attività
lavorativa.
Accarezzò
Beatrice che si stava innervosendo per la prolungata inattività. Calma, amica mia, voglio solo dare uno
sguardo ai ruderi del castello, non lo rivedrò mai più così.
Il cappuccio
del mantello le si era abbassato e i capelli lunghi e scompigliati le
ricadevano sulle spalle come riccioli che sembravano fatti apposta.
Guarda chi si rivede. Ti avevo detto
di starne lontana! Sentì
la voce dietro le spalle.
Eloise girò
Beatrice e si mise di fronte al cavaliere.
L’uomo
spalancò gli occhi, se non fosse stato per la cavalla non avrebbe riconosciuto
quella splendida giovinetta.
Eloise, alzò
il mento, spronò la cavalla e ritornò sui suoi passi. Passò di fianco a sir
Power senza staccargli gli occhi dal viso, senza dire nemmeno una parola.
L’uomo
rimase immobile ad osservarla mentre si allontanava. Era sbocciata una
splendida creatura e sentì un tuffo al cuore.
La primavera
aveva riportato la voglia di fare e di lavorare. I camini erano ancora accesi
ma quella gente era abituata a quel clima e avevano cominciato a darsi da fare.
Al castello
i lavori erano iniziati e ogni istante di luce veniva sfruttato per il lavoro.
Erano più di un centinaio di uomini e una ventina di donne, tutti sempre
impegnati nelle loro attività. Tre sovrintendenti dirigevano le varie fasi
lavorative e il cavaliere osservava ogni cosa con la speranza che si
abbreviassero i tempi dei lavori.
Sir Power
era abbastanza soddisfatto e chiamò i tre capi. Devo assentarmi per un po’, la mia presenza è richiesta dal re e devo
riferire dei lavori che state facendo. Parto tranquillo lasciandovi il compito
di continuare il più alacremente possibile.
Era una
splendida mattina di inizio aprile quando sir Power, lasciò la sua terra, non
senza un misto di dispiacere e felicità di rivedere la sua futura sposa.
Cavalcava
insieme ad altri quatto uomini che lo avevano seguito anche in passato, uomini
dei quali si fidava. Il viaggio era piuttosto lungo e loro molto silenziosi.
Non si risparmiavano ore infinite e dure di strada, erano avvezzi ad ogni
scomodità ma ora potevano concedersi di sostare nelle locande lungo la strada,
evitando il più possibile il duro terreno all’aperto.
Erano a metà
strada, stanchi e affamati. Il villaggio che incontrarono era piuttosto grande
e trovarono una stalla per i cavalli e una locanda per loro. Seduti al tavolo
mangiavano guardandosi intorno. Alcune serve li osservavano con occhi rapaci,
cercando di portarsi a letto qualcuno di loro per racimolare qualche moneta.
La più
avvenente si avvicinò a sir Power e gli si sedette sulle ginocchia. Vuoi compagnia, stanotte, bel cavaliere?
Gli sussurrò all’orecchio. L’uomo era piuttosto stanco e non aveva proprio né
voglia né intenzione di sollazzarsi mentre la sua fidanzata lo aspettava. Cercati un altro, io voglio solo dormire.
Le rispose serio.
Finalmente,
dopo giorni passati all’addiaccio poteva dormire in un letto. Non perse tempo
nemmeno a spogliarsi, si tolse solo gli stivali e si sdraiò. Il sonno lo colse
subito e sognò. Sognò una ragazzina su un cavallo nero che galoppava ridendo di
lui, lui che teneva il suo cuore in mano per donarglielo e lei che lo rifiutava
gettandolo alle ortiche. Si svegliò di soprassalto. Cosa gli stava succedendo?
Eloise era solo una ragazzina, poco più di una bambina e lui era promesso sposo
ad una donna bellissima, scelta niente meno che dal re in persona per lui.
Cercò di riportare alla mente il viso di Mariclaire e ci volle un bello sforzo
per riuscirci. La differenza fra le due era abissale: la prima giovane,
spontanea, senza l’educazione che solo l’alta società può dare, senza peli
sulla lingua, la seconda semplicemente bellissima, con modi perfetti e sempre
gentile con tutti, al limite dell’adulazione. Lui la conosceva poco ma aveva
passato del tempo con lei quando il re gliela aveva presentata e ne era stato
immediatamente conquistato. Allora perché pensava ad una ruvida ragazzina?
Si alzò
irritato con se stesso. Scese a colazione e i suoi uomini videro subito che era
di cattivo umore. Mangiarono in silenzio
e ripartirono.
Gli ultimi
due giorni di viaggio furono lunghi e stancanti, poi arrivarono al palazzo del
re e poterono riposare mentre sir Power veniva accolto nell’ala dei nobili.
L’etichetta
di corte era rigida e formale, lui non la amava particolarmente, era un uomo
d’azione ma sapeva come comportarsi anche ora. Gli assegnarono una stanza, due
cameriere e potè finalmente avere le comodità che da tempo gli mancavano.
Mangiò da
solo aspettando di venire convocato. Bussarono alla porta e un paggio del re lo
accompagnò nel salone per la cena. Aveva indossato abiti eleganti. Quella mocciosa non mi riconoscerebbe! Pensò.
Poi si irritò con se stesso per il pensiero che la sua mente aveva formulato.
Alcune
persone a lui sconosciute erano in attesa del re per mettersi a tavola, lui si
unì a loro rimanendo in silenzio.
Pochi minuti
e il re apparve con al suo fianco Mariclaire. Gli occhi del cavaliere si
accesero, era uno splendore. Bellissima, tutta perfetta dall’abito ai capelli e
il sorriso era una gioia per chi la guardava.
Sir Power, le affido miss Mariclaire. Disse il re porgendo la mano della
donna al suo fidato cavaliere. Poi seguirono il re e si sedettero al grande
tavolo mentre la cena veniva servita.
La donna
sorrideva e aveva maniere impeccabili. Guardava con occhi sognanti il suo
futuro sposo che, non avvezzo a tanto formalismo parlava poco.
Va tutto bene, mio signore? Gli disse con voce suadente. L’uomo
le restituì lo sguardo e, finalmente le sorrise. Sono molto felice di rivederla, miss Mariclaire, non vedo l’ora di
poterla portare al mio castello come mia sposa. Il sorriso della donna era
tirato, ma nessuno se ne accorse, sapeva bene come comportarsi, soprattutto
sotto lo sguardo attento del re.
Un paggio si
avvicinò a sir Power dicendogli che il re lo avrebbe ricevuto la mattina
successiva a colazione, qualcuno sarebbe andato a prenderlo alle dieci.
Fu una
serata di chiacchiere vuote e di sorrisi falsi. Miss Mariclaire chiese al suo
fidanzato di accompagnarla sul balcone per una boccata d’aria, finalmente erano
soli.
Qualcosa la turba, mio signore? Gli chiese col suo tono più dolce. Il
suo profumo era intenso, troppo intenso per i suoi gusti, ma il cavaliere le
sorrise. Sono solo stanco, ma sono felice
di rivederla e passare del tempo con la mia futura sposa. Non so quanto il re
mi tratterrà a corte e spero di avere tempo di stare un po’ in sua compagnia. Le
rispose.
Come sua altezza deciderà. Gli rispose rientrando.
Il re si era
già ritirato e anche gli altri poterono lasciare il salone. I paggi
accompagnarono tutti nelle proprie stanze e sir Power si cambiò d’abito e
raggiunse i suoi uomini.
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