ELOISE
P. 3 E 4
Si erano
allontanati velocemente, in silenzio. Guardarono spuntare l’alba dorata insieme
per la prima volta, era estate e iniziarono il loro viaggio.
Ci vollero
parecchi giorni prima che Rose si sbloccasse e si decidesse a parlare. Era
muta, aveva una lesione ad un orecchio che era completamente sordo, ci sentiva
a malapena dall’altro. Aveva trent’anni e la sua famiglia l’aveva allontanata
ancora da piccola proprio per i suoi problemi. Sapeva leggere le labbra, poteva
sforzarsi e dire qualche parola ma la sua voce era così terribile che
spaventava.
Tom le
sorrideva, e le spiegò quella che era la sua vita, poteva stare con lui e se
avesse voluto poteva lasciarla dove voleva. Lei gli stinse la mano. Era il
primo uomo che le dimostrava rispetto, quella notte fecero l’amore e non si
lasciarono più.
Erano
trascorsi due anni, Rose rimase incinta e quando nacque Eloise decisero che
dovevano cambiare vita. Cercavano un posto dove vivere tranquilli, dove ci
fosse del lavoro, ma fin’ora non erano stati fortunati.
Ed ora si
trovavano in un castello. Sorrise Tom ripensando a quello che aveva detto a sua
moglie siamo un re e una regina ben
sapendo che il loro futuro era molto incerto ma che nessuno li avrebbe potuti
separare. Lui era un uomo di quarant’anni pieno di salute e di voglia di
lavorare, era sicuro che prima o poi avrebbero trovato un nido anche loro.
Gli sarebbe
piaciuto sapere la storia di quel castello diroccato, doveva avere una storia,
nessuno abbandona un tale posto lasciandolo abbandonato.
Rose e
Eloise dormivano, lui si alzò e uscì in perlustrazione. Quelle mura lo
affascinavano. La neve aveva smesso di cadere e il vento si era calmato, le sue
orme erano state cancellate e sorrise, si sentiva un fantasma. A quel pensiero
ricordò quello che aveva visto o sognato, ora sapeva che si trattava di un
fantasma, sicuramente frutto della sua mente e si mise a ridere facendo
scappare alcuni piccioni sonnacchiosi.
Camminava
rasente ai muri con un bastone tastava il terreno, non voleva cadere in qualche
voragine. Varcò una porta che non c’era più e si trovò in una grande stanza,
una volta doveva essere una stalla. Attaccate al muro alcune travi erano
ricoperte da una varietà incredibile di piccioni. Non gli fu difficile
catturarne quattro, li spennò e li pulì passando la neve fresca dentro e fuori.
Tornò felice dalle sue donne. Immerse i piccioni nel paiolo insieme ai fagioli,
sarebbe stata una bella sorpresa quella sera, avrebbero avuto carne per cena.
Passarono
così diversi giorni, non potevano mettersi in viaggio con quel freddo, e si
stavano abituando a quella stanza.
Finalmente
la bufera passò, la neve smise di cadere e un timido sole cominciò a sciogliere
i cumuli di neve.
Presto potremo ripartire. Raggiungere
il villaggio e vedere se c’è posto per noi o continuare la nostra ricerca. Le disse Tom.
Rose gli
prese il braccio e, con gesti e poche parole gli chiese di aspettare ancora
qualche giorno, le strade non erano facili e Astor era vecchio. Tom le diede
retta.
I giorni
passavano tutti uguali e Tom non amava l’inattività. Le scorte di cibo erano
terminate e dovevano partire.
La mattina
di quel fine febbraio si presentò limpida e fredda. Il carro era già stato caricato
e il cavallo già imbrigliato. Rose prese posto con Eloise sotto il telone e
partirono.
Rose
guardava il castello che si allontanava e le parve di vedere qualcosa, strizzò
gli occhi, una velatura sembrava stare sul portone diroccato e li guardava tristemente.
Scosse la
testa, sentì un profumo di rose, era impossibile in quella stagione. Si strinse
la piccola al petto e lasciò che Tom facesse quello che serviva.
Erano in
viaggio da un paio d’ore e non avevano incontrato nessuno. Le ruote del carro
non facevano nessun rumore sulla neve fresca che ancora non si era sciolta del
tutto. Alcuni corvi volavano alti e sembravano anime nere nel bianco ammantato
del paesaggio.
Tom sentì un
lamento e fermò il cavallo per ascoltare meglio. Non c’erano dubbi, qualcuno si
stava lamentando. Scese dal carro e seguì la voce. Una vecchia era caduta nel
fosso e si teneva aggrappata alla radice di un albero ma non ce la faceva più a
reggersi. Tom la prese per le mani e la riportò sulla strada.
Grazie, pensavo proprio di morire là
sotto. Gli disse. Mi può accompagnare a casa? E’ la prima che
trovi sulla strada. Era fradicia e tremava. Tom prese una coperta e gliela
mise sulle spalle, arrivarono in fretta a destinazione.
La vecchia
batteva i denti e non aveva la forza di camminare. Rose la prese per mano e le
aprì la porta. C’era un bel tepore, e un buon profumo di cibo che cuoceva sul
fuoco. Rose si guardò intorno, come le sarebbe piaciuto una casetta così.
Fermatevi con me, ho del cibo pronto.
Così mi posso sdebitare. Vivo da sola e un po’ di compagnia è quello che ci
vuole. Disse loro.
Tom e Rose
si guardarono, poteva essere un segno del destino e accettarono. Mise il carro
e Astor nella stalla e Rose aiutò la vecchia a togliersi gli abiti fradici.
Che buon profumo di rosa che hai. Le disse. Mi ricorda tanto il vecchio castello, ma voi non potete conoscerlo. Rose
la guardò meravigliata. Avrebbe tanto voluto saperne di più ma Eloise cominciò
a lamentarsi e lei raggiunse sua figlia per allattarla.
Tom
osservava la stalla, grande e trascurata e un’officina con vari attrezzi sporchi
e arrugginiti. Era una fucina e un’officina di maniscalco, tutto lasciato nella
polvere e nel degrado. Una scintilla gli accese il cuore, sarebbe stato bello
riportare all’antico splendore quel posto, lui era un ottimo fabbro e
forgiatore di lame. Ah se avesse potuto! Rientrò in casa, sua moglie aveva
finito di allattare Eloise e la vecchia aveva preparato la tavola.
C’era una
bella atmosfera mentre mangiavano e un piacevole caldo. La piccola si era
addormentata.
Rose
cominciò a sparecchiare. Non vi ho ancora
ringraziato. Sarei morta se voi non foste passati. Con questo gelo nessuno esce
di casa se non per estrema necessità. Mi chiamo Lea, voi da dove venite? Chiese
la vecchia.
Tom guardò
Rose. Noi viviamo da nomadi, sul nostro
carro, ma ora che c’è la bimba vorremmo trovare un posto dove fermarci. Sono un
buon lavoratore e spero di riuscirci. Conosce qualcuno che ha bisogno di un
buon fabbro? Rose era di spalle e non sentiva quanto i due si dicevano.
Da quando il mio povero marito è
morto non c’è nessuno che ha preso il suo posto. Perché non rimanete e
riavviate l’attività? C’è ancora tutto l’occorrente. Lea era speranzosa, le sarebbe
piaciuto avere compagnia per l’ultimo tratto della sua vita.
Tom si alzò
e prese sua moglie per un braccio. La fece sedere accanto a lui e le riferì la
conversazione. Mentre le parlava gli occhi di Rose si illuminavano, l’atmosfera
di quella casupola le era entrata subito nel cuore. L’uomo le strinse la mano e
le sorrise mentre Lea li osservava.
Per noi va bene. Le disse Tom. Rose la aiuterà coi lavori di casa ed io mi metterò d’impegno a far
rinascere la fucina. Lea era felice, quella giornata che poteva essere
l’ultima della sua vita era diventata una splendida giornata. Si alzò e prese
una bottiglia di vino e tre bellissime coppe. Brindiamo alla nostra nuova vita.
Iniziarono
la loro convivenza. Tom era impegnato a rimettere a posto l’officina e Astor
riposava tranquillo lì vicino. In casa non c’era molto da fare ma Eloise teneva
occupata Rose e Lea, la stavano viziando e lei cresceva amata.
Con la bella
stagione tutto cambiò. L’officina era pronta, il lavoro cominciava ad arrivare,
Rose amava lavorare nell’orto e nel piccolo giardino mentre Lea si occupava di
Eloise.
Com’era
cambiata la loro vita da quando avevano lasciato il castello.
L’estate era
arrivata e il sole bruciava, nei campi erano in molti a lavorare e Tom aveva
molto da fare. Lea e Rose erano in casa con Eloise. Un leggero profumo di rose
si sparse per la stanza. Se ne accorsero entrambe. Lea guardò Rose.
Voi siete stati al castello, avete
visto che non è rimasto quasi niente. Una volta era abitato, mia madre mi
raccontava quello che si tramandava nei discorsi dei vecchi. Ci vivevano dei
signori parenti del re, ma che nessuno andava mai in visita. Avevano servi e
braccianti, possedevano parecchia terra e bestiame. Erano una coppia che viveva
isolata. Si racconta che la donna fosse sposata con un altro uomo quando scappò
col parente del re. L’autorità del sovrano non poteva essere messa in
discussione, nessuno sa come fecero ad ottenere castello e terre ma ne
divennero i padroni. Ebbero una figlia, Eleonor. C’era un bellissimo roseto che
la signora curava personalmente, amava le rose e ne aveva di rare qualità.
Vissero per alcuni anni molto discretamente, tutti sapevano che se non fosse
stato per l’autorità del sovrano la chiesa li avrebbe scomunicati, ma nessuno
osava andare contro il volere del re, nemmeno la chiesa che avrebbe perso molte
donazioni. Era estate quando successe. Il marito della signora non si era mai
rassegnato e l’aveva cercata. Era accecato dalla rabbia e dal disonore. Riuscì
ad entrare nel castello insieme ad alcuni servi e per un po’ di tempo si
confuse con loro. Vedeva sua moglie ogni giorno, felice con la sua bambina e
col suo compagno che tutti ritenevano suo marito. Più osservava la loro
felicità più la sua rabbia aumentava. Un giorno, la seguì nel roseto. Nessuno
conosce quello che successe in quel frangente, ma si suppone che ci fu una
scenata e che accorsero alcune guardie ad allontanare l’uomo. Avrebbe potuto
essere imprigionato ma la donna non aveva cuore affinchè suo marito soffrisse
ancora e convinse il suo compagno a lasciarlo andare. Fu un tragico errore, mia
cara. Un uomo accecato dalla rabbia, dalla gelosia e dall’odio è sempre molto
pericoloso. Tornò di notte, ora che conosceva il castello nessuno se ne
accorse. Appiccò vari focolai e diede fuoco al castello. Fu una tragedia,
morirono tante brave persone. Il signore del castello rimase talmente ustionato
che si buttò nel pozzo per non soffrire. La sua donna vide la scena, teneva fra
le braccia la loro figlia e, in un impeto di pazzia si buttò nel pozzo con lei
e raggiunse il suo uomo. Morirono tutti in quel pozzo mentre fuori l’incendio
divampava e nessuno riusciva a domarlo. Alla fine non rimasero che ruderi e
ceneri. Sono passati tanti anni ma nessuno è mai venuto a reclamare la terra e
il castello, così gli abitanti del posto hanno cominciato a coltivarla mandando
le decime al sovrano. Dopo alcuni mesi cominciarono a nascere delle storie. Si
dice che passando di notte da quelle parti si possa vedere il fantasma della
donna, lo definiscono il fantasma rosa perché è sempre accompagnato dal profumo
di rosa. La gente ha cominciato a far fiorire storie e leggende e si dice che lei
non se andrà fino a quando l’amore non tornerà in quel castello, ma come hai
potuto vedere il castello non esiste più e il regno è passato ad un altro
sovrano. E chissà se c’è qualcosa di vero in tutta la storia. Il fantasma rosa
è diventato ormai una leggenda, più nessuno lo vede da anni. A volte mi chiedo
quanto di vero ci sia in tutta la storia. Tu che ne dici, mia cara? Lea osservava Rose che aveva gli
occhi sgranati. Io l’ho vista, anche Tom
l’ha vista. Riuscì a dire. Allora
siete due persone fortunate.
Nessun commento:
Posta un commento