giovedì 6 settembre 2018

ELOISE


ELOISE
P. 3 E 4


Si erano allontanati velocemente, in silenzio. Guardarono spuntare l’alba dorata insieme per la prima volta, era estate e iniziarono il loro viaggio.
Ci vollero parecchi giorni prima che Rose si sbloccasse e si decidesse a parlare. Era muta, aveva una lesione ad un orecchio che era completamente sordo, ci sentiva a malapena dall’altro. Aveva trent’anni e la sua famiglia l’aveva allontanata ancora da piccola proprio per i suoi problemi. Sapeva leggere le labbra, poteva sforzarsi e dire qualche parola ma la sua voce era così terribile che spaventava.
Tom le sorrideva, e le spiegò quella che era la sua vita, poteva stare con lui e se avesse voluto poteva lasciarla dove voleva. Lei gli stinse la mano. Era il primo uomo che le dimostrava rispetto, quella notte fecero l’amore e non si lasciarono più.
Erano trascorsi due anni, Rose rimase incinta e quando nacque Eloise decisero che dovevano cambiare vita. Cercavano un posto dove vivere tranquilli, dove ci fosse del lavoro, ma fin’ora non erano stati fortunati.
Ed ora si trovavano in un castello. Sorrise Tom ripensando a quello che aveva detto a sua moglie siamo un re e una regina ben sapendo che il loro futuro era molto incerto ma che nessuno li avrebbe potuti separare. Lui era un uomo di quarant’anni pieno di salute e di voglia di lavorare, era sicuro che prima o poi avrebbero trovato un nido anche loro.
Gli sarebbe piaciuto sapere la storia di quel castello diroccato, doveva avere una storia, nessuno abbandona un tale posto lasciandolo abbandonato.
Rose e Eloise dormivano, lui si alzò e uscì in perlustrazione. Quelle mura lo affascinavano. La neve aveva smesso di cadere e il vento si era calmato, le sue orme erano state cancellate e sorrise, si sentiva un fantasma. A quel pensiero ricordò quello che aveva visto o sognato, ora sapeva che si trattava di un fantasma, sicuramente frutto della sua mente e si mise a ridere facendo scappare alcuni piccioni sonnacchiosi.
Camminava rasente ai muri con un bastone tastava il terreno, non voleva cadere in qualche voragine. Varcò una porta che non c’era più e si trovò in una grande stanza, una volta doveva essere una stalla. Attaccate al muro alcune travi erano ricoperte da una varietà incredibile di piccioni. Non gli fu difficile catturarne quattro, li spennò e li pulì passando la neve fresca dentro e fuori. Tornò felice dalle sue donne. Immerse i piccioni nel paiolo insieme ai fagioli, sarebbe stata una bella sorpresa quella sera, avrebbero avuto carne per cena.
Passarono così diversi giorni, non potevano mettersi in viaggio con quel freddo, e si stavano abituando a quella stanza.
Finalmente la bufera passò, la neve smise di cadere e un timido sole cominciò a sciogliere i cumuli di neve.
Presto potremo ripartire. Raggiungere il villaggio e vedere se c’è posto per noi o continuare la nostra ricerca. Le disse Tom.
Rose gli prese il braccio e, con gesti e poche parole gli chiese di aspettare ancora qualche giorno, le strade non erano facili e Astor era vecchio. Tom le diede retta.
I giorni passavano tutti uguali e Tom non amava l’inattività. Le scorte di cibo erano terminate e dovevano partire.
La mattina di quel fine febbraio si presentò limpida e fredda. Il carro era già stato caricato e il cavallo già imbrigliato. Rose prese posto con Eloise sotto il telone e partirono.
Rose guardava il castello che si allontanava e le parve di vedere qualcosa, strizzò gli occhi, una velatura sembrava stare sul portone diroccato e li guardava tristemente.
Scosse la testa, sentì un profumo di rose, era impossibile in quella stagione. Si strinse la piccola al petto e lasciò che Tom facesse quello che serviva.
Erano in viaggio da un paio d’ore e non avevano incontrato nessuno. Le ruote del carro non facevano nessun rumore sulla neve fresca che ancora non si era sciolta del tutto. Alcuni corvi volavano alti e sembravano anime nere nel bianco ammantato del paesaggio.
Tom sentì un lamento e fermò il cavallo per ascoltare meglio. Non c’erano dubbi, qualcuno si stava lamentando. Scese dal carro e seguì la voce. Una vecchia era caduta nel fosso e si teneva aggrappata alla radice di un albero ma non ce la faceva più a reggersi. Tom la prese per le mani e la riportò sulla strada.
Grazie, pensavo proprio di morire là sotto. Gli disse. Mi può accompagnare a casa? E’ la prima che trovi sulla strada. Era fradicia e tremava. Tom prese una coperta e gliela mise sulle spalle, arrivarono in fretta a destinazione.
La vecchia batteva i denti e non aveva la forza di camminare. Rose la prese per mano e le aprì la porta. C’era un bel tepore, e un buon profumo di cibo che cuoceva sul fuoco. Rose si guardò intorno, come le sarebbe piaciuto una casetta così.
Fermatevi con me, ho del cibo pronto. Così mi posso sdebitare. Vivo da sola e un po’ di compagnia è quello che ci vuole. Disse loro.
Tom e Rose si guardarono, poteva essere un segno del destino e accettarono. Mise il carro e Astor nella stalla e Rose aiutò la vecchia a togliersi gli abiti fradici.
Che buon profumo di rosa che hai. Le disse. Mi ricorda tanto il vecchio castello, ma voi non potete conoscerlo. Rose la guardò meravigliata. Avrebbe tanto voluto saperne di più ma Eloise cominciò a lamentarsi e lei raggiunse sua figlia per allattarla.



Tom osservava la stalla, grande e trascurata e un’officina con vari attrezzi sporchi e arrugginiti. Era una fucina e un’officina di maniscalco, tutto lasciato nella polvere e nel degrado. Una scintilla gli accese il cuore, sarebbe stato bello riportare all’antico splendore quel posto, lui era un ottimo fabbro e forgiatore di lame. Ah se avesse potuto! Rientrò in casa, sua moglie aveva finito di allattare Eloise e la vecchia aveva preparato la tavola.
C’era una bella atmosfera mentre mangiavano e un piacevole caldo. La piccola si era addormentata.
Rose cominciò a sparecchiare. Non vi ho ancora ringraziato. Sarei morta se voi non foste passati. Con questo gelo nessuno esce di casa se non per estrema necessità. Mi chiamo Lea, voi da dove venite? Chiese la vecchia.
Tom guardò Rose. Noi viviamo da nomadi, sul nostro carro, ma ora che c’è la bimba vorremmo trovare un posto dove fermarci. Sono un buon lavoratore e spero di riuscirci. Conosce qualcuno che ha bisogno di un buon fabbro? Rose era di spalle e non sentiva quanto i due si dicevano.
Da quando il mio povero marito è morto non c’è nessuno che ha preso il suo posto. Perché non rimanete e riavviate l’attività? C’è ancora tutto l’occorrente. Lea era speranzosa, le sarebbe piaciuto avere compagnia per l’ultimo tratto della sua vita.
Tom si alzò e prese sua moglie per un braccio. La fece sedere accanto a lui e le riferì la conversazione. Mentre le parlava gli occhi di Rose si illuminavano, l’atmosfera di quella casupola le era entrata subito nel cuore. L’uomo le strinse la mano e le sorrise mentre Lea li osservava.
Per noi va bene. Le disse Tom. Rose la aiuterà coi lavori di casa ed io mi metterò d’impegno a far rinascere la fucina. Lea era felice, quella giornata che poteva essere l’ultima della sua vita era diventata una splendida giornata. Si alzò e prese una bottiglia di vino e tre bellissime coppe. Brindiamo alla nostra nuova vita.
Iniziarono la loro convivenza. Tom era impegnato a rimettere a posto l’officina e Astor riposava tranquillo lì vicino. In casa non c’era molto da fare ma Eloise teneva occupata Rose e Lea, la stavano viziando e lei cresceva amata.
Con la bella stagione tutto cambiò. L’officina era pronta, il lavoro cominciava ad arrivare, Rose amava lavorare nell’orto e nel piccolo giardino mentre Lea si occupava di Eloise.
Com’era cambiata la loro vita da quando avevano lasciato il castello.
L’estate era arrivata e il sole bruciava, nei campi erano in molti a lavorare e Tom aveva molto da fare. Lea e Rose erano in casa con Eloise. Un leggero profumo di rose si sparse per la stanza. Se ne accorsero entrambe. Lea guardò Rose.
Voi siete stati al castello, avete visto che non è rimasto quasi niente. Una volta era abitato, mia madre mi raccontava quello che si tramandava nei discorsi dei vecchi. Ci vivevano dei signori parenti del re, ma che nessuno andava mai in visita. Avevano servi e braccianti, possedevano parecchia terra e bestiame. Erano una coppia che viveva isolata. Si racconta che la donna fosse sposata con un altro uomo quando scappò col parente del re. L’autorità del sovrano non poteva essere messa in discussione, nessuno sa come fecero ad ottenere castello e terre ma ne divennero i padroni. Ebbero una figlia, Eleonor. C’era un bellissimo roseto che la signora curava personalmente, amava le rose e ne aveva di rare qualità. Vissero per alcuni anni molto discretamente, tutti sapevano che se non fosse stato per l’autorità del sovrano la chiesa li avrebbe scomunicati, ma nessuno osava andare contro il volere del re, nemmeno la chiesa che avrebbe perso molte donazioni. Era estate quando successe. Il marito della signora non si era mai rassegnato e l’aveva cercata. Era accecato dalla rabbia e dal disonore. Riuscì ad entrare nel castello insieme ad alcuni servi e per un po’ di tempo si confuse con loro. Vedeva sua moglie ogni giorno, felice con la sua bambina e col suo compagno che tutti ritenevano suo marito. Più osservava la loro felicità più la sua rabbia aumentava. Un giorno, la seguì nel roseto. Nessuno conosce quello che successe in quel frangente, ma si suppone che ci fu una scenata e che accorsero alcune guardie ad allontanare l’uomo. Avrebbe potuto essere imprigionato ma la donna non aveva cuore affinchè suo marito soffrisse ancora e convinse il suo compagno a lasciarlo andare. Fu un tragico errore, mia cara. Un uomo accecato dalla rabbia, dalla gelosia e dall’odio è sempre molto pericoloso. Tornò di notte, ora che conosceva il castello nessuno se ne accorse. Appiccò vari focolai e diede fuoco al castello. Fu una tragedia, morirono tante brave persone. Il signore del castello rimase talmente ustionato che si buttò nel pozzo per non soffrire. La sua donna vide la scena, teneva fra le braccia la loro figlia e, in un impeto di pazzia si buttò nel pozzo con lei e raggiunse il suo uomo. Morirono tutti in quel pozzo mentre fuori l’incendio divampava e nessuno riusciva a domarlo. Alla fine non rimasero che ruderi e ceneri. Sono passati tanti anni ma nessuno è mai venuto a reclamare la terra e il castello, così gli abitanti del posto hanno cominciato a coltivarla mandando le decime al sovrano. Dopo alcuni mesi cominciarono a nascere delle storie. Si dice che passando di notte da quelle parti si possa vedere il fantasma della donna, lo definiscono il fantasma rosa perché è sempre accompagnato dal profumo di rosa. La gente ha cominciato a far fiorire storie e leggende e si dice che lei non se andrà fino a quando l’amore non tornerà in quel castello, ma come hai potuto vedere il castello non esiste più e il regno è passato ad un altro sovrano. E chissà se c’è qualcosa di vero in tutta la storia. Il fantasma rosa è diventato ormai una leggenda, più nessuno lo vede da anni. A volte mi chiedo quanto di vero ci sia in tutta la storia. Tu che ne dici, mia cara? Lea osservava Rose che aveva gli occhi sgranati. Io l’ho vista, anche Tom l’ha vista. Riuscì a dire. Allora siete due persone fortunate.


(foto dal web) diritti e proprietà riservati a Milena Ziletti

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