venerdì 7 settembre 2018

ELOISE


ELOISE
p. cinque e sei




Il tempo passava e in quella casupola si respirava serenità. Lea sembrava ringiovanita, osservava Eloise crescere e l’attività di Tom prosperare, ora aveva preso anche un ragazzo come aiutante. Si sentiva stanca ma era talmente felice di vivere con Tom, Rose ed Eloise che avrebbe voluto vivere in eterno.
Quel giorno avrebbero festeggiato il dodicesimo compleanno di Eloise. Non era l’esatto giorno della sua nascita ma volevano approfittare del bel tempo e fare una festa all’aperto finchè c’era ancora il sole caldo. Avevano preparato una festa a sorpresa, con altri ragazzini e le loro mamme. Quegli anni trascorsi avevano lasciato un buon segno. Tom era rispettato per la sua bravura e la sua onestà, Rose aiutava le mamme che dovevano andare nei campi tenendo i loro bambini. Erano stati anni meravigliosi e altri ne sarebbero venuti, anche se era evidente che Lea non ci sarebbe stata ancora per molto.
La festa era nel pieno dei divertimenti quando arrivò Tom con il suo regalo: una splendida cavalla nera con una macchia bianca in mezzo alla fronte. La teneva per le briglie e si avvicinava lentamente, ancora Eloise non lo aveva visto e sua madre sorrideva in attesa di vedere la sorpresa negli occhi di sua figlia. Aveva sempre desiderato un cavallo tutto suo, era un’ottima cavallerizza ma non glielo avevano mai concesso, ma ora, a dodici anni avevano deciso di accontentarla.
Lea, seduta ad osservare tanta allegria li vide per prima. Tom, ma cosa hai portato? Urlò per farsi sentire. Eloise si girò e vide suo padre e lo splendido animale. Lanciò uno sguardo a sua madre, ancora incredula, e la donna le fece un cenno con la testa. Quando si rese conto che quella cavalla era il regalo per il suo compleanno corse incontro al padre e lo abbracciò. Corse da sua madre e la baciò, strinse Lea fra e braccia mentre tutti i presenti battevano le mani.
Tom le consegnò le redini. Fate la vostra conoscenza, ora. Sappi che dovrai prenderti cura di lei. Come la vuoi chiamare? La ragazzina accarezzava il muso morbido della cavalla e le diceva dolci parole. Si amarono all’istante. Questa è Beatrice. Disse a suo padre. Poi incurante degli invitati e della festa saltò in sella e si allontanò al galoppo. Le arrivò la voce di suo padre che le intimava di non allontanarsi ma lei era un tutt’uno con la cavalla e sparirono fra la polvere.
I capelli sciolti volavano nel vento della corsa, rallentò per godersi la meravigliosa sensazione di cavalcare la sua cavalla. Le accarezzò il collo. Piacere Beatrice, io sono Eloise e ora ci apparteniamo. La cavalla raddrizzò il collo in attesa di un’altra carezza. Ora torniamo, ho degli invitati che mi aspettano.
L’autunno arrivò più umido e freddo del solito. Lea si ammalò seriamente e morì prima dell’arrivo del freddo e della neve.
Fu molto triste continuare senza di lei e le furono molto grati per avere ereditato la sua proprietà. Non l’avrebbero mai dimenticata.
Eloise si prendeva cura di Beatrice e aspettava il ritorno del bel tempo per poter cavalcare e sentirsi libera. Era grande e stava diventando una bella ragazza. Suo padre le aveva forgiato un bellissimo pugnale con il manico intarsiato e le aveva insegnato ad usarlo. Lo portava sempre con sé anche se non lo aveva mai usato.
Quell’inverno fu davvero molto rigido, peggio di quando erano arrivati. Era già marzo ma il ghiaccio ancora non si era sciolto nei corsi d’acqua e sui tetti, e la neve non aveva ancora smesso di cadere.
Tom e Rose erano davanti al camino mentre Eloise era nella sua cameretta. Ti ricordi, amore mio quando eravamo al castello ed io ero il re e tu la regina? Ecco, ora mi sento proprio un re, non avrei potuto desiderare di più. Fuori pioveva e presto la natura sarebbe rinata, Rose guardò suo marito. Anche se non sono più riuscita a darti dei figli?  Gli disse. Tom la strinse a sé, non erano giovani quando si erano conosciuti, e lui non aveva mai immaginato di diventare padre. Abbiamo la nostra principessa, e una vita bellissima. Rimasero davanti al fuoco ripensando a quello che avevano costruito insieme con l’aiuto di Lea.
La primavera esplose improvvisa. Sembrava impossibile che solo alcuni giorni prima ci fosse il ghiaccio ed ora le primule fossero già fiorite. Il sole riscaldava ogni cosa e le piante germogliavano con gemme giganti, pronte a dare fiori e frutti. L’orto aveva bisogno di essere sistemato e finalmente Eloise poteva uscire con Beatrice.
Tom le fece un sacco di raccomandazioni, ben sapendo che sarebbero state vane. Sua figlia era uno spirito libero come lo era sempre stato lui e ne riconosceva i tratti, peccato non assomigliasse a sua madre, ma così era.
Si mise in sella e in quel fine marzo soleggiato andò incontro al suo destino, anche se ancora lo sapeva.
La sua meta era quella, il castello diroccato. Ne aveva tanto sentito parlare ma non le avevano mai permesso di andarci. Ora era lì, fra quelle pietre ricoperte di fanghiglia e pareti che sembravano crollare da un momento all’altro. Andò in cerca della stanza dove avevano sostato tanti anni prima ma non la trovò. Teneva la cavalla per le briglie mentre si inoltrava fra i ruderi, i piccioni volavano via disturbati nel loro silenzio.
Improvviso e inatteso la colse il profumo di rosa, si fermò e si guardò intorno.




Non vide nessuno, solo i piccioni volavano e si posavano sui mozziconi di travi che ancora resistevano. Conosceva la leggenda del fantasma rosa, e lei ci credeva. Il suo desiderio più grande era proprio di incontrarla, non lo aveva mai detto a nessuno ma qualcosa dentro di lei la spingeva a quei ruderi.
Si fermò e rimase con i sensi in ascolto. Il cuore le martellava nel petto, in attesa di qualcosa che ancora non sapeva.
Il profumo di rosa ora era molto intenso. Beatrice scalpitava, anche lei aveva colto qualcosa, si sa che gli animali hanno sensi molto sviluppati. La ragazzina chiuse gli occhi, forse il fantasma non voleva essere visto, non ancora.
Shsss. Shsss. A fatica tenne gli occhi chiusi. Era poggiata ad un masso e sentiva il freddo che le penetrava dai vestiti. Una fresca carezza le solcò il viso, rimase immobile per non perdere quel contatto. Poi, così come era iniziato, tutto finì, e il profumo di rosa sparì.
Eloise riaprì gli occhi, nulla era cambiato e, se non fosse stato che i suoi capelli profumavano di rosa poteva pensare di aver immaginato tutto. Chissà come mai quella giovane donna innamorata non aveva ancora abbandonato quei ruderi. Doveva essere triste non poter raggiungere il suo amato e sua figlia. Scosse e la testa e continuò la sua perlustrazione. Era davvero desolante quel posto, niente lasciava intravedere quello che una volta doveva essere stato quel castello, pozzanghere scure e pietre spezzate trasmettevano una tristezza e una desolazione infinite.
Camminava fra fango e sporcizia. Dove sei? Dove sei sparita? Perché non mi parli? Sussurrava la ragazzina. Ma non riceveva risposta. Allora si mise ad urlare. Dove sei? E lo ripeteva senza stancarsi. I piccioni, spaventati volarono via, soltanto i corvi non le davano retta e continuavano a sonnecchiare sulle creste delle pareti sbriciolate.
Poi lo vide. Il pozzo! Si fermò con la pelle d’oca. Era proprio quello? Era proprio lì che il signore ustionato e la sua famiglia avevano trovato la pace eterna? Com’era sopravvissuto quasi indenne all’incendio?
Eloise si avvicinò, titubante. Poggiò le mani sul bordo e si sporse. Era un gesto inutile, lo sapeva che non avrebbe visto niente. Teneva il viso con gli occhi fissi al buio del pozzo quando fu investita di nuovo da un intenso profumo di rosa.
Allora sei qui! Sei ancora qui! Bisbigliò fra sé e sé. Shsss. Shsss. Sentì di nuovo. Non era proprio un sibilo, sembrava piuttosto un modo cantilenante di trasmettere un messaggio. Vuoi parlare con me? Disse Eloise. Dimmi come fare. Il profumo di rosa era molto intenso. Un ragno sbucò da una fessura fra le pietre e punse la mano della ragazzina. Eloise staccò una pietra dal bordo del pozzo per schiacciare quella bestiaccia. Alcune altre pietre rotolarono a terra, anche il pozzo si stava sgretolando, il tempo e le intemperie lo avevano risparmiato fino ad allora ma non poteva sottrassi anch’esso alla distruzione.
Eloise osservava con tristezza il disintegrarsi di quell’ultimo manufatto rimasto, il profumo di rosa era quasi insopportabile. Poi lo vide, dopo l’ennesima pietra caduta qualcosa venne allo scoperto: una scatola di metallo con incisa una rosa sul coperchio. La ragazzina spalancò gli occhi. Le tremavano le mani quando la raccolse. Era chiusa da un lucchetto. Osservava quella scatola arrugginita chiedendosi cosa fare. Shhhh. Shhhh. Si sentì soffiare nelle orecchie. Prese il suo coltello e senza pensarci oltre aprì il lucchetto. Un minuscolo quaderno con la copertina rosa era intatto. Lo accarezzò delicatamente e lo aprì. Sulla prima pagina era ritratta una bambina, il disegno era in carboncino ma molto bello. Eloise guardava quel viso di bambina sorridente e le sorrise di rimando. Sentì una fresca carezza sul viso. Era questo che volevi che io trovassi! Per questo mi chiamavi. Bisbigliava Eloise.
Un refolo di vento scompigliò le pagine del piccolo quaderno. Ho capito, sai. Vuoi che lo legga. Lo porto con me… non finì la frase che un turbine di gelo la investì e le fece cadere il quaderno.
Shhh. Shhh. Stavolta il sibilo era più rabbioso. Eloise lo raccolse e lo rimise nella scatola. Lo nascose sotto alcune pietre che rimise a posto. Tornerò per leggerlo, ma non lo porterò via. Ora devo andare ma tu aspettami, verrò a conoscere la tua storia.
Tornò velocemente da Beatrice e, con molto dispiacere lasciò il castello diroccato.
I suoi genitori erano in ansia, era stata assente a lungo e tirarono un gran sospiro quando la videro tornare al galoppo, spettinata e con il viso arrossato, con gli occhi che le splendevano di felicità.
Avrebbero imparato molto presto che quell’ansia li avrebbe accompagnati a lungo. Capirono immediatamente dove fosse stata, impossibile non sentire il profumo che aveva nei capelli.
Il fantasma rosa ti aspettava? Le chiese sua madre. Eloise guardava gli occhi grandi e buoni di sua madre, sapeva che di lei si poteva fidare ma non era pronta a rivelare il suo segreto a nessuno. Mi aspettava, aspettava me. Le rispose. Lo so, piccola mia, l’ho capito quel giorno di tanti anni fa, sei tu che vuole, anche se non ne conosco i motivo. Sii gentile, ha molto sofferto ed ha diritto a raggiungere i suoi cari.
Eloise guardava sua madre, un discorso così lungo non glielo aveva mai fatto e non capiva cosa intendesse ma le sorrise e l’abbracciò. Le pose le labbra sull’orecchio scoprirò la sua storia e te la racconterò. La baciò e corse a sistemare Beatrice.


FOTO DAL WEB - PROPRIETA 'E DIRITTI RISERVATI DI MILENA ZILETTI

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