KATRIN, la sua storia
parte nove
Helen rimase
interdetta per qualche istante. Avrebbe voluto scuotere quell’insolente ma
sapeva di dover stare al suo posto. Chiamò una cameriera e fece ripulire tutto.
In silenzio
prese un foglio e una matita e lo posò sul tavolo. Sapeva che Katrin odiava
scrivere ripetendo le stesse parole ed era quello che la sua istitutrice si
accingeva a fare. Miss Katrin, dobbiamo
fare lezione di bella calligrafia, ora! La bambina non si voltò nemmeno e
continuò a guardare fuori. Venga qui
immediatamente! Ringhiò la donna. Ma la piccola non si muoveva.
Rossa di
rabbia Helen si alzò e la sollevò di peso mettendola a sedere. Katrin appoggiò
i gomiti come sapeva di non dover fare e rimase immobile. Prenda la matita e cominci a scrivere, questa è la parola che deve
copiare e riempire il foglio, e se non sarò soddisfatta lo rifarà fino a quando
lo sarò! Katrin prese la matita e
con un gesto veloce scarabocchiò il foglio, gettò in terra la matita e mise di
nuovo i gomiti sul tavolo.
Helen non ci
vide più e la colpì in pieno viso con uno schiaffo. Se ne pentì subito, sapeva
che poteva perdere il posto per un gesto simile, ma quella ragazzina le aveva
fatto saltare i nervi.
La guancia
della piccola divenne rossa e riportava bene i segni delle dita. L’istitutrice
ebbe un attimo di panico, poi prese un asciugamano e lo bagnò nell’acqua fresca
del catino consegnandolo alla bambina.
Ora vado da suo padre e riferirò ogni
cosa, la sua insubordinazione e il danno che ha provocato. Ammonì uscendo dalla porta impettita
e ancora arrabbiata.
Katrin
ritornò davanti alla finestra. Una leggera pioggia aveva cominciato a bagnare
il cortile e i ragazzini si erano riparati sotto il grande portico, proprio
sotto la sua finestra per continuare a giocare ma, in quella posizione non
poteva vederli. Socchiuse la finestra per ascoltare le loro gioiose voci. Dio
come avrebbe voluto raggiungerli.
Il rossore
si stava attenuando, lei nemmeno aveva sentito il ben che minimo dolore. Sentì
aprirsi la porta e si voltò. Helen entrò e si fermò ad osservarla. E’ fortunata, miss Katrin, suo padre non è
al castello ma gli ho lasciato un messaggio scritto. Ci penserà lui a darle la
giusta punizione. Visto che non vuole collaborare io me ne vado e la chiudo
nella sua stanza senza pranzo e senza cena. Uscì senza voltarsi indietro.
Un grosso
sospiro uscì dalle labbra della piccola. Sapeva che suo padre l’avrebbe punita,
quello che non sapeva era in che modo lo avrebbe fatto. Dalla finestra le
giungevano gli strilli festosi dei ragazzini e lei si avvicinò di più. Guardò
il cortile bagnato di pioggia, non c’era nessuno in giro. Un pensiero
improvviso la colpì e non stette a rifletterci. Si raccolse i capelli e li
coprì con una sciarpa, si tolse le scarpe infilandole nelle tasche, scavalcò la
finestra e salì sulla tettoia umida e scivolosa di pioggia. Fece molta
attenzione e raggiunse l’angolo dove la vecchia pianta di fico era cresciuta
uscendo dalle fondamenta della costruzione. Abbracciò un grosso ramo e
raggiunse il centro della pianta. Agile come uno scoiattolo discese il tronco e
si riparò sotto la tettoia. Era fradicia. Si infilò le scarpe e corse alle
stalle.
Vento la
sentì arrivare e nitrì di piacere. Nella stalla c’era caldo e lei cominciò ad
accarezzare il suo cavallo. Gli parlò, liberando il suo cuore triste di bambina
e gli disse tutto quello che provava. Lo abbracciò piangendo come se lui
potesse rincuorarla. Piangeva sapendo di essere sola, senza vergognarsi del suo
dolore e della sua solitudine, della sua vita che odiava, finchè sentì una mano
gentile posarsi sulla spalla. Si spaventò non avendo udito i passi di Alfred
che aveva ascoltato il suo sfogo e non era intervenuto per non disturbarla in
un momento così intimo.
Suo padre sarà qui a momenti, andiamo
che la riaccompagno in casa. Le disse prendendola per mano. Avrebbe voluto dirle di più ma
era un uomo, un soldato che aveva imparato solo a combattere e obbedire. Prima
di uscire dalle stalle si fermò e la costrinse a guardarlo. Qualunque cosa lei abbia in mente, miss
Katrin non potrà portarla a termine. E’ soltanto una bambina e suo padre un
uomo ricco e potente, non lo sfidi oltre il limite o la sua situazione
peggiorerà. Si faccia furba, cerchi di assecondarlo, arriverà il suo momento,
mi creda, ma non è adesso. Non sapendo cosa altro aggiungere l’accompagnò
nella sua stanza.
Non faccia altre sciocchezze, miss
Katrin. Le disse
prima di lasciarla.
Katrin era
fradicia, si spogliò e si riscaldò al fuoco del camino in attesa di conoscere
la punizione che suo padre le avrebbe inflitto. Non mi importa niente! Continuava a ripetere nella mente, ma sapeva
bene che non era così.
Arrivò il
mattino, lei era affamata ma non chiese niente a Sara che entrò con il vassoio
della colazione. Helen l’aveva messa al corrente di quanto era successo e si
aspettavano la chiamata di lord Semple.
Finirono di
fare colazione e Sara preparò il ricamo. Katrin la osservava ma non avrebbe
ceduto, non ora che comunque sapeva sarebbe stata punita. Si mise davanti alla
finestra con le braccia dietro la schiena ad osservare il cortile vuoto e la
pioggia che si era fatta consistente mentre le piante si piegavano al vento
autunnale che faceva cadere le loro foglie.
Qualcuno
bussò. Un cameriere del lord era venuto per portarla da suo padre. Sara avrebbe
voluto accompagnarla ma il cameriere era stato categorico.
Chiuse la
porta e rimase ad aspettare, quella bambina soffriva atrocemente e suo padre
non se ne rendeva conto.
Sospirò e
attese.
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