KATRIN, la sua storia
parte dodici
Katrin passò una notte agitata e con brutti
sogni. Aveva il terrore di perdere Vento e, anche se non lo avrebbe mai ammesso
con nessuno, non voleva perdere Sara e Alfred, le uniche due persone che la
trattavano con un minimo di affetto.
La cameriera
entrò con la colazione e lei era già in piedi. Si era lavata e vestita da sola,
non voleva che Helen la toccasse, odiava quella donna.
Aveva
terminato la colazione quando la sua istitutrice entro con il solito sguardo da
civetta, aveva occhi strabici e le labbra sempre serrate, ossuta e con i
capelli raccolti in una treccia dietro la nuca e vestiva sempre un grembiule
nero, faceva impressione solo a guardarla, il suo modo di fare non era dei più
morbidi.
Buongiorno, miss Katrin. E’ pronta ad
iniziare la lezione? Le
chiese ben sapendo che così doveva essere.
La bambina
avrebbe voluto buttare a terra i fogli e le matite che aveva sistemato sul
tavolo, ma si trattenne. Si sieda! Le
ordinò perentoria.
Katrin le
alzò lo sguardo in faccia, il suo sguardo esprimeva bene quello che le passava
nella mente e l’istitutrice strinse i pugni in attesa solo di tornare da lord
Semple a lamentarsi.
La piccola
si sedette e aspettò di sapere cosa doveva fare. Passò tutta la giornata
eseguendo quello che le veniva chiesto e non disse mai una parola. Le avevano
appena portato la cena quando Helen se ne andò e lei sospirò come se avesse
trattenuto il fiato tutto il giorno.
Mangiò in
silenzio e prese una decisione: avrebbe dato retta al consiglio di Sara ma non
avrebbe fatto niente più del necessario e non avrebbe rivolto la parola a
nessuno.
Nemmeno le
feste del Natale furono diverse dalle altre giornate. Suo padre le aveva fatto
avere un regalo che lei non aveva nemmeno aperto, era stata Sara ad aprirlo per
lei e la bambina lo aveva riposto in un angolo nascosto.
Arrivò la
primavera e lei desiderava tanto uscire con Vento. Si era comportata bene per
tutto l’inverno, perciò poteva uscire due pomeriggi alla settimana.
Era metà
aprile quando trottava respirando a pieni polmoni l’aria ancora fresca della
primavera. La sua guardia del corpo la osservava e si rendeva conto di quanto
crescesse e di come la sua tristezza aumentasse ogni giorno di più. Sia lui che
Sara capivano quanto le costasse quello che stava facendo.
Era quasi
finito maggio e lei stava disegnando un bellissimo uccello colorato quando
entrò il cameriere di suo padre per accompagnarla da lui.
Non aveva
avuto più contatti con lui e ne era felice, ogni volta che si trovava in sua
compagnia l’odio che provava verso di lui aumentava a dismisura.
Bussò ed
entrò nello studio che ben conosceva. Suo padre era, come al solito rivolto
alla finestra con le mani intrecciate dietro la schiena. Aspettò alcuni minuti
prima di voltarsi mentre Katrin aspettava di sapere cosa volesse da lei.
Siediti. Le disse mentre anche lui prendeva
posto sulla sua poltrona. Il mese
prossimo compirai otto anni, e so che sei stata brava in questi mesi, c’è
qualcosa che vorresti come regalo di compleanno? Questo lei non se
l’aspettava.
Rimase
silenziosa e pensierosa. Vorrei poter
imparare a usare la spada e l’arco. Disse in un soffio.
Suo padre
corrucciò le sopracciglia e la osservò severo. Non mi aspettavo una simile richiesta, ma se è quello che vuoi te lo
posso concedere. Parlerò con il capo delle guardie e ti affiderò a qualcuno che
ti insegnerà, ma c’è una condizione. Disse lasciando in sospeso la frase.
Katrin lo
guardò in viso, lei non provava nessuna soggezione per quell’uomo, lo odiava
con tutta se stessa ma si guardava bene dal rivelarlo, anche se era sicura che
lui lo sapesse.
Tuo nonno vuole che tu vada da lui a
festeggiare il compleanno. La ragazzina esultò dentro di sé. Se
vuoi avere il tuo regalo di compleanno andrai da lui e dovrai comportarti bene,
dovrai raccontare a tuo nonno che qui sei trattata come si deve e che le tue
istitutrici ti stanno insegnando bene, dovrai dare prova della tua educazione
e, soprattutto dovrai tornare entro due settimane. Queste sono le mie
condizioni. Cosa ne dici? Le chiese.
Katrin
ardeva dal desiderio di rivedere suo nonno ma non cambiò espressione. I lunghi
mesi passati a controllare ogni pensiero ed emozione le avevano insegnato bene
a mascherare quello che provava.
Quando dovrei partire? Volle sapere. Quando vuoi tu. Le rispose suo padre.
Va bene, te lo prometto. Partirò il
giorno prima del mio compleanno e tornerò dopo due settimane. E non aggiunse altro.
L’uomo
rimase a fissarla per alcuni minuti. Non riusciva a capire niente di quello che
quella figlia di nessuno provava, la sua istitutrice Helen gli aveva riferito
soltanto che si sottoponeva a tutte le richieste ma che non dava niente più del
necessario. Era curioso di vedere come si sarebbe comportata nelle lezioni di
spada e arco ma, per ora era indispensabile che facesse bella figura con suo
nonno.
Va bene, Katrin. Ci rivedremo al tuo
ritorno e saprò subito se avrai meritato il tuo regalo. Ora puoi andare. Le disse mentre chiamava il suo
cameriere perché la scortasse nella sua stanza.
Lord Semple
si rimise davanti alla finestra, bolliva di rabbia ma doveva trattenersi. Aveva
scoperto proprio in quei giorni le trappole che suo suocero aveva inserito nel
contratto. Maledetto lui e la sua famiglia. Strinse i pugni e uscì come una
furia.
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