giovedì 17 ottobre 2019

KATRIN, la sua storia


KATRIN, la sua storia

parte sedici






Sentì scattare la serratura, rilasciò il fiato come se lo avesse trattenuto fino a quel momento. Si guardò intorno, era una piccola cella circolare, una branda, una sedia, un tavolino traballante, un secchio per i bisogni corporali, un catino con la brocca e un asciugamani. L’unica luce entrava da una finestrella sbarrata che era quasi attaccata al soffitto. Avrebbe dovuto passare un mese intero in quel posto, era una punizione veramente grande, che non si aspettava.
Raggiunse la branda e si sedette con la schiena appoggiata al muro, non si sarebbe sdraiata in quel nido di pidocchi a costo di dormire sul pavimento, che non era comunque molto pulito.
Cercò di rilassare il respiro. Doveva imparare a trattenere le sue emozioni o sarebbe impazzita. Quello che la sosteneva era il fatto che non l’avrebbe data vinta a suo padre, ormai ridotto ad un ubriacone obeso e sempre astioso con tutti e tutte.
Il pomeriggio si trascinò lento mentre lei rimaneva immobile seduta sulla branda, si era messa il cuscino dietro la schiena e raccolto le gambe vicino al corpo. La porta della sua prigione non si aprì. Scese la sera e l’oscurità la avvolse come un mantello gelido.
Uno spiffero di aria fresca entrava dalla finestrella, lei ardeva dalla sete e lo stomaco reclamava del cibo, poi, finalmente si addormentò.
Fu una lama di luce che le colpì gli occhi a svegliarla. Un nuovo giorno, un altro giorno da affrontare, le sembrava di impazzire ma si mantenne calma e in attesa di quello che sarebbe successo.
Passarono diverse ore, anche se non poteva capire lo scorrere del tempo. Dentro la cella cominciava a fare molto caldo. Si tolse il vestito e si raccolse i capelli. Il sudore le colava in mezzo ai seni e aveva la gola arsa.
Sentì dei passi e, finalmente la chiave che girava nella serratura. Entrò Helen e mise sul tavolino un vassoio con mezza pagnotta di pane e una caraffa di acqua. Riempì anche la brocca vicino al catino, sostituì il secchio e uscì senza dire una parola.
Katrin aspettò di sentire gli scatti della serratura prima di alzarsi. Aveva le gambe rigide tanto era rimasta immobile. Finalmente poteva bere e prese la brocca, soltanto due dita di acqua sul fondo sporco. Si bagnò le dita e si inumidì le labbra.
Maledetta Helen, e maledetto mio padre! Disse fra i denti mentre prendeva la brocca per sciacquarsi il viso. Versò l’acqua nel catino e si accorse che c’era un fondo di sapone, non avrebbe potuto berla. Maledisse di nuovo i suoi carcerieri.
Doveva risparmiare le forze, cominciava a fare molto caldo e lei sudava abbondantemente, aveva pochissima acqua da bere e aveva deciso che non avrebbe toccato nemmeno un pezzo di pane, non si fidava.
Si rimise seduta sulla branda cercando di smaltire la rabbia, il suo cuore batteva all’impazzata e doveva calmarsi, era solo il primo giorno di prigionia, se voleva sopravvivere doveva battere i suoi carcerieri, doveva trovare il modo.
Le ore passavano scandite dalla luce che entrava dalle sbarre, luce che andava affievolendosi.
Di nuovo arrivò il buio e un po’ di frescura, e tutto fu uguale alla sera prima. Il suo stomaco reclamava qualcosa di solido ma lei pensò a sua madre, cercò i momenti felici della sua vita, mentre lacrime di dolore le bagnavano il seno. E finalmente, si addormentò.
Lei non poteva sapere che suo padre aveva predisposto ogni cosa per la sua prigionia. Aveva parlato col capitano delle guardie per trovare i soldati adatti a stare davanti alla porta, dalla quale poteva entrare solo miss Helen e il suo cameriere.
Due guardie montavano sempre la guardia e il cambio avveniva ogni dodici ore, Helen provvedeva a tutto il resto.
Sara e Alfred si erano incontrati e si erano confidati le loro preoccupazioni. Amavano quella ragazzina e avrebbero fatto di tutto per alleviarne la permanenza alla torre, ma non sapevano come fare. Il soldato si era offerto volontario per la guardia ma il suo capitano non aveva accettato.
La prima settimana passò sempre nello stesso modo. Katrin si era indebolita, la sete le martoriava la gola e la lingua si era gonfiata, lo stomaco aveva smesso di chiedere cibo e questo era un sollievo.
La serratura scattò ed Helen entrò facendo quello che faceva ogni giorno. Guardò la ragazzina seduta sulla branda, era sudata, sporca e puzzava. Come faceva ogni volta che la sua aguzzina entrava teneva le palpebre socchiuse ma non la lasciava con lo sguardo. L’istitutrice aveva finito le sue incombenze e le lanciò uno sguardo beffardo prima di uscire. Con un gesto voluto fece cadere la brocca e rovesciò la poca acqua che conteneva. Mi dispiace, miss Katrin, ma dovrà aspettare fino a domani per avere acqua da bere. Le disse con voce mielosa.
Katrin con un balzo si alzò dalla branda e prese per il collo la donna. Ora raccogli quell’acqua con la lingua, o non esci viva da qui! Così dicendo l’aveva costretta ad inginocchiarsi e le teneva il viso premuto sulla piccola pozza di acqua sporca. La donna ansimava e, per la prima volta ebbe paura di Katrin. La ragazza le stringeva sempre di più le mani intorno al collo e il viso premuto nell’acqua. Lecca quell’acqua! La donna cominciò a bere e leccare il pavimento sporco.
La sollevò di peso e si portò col viso davanti a quello spaventato dell’altra. Domani non esci viva! Le disse lasciandola andare. Se non mi porti acqua fresca e del cibo che prima farò assaggiare a te ti giuro che ti immergo la faccia nel secchio dei miei escrementi. Ora fuori, prima che ti sbatta contro il muro! Mollò la presa e quella uscì come un fulmine.
Era stanca di subire, aveva fame, sete e ardeva dal desiderio di lavarsi. Ritornò sulla branda, la gola era talmente arida che non aveva più nemmeno saliva da inghiottire. Chiuse gli occhi cercando di calmare il battito del suo cuore.


immagine dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

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