lunedì 21 ottobre 2019

KATRIN, la sua storia


KATRIN, la sua storia

parte diciotto






Sara accolse Katrin nella sua stanza. Alfred l’aveva accompagnata mentre le spiegava che la sua prigionia era finita anzi tempo.
L’istitutrice osservava la ragazzina senza dare a vedere quello che provava: aveva davanti non una bella ragazza ma uno spaventapasseri sporco e con la testa piena di pidocchi.
Venga, miss Katrin, la vasca è pronta, abbiamo da fare. Le disse mentre la liberava dagli indumenti lerci e strappati.
Katrin non aveva ancora detto una parola. Era impossibile non notare quanto fosse cambiato il suo sguardo, non era più quello di una ragazzina ma quello di una giovane donna che aveva sofferto, e c’era dell’altro che Sara si rifiutava di sondare.
L’acqua era piacevole e l’istitutrice si diede da fare per ripulirla ma i capelli erano un vero vespaio.
Passami le forbici. Sara quasi si spaventò nel sentire la voce roca di Katrin. Esitava. Ti ho detto di passarmi le forbici! Anche il tono era diverso, non le aveva mai dato del tu e non l’aveva mai guardata con uno sguardo così freddo. La donna le passò le forbici.
Katrin si alzò in piedi nella vasca dove galleggiava tutto il sudiciume di quelle tre settimane tremende. Tre, quattro tagli e anche i suoi lunghi capelli galleggiavano insieme ai pidocchi.
Fai cambiare l’acqua e fanne portare dell’altra, non ho ancora finito. Le ordinò.
Ci vollero altre due ore prima che fosse lavata e la sua testa fosse liberata dai pidocchi. Sembrava una selvaggia con i riccioli corti e Sara provvide a sistemarglieli con delle forcine.
Si sedettero a tavola, c’era ben poco per cena, nessuno si aspettava che tornasse prima del previsto ma Sara era riuscita a farle portare del dolce, dopo tutto era il suo compleanno.
Buon compleanno, miss Katrin. Le disse prima di uscire.
Fuori era sceso il buio e lei stava alla finestra, nel suo solito atteggiamento e guardava il cielo stellato, le era mancata la libertà, non avrebbe mai immaginato che stare prigionieri fosse così dura. Ci sarebbero voluti parecchi giorni per far tornare la voce e curare il fuoco che aveva in gola. Maledetto! Pensò di nuovo. Si passò le mani fra i capelli, era una sensazione strana e sapeva che suo padre non ne sarebbe stato contento, per questo l’aveva fatto, per dimostrare al mondo intero che lei non era più una bambina e che avrebbe lottato contro suo padre con ogni mezzo possibile. Si decise a mettersi a letto. Sara le aveva spalmato un unguento sulle piaghe che aveva e le dolevano in modo indicibile, avrebbero pagato anche per questo, e miss Helen sarebbe stata la prima.
Finalmente si coricò e potè dormire un sonno tranquillo.
L’alba era appena spuntata e Katrin si era già rivestita. Corse alle scuderie ma Vento non c’era più! Rimase impalata ad osservare il box vuoto e ripulito, stringeva le mani sul legno mentre dentro di lei passava la tempesta. Vento era il suo cavallo, l’ultimo ricordo che aveva di sua madre, come aveva potuto suo padre darlo via? Avrebbe voluto piangere dalla rabbia ma si accorse che aveva gli occhi asciutti: nessuna lacrima riusciva a scendere.
Si girò sentendo dei passi. Alfred la raggiunse e anche lui rimase colpito dal suo sguardo. Buongiorno, miss Katrin. Non si preoccupi per Vento. Era ormai piuttosto anziano e nessuno lo avrebbe comprato, ci ho pensato io e l’ho portato nella fattoria dei miei genitori. Viene trattato bene e presto andremo a trovarlo. Le disse il soldato.
Non l’ho ancora ringraziata, mi ha aiutata a sopportare la torre, non so se ce l’avrei fatta senza il suo aiuto, ed ora vedo che si è preso cura anche di Vento. Perché fa tutto questo? Gli chiese gentilmente.
Io sono venuto qui con la scorta di sua madre, miss Katrin. La conoscevo da tanto tempo e ho visto cose che non avrei voluto vedere. Poi è nata lei e qualcosa è cambiato, ma la sua prematura morte ha portato in questo posto e in chi ci abita tristezza e dolore. Lei è la figlia di lady Harriet e merita qualcosa di meglio. Le rispose tutto d’un fiato.
Rimasero in silenzio per alcuni minuti. Ognuno ripensava alla donna che avevano amato e rispettato e a come erano andate le cose dopo la sua morte.
Quando possiamo riprendere gli allenamenti? Volle sapere la ragazza.
Quando si sarà ripresa e avrà recuperato un po’ di peso. Qui c’è la sua spada, il suo arco e le sue frecce, ed io sono sempre pronto ad insegnarle. Le disse sorridendo.
Ma non ho più un cavallo! Disse desolata la ragazza.
Mi segua miss Katrin. C’è una sorpresa per lei. L’uomo la precedette e si fermò davanti ad un box da dove spuntava il muso dolce di un giovane cavallo pezzato. Questo è il regalo di suo nonno, pensava che si fosse dimenticato di lei? Le disse con un sorriso mentre osservava l’espressione della ragazza. Lei accarezzò quel muso caldo e cominciò a parlargli. Dovrà dargli un nome, miss Katrin.
Lei aveva gli occhi lucidi, era felice del bellissimo regalo che suo nonno le aveva mandato. Un lampo passò fra animale e ragazza, già si amavano. Si chiama Lampo, questa dolcezza si chiama Lampo. Entrò nel box e iniziarono a fare conoscenza. Ancora non poteva cavalcare, le piaghe erano ancora aperte e dolorose ma presto avrebbero galoppato nel vento.
Mio padre è a conoscenza di questo regalo? Volle sapere.
Alfred misurava le parole. Non credo, miss Katrin. Ultimamente è piuttosto assente. Le rispose.
Puoi anche dire che è costantemente ubriaco, e ti dirò quello che ho detto a lui: io non voglio essere sua figlia, non lo voglio come padre. Gli rispose mentre il suo sguardo si scuriva.
Grazie di tutto, Alfred. Gli disse mentre rientrava.


immagine dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

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