KATRIN, la sua storia
parte diciotto
Sara accolse
Katrin nella sua stanza. Alfred l’aveva accompagnata mentre le spiegava che la
sua prigionia era finita anzi tempo.
L’istitutrice
osservava la ragazzina senza dare a vedere quello che provava: aveva davanti
non una bella ragazza ma uno spaventapasseri sporco e con la testa piena di
pidocchi.
Venga, miss Katrin, la vasca è
pronta, abbiamo da fare. Le disse mentre la liberava dagli indumenti lerci e strappati.
Katrin non
aveva ancora detto una parola. Era impossibile non notare quanto fosse cambiato
il suo sguardo, non era più quello di una ragazzina ma quello di una giovane
donna che aveva sofferto, e c’era dell’altro che Sara si rifiutava di sondare.
L’acqua era
piacevole e l’istitutrice si diede da fare per ripulirla ma i capelli erano un
vero vespaio.
Passami le forbici. Sara quasi si spaventò nel sentire la
voce roca di Katrin. Esitava. Ti ho detto
di passarmi le forbici! Anche il tono era diverso, non le aveva mai dato
del tu e non l’aveva mai guardata con uno sguardo così freddo. La donna le
passò le forbici.
Katrin si
alzò in piedi nella vasca dove galleggiava tutto il sudiciume di quelle tre
settimane tremende. Tre, quattro tagli e anche i suoi lunghi capelli
galleggiavano insieme ai pidocchi.
Fai cambiare l’acqua e fanne portare
dell’altra, non ho ancora finito. Le ordinò.
Ci vollero
altre due ore prima che fosse lavata e la sua testa fosse liberata dai
pidocchi. Sembrava una selvaggia con i riccioli corti e Sara provvide a
sistemarglieli con delle forcine.
Si sedettero
a tavola, c’era ben poco per cena, nessuno si aspettava che tornasse prima del
previsto ma Sara era riuscita a farle portare del dolce, dopo tutto era il suo
compleanno.
Buon compleanno, miss Katrin. Le disse prima di uscire.
Fuori era
sceso il buio e lei stava alla finestra, nel suo solito atteggiamento e
guardava il cielo stellato, le era mancata la libertà, non avrebbe mai
immaginato che stare prigionieri fosse così dura. Ci sarebbero voluti parecchi
giorni per far tornare la voce e curare il fuoco che aveva in gola. Maledetto! Pensò di nuovo. Si passò le
mani fra i capelli, era una sensazione strana e sapeva che suo padre non ne
sarebbe stato contento, per questo l’aveva fatto, per dimostrare al mondo
intero che lei non era più una bambina e che avrebbe lottato contro suo padre
con ogni mezzo possibile. Si decise a mettersi a letto. Sara le aveva spalmato
un unguento sulle piaghe che aveva e le dolevano in modo indicibile, avrebbero
pagato anche per questo, e miss Helen sarebbe stata la prima.
Finalmente
si coricò e potè dormire un sonno tranquillo.
L’alba era
appena spuntata e Katrin si era già rivestita. Corse alle scuderie ma Vento non
c’era più! Rimase impalata ad osservare il box vuoto e ripulito, stringeva le
mani sul legno mentre dentro di lei passava la tempesta. Vento era il suo
cavallo, l’ultimo ricordo che aveva di sua madre, come aveva potuto suo padre
darlo via? Avrebbe voluto piangere dalla rabbia ma si accorse che aveva gli
occhi asciutti: nessuna lacrima riusciva a scendere.
Si girò
sentendo dei passi. Alfred la raggiunse e anche lui rimase colpito dal suo
sguardo. Buongiorno, miss Katrin. Non si
preoccupi per Vento. Era ormai piuttosto anziano e nessuno lo avrebbe comprato,
ci ho pensato io e l’ho portato nella fattoria dei miei genitori. Viene
trattato bene e presto andremo a trovarlo. Le disse il soldato.
Non l’ho ancora ringraziata, mi ha
aiutata a sopportare la torre, non so se ce l’avrei fatta senza il suo aiuto,
ed ora vedo che si è preso cura anche di Vento. Perché fa tutto questo? Gli chiese gentilmente.
Io sono venuto qui con la scorta di
sua madre, miss Katrin. La conoscevo da tanto tempo e ho visto cose che non
avrei voluto vedere. Poi è nata lei e qualcosa è cambiato, ma la sua prematura
morte ha portato in questo posto e in chi ci abita tristezza e dolore. Lei è la
figlia di lady Harriet e merita qualcosa di meglio. Le rispose tutto d’un fiato.
Rimasero in
silenzio per alcuni minuti. Ognuno ripensava alla donna che avevano amato e
rispettato e a come erano andate le cose dopo la sua morte.
Quando possiamo riprendere gli
allenamenti? Volle
sapere la ragazza.
Quando si sarà ripresa e avrà
recuperato un po’ di peso. Qui c’è la sua spada, il suo arco e le sue frecce,
ed io sono sempre pronto ad insegnarle. Le disse sorridendo.
Ma non ho più un cavallo! Disse desolata la ragazza.
Mi segua miss Katrin. C’è una
sorpresa per lei. L’uomo
la precedette e si fermò davanti ad un box da dove spuntava il muso dolce di un
giovane cavallo pezzato. Questo è il
regalo di suo nonno, pensava che si fosse dimenticato di lei? Le disse con
un sorriso mentre osservava l’espressione della ragazza. Lei accarezzò quel
muso caldo e cominciò a parlargli. Dovrà
dargli un nome, miss Katrin.
Lei aveva
gli occhi lucidi, era felice del bellissimo regalo che suo nonno le aveva
mandato. Un lampo passò fra animale e ragazza, già si amavano. Si chiama Lampo, questa dolcezza si chiama
Lampo. Entrò nel box e iniziarono a fare conoscenza. Ancora non poteva
cavalcare, le piaghe erano ancora aperte e dolorose ma presto avrebbero galoppato
nel vento.
Mio padre è a conoscenza di questo
regalo? Volle
sapere.
Alfred
misurava le parole. Non credo, miss
Katrin. Ultimamente è piuttosto assente. Le rispose.
Puoi anche dire che è costantemente
ubriaco, e ti dirò quello che ho detto a lui: io non voglio essere sua figlia,
non lo voglio come padre. Gli rispose mentre il suo sguardo si scuriva.
Grazie di tutto, Alfred. Gli disse mentre rientrava.
immagine dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti
Nessun commento:
Posta un commento