KATRIN, la sua storia
parte sette
Settembre
scorreva senza portare cambiamenti: lezioni, lezioni, lezioni. Si sentiva bene
solo quando usciva a cavallo.
Non aveva
una meta precisa ma le piaceva lo stagno circondato da tanti fiori e gli alberi
sembravano aspettarla con gli scoiattoli sui rami. Dio quanto amava la libertà!
Si sedette sulla riva sotto lo sguardo attento della sua guardia del corpo. Si
chiese, ancora una volta come mai suo nonno non l’avesse voluta da lui, era una
spina che aveva nel cuore, un piccolo cuore che si induriva ogni giorno di più:
ad ogni delusione un altro piccolo pezzo diventava di pietra e faticava a
battere il suo ritmo.
Presto
sarebbe arrivato l’autunno e poi il gelido inverno. Come avrebbe fatto a
sopportare tutti quei lunghi mesi costretta agli ordini delle istitutrici?
Abbassò il capo e cercò di trattenere le lacrime, troppo spesso il ricordo di
sua madre le penetrava l’anima, l’unico essere al mondo che l’avesse amata
veramente, ora non aveva più nessuno che le voleva bene e lei nessuno da amare,
era sola, prigioniera di suo padre e di regole che non le piacevano, voleva
scappare.
Dobbiamo rientrare. Le disse la sua guardia del corpo.
Abituata ad
obbedire, risalì in sella e tornò al castello.
Tutto
continuava come sempre e Katrin era sempre più triste.
Arrivò
l’autunno e lei ammirava dalla sua finestra i colori che fuori cambiavano. Era
una bella giornata e decise di uscire senza avvisare nessuno.
Sgaiattolò
fuori dalle mura avvolta nel suo mantello e cominciò a correre senza nemmeno
sapere dove andare. Il cielo si scurì e grosse gocce di pioggia caddero su
quella terra così bella e rigogliosa. La piccola rideva e saltellava sotto la
pioggia e non si accorse dell’arrivo di Alfred.
Suo padre la sta cercando, miss
Katrin. Le disse
mentre l’aiutava a salire in groppa al cavallo. Ho paura che sia molto arrabbiato, l’hanno cercata dappertutto. Aggiunse.
Lei non gli
rispose e sorrideva mentre varcava la soglia di casa.
Le
istitutrici l’accompagnarono nella sua stanza e, dopo averla asciugata
l’accompagnarono da suo padre.
Lord Semple
l’aspettava, rigido con le mani dietro la schiena, come sempre, sembrava si
obbligasse a tenere la mani strette per non usarle su sua figlia. Dove sei stata? Volle sapere. Fuori. Rispose la piccola. E chi ti ha autorizzato ad uscire dal
castello? Le chiese arcigno. Nessuno.
Rispose soltanto.
I due si
guardavano come se gli occhi potessero colpire chi avevano di fronte. L’uomo si
accorse dello sguardo fermo e deciso della figlia e, per la prima volta ebbe il
dubbio che non sarebbe stato facile domarla come voleva lui. Era una bambina ma
aveva un bel caratterino, e questo l’aveva sempre saputo.
Per due settimane non uscirai a
cavallo, e la prossima volta che non ubbidirai ti chiuderò nella torre a pane e
acqua, mi sono spiegato? Le disse stringendo con forza le mani dietro la schiena.
Posso andare, ora? Le chiese la piccola senza battere
ciglia.
L’uomo
avrebbe voluto prenderla a cinghiate ma sapeva che poteva essere pericoloso per
il suo stesso futuro, doveva domarla e ci sarebbe riuscito.
Ricorda bene quello che ti ho detto,
io mantengo sempre le promesse. Disse mentre lei già stava uscendo.
Fuori miss
Sara la stava aspettando e lei la seguì nella sua stanza. Raggiunsero la sua
camera e la donna le sistemò il letto e preparò il lavoro da fare per il giorno
dopo. Katrin la osservava. Io non
prenderò mai più in mano un ricamo! Le disse prima di sedersi sul letto e
aspettare che quella uscisse.
Stava seduta
rigida con le mani strette in grembo. Suo padre le aveva proibito di uscire a
cavallo, ebbene lei sarebbe uscita a piedi, sarebbe scappata ancora fino a
quando sarebbe stata abbastanza grande da non tornare più indietro.
I propositi
di una bambina che si sente sola e abbandonata, non amata e senza nessuno da
amare portano spesso a molto dolore, lei avrebbe imparato anche a soffrire, ma
era decisa a scappare da quella prigione. Oh sapeva bene che non lo poteva fare
subito! Non da quando anche suo nonno l’aveva abbandonata, ma sarebbe venuto il
tempo. Doveva solo aspettare di crescere mentre forgiava la sua forza e il suo
carattere, avrebbe dato del filo da torcere a tutti e avrebbe iniziato già dal
giorno dopo.
Sul tavolo
c’era la cena oramai fredda. La mangiò e si mise davanti alla finestra. I rami
degli alberi danzavano alle folate di vendo e le ultime gocce di pioggia
portavano sul terreno foglie morte e fradice. Il buio stava scendendo in
fretta, si sistemò e, col viso di sua madre davanti agli occhi si addormentò.
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