venerdì 4 ottobre 2019

KATRIN, la sua storia


KATRIN, la sua storia

parte sette






Settembre scorreva senza portare cambiamenti: lezioni, lezioni, lezioni. Si sentiva bene solo quando usciva a cavallo.
Non aveva una meta precisa ma le piaceva lo stagno circondato da tanti fiori e gli alberi sembravano aspettarla con gli scoiattoli sui rami. Dio quanto amava la libertà! Si sedette sulla riva sotto lo sguardo attento della sua guardia del corpo. Si chiese, ancora una volta come mai suo nonno non l’avesse voluta da lui, era una spina che aveva nel cuore, un piccolo cuore che si induriva ogni giorno di più: ad ogni delusione un altro piccolo pezzo diventava di pietra e faticava a battere il suo ritmo.
Presto sarebbe arrivato l’autunno e poi il gelido inverno. Come avrebbe fatto a sopportare tutti quei lunghi mesi costretta agli ordini delle istitutrici? Abbassò il capo e cercò di trattenere le lacrime, troppo spesso il ricordo di sua madre le penetrava l’anima, l’unico essere al mondo che l’avesse amata veramente, ora non aveva più nessuno che le voleva bene e lei nessuno da amare, era sola, prigioniera di suo padre e di regole che non le piacevano, voleva scappare.
Dobbiamo rientrare. Le disse la sua guardia del corpo.
Abituata ad obbedire, risalì in sella e tornò al castello.
Tutto continuava come sempre e Katrin era sempre più triste.
Arrivò l’autunno e lei ammirava dalla sua finestra i colori che fuori cambiavano. Era una bella giornata e decise di uscire senza avvisare nessuno.
Sgaiattolò fuori dalle mura avvolta nel suo mantello e cominciò a correre senza nemmeno sapere dove andare. Il cielo si scurì e grosse gocce di pioggia caddero su quella terra così bella e rigogliosa. La piccola rideva e saltellava sotto la pioggia e non si accorse dell’arrivo di Alfred.
Suo padre la sta cercando, miss Katrin. Le disse mentre l’aiutava a salire in groppa al cavallo. Ho paura che sia molto arrabbiato, l’hanno cercata dappertutto. Aggiunse.
Lei non gli rispose e sorrideva mentre varcava la soglia di casa.
Le istitutrici l’accompagnarono nella sua stanza e, dopo averla asciugata l’accompagnarono da suo padre.
Lord Semple l’aspettava, rigido con le mani dietro la schiena, come sempre, sembrava si obbligasse a tenere la mani strette per non usarle su sua figlia. Dove sei stata? Volle sapere. Fuori. Rispose la piccola. E chi ti ha autorizzato ad uscire dal castello? Le chiese arcigno. Nessuno. Rispose soltanto.
I due si guardavano come se gli occhi potessero colpire chi avevano di fronte. L’uomo si accorse dello sguardo fermo e deciso della figlia e, per la prima volta ebbe il dubbio che non sarebbe stato facile domarla come voleva lui. Era una bambina ma aveva un bel caratterino, e questo l’aveva sempre saputo.
Per due settimane non uscirai a cavallo, e la prossima volta che non ubbidirai ti chiuderò nella torre a pane e acqua, mi sono spiegato? Le disse stringendo con forza le mani dietro la schiena.
Posso andare, ora? Le chiese la piccola senza battere ciglia.
L’uomo avrebbe voluto prenderla a cinghiate ma sapeva che poteva essere pericoloso per il suo stesso futuro, doveva domarla e ci sarebbe riuscito.
Ricorda bene quello che ti ho detto, io mantengo sempre le promesse. Disse mentre lei già stava uscendo.
Fuori miss Sara la stava aspettando e lei la seguì nella sua stanza. Raggiunsero la sua camera e la donna le sistemò il letto e preparò il lavoro da fare per il giorno dopo. Katrin la osservava. Io non prenderò mai più in mano un ricamo! Le disse prima di sedersi sul letto e aspettare che quella uscisse.
Stava seduta rigida con le mani strette in grembo. Suo padre le aveva proibito di uscire a cavallo, ebbene lei sarebbe uscita a piedi, sarebbe scappata ancora fino a quando sarebbe stata abbastanza grande da non tornare più indietro.
I propositi di una bambina che si sente sola e abbandonata, non amata e senza nessuno da amare portano spesso a molto dolore, lei avrebbe imparato anche a soffrire, ma era decisa a scappare da quella prigione. Oh sapeva bene che non lo poteva fare subito! Non da quando anche suo nonno l’aveva abbandonata, ma sarebbe venuto il tempo. Doveva solo aspettare di crescere mentre forgiava la sua forza e il suo carattere, avrebbe dato del filo da torcere a tutti e avrebbe iniziato già dal giorno dopo.
Sul tavolo c’era la cena oramai fredda. La mangiò e si mise davanti alla finestra. I rami degli alberi danzavano alle folate di vendo e le ultime gocce di pioggia portavano sul terreno foglie morte e fradice. Il buio stava scendendo in fretta, si sistemò e, col viso di sua madre davanti agli occhi si addormentò.



illustrazione dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

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