BIANCA
parte seconda
Avevo cominciato a prendere
strane abitudini. Per esempio, volevo vestirmi solo di bianco e, questo era un
problema, ma mamma mi cucì camicioni e grembiuli con vecchie lenzuola, ed in
inverno usava lana non tinta. In questo modo mi sembrava di essere più pulita,
perché continuavo a sentire il mio corpo sudicio. Poi avevo imparato a parlare
sottovoce, così la mia balbuzie si notava di meno e io stessa la sopportavo di
più. Poi un bel giorno presi le forbici e mi tagliai i capelli rossi. Se quelli
erano stati l’origine dei miei problemi e dei miei incubi non li volevo più.
Quando la mamma mi vide con i
capelli così rovinati non seppe se sgridarmi o consolarmi. Da un po’ di tempo
andavo ripetendole che non volevo più i capelli rossi, ma lei non sapeva come
accontentarmi, così ci pensai da sola. Dovevo sembrare uno spaventapasseri
fuori sotto il portico con un camicione informe bianco e quei capelli così
rovinati, e lo sguardo della mamma era colmo di rabbia e di dolore. Si affrettò
a mettermi in testa un fazzoletto e mi disse che ero bellissima.
Il tempo, inesorabile,
continuava a trascorrere. Io crescevo e anche Angela si faceva signorina.
Vedevo il suo corpo trasformarsi, ed io tremavo al pensiero che poi sarebbe
successa a me la stessa cosa. Io non lo volevo, ma non sapevo come fermare quel
cambiamento inevitabile.
Mentre Angela era tutta
contenta di quello che il suo corpo stava compiendo io ne ero terrorizzata. Avevo
i capelli rossi, se poi mi fosse cresciuto anche il seno sarei stata per sempre
una puttana. Adesso sapevo cosa significava
quella parola.
Cominciai così a mangiare
sempre di meno, sperando di rimanere magra e secca come un’asse. Cominciai ad
odiare il mio corpo, avevo undici anni, ed il cambiamento era inesorabilmente
cominciato. Avevo visto come era successo con Angela e sapevo bene cosa mi
aspettava. Vedevo mia sorella felice e gli sguardi che i ragazzi cominciavano a
lanciarle, ed io non capivo il suo buonumore: io non avrei voluto per me degli
sguardi simili. Quei due piccoli occhi scuri che scrutavano e toccavano il mio
corpo di bambina, ancora mi tormentavano.
Quell’anno, nonna morì. Era
usanza vestirsi di scuro per il lutto, ma io non ci riuscii mai. Non l’amavo,
provavo nei suoi confronti tanto risentimento, e non mi importava nulla se era
morta. Forse, provai addirittura sollievo.
Anche al funerale spiccavo
fra tutti, unica persona vestita di bianco in mezzo a tanto nero.
Da parecchio ero considerata
un po’ strana: parlavo sempre balbettando sottovoce, vestivo solo di bianco,
ero magrissima e coprivo i capelli. Pensai che con la sua morte la nonna aveva
risolto tutti i suoi problemi, e forse, poteva essere una soluzione anche per
me. Fu solo il pensiero di un attimo. Io amavo la vita, la mia famiglia, i miei
animali. Odiavo solo il mio corpo e facevo di tutto per tenerlo nascosto.
Una sera, a letto, Angela mi
prese la mano. “Bianca ti devo parlare” mi disse. “Oggi Giuseppe mi ha detto
che sono carina, mi ha preso la mano e l’ha baciata. Io mi sono innamorata di
lui e non vedo l’ora di poterlo sposare e stare sempre con lui, ma tu, non
dirlo ancora a nessuno.” Un brivido mi percorse tutto il corpo e lei se ne
accorse. “Bianca, io non te l’ho mai chiesto, ma tu, vuoi raccontarmi cosa ti è
successo?”
Mi girai verso di lei, posai
il mio viso sulla sua spalla e le raccontai tutto. Era la prima volta che davo
voce a quegli episodi. La sua mano stringeva la mia sempre più forte e, alla
fine, ci trovammo abbracciate ed unite come mai in passato era successo.
“Ora capisco tante cose” mi
disse, “capisco perché zio Orso vive nella stanza sopra il pollaio, perché la
mamma sembrava diventata un generale e la nonna zittita così bruscamente.
Bianca, io manterrò il tuo segreto, ma tu, cosa vuoi fare della tua vita?” “E’ questo che non so. Quello che so per
certo è che non voglio essere toccata da nessun ragazzo e che sono destinata a
rimanere zitella. Già ora molti ridono di me, dei miei comportamenti ma io, al
solo pensiero di essere toccata da un ragazzo mi sento male. Tu mi chiedi cosa
voglio dalla vita? Io non lo so, vorrei diventare invisibile.”
Ci addormentammo abbracciate,
e da quel momento diventasti la mia sorella protettrice, la mia custode, e
anche tu cambiasti atteggiamento nei confronti di zio Orso e del nostro babbo.
Mamma capì che ora anche tu
sapevi e diventaste i miei angeli custodi.
I nostri fratelli mi avevano
sempre accettata, ero solo una sorella un po’ strana, che parlava con i suoi
animali, che usciva pochissimo, ma buona e generosa con tutti.
Il babbo non mi disse mai
niente. Delegò sempre la mamma, sembrava avere paura che, qualsiasi cosa
dicesse o facesse, io potessi fraintendere, e da lui non ebbi mai nessun gesto
affettuoso. Era il suo modo di dirmi che mi voleva bene.
Il tempo passava e vedevo
Angela felice delle sue scappatelle con Giuseppe. Una sera, a letto, mi chiese:
“Bianca, vuoi ancora diventare invisibile”? Io feci cenno di sì, senza sapere
cosa intendesse. E continuò “forse ho trovato la soluzione. Se il tuo desiderio
è sparire perché non entri in convento? Magari quello di clausura che c’è poco
distante da qui, cosa ne pensi?” Rimasi in silenzio assimilando quella
proposta. Non ero particolarmente religiosa, non avevo la vocazione, , ma la
cosa mi interessava, poteva essere la soluzione ai miei problemi. “Lascia che
ci pensi” le risposi.
Angela aveva diciassette anni
ed era uno splendore. Io, al contrario di lei, sembravo uno stambecco bianco.
Lei non mi raccontava dei suoi incontri segreti con Giuseppe per non turbarmi,
ma io vedevo la sua felicità, felicità che a me faceva paura, anzi terrore e,
allora, mi decisi.
Parlai con mamma e le dissi
che volevo diventare monaca di clausura e lei si mise a piangere. Sapeva che mi
avrebbe persa per sempre.
Non avevo ancora compiuto
sedici anni quando mamma e Angela mi accompagnarono al convento. Mi avevano
preparato un piccolo corredo personale, e fu tutto quello che portai da casa.
Quando le salutai sapevo che la mia vita, da quel momento non sarebbe più stata
la stessa. Abbracciai prima Angela e le augurai tanta felicità. Poi abbracciai
lungamente mamma, che non versò una lacrima e, al momento dei saluti le dissi
“stai vicino al babbo, lui non ha colpe”, e varcai quel portone.
Come furono difficili i primi
tempi! Mi mancava molto la mia famiglia, il vociare dei miei numerosi fratelli,
la vicinanza di Angela di notte che ora trascorrevo da sola, i miei gatti. Quel
nuovo posto era così silenzioso, rigido, pieno di regole da rispettare e di
lavori da svolgere. Ogni mese ricevevo una lettera dalla mia famiglia, ed era
tutto quello che mi era permesso.
Passò del tempo, e un po’
alla volta mi ambientai. Cominciai ad essere più serena e ad amare tutto ciò
che facevo. Ero circondata da tanto affetto e amore e alla fine, fra quelle alte mura chiuse al mondo,
finalmente, mi sentii LIBERA e felice.
Ora io, Angela, voglio
aggiungere qualcosa su mia sorella.
Bianca era molto riservata,
timida e chiusa di carattere. Mi sono molto sorpresa che abbia voluto
raccontare la sua storia, è stata molto coraggiosa a farlo, io non ci sarei
riuscita. Bianca non fu violata nel corpo ma la sua mente rimase ferita da
quanto le successe. Non vi ha raccontato della sofferenza del suo primo ciclo
mestruale, pensavamo sarebbe morta: il sangue non voleva arrestarsi e, ogni
volta era una tragedia; oppure di quando rivide per caso zio Orso e svenne di
nuovo; oppure di quando Gustavo, un nostro vicino di casa le carezzò il viso e lei
scappò e le venne la febbre. Queste e altre cose ancora lei non le avrebbe
raccontate ma sono successe; ed ogni volta era una sofferenza immensa. Per
questo le suggerii la clausura, anche se sapevo che l’avrei persa per sempre.
Mamma, poi, si riconciliò col
babbo, e vissero il resto della loro vita con più serenità.
Io sposai il mio Giuseppe e
la nostra prima figlia si chiamò Bianca.
Se mia sorella Bianca ha
voluto scrivere la sua storia avrà avuto dei motivi, ma ce n’è uno importante,
ne sono sicura ed è questo: “sappiate
che dietro alte mura chiuse al mondo c’è un altro mondo che prega per tutto il
mondo e vive una vita per tutti e non distante da tutti, noi siamo con la
preghiera sempre in mezzo a voi.”
Con amore fraterno BIANCA
(con Angela).
racconto di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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