martedì 13 ottobre 2020

BIANCA - SECONDA PARTE

 BIANCA

parte seconda




Avevo cominciato a prendere strane abitudini. Per esempio, volevo vestirmi solo di bianco e, questo era un problema, ma mamma mi cucì camicioni e grembiuli con vecchie lenzuola, ed in inverno usava lana non tinta. In questo modo mi sembrava di essere più pulita, perché continuavo a sentire il mio corpo sudicio. Poi avevo imparato a parlare sottovoce, così la mia balbuzie si notava di meno e io stessa la sopportavo di più. Poi un bel giorno presi le forbici e mi tagliai i capelli rossi. Se quelli erano stati l’origine dei miei problemi e dei miei incubi non li volevo più.

Quando la mamma mi vide con i capelli così rovinati non seppe se sgridarmi o consolarmi. Da un po’ di tempo andavo ripetendole che non volevo più i capelli rossi, ma lei non sapeva come accontentarmi, così ci pensai da sola. Dovevo sembrare uno spaventapasseri fuori sotto il portico con un camicione informe bianco e quei capelli così rovinati, e lo sguardo della mamma era colmo di rabbia e di dolore. Si affrettò a mettermi in testa un fazzoletto e mi disse che ero bellissima.

Il tempo, inesorabile, continuava a trascorrere. Io crescevo e anche Angela si faceva signorina. Vedevo il suo corpo trasformarsi, ed io tremavo al pensiero che poi sarebbe successa a me la stessa cosa. Io non lo volevo, ma non sapevo come fermare quel cambiamento inevitabile.

Mentre Angela era tutta contenta di quello che il suo corpo stava compiendo io ne ero terrorizzata. Avevo i capelli rossi, se poi mi fosse cresciuto anche il seno sarei stata per sempre una puttana. Adesso sapevo cosa significava  quella parola.

Cominciai così a mangiare sempre di meno, sperando di rimanere magra e secca come un’asse. Cominciai ad odiare il mio corpo, avevo undici anni, ed il cambiamento era inesorabilmente cominciato. Avevo visto come era successo con Angela e sapevo bene cosa mi aspettava. Vedevo mia sorella felice e gli sguardi che i ragazzi cominciavano a lanciarle, ed io non capivo il suo buonumore: io non avrei voluto per me degli sguardi simili. Quei due piccoli occhi scuri che scrutavano e toccavano il mio corpo di bambina, ancora mi tormentavano.

Quell’anno, nonna morì. Era usanza vestirsi di scuro per il lutto, ma io non ci riuscii mai. Non l’amavo, provavo nei suoi confronti tanto risentimento, e non mi importava nulla se era morta. Forse, provai addirittura sollievo.

Anche al funerale spiccavo fra tutti, unica persona vestita di bianco in mezzo a tanto nero.

Da parecchio ero considerata un po’ strana: parlavo sempre balbettando sottovoce, vestivo solo di bianco, ero magrissima e coprivo i capelli. Pensai che con la sua morte la nonna aveva risolto tutti i suoi problemi, e forse, poteva essere una soluzione anche per me. Fu solo il pensiero di un attimo. Io amavo la vita, la mia famiglia, i miei animali. Odiavo solo il mio corpo e facevo di tutto per tenerlo nascosto.

Una sera, a letto, Angela mi prese la mano. “Bianca ti devo parlare” mi disse. “Oggi Giuseppe mi ha detto che sono carina, mi ha preso la mano e l’ha baciata. Io mi sono innamorata di lui e non vedo l’ora di poterlo sposare e stare sempre con lui, ma tu, non dirlo ancora a nessuno.” Un brivido mi percorse tutto il corpo e lei se ne accorse. “Bianca, io non te l’ho mai chiesto, ma tu, vuoi raccontarmi cosa ti è successo?”

Mi girai verso di lei, posai il mio viso sulla sua spalla e le raccontai tutto. Era la prima volta che davo voce a quegli episodi. La sua mano stringeva la mia sempre più forte e, alla fine, ci trovammo abbracciate ed unite come mai in passato era successo.

“Ora capisco tante cose” mi disse, “capisco perché zio Orso vive nella stanza sopra il pollaio, perché la mamma sembrava diventata un generale e la nonna zittita così bruscamente. Bianca, io manterrò il tuo segreto, ma tu, cosa vuoi fare della tua vita?”  “E’ questo che non so. Quello che so per certo è che non voglio essere toccata da nessun ragazzo e che sono destinata a rimanere zitella. Già ora molti ridono di me, dei miei comportamenti ma io, al solo pensiero di essere toccata da un ragazzo mi sento male. Tu mi chiedi cosa voglio dalla vita? Io non lo so, vorrei diventare invisibile.”

Ci addormentammo abbracciate, e da quel momento diventasti la mia sorella protettrice, la mia custode, e anche tu cambiasti atteggiamento nei confronti di zio Orso e del nostro babbo.

Mamma capì che ora anche tu sapevi e diventaste i miei angeli custodi.

I nostri fratelli mi avevano sempre accettata, ero solo una sorella un po’ strana, che parlava con i suoi animali, che usciva pochissimo, ma buona e generosa con tutti.

Il babbo non mi disse mai niente. Delegò sempre la mamma, sembrava avere paura che, qualsiasi cosa dicesse o facesse, io potessi fraintendere, e da lui non ebbi mai nessun gesto affettuoso. Era il suo modo di dirmi che mi voleva bene.

Il tempo passava e vedevo Angela felice delle sue scappatelle con Giuseppe. Una sera, a letto, mi chiese: “Bianca, vuoi ancora diventare invisibile”? Io feci cenno di sì, senza sapere cosa intendesse. E continuò “forse ho trovato la soluzione. Se il tuo desiderio è sparire perché non entri in convento? Magari quello di clausura che c’è poco distante da qui, cosa ne pensi?” Rimasi in silenzio assimilando quella proposta. Non ero particolarmente religiosa, non avevo la vocazione, , ma la cosa mi interessava, poteva essere la soluzione ai miei problemi. “Lascia che ci pensi” le risposi.

Angela aveva diciassette anni ed era uno splendore. Io, al contrario di lei, sembravo uno stambecco bianco. Lei non mi raccontava dei suoi incontri segreti con Giuseppe per non turbarmi, ma io vedevo la sua felicità, felicità che a me faceva paura, anzi terrore e, allora, mi decisi.

Parlai con mamma e le dissi che volevo diventare monaca di clausura e lei si mise a piangere. Sapeva che mi avrebbe persa per sempre.

Non avevo ancora compiuto sedici anni quando mamma e Angela mi accompagnarono al convento. Mi avevano preparato un piccolo corredo personale, e fu tutto quello che portai da casa. Quando le salutai sapevo che la mia vita, da quel momento non sarebbe più stata la stessa. Abbracciai prima Angela e le augurai tanta felicità. Poi abbracciai lungamente mamma, che non versò una lacrima e, al momento dei saluti le dissi “stai vicino al babbo, lui non ha colpe”, e varcai quel portone.

Come furono difficili i primi tempi! Mi mancava molto la mia famiglia, il vociare dei miei numerosi fratelli, la vicinanza di Angela di notte che ora trascorrevo da sola, i miei gatti. Quel nuovo posto era così silenzioso, rigido, pieno di regole da rispettare e di lavori da svolgere. Ogni mese ricevevo una lettera dalla mia famiglia, ed era tutto quello che mi era permesso.

Passò del tempo, e un po’ alla volta mi ambientai. Cominciai ad essere più serena e ad amare tutto ciò che facevo. Ero circondata da tanto affetto e amore e alla fine, fra quelle alte mura chiuse al mondo, finalmente, mi sentii LIBERA e felice.

 

Ora io, Angela, voglio aggiungere qualcosa su mia sorella.

Bianca era molto riservata, timida e chiusa di carattere. Mi sono molto sorpresa che abbia voluto raccontare la sua storia, è stata molto coraggiosa a farlo, io non ci sarei riuscita. Bianca non fu violata nel corpo ma la sua mente rimase ferita da quanto le successe. Non vi ha raccontato della sofferenza del suo primo ciclo mestruale, pensavamo sarebbe morta: il sangue non voleva arrestarsi e, ogni volta era una tragedia; oppure di quando rivide per caso zio Orso e svenne di nuovo; oppure di quando Gustavo, un nostro vicino di casa le carezzò il viso e lei scappò e le venne la febbre. Queste e altre cose ancora lei non le avrebbe raccontate ma sono successe; ed ogni volta era una sofferenza immensa. Per questo le suggerii la clausura, anche se sapevo che l’avrei persa per sempre.

 

Mamma, poi, si riconciliò col babbo, e vissero il resto della loro vita con più serenità.

 

Io sposai il mio Giuseppe e la nostra prima figlia si chiamò Bianca.

 

Se mia sorella Bianca ha voluto scrivere la sua storia avrà avuto dei motivi, ma ce n’è uno importante, ne sono sicura ed è questo: “sappiate che dietro alte mura chiuse al mondo c’è un altro mondo che prega per tutto il mondo e vive una vita per tutti e non distante da tutti, noi siamo con la preghiera  sempre in mezzo a voi.”

 

Con amore fraterno BIANCA (con  Angela).

racconto di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

 

Nessun commento:

Posta un commento