mercoledì 16 giugno 2021

ARMANDO

 ARMANDO

parte dieci - fine




Mentre continuavo il mio cammino in solitudine ripensavo alla mia vita, ancora un paio d’anni ed avrei fatto ritorno a casa mia. Dopo quello che avevo conosciuto della Città Chiusa, niente mi sembrava meglio della mia piccola casa e dell’amore di mia madre e mio padre, di una sorella che avevo conosciuto poco ma che avrei ritrovato con il nostro amore fraterno mai venuto meno.

 

I vari paesi con le loro fonti, i loro mercati non mi comunicavano nessuna novità. Possibile, mi domandavo, che avessi viaggiato per niente? Possibile che Antenore avesse voluto mandarmi per il mondo sapendo che sarei tornato a mani vuote? La delusione e la sfiducia cominciavano a farmi sentire la stanchezza di quel lungo girovagare solitario.

 

Per questo, sotto il sole cocente, mi sono addormentato con la schiena appoggiata ad una grossa pietra aspettando un po’ di frescura.

 

……………….

 

Mi risveglio con molta lentezza, ho quasi 35 anni e mi sento un vecchio. Sono solo, ho viaggiato in lungo e in largo in cerca del senso della vita ma ho capito che non riuscirò a trovarlo. Cosa fare? Continuare la mia ricerca o far ritorno a casa mia? Guardo ancora la strada, lunga e polverosa che mi sta davanti e guardo anche dentro me stesso e mi chiedo “Voglio continuare? Voglio ritornare? Voglio riposare? Voglio rinunciare?”

Il desiderio di continuare si è affievolito e sono sfiduciato. Ho iniziato la mia ricerca a 12 anni e, dopo 23 anni passati in giro per strade e paesi sconosciuti, non ho trovato quello che cerco. Penso ad Antenore, morto vecchio e solo in un paese straniero e non voglio finire come lui. Mi piacerebbe finire i miei giorni circondato dalle persone che amo, dalla mia famiglia e, immediatamente, decido di tornare.

 

Ora che ho preso la mia decisione mi rimetto a dormire aspettando il fresco del primo mattino, quello che accoglierà i miei passi del ritorno a casa.

 

Sono passati due mesi sulla strada del rientro e, finalmente, mi avvicino al mio vecchio paese. Quelle pietre che ho salutato quando sono partito ora accolgono il mio ritorno. Nessuno mi riconosce e vengo guardato con sospetto, non credo che da qui passino molti forestieri. Mi avvicino alla mia vecchia casa e, vedo seduto fuori dalla porta un uomo anziano che guarda la strada. E’ mio padre, e un nodo mi stringe la gola. Come mi accoglierà? Mi avrà perdonato? E mia madre sarà dentro casa?

 

Ora gli sono davanti ma non può vedermi perché è diventato cieco. Mi inginocchio vicino a lui e gli prendo la mano. “Padre, sono Armando, sono ritornato.”

 

La sua mano stringe la mia ed i suoi occhi si sgranano per potermi vedere, ma non può riuscirci. Due silenziose lacrime scendono su quelle guance così abbronzate e lasciano segni che sembrano ferite.

 

“Armando, figlio mio, finalmente sei tornato! E’ da tanto che ti aspetto, sapevo che ti avrei rivisto prima di morire. Hai trovato quello che cercavi?”

 

“No padre, perdonami, me ne sono andato lontano da voi per inseguire una chimera, non posso trovare quello che non esiste. Sono ritornato perché mi mancavate da morire. Dov’è mia madre?”

 

“Tua madre è morta da due anni, mi ha lasciato il compito di aspettarti, lei sapeva che saresti tornato e voleva che ci fosse ancora qualcuno ad aspettarti.”

 

“E mia sorella Anna, come sta?”

 

“Tua sorella sta bene, si è sposata ed ha due figli, vivo con loro e suo marito in questa casa, ora è Alessandro, suo marito che si occupa degli animali e della terra. E’ in casa, vai a salutarla.”

 

Entro piano in quella casa che è stata da sempre la mia casa e poco è cambiato, si è aggiunta una stanza per i bambini e mio padre e vedo mia sorella che sta cucinando. Alza la testa e il suo sguardo dubbioso incontra i miei occhi, poi capisce chi sono e mi corre incontro abbracciandomi felice.

 

“Sei, tu! Sei tornato! Che gioia rivederti! Nostro padre non ha mai perso la speranza, ogni giorno si sedeva fuori della porta ad aspettarti con l’incrollabile certezza che ti avrebbe visto prima di morire. Entra, siedi e raccontami. Ora sei qui, questa è la tua casa e ci rimarrai!”

 

Una brocca di acqua fresca e le dico che mi piacerebbe restare con loro, almeno per un po’.

 

“Fra poco rientrerà Alessandro con Lucio e Simone, i tuoi nipoti e saranno contenti anche loro di conoscerti. Ora riposa, va da tuo padre e parla con lui.”

 

Mi siedo vicino a mio padre e gli racconto dei miei viaggi, delle mie esperienze  e lui mi guarda senza vedermi e scuote il capo. Poi arrivano anche mio cognato e i miei nipoti e tutti insieme ci sediamo a tavola.

 

C’è molta allegria, i ragazzi sono curiosi e mi fanno un sacco di domande e, mi accorgo che solo Alessandro non parla ed è piuttosto serio. Penso che sia il suo modo di fare,  e spero di poterlo conoscere meglio e aiutarlo nei suoi lavori, per sdebitarmi della loro ospitalità.

 

I primi giorni mi riposo, mi accorcio la barba e mi cambio la veste, insomma riprendo quelle sembianze che sono le mie. Non sono poi così vecchio, se volessi potrei anche trovarmi una moglie.

 

Osservo questa famiglia, la mia famiglia e capisco!  Mi tornano in mente le parole di mio padre, me le disse che avevo sei anni e solo ora le capisco: “Il senso della vita è avere una famiglia, qualcuno che ti vuole bene, dei figli che ti rispettano, una comunità unita e in pace. Un Dio da pregare e da temere e giornate per festeggiare.”

 

 Mentre vagabondavo ho conosciuto altri che la pensavano diversamente:

 

Il cavaliere, che viveva senza rinunciare a niente, con donne, cibo, e pensando solo al presente.

 

Gli eremiti che vivevano pregando e stando bene con Dio, e aiutando i poveri.

 

Il guerriero che viveva cercando potere e denaro anche con la forza delle armi.

 

La piccola Adele che voleva vivere senza paura.

 

Il nomade che viveva servito e libero di andare e fare quello che voleva senza rispettare nemmeno i suoi famigliari.

 

La città Chiusa che viveva senza regole e senza sentimenti.

 

E quel vecchio sconosciuto che mi aveva regalato il suo amuleto aveva previsto che sarei tornato sui miei passi. La sua domanda “perché sei nato?” Allora non l’avevo capita, ma ora sì: sono nato per viaggiare e capire che avevo già tutto e non lo sapevo.

 

Ora che sono riposato chiedo a mio cognato se lo posso accompagnare al lavoro, desidero aiutarlo, e lui, mi fa un breve cenno. Lo seguo e voglio parlare con lui, non mi ha dimostrato molta amicizia, sento che prova risentimento e non ne capisco il motivo.

 

“Cosa c’è Alessandro che ti turba? Sono forse io che ho fatto o detto qualcosa che ti ha offeso?”

 

Mi alza in viso due occhi che sembrano incandescenti.

 

“Perché sei tornato?”

 

“Perché avevo nostalgia della mia famiglia, per rivederla.”

 

“Tu non hai più una famiglia! Dove eri quando tuo padre è diventato cieco ed io ho preso in mano tutto il lavoro? Dove eri quando tua madre è morta e nessuno riusciva a consolare i suoi cari? Chi ha fatto prosperare le terre, il bestiame mentre tu eri via?”

 

“Perché mi dici tutto questo? Cosa significa?”

 

“Significa che mentre io ho dedicato lavoro, tempo ed energia a far fruttare terre e bestiame, ora, con il tuo ritorno non sono più padrone di niente! Tutto ti appartiene e non lo trovo giusto. Perché non te ne vai di nuovo? E’ mio il diritto a possedere quello per il quale ho lavorato, tu non hai fatto niente!”

 

“Io non nego quello che hai fatto e non desidero avere quello che non mi spetta, voglio avere qualcosa solo per ricominciare, non voglio portarti via niente, non è mia intenzione.”

 

“Mia intenzione è non darti niente! Tu eri come morto e le proprietà erano di tua sorella, perciò se per riavere quello che sento mio dovrò ucciderti, lo farò!”

 

Estrae un coltello e, con un balzo si avventa su di me pugnalandomi dritto al cuore.

 

Sono sorpreso, e guardo il sangue che mi cola fra le mani.

Penso “possibile? Dopo tanti anni, tante ricerche, ora che finalmente ho trovato quello che ho sempre cercato tutto finisce per l’avidità e l’egoismo di un mio famigliare? E come si giustificherà con la sua famiglia? E i suoi figli cosa penseranno?”

 

Guardo quel viso contratto dalla collera ma lo vedo sbiadito. Un urlo, mia sorella corre verso di me e mi abbraccia. E tutto finisce.

 

 

Vedo mia madre venirmi incontro e prendermi fra le braccia come quando ero bambino. Mi bacia e mi allontano con lei.

 

Che strana la vita! Ho viaggiato per larga parte del mondo, conosciuto pericoli, malattie, guerre e stanchezza per cercare il senso della vita e per scoprire che la vita non è altro che vivere con Amore.

Fiaba per adulti - scritta da Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati - immagine dal qeb

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