ARMANDO
parte dieci - fine
Mentre continuavo il mio
cammino in solitudine ripensavo alla mia vita, ancora un paio d’anni ed avrei
fatto ritorno a casa mia. Dopo quello che avevo conosciuto della Città Chiusa,
niente mi sembrava meglio della mia piccola casa e dell’amore di mia madre e
mio padre, di una sorella che avevo conosciuto poco ma che avrei ritrovato con
il nostro amore fraterno mai venuto meno.
I vari paesi con le loro
fonti, i loro mercati non mi comunicavano nessuna novità. Possibile, mi
domandavo, che avessi viaggiato per niente? Possibile che Antenore avesse
voluto mandarmi per il mondo sapendo che sarei tornato a mani vuote? La
delusione e la sfiducia cominciavano a farmi sentire la stanchezza di quel
lungo girovagare solitario.
Per questo, sotto il sole
cocente, mi sono addormentato con la schiena appoggiata ad una grossa pietra
aspettando un po’ di frescura.
……………….
Mi risveglio con molta
lentezza, ho quasi 35 anni e mi sento un vecchio. Sono solo, ho viaggiato in
lungo e in largo in cerca del senso della vita ma ho capito che non riuscirò a
trovarlo. Cosa fare? Continuare la mia ricerca o far ritorno a casa mia? Guardo
ancora la strada, lunga e polverosa che mi sta davanti e guardo anche dentro me
stesso e mi chiedo “Voglio continuare? Voglio ritornare? Voglio riposare?
Voglio rinunciare?”
Il desiderio di continuare si
è affievolito e sono sfiduciato. Ho iniziato la mia ricerca a 12 anni e, dopo
23 anni passati in giro per strade e paesi sconosciuti, non ho trovato quello
che cerco. Penso ad Antenore, morto vecchio e solo in un paese straniero e non
voglio finire come lui. Mi piacerebbe finire i miei giorni circondato dalle
persone che amo, dalla mia famiglia e, immediatamente, decido di tornare.
Ora che ho preso la mia
decisione mi rimetto a dormire aspettando il fresco del primo mattino, quello
che accoglierà i miei passi del ritorno a casa.
Sono passati due mesi sulla
strada del rientro e, finalmente, mi avvicino al mio vecchio paese. Quelle
pietre che ho salutato quando sono partito ora accolgono il mio ritorno.
Nessuno mi riconosce e vengo guardato con sospetto, non credo che da qui
passino molti forestieri. Mi avvicino alla mia vecchia casa e, vedo seduto
fuori dalla porta un uomo anziano che guarda la strada. E’ mio padre, e un nodo
mi stringe la gola. Come mi accoglierà? Mi avrà perdonato? E mia madre sarà
dentro casa?
Ora gli sono davanti ma non
può vedermi perché è diventato cieco. Mi inginocchio vicino a lui e gli prendo
la mano. “Padre, sono Armando, sono ritornato.”
La sua mano stringe la mia ed
i suoi occhi si sgranano per potermi vedere, ma non può riuscirci. Due
silenziose lacrime scendono su quelle guance così abbronzate e lasciano segni
che sembrano ferite.
“Armando, figlio mio,
finalmente sei tornato! E’ da tanto che ti aspetto, sapevo che ti avrei rivisto
prima di morire. Hai trovato quello che cercavi?”
“No padre, perdonami, me ne
sono andato lontano da voi per inseguire una chimera, non posso trovare quello
che non esiste. Sono ritornato perché mi mancavate da morire. Dov’è mia madre?”
“Tua madre è morta da due
anni, mi ha lasciato il compito di aspettarti, lei sapeva che saresti tornato e
voleva che ci fosse ancora qualcuno ad aspettarti.”
“E mia sorella Anna, come
sta?”
“Tua sorella sta bene, si è
sposata ed ha due figli, vivo con loro e suo marito in questa casa, ora è
Alessandro, suo marito che si occupa degli animali e della terra. E’ in casa,
vai a salutarla.”
Entro piano in quella casa
che è stata da sempre la mia casa e poco è cambiato, si è aggiunta una stanza
per i bambini e mio padre e vedo mia sorella che sta cucinando. Alza la testa e
il suo sguardo dubbioso incontra i miei occhi, poi capisce chi sono e mi corre
incontro abbracciandomi felice.
“Sei, tu! Sei tornato! Che
gioia rivederti! Nostro padre non ha mai perso la speranza, ogni giorno si
sedeva fuori della porta ad aspettarti con l’incrollabile certezza che ti
avrebbe visto prima di morire. Entra, siedi e raccontami. Ora sei qui, questa è
la tua casa e ci rimarrai!”
Una brocca di acqua fresca e
le dico che mi piacerebbe restare con loro, almeno per un po’.
“Fra poco rientrerà
Alessandro con Lucio e Simone, i tuoi nipoti e saranno contenti anche loro di
conoscerti. Ora riposa, va da tuo padre e parla con lui.”
Mi siedo vicino a mio padre e
gli racconto dei miei viaggi, delle mie esperienze e lui mi guarda senza vedermi e scuote il
capo. Poi arrivano anche mio cognato e i miei nipoti e tutti insieme ci sediamo
a tavola.
C’è molta allegria, i ragazzi
sono curiosi e mi fanno un sacco di domande e, mi accorgo che solo Alessandro
non parla ed è piuttosto serio. Penso che sia il suo modo di fare, e spero di poterlo conoscere meglio e aiutarlo
nei suoi lavori, per sdebitarmi della loro ospitalità.
I primi giorni mi riposo, mi
accorcio la barba e mi cambio la veste, insomma riprendo quelle sembianze che
sono le mie. Non sono poi così vecchio, se volessi potrei anche trovarmi una
moglie.
Osservo questa famiglia, la
mia famiglia e capisco! Mi tornano in
mente le parole di mio padre, me le disse che avevo sei anni e solo ora le
capisco: “Il senso della vita è avere una famiglia, qualcuno che ti vuole bene,
dei figli che ti rispettano, una comunità unita e in pace. Un Dio da pregare e
da temere e giornate per festeggiare.”
Mentre vagabondavo ho conosciuto altri che la
pensavano diversamente:
Il cavaliere, che viveva
senza rinunciare a niente, con donne, cibo, e pensando solo al presente.
Gli eremiti che vivevano
pregando e stando bene con Dio, e aiutando i poveri.
Il guerriero che viveva
cercando potere e denaro anche con la forza delle armi.
La piccola Adele che voleva
vivere senza paura.
Il nomade che viveva servito
e libero di andare e fare quello che voleva senza rispettare nemmeno i suoi
famigliari.
La città Chiusa che viveva
senza regole e senza sentimenti.
E quel vecchio sconosciuto
che mi aveva regalato il suo amuleto aveva previsto che sarei tornato sui miei
passi. La sua domanda “perché sei nato?” Allora non l’avevo capita, ma ora sì:
sono nato per viaggiare e capire che avevo già tutto e non lo sapevo.
Ora che sono riposato chiedo
a mio cognato se lo posso accompagnare al lavoro, desidero aiutarlo, e lui, mi
fa un breve cenno. Lo seguo e voglio parlare con lui, non mi ha dimostrato
molta amicizia, sento che prova risentimento e non ne capisco il motivo.
“Cosa c’è Alessandro che ti
turba? Sono forse io che ho fatto o detto qualcosa che ti ha offeso?”
Mi alza in viso due occhi che
sembrano incandescenti.
“Perché sei tornato?”
“Perché avevo nostalgia della
mia famiglia, per rivederla.”
“Tu non hai più una famiglia!
Dove eri quando tuo padre è diventato cieco ed io ho preso in mano tutto il
lavoro? Dove eri quando tua madre è morta e nessuno riusciva a consolare i suoi
cari? Chi ha fatto prosperare le terre, il bestiame mentre tu eri via?”
“Perché mi dici tutto questo?
Cosa significa?”
“Significa che mentre io ho
dedicato lavoro, tempo ed energia a far fruttare terre e bestiame, ora, con il
tuo ritorno non sono più padrone di niente! Tutto ti appartiene e non lo trovo
giusto. Perché non te ne vai di nuovo? E’ mio il diritto a possedere quello per
il quale ho lavorato, tu non hai fatto niente!”
“Io non nego quello che hai
fatto e non desidero avere quello che non mi spetta, voglio avere qualcosa solo
per ricominciare, non voglio portarti via niente, non è mia intenzione.”
“Mia intenzione è non darti
niente! Tu eri come morto e le proprietà erano di tua sorella, perciò se per
riavere quello che sento mio dovrò ucciderti, lo farò!”
Estrae un coltello e, con un
balzo si avventa su di me pugnalandomi dritto al cuore.
Sono sorpreso, e guardo il
sangue che mi cola fra le mani.
Penso “possibile? Dopo tanti
anni, tante ricerche, ora che finalmente ho trovato quello che ho sempre
cercato tutto finisce per l’avidità e l’egoismo di un mio famigliare? E come si
giustificherà con la sua famiglia? E i suoi figli cosa penseranno?”
Guardo quel viso contratto
dalla collera ma lo vedo sbiadito. Un urlo, mia sorella corre verso di me e mi
abbraccia. E tutto finisce.
Vedo mia madre venirmi
incontro e prendermi fra le braccia come quando ero bambino. Mi bacia e mi
allontano con lei.
Che strana la vita! Ho
viaggiato per larga parte del mondo, conosciuto pericoli, malattie, guerre e
stanchezza per cercare il senso della
vita e per scoprire che la vita non è altro che vivere con Amore.
Fiaba per adulti - scritta da Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati - immagine dal qeb
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