ARMANDO
parte otto
Riprendo il mio cammino in
solitudine e meditazione. Molti giorni e molte notti passano prima che incontri
altri viandanti. Mi unisco ad un gruppo di nomadi che si sono accampati e
stanno allestendo il loro campo.
“Salve straniero, vuoi
rimanere qualche giorno con noi? Ci fa piacere avere compagnia e conoscere
gente nuova. Chi sei? E dove vai tutto solo?”
“Grazie signore. Accetto
volentieri di unirmi a voi. Anche a me piace la compagnia e soprattutto mi
piace conoscere gente nuova. Se posso rendermi utile in qualche modo ne sarò
felice. Mi chiamo Armando e sono in cammino da molti anni. Mi piace viaggiare
da solo e non porto con me niente di valore, solo lo stretto necessario. Sono
in cerca del senso della vita, e lo sto cercando da tanto tempo. Ancora non
l’ho trovato, ma non dispero di riuscirci, la mia è la seconda vita che viene
dedicata a tale ricerca, non posso fallire!”
“Che strana cosa stai
cercando! Ma quando l’avrai trovata a cosa ti servirà?”
“Non servirà solo a me
stesso, ma a tutto il mondo. Servirà per rendere migliore l’esistenza di tutte
le persone che abitano la terra, servirà perchè tutti i popoli possano essere
felici.”
“Beh, io sono felice di
quello che ho: ho due mogli e cinque figli, viaggio dove voglio e non ho
obblighi con nessuno. Posso fare quello che mi va senza obbedire a nessuna
legge. Le mie mogli soddisfano ogni mia voglia e i miei figli obbediscono ad
ogni mio comando. Commercio piccoli oggetti e quello che ottengo mi basta. Il
mio carro è la mia casa, la strada la scelgo da solo, il fuoco lo accendiamo
per cucinare ed io sono felice così. Non è questo, forse, il senso della vita?
Essere servito e libero di andare e fare quello che mi pare.”
“Non sembra male in effetti
la tua vita. La descrivi come se la tua libertà fosse la cosa più importante,
l’autorità che imponi alla tua famiglia ti rende orgoglioso, vivere senza
sottostare a nessuna legge ti fa sentire grande più di un imperatore, ma in
fondo cosa possiedi veramente? Un carro, due mogli, cinque figli e nient’altro.
Non conti niente per nessuno, e se tu dovessi morire anche ora la tua famiglia
continuerebbe anche senza di te, e deciderebbe in autonomia quello che vuole
fare e potrebbe scoprire che quello che ha vissuto fino ad ora non era poi la
cosa più importante, lo era solo perché eri tu a imporla!”
“La mia famiglia fa come io
decido, perché è così che deve essere, lo è sempre stato anche per me, ed io
non cambio le nostre usanze, mai; tutto deve continuare come i nostri padri e
prima ancora i nostri avi hanno sempre fatto, questo è il nostro mondo e così
sarà sempre.”
“Ognuno è libero di vivere
come vuole la propria vita, ma io preferirei vivere in una vera casa circondato
da tanti amici e parenti. No, non è il tuo il senso della vita che cerco, ma ti
auguro di vivere per sempre felice come vuoi tu. Ora andiamo a mangiare, si
sente un buon profumino provenire da quel fuoco, domani riprendo il mio cammino
e ti ringrazio della tua ospitalità.”
E’ una cena strana e
silenziosa, non vedo molta allegria ma solo due donne sciupate e vecchie
anzitempo e cinque ragazzi incolti e sporchi che non conoscono altro che strada
e sudiciume, come si può essere felici di vivere così? Mangiamo tutti in
silenzio, solo il capo famiglia ogni tanto si fa sentire e da’ ordini. Alla
fine, ringrazio e m ritiro sul mio mantello.
Sotto un meraviglioso cielo
stellato mi addormento immediatamente e il canto degli uccelli mattutini mi
vede già lontano da quel campo.
Riprendo il mio errare
sentendo ancora molto entusiasmo per la mia ricerca e, intanto penso a quello
che ho gia visto in tutti questi anni, sembra che ognuno abbia la propria idea
della vita, che non esista una regola che vada bene per tutti, è il mio compito
quello di scoprirla e sarà per tutti un modo nuovo di vivere.
Passano le stagioni e passano
anche gli anni. Io continuo imperterrito nel mio viaggio. Ho trent’anni, la
barba è quasi bianca e il viso solcato da rughe create dal sole cocente e
dall’aria pungente. Le labbra sono quasi sempre aride e secche ed i miei piedi
hanno tagli e ferite dal troppo camminare.
In questo paese mi fermo,
come al solito, vicino alla fonte e bagno il bordo della mia tunica per
rinfrescarmi. Ogni fonte, in ogni paese è sempre uguale e un bambino, più
curioso degli altri si avvicina e mi guarda.
Avrà circa dieci anni ed un
viso molto sveglio. Gli faccio un sorriso e lo saluto con un cenno del capo.
Anche lui risponde al mio
saluto, ma non mi rivolge la parola. Anche sua madre gli avrà raccomandato di
non parlare con gli sconosciuti. Ripenso a mia madre e alla mia famiglia.
Staranno bene? E mia sorella? Si sarà fatta una ragazza ormai, anzi una donna e
sarà già sposata, sentirà mai la mia mancanza? Si ricorderà di suo fratello o
mi avrà cancellato dai suoi ricordi? Un po’ di nostalgia si insinua nel mio
cuore, mi piacerebbe rivederli tutti e faccio un patto con me stesso: se entro
i miei 35 anni non avrò trovato quello che cerco ritornerò da loro. Non da
sconfitto, ma da figlio nostalgico della propria famiglia.
Verso sera mi sposto al
limitare del paese, domani mattina ripartirò presto, ora che mi sono dato una
scadenza non ho tempo da perdere.
Cammino, mi guardo intorno,
ascolto chiunque, ma non trovo niente. Sono passati altri due anni e sono
ancora senza risposta.
Vedo uno strano insieme di
capanne, non sembrano nemmeno case. C’è una piccola fonte e nemmeno un bambino.
Solo vecchi e vecchie e storpi che si aggirano per quelle strade fatte di terra
battuta.
In distanza, vedo una alta
muraglia che si perde a vista d’occhio. Tutta chiusa. Non ho mai visto niente
di simile e mi incuriosisco. Mi fermo all’ombra di un albero rinsecchito e
guardo verso quella muraglia.
Prendo un sorso d’acqua dalla
mia borraccia e provo ad immaginare di cosa si possa trattare.
Un vecchio si avvicina e mi
guarda.
Fiaba per adulti scritta da Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati - immagine dal web
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