martedì 15 dicembre 2020

MISHA

 MISHA

parte 11



Furono condotte in una stanza illuminata da alcune fiaccole e quello che videro le impressionò: una sala delle torture molto sofisticata e con macchinari che, né lei né Muriel  avevano mai visto.

Un piccolo e rozzo tavolo con una candela e, furono stupite di vedere un uomo seduto. Era elegantemente vestito, aveva il viso avvolto da una sciarpa leggera e fece cenno alle due donne di sedersi di fronte a lui.

Imbarazzate e anche spaventate quelle obbedirono.

L’uomo prese la parola. “So chi siete e cosa fate, ora voglio che mi portiate, e molto presto, un siero che tolga la forza di volontà e metta nelle mie mani la mente di questi prigionieri. Se non lo farete, verrete a far parte degli ospiti delle mie prigioni. Se non lo avete ancora capito io sono il principe reggente.”  Si alzò e se ne andò.

Il capitano aspettò che il suo principe si allontanasse e prese il posto che aveva lasciato libero, si sedette e guardò le due guaritrici.

“Non avete molto tempo per fare quello che il principe vi ha ordinato.” Ribadì quasi fosse lui quello che aveva il comando di tutto.

Misha prese coraggio. “Per fare quello che ci avete chiesto devo prima conoscere i prigionieri, capirli e trovare per ognuno il metodo corretto, o ci sarà il pericolo che possano morire o avere un effetto nullo.”

Il capitano non avrebbe voluto trattenersi oltre, quello era un posto che odiava ma sapeva che doveva assolutamente ottenere quello che il principe aveva ordinato, o ne avrebbe pagato anche lui le conseguenze.

Con non poca riluttanza si alzò e aprì le sei celle. Dieci uomini con le catene ai polsi furono condotti nella stanza delle torture. Erano davvero mal conci, soltanto il loro sguardo comunicava qualcosa che Misha capì immediatamente: fierezza, e molto altro. Sembravano giovani e dovevano essere stati fisicamente in forma, ne portavano ancora le tracce, nonostante la sporcizia e la barba lunga.

Erano in piedi davanti alle due guaritrici, senza sapere cosa aspettarsi.

Misha li osservò uno ad uno mentre Muriel faceva altrettanto. Il capitano borbottava e le incitava a fare in fretta ma quelle sembravano procedere molto lentamente.

Con estrema cautela e rispetto, Misha si soffermava davanti ad ognuno di loro, cercando di entrare nelle loro menti per capire chi fossero, prendeva le loro mani fra le sue, sapeva che il capitano non lo avrebbe mai rivelato loro l’identità  di questi uomini.

Misha aveva già osservato e stretto le mani di cinque uomini, quando toccò al sesto sentì  qualcosa di molto strano, di molto diverso. Si concentrò e capì che nelle vene di quell’uomo scorreva il suo stesso sangue, quello era di sicuro suo fratello. L’uomo teneva gli occhi fissi in quelli della ragazza e per un attimo Misha ebbe un sussulto. Lei gli trasmise alcuni pensieri, alcune domande e capì chi erano quei dieci uomini: erano le guardie personali del principe imprigionato, quelle che non si erano sottomesse al principe usurpatore. Fu una grossa sorpresa. Muriel si accorse dell’incatenamento fra i due e scosse lievemente la ragazza. Avevano finito il loro lavoro e dovevano andarsene, il capitano si alzò e riportò i prigionieri nelle celle, si accertò che fossero ben chiuse e precedette le due donne risalendo le rampe di scale.

Non parlarono fino a che furono vicini all’uscita e poterono respirare l’aria gelida della sera.

“Fra quanto sarà pronto quello che vi ha chiesto il principe?”  Chiese.

“Tre settimane.” Rispose Misha. “Mandate il carro a fine febbraio e noi saremo pronte.” Non aspettarono la risposta e salirono velocemente sul carro che impiegò varie ore per riportarle a casa. L’alba era quasi spuntata quando entrarono nella loro casupola. Come facevano ogni volta, si spogliarono e misero nella tinozza tutti gli abiti, si lavarono e, senza nemmeno mangiare caddero esauste sui loro giacigli.

Il nuovo giorno portò una schiarita e un pallido sole rischiarò quel villaggio dai camini fumanti.

“Cosa pensi di fare?” Chiese Muriel.

“Preparerò un leggero sedativo, poi mentre dormono entrerò nei loro sogni e farò quello che devo.”  Rispose.

“Ma sono dieci uomini! Sarà difficile riuscire a fare quello che stai pensando!”  Ribadì Muriel.

“Lo so, dopo avrò bisogno del tuo aiuto per riprendermi. Ma va fatto, ho tre settimane per prepararmi e una promessa da mantenere.” Rispose convinta.

Il tempo sembrava trascorrere lento anche se le giornate erano molto corte. Febbraio era sempre stato un mese gelido e anche quell’anno non era diverso dal solito. Le due guaritrici venivano chiamate spesso per bambini e soprattutto anziani che avevano problemi a respirare, con tosse spesso che lacerava la gola, e non era facile riuscire a curare e salvare tutti, era il mese in cui morivano il maggior numero di anziani e anche di bambini nati deboli.

Era l’ultimo giorno di febbraio ed erano già pronte quando sentirono il carro arrivare. La notte prima, Misha era tornata nella cella del principe ereditario e lo aveva informato di quello che si accingeva a fare. Era stata sollevata quando lo aveva visto sereno, era un uomo che non si perdeva d’animo, aveva una forza mascherata da un’indole pacifica ma che non si sarebbe mai arreso.

Il carro si fermò come al solito davanti alla prigione. Il freddo era intenso e il capitano delle guardie le aspettava all’interno. Non disse una parola fino a che raggiunsero i sotterranei. Ad attenderle c’erano due guardie grandi e grosse con lo sguardo truce e con la fretta di poter tornare di sopra, nessuno amava i sotterranei e toccava a quelli che venivano puniti per qualche mancanza stare lì di guardia.

Misha manteneva un atteggiamento calmo, mentre Muriel era molto preoccupata anche se non lo dava a vedere. Posero le loro sacche sul tavolo ed estrassero due boccette.

“Deve trovarmi un posto abbastanza grande dove possa riunire tutti i prigionieri.” Disse la giovane.

Il capitano diede ordine e i dieci prigionieri vennero condotti nella sala delle torture dove alcuni macchinari furono spostati.

“Togliete loro le catene.” Chiese con gentilezza.

“Questo mai!” Le rispose il capitano.

“Allora non posso fare niente, dica al suo principe che si è rifiutato di obbedire ai suoi ordini.” Rimase in attesa della sua reazione.

I prigionieri non abbassavano lo sguardo, non davano segno di nessuna paura, era evidente che erano pronti a morire per il loro principe.

Misha prese posto al centro della stanza. “Sedetevi a cerchio intorno a me.” Disse mentre anche lei si sedeva sul pavimento sudicio.

Ci pensarono i due energumeni a far sedere i più riottosi.

“Ora lasciatemi sola con loro.” Disse sempre molto gentilmente.

“Non ci penso proprio!” Rispose il capitano.

“Prendete posto davanti alle celle, potete osservare,ma se interverrete o intralcerete in qualsiasi modo quello che sto facendo, il principe non potrà avere quello che ha chiesto.”  Disse tenendo gli occhi socchiusi.

“Procedi, Muriel.” Chiese mentre lei cominciava a cantare dolcemente una nenia popolare.

Muriel versò poche gocce sulla lingua di ognuno di loro e si ritirò anche lei fuori dalla stanza.

La voce dolce di Misha aiutò i prigionieri a lascarsi andare. Uno alla volta si sdraiarono e si addormentarono. La giovane guaritrice non smise di cantare, chiuse gli occhi e con uno sforzo enorme anche per lei entrò nei loro sogni, doveva unirli tutti prima di fare quello che intendeva, era uno sforzo immenso, una cosa che non aveva mai fatto, per questo si era preparata.

I due carcerieri e il capitano si rilassarono vedendo che gli uomini erano addormentati e non avrebbero potuto fare niente di imprevedibile.

La nenia continuò per parecchi minuti e gocce di sudore imperlavano la fronte di Misha. Aveva già collegato i sogni di otto di loro ma quando arrivò alla mente di suo fratello si sforzò di continuare e perse, anche se per poco la concentrazione, così che Muriel dovette intervenire e, come aveva fatto la volta precedente dovette staccarla per farla continuare.

Ora era nelle menti e nei sogni di tutti loro e cominciò il suo lavoro, senza mai smettere di cantare la nenia.

Trasmise loro l’immagine del loro principe nella cella, così che potessero vedere che stava bene. “Il vostro principe ha un messaggio per voi: vi ordina di ubbidire all’usurpatore e fare in modo di avere la sua fiducia. Quando sarete interrogati dovrete porre ancora della resistenza, ma dovrete cedere e fare quello che vi chiederà. All’inizio, quando gli giurerete fedeltà, sarete visti come traditori, o come uomini che per la propria libertà hanno abiurato il loro principe, ma noi sappiamo che non è così. Io tornerò e devo sapere che voi sarete là, sarete gli unici ai quali affiderò la mia vita, perché so che mi siete e sarete sempre fedeli. Dobbiamo agire con astuzia, con furbizia, attendere il momento propizio, fidatevi di questa ragazza, come mi fido io.”

Misha non resse oltre e cadde svenuta, subito aiutata da Muriel.

I dieci prigioniero erano ancora immersi nei loro sogni e i carcerieri aspettavano ordini.

Muriel si assicurò che Misha si stesse riprendendo, prese una boccetta e versò una goccia sulla fronte di ognuno di loro che, lentamente si risvegliarono.

Nessuno parlò e furono riportati nelle celle.

“Dovrete aspettare tre giorni, poi procedete.” Disse Misha al capitano.

Un ultimo sguardo e, finalmente poterono uscire da quel luogo maledetto.

Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati - immagine dalla pagina fb di elfi, fate e mondo incantato

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