mercoledì 16 dicembre 2020

MISHA

 MISHA

parte dodici



Misha aveva poche forze, fu con grande fatica che salì tutti i gradini e, finalmente sul carro cadde svenuta mentre Muriel la sosteneva e la lasciava dormire. Quello che aveva fatto quel giorno la giovane guaritrice sarebbe passato alla storia delle streghe, nessuna era mai riuscita a fare una cosa così, ed era fiera di essere al suo fianco. Moliniana ci aveva visto giusto, ma la strada da fare era ancora lunga, molto lunga.

Ci vollero alcuni giorni perché Misha riprendesse completamente le forze, marzo era cominciato e tutti aspettavano la primavera, che le giornate si allungassero per poter tornare all’aperto, a svolgere il lavoro che più amavano: coltivare la terra.

Nei sotterranei del castello, il principe in persona volle assistere agli interrogatori dei dieci riottosi. All’inizio tutti quanti posero resistenza ma, dopo una dose di frustate accettarono di essere sottoposti al cospetto del principe.

“Avete deciso cosa fare? Volete continuare a stare in questo buco o tornane alla luce del sole, ai vostri compiti al mio fianco?” Sapeva quanto sarebbe stato importante per il popolo che ancora non lo aveva accettato del tutto poter mostrare che al suo fianco c’era la scorta personale del principe deposto, era un segnale per tutti.

Il loro capitano prese la parola. Grondava sangue, come tutti gli altri, si rialzò faticosamente. “A nome dei miei soldati …” fece una pausa “A nome dei miei sottoposti accettiamo di essere ai vostri ordini, principe, con la umile richiesta di poter ricoprire le stesse cariche che abbiamo avuto prima di essere imprigionati.”  Gli costò una fatica immensa dire quelle parole, tanto era l’odio che covavano lui e i suoi compagni verso l’usurpatore.

Il principe ancora non si fidava del tutto e pose loro una prova che avrebbero dovuto superare.

Si rivolse al capitano delle guardie. “Fa in modo che questi uomini ritrovino la dignità di esseri umani, metti loro a disposizione quello che serve per ripulirsi, consegna loro le divise delle mie guardie del corpo personali, portali in un ambiente più consono e, appena saranno pronti, chiamami. Non voglio aspettare molto.” Gli ordinò prima di andarsene.

Il principe usurpatore era pensieroso mentre risaliva quegli sporchi gradini. Si chiedeva come avessero fatto quelle due guaritrici ad ottenere la loro resa, nemmeno la sua strega personale ci era riuscita,  poteva fidarsi? Furono pensieri fugaci, sapeva che non avrebbero parlato, sapevano che avrebbero pagato con la loro stessa vita se lo avessero tradito. Più tranquillo raggiunse le sue stanze e informo sua sorella del risultato raggiunto.

Ci vollero due settimane prima che i dieci soldati fossero resi presentabili, le ferite si erano rimarginate, avevano mangiato a sufficienza, si erano sistemati la barba e i capelli e indossato la divisa che tanto odiavano.

Stavano aspettando l’usurpatore, e non attesero a lungo.

Il principe usurpatore arrivò con la sorella e il figlio della donna. I dieci uomini erano ben diversi da quando li aveva visti solo due settimane prima. Erano uomini che avrebbero dovuto recuperare ancora la forma fisica ma era lo sguardo, la postura quello che osservavano i principi.

Lo sguardo fiero era lo stesso, ora li avrebbe messi alla prova.

Furono loro consegnate le armi ma erano sotto stretta sorveglianza di altre guardie, non era facile per il principe e la sorella fidarsi completamente di quegli uomini.

“Andiamo!” Ordinò il principe, e tutti si incamminarono circondati dalle guardie.

La loro meta era la cella del principe ereditario. Lui li sentì arrivare ma non si alzò dal tavolo e continuò a leggere quello che aveva davanti.

“Alzati davanti al tuo principe”. Ordinò l’usurpatore a suo fratello. “C’è qualcuno che devi vedere e qualcosa a cui devi assistere.” Aggiunse.

Il prigioniero alzò lo sguardo e vide tutto il drappello di uomini. Lentamente si alzò e si avvicinò alle sbarre.

In un moto istintivo, l’usurpatore si allontanò di scatto.

“Cosa vuoi da me, Charles ? Vedo che ci siete tutti, anche il piccolo John. C’è qualche manifestazione particolare? Domandò con la sua voce calma.

“Hai proprio ragione, William, è proprio così.”

Lo sguardo del prigioniero si soffermò sulla sorella e sul nipote, lui conosceva come stavano le cose, la sorella era dalla parte di Charles fino a quando non avesse potuto dare il trono a suo figlio, e a quel punto la carriera di suo fratello, in un modo o nell’altro, sarebbe finita. Era la più perfida di tutta la famiglia, perfino suo marito era morto in circostanza misteriose.

Nel frattempo i dieci componenti che erano stati la sua guardia particolare furono avvicinati per dare modo al prigioniero di osservare bene.

Il suo sguardo si soffermò su ognuno di loro, ma non fece trasparire nessuna emozione.

“Inginocchiatevi!” Ordinò il principe. “Sto aspettando.”

Quelli obbedirono. Si erano inginocchiati uno accanto all’altro in modo che il prigioniero potesse assistere a tutto.

“ Io, capitano della Guardia Reale, giuro solennemente di servire, obbedire, difendere a costo della mia stessa vita e di quella dei miei uomini, il principe Charles, la sua discendenza e la sua famiglia. Giuro sul nostro onore che non verremo mai meno al nostro sacro giuramento.” Terminò con gli occhi fissi in quelli del prigioniero.

Un sorriso beffardo comparve sul viso dell’usurpatore.

“Come vedi, caro fratello, ora sei davvero solo e impotente. Conosci bene quanto me come questi valorosi uomini tengano fede ai giuramenti, pensa fratellino, potrei perfino ordinare loro di ucciderti e loro lo farebbero, e chissà che non me ne venga voglia!”  Terminò ridendogli in faccia.

Anche Mary e suo figlio avevano capito bene quello che era successo e la donna sospirò di sollievo accarezzando la testa dell’inconsapevole ragazzino.

“Ti lascio alle tue letture, e spero che tu stia bene, almeno fino a quando lo vorrò io.”

E se ne andarono tutti.

Il principe ereditario rimase pensieroso e si sedette riprendendo a leggere il libro. Gli risuonarono nella mente le parole sono quella che ti salverà e sapeva, contro ogni logica che così sarebbe stato.

Il principe non dava segni visibili della sua condizione, di quanto soffrisse per essere trattenuto in quella cella, seppur migliore di tutte le altre, ma era pur sempre una cella con sbarre e chiusa da un grosso chiavistello.

Si mise ad osservare la luce del giorno che entrava ancora lieve dalla finestrella sbarrata che era così in alto da sfiorare il soffitto. Presto sarebbe stata primavere e quanto avrebbe voluto poter tornare a respirare l’aria fresca, la libertà di una cavalcata. A quel ricordo gli si strinse il cuore al pensiero che la sua dolce fidanzata se n’era andata, che non l’avrebbe più vista, e tutto per colpa sua.

Abbassò il viso cercando di riprendersi dai cattivi pensieri. Non sapeva cosa avesse in mente suo fratello, mentre sapeva bene quello che voleva sua sorella. E suo padre? Era ancora vivo? Come lo trattavano? Gli mancava da morire non conoscere la situazione.

Nelle lunghe giornate della sua prigionia aveva tanto tempo per pensare, e gli faceva molto male, cercava di distrarsi leggendo ma quello che era accaduto lo tormentava e non smetteva di darsi la colpa di quello che era successo, ben sapendo che non avrebbe potuto fare niente, il tranello nel quale era caduto era stato ben congegnato.

Rialzò il viso, era il momento in cui il sole si affacciava e lui si fece accarezzare, si passò la mano sulla fronte e non sentì la cicatrice. Il suo pensiero corse alla ragazza misteriosa, dio come gli sarebbe piaciuto conoscerne almeno il viso.

Sospirò e tornò a sedersi. Il libro era aperto, ma la sua mente non riusciva a concentrarsi.

Si distese sulla branda cercando di tornare con i pensieri indietro nel tempo, quando era libero, felice, amato da suo padre, da una ragazza meravigliosa, dal suo popolo, ora aveva perso tutto. Strinse i pugni, non riusciva a rassegnarsi, non poteva, in fondo al cuore sapeva che non poteva finire così, che doveva tenere duro, che prima o poi tutto sarebbe cambiato. Nemmeno lui sapeva da dove traeva questa sicurezza, ma se non l’avesse avuta non avrebbe più avuto senso continuare una vita da prigioniero, no, sarebbe tornato al suo posto e avrebbe rimesso tutti dove meritavano di stare, lo doveva a suo padre, nonostante tutto, al suo popolo e soprattutto a se stesso.

Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati - immagine dalla pagina fb di elfi, fate e mondo incantato

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