mercoledì 9 dicembre 2020

MISHA

 MISHA

parte otto



Ritornarono indietro e stavolta era concentrata su quello che l’aveva prima incuriosita. Lasciò che la sua mente entrasse in quella cella e vide una stanza piuttosto ampia, pulita, con le pareti ricoperte di libri. Un letto piuttosto comodo e un uomo immerso nella lettura.

Avrebbe voluto saperne di più ma uno spintone del capitano la tolse dalla sua  meditazione e raggiunsero Muriel.

Visitarono altri carcerati, erano ridotti davvero male e cercarono di alleviare le loro sofferenze come potevano.

“Siete fortunate, oggi niente sala delle torture, sono tutti morti.” Disse il capitano con una risata sguaiata.

Vennero accompagnate fuori e il carro era già in attesa. Respirarono aria fresca a pieni polmoni e, senza dire nemmeno una parola salirono sul carro per fare ritorno a casa.

Era buio quando scesero dal carro. La prima cosa che fecero appena chiusero la porta fu di spogliarsi di ogni indumento e immergerlo in una grossa vasca di legno con polvere e liquido disinfettante, poi nell’altra vasca misero acqua calda e erbe aromatiche e vi si immersero insieme inspirando gli aromi che le stesse sprigionavano.

Che mi dici, Misha?”  Le chiese la vecchia cercando di lavare via ogni odore anche dai capelli.

“Ho visto il principe ereditario.” Le rispose.

“Stai attenta, piccola, se solo scoprono quello che sai finirai nel pozzo dei  mille tagli.” L’avvisò.

Era quasi notte fonda quando si misero a tavola, si coricarono poco dopo mentre fuori la pioggia continuava a cadere creando una sinfonia col vento che spassava fra i rami degli alberi.

Misha si addormentò, cercando di entrare di nuovo nella cella del principe. Il suo sogno sembrava essere vero. Si ritrovò ai piedi del letto ad osservare il principe che dormiva, mentre la candela che debolmente illuminava la cella si stava smorzando. Si guardò intorno e vide tanti libri, una finestra sbarrata ma più ampia delle altre, un piccolo armadio, una tinozza, tutto quello che serviva per una persona, per le sue necessità, ma niente più del necessario. Sul piccolo tavolo un piatto con degli avanzi di cibo e una brocca mezza vuota.

Sentì il respiro regolare dell’uomo e si avvicinò. Le sarebbe piaciuto vederlo in viso ma la posizione supina e le coperte tirate gli coprivano il viso. Allungò la mano verso di lui, mantenendosi a distanza e sentì il battito regolare del suo cuore, così come il suo respiro lento e tranquillo. Quello non era un uomo spaventato, tutt’altro, e lei capì che non sarebbe stato facile per nessuno riuscire a piegarlo ai propri voleri.

Spaziò con lo sguardo in tutta la cella e vide un piccolo vaso di vetro, non riuscì a trattenersi, fece apparire un piccolo fiore giallo e ve lo immerse. Sorrise pensando alla sorpresa che avrebbe avuto il principe al risveglio, e ritornò nel suo letto continuando a dormire.

L’inverno si avvicinava e molte persone, soprattutto anziani e bambini avevano sempre più bisogno delle guaritrici.

Anders si era autoproclamato intermediario fra i bisognosi e le guaritrici, ogni scusa era buona per andare da loro, soprattutto per rivedere Misha e parlare come buoni amici.

Le strade si erano ricoperte di ghiaccio dopo le abbondanti nevicate. Dicembre era arrivato col suo carico di freddo e gelo, Muriel e Misha stavano preparando le loro sacche, il giorno dopo sapevano che sarebbe arrivato il carro, Muriel lo sapeva sempre.

Erano pronte e fuori c’era ancora buio. Il freddo era intenso e si erano coperte con quello che di più pesante avevano. Era strano che il carro fosse giunto così presto, non era mai successo, per questo si aspettavano qualcosa di grave.

Salirono sul carro con le loro sacche mentre le ruote del carro slittavano sul ghiaccio e i cavalli faticavano a fare presa sul sentiero. Ci impiegarono molto più tempo del solito ad arrivare, ma era solo metà mattina e furono introdotte nelle prigioni e accolte dal solito capitano che aveva i baffi ghiacciati.

“Entrate, svelte! Qui si gela.” Disse mentre rimetteva alla cintura le numerose chiavi.

Le due donne non dissero una parola ma Muriel capì che le stava conducendo nella sala delle torture.

Dovettero scendere varie rampe di scalini viscidi e sporchi prima di raggiungere la più terribile parte della prigione.

Giunsero in una ampia stanza dove molti strumenti di tortura facevano bella mostra. Un grande fuoco ardeva in un braciere e il fumo usciva da varie feritoie molto in alto. Varie torce erano appese alla pareti e il caldo era soffocante.

Misha si guardò intorno ma non riconobbe nessuno di quei macchinari infernali, inventati proprio per  torturare e far soffrire tante persone spesso innocenti.

Due erano i carnefici che grondavano sudore, erano enormi, a dorso nudo e con lunghi capelli legati dietro la nuca. Avevano mani talmente enormi che da sole potevano spezzare il collo o qualsiasi osso del corpo senza sforzo. Erano seduti in disparte e mangiavano mentre su un grezzo e sporco tavolo stava un uomo coperto solo da un lercio pezzo di stoffa a coprirne le nudità. Era senza sensi e sul corpo c’erano vari segni di torture.

“Curatelo e fatelo rinvenire. Se non ci riuscirete vi lascio nelle mani dei miei uomini.” Disse loro il capitano.

Muriel e Misha iniziarono a pulire le ferite, a detergere il sudore. L’uomo aveva il volto bollente e mani e piedi ghiacciati. Il suo cuore batteva come se dovesse fermarsi all’improvviso. Fu quel battito che Misha riconobbe, quello era il principe e lo comunicò con lo sguardo anche a Muriel.

Cosa gli avevano fatto? Perché lo avevano torturato fino a quasi ucciderlo? Cosa volevano da lui? Si chiese mentalmente la ragazza.

Pulirono, disinfettarono, cucirono, detersero sudore per ore, ma l’uomo non si svegliava. Misha passò leggermente la sua mano fresca sulla fronte del principe e cercò di entrare nella sua mente. Vide quello che vedeva lui, prati immensi e un cavaliere in groppa al suo cavallo che rincorreva una donna felice. La riconobbe mentre quella si girava e mandava un bacio al suo amato. Il principe stava sognando la sua vita passata, il suo amore perduto. Entrambi correvano nel vento e sullo sfondo si vedeva il palazzo, il suo palazzo, il suo regno, la sua futura sposa, e tutto era felicità pura. Fu con grande tristezza che gli comunicò la morte della sua fidanzata.

Il cuore del principe cominciò a battere all’impazzata e il suo petto si alzava e abbassava mentre cercava, con grande difficoltà di ritrovare il respiro. Fu in quel momento che decise di non voler morire, di non lasciarsi andare, che sarebbe riuscito a riprendersi il posto che gli spettava.

Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati - immagine dalla pagina di fb di Elfi, fate e mondo incantato

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