MISHA
parte trenta
L’uomo alzò
la piccola torcia e le osservò gli occhi, unica parte del corpo che non era
coperta. “Per te non sono il principe, sono William quando siamo da soli. Siamo
amici e complici e fra amici ci si comporta così. Ora procediamo, non abbiamo
molto tempo.” Le disse sciogliendosi dall’abbraccio e stringendole la mano.
Ripresero il
cammino ed era quasi l’alba, un’alba gelida e nebbiosa quando raggiunsero il
confine della zona che cercavano.
Si fermarono
ad una certa distanza per osservare, la nebbia era densa e non potevano vedere
quello che si celava oltre pochi passi.
“Cosa
facciamo, ora?” Chiese la ragazza.
“Aspettiamo
che sorga il giorno e speriamo che la nebbia si diradi. Vieni, aspetteremo in
quella piccola grotta ma non potremo accendere nessun fuoco, potremo mangiare
qualcosa e riposarci. Abbiamo fatto parecchia strada.” Le rispose trascinandola
in quel piccolo riparo.
Si
sedettero, erano stanchi, soprattutto tesi, i loro corpi si scaldavano a
vicenda in attesa che il sole, per quanto distante e freddo, facesse il suo
ingresso nel nuovo giorno.
Non
riuscirono che ad inghiottire qualche pezzo di pane, non era agevole fare
qualsiasi cosa con le mani intirizzite.
“Principe,
com’è potuto uscire dalla prigione?” Gli chiese.
“Ho ancora
amici fidati, il capitano sta rischiando la propria vita per questo, e devo
rientrare al più presto, o sarà lui ad assaporare la sala delle torture.”
La nebbia si
stava diradando e presto avrebbero potuto osservare quello che li circondava.
“Principe, è
al corrente di quello che succede in quel posto? Dell’immenso dolore che negli
anni è stato causato alle famiglie del suo regno?” Volle sapere.
Davanti allo
sguardo incredulo del compagno, Misha gli prese la mano, con l’altra gli scoprì
il capo e puntò il dito proprio al centro della fronte, premendo dolcemente.
Ci vollero
solo pochi minuti per mettere al corrente il principe di tutto quello che lei
stessa conosceva di quella storia. L’espressione del viso dell’uomo si faceva
mano a mano più dura, sapeva che il suo allontanamento era frutto di un
imbroglio ed ora ne conosceva i dettagli.
“Hanno usato
mio padre e poi lo hanno ucciso. La brama di potere e di denaro ha distrutto i
valori di mio fratello e di mia sorella. Come hanno potuto?” Sospirò con tanto
dolore.
“Principe,
non avrebbero potuto se Kloriana non avesse usato i suoi poteri. Cerchi di non
essere impietoso nei loro confronti, non avevano molte possibilità di fare
diversamente.” Aggiunse.
“Tu non li
conosci come li conosco io! Il male che hanno fatto a mio padre, alla mia
fidanzata, al mio popolo dovrà essere vendicato. Dopo tutto io sono quello più
fortunato, sono ancora vivo ma il dolore che hanno causato a tanta brava gente
dovrà essere vendicato.” Disse convinto.
Misha sapeva
che lui aveva ragione, ma non sarebbero arrivati a niente se prima non si
liberavano di quella strega malefica, tolta di mezzo lei tutto sarebbe stato
facile.
Un debole
sole aveva asciugato quasi del tutto la nebbia. Una leggera foschia, umida e
fredda avvolgeva quel vasto territorio senza però nascondere niente alla vista
dei due.
“Dobbiamo
fare un passo alla volta, principe. Pensiamo a quello che serve adesso. Da qui
al limite di quell’intrico di alberi e rovi non c’è niente che ci possa
riparare. Io non mi posso spingere fino al limite o quella percepirà la mia
presenza. Dovrà andare lei, io la seguirò e rimarrò in contatto con la sua
mente.” Gli spiegò.
“Tu non
andrai da nessuna parte.” Si intromise il piccolo elfo con la lancia appuntita.
La sua apparizione aveva fatto fare un salto dalla sorpresa ai due che non si
erano accorti di lui. “Questo è compito di un elfo esperto, ed io lo sono,
aspettate qui e state riparati, non vi siete accorti di quanto movimento ci
sia.” Si assicurò che avessero capito e, senza indugio sparì alla loro vista.
Non avevano
altro da fare che aspettare, e non era semplice rimanere fermi in attesa. Si
sedettero rimanendo in ascolto anche del più piccolo rumore.
“Mi vuoi
parlare di te, ragazza medicina?” Le chiese gentilmente il principe.
Lei gli
sorrise. “Perché non mi parla di lei, principe?”
“Conosci tu più
di me sul mio conto, vorrei sentire la tua storia dalla tua voce, mi hai mostrato
immagini, ora mi farebbe piacere ascoltare”. Le rispose con un sorriso.
Misha doveva
decidere se fidarsi del tutto, quello che gli avrebbe raccontato lo conoscevano
solo i diretti interessati. Chiuse gli occhi e cercò di assorbire l’energia che
quell’uomo emanava. Era un’energia gialla come l’oro e calda come il sole,
fresca come la brezza di primavera.
“Ho superato
l’esame, ragazza medicina?” Le chiese ridendo.
“Io sono una
di quei bambini che, per fortuna è scampata a quell’inferno …” Cominciò a
raccontare. Non tralasciò niente e l’uomo non la interruppe mai.
Era passato
parecchio tempo e l’elfo non era ancora tornato. I due compagni non riuscivano
più a rimanere fermi, avevano bisogno di muoversi, il sole pallido era alto nel
cielo.
Ora fra loro
non esistevano più segreti. Erano immersi nel silenzio quando l’elfo ritornò.
Era fradicio e sporco in ogni parte del corpo, la sua lancia aveva la punta
imbrattata di sangue ma i suoi occhi sorridevano.
“Potete
tornare indietro. Avrai presto notizie, ragazza medicina.” E sparì.
I due non se
lo fecero ripetere due volte e ripresero la strada del ritorno.
Romanzo di Milena Ziletti- diritti e proprietà a lei riservati - immagine dalla pagina fb di Elfi, fate e mondo incantato
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