venerdì 15 maggio 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA


IL SEGRETO DELLA LUNA

parte tre






Cercò la forza per rialzarsi, era sua figlia. Si mise di fronte a quel corpo martoriato senza darsi pace. Le lacrime ed i singhiozzi gli stavano squassando il petto e un dolore così forte al cuore non lo aveva mai provato. Cos’era successo? Perché era uscita? E con chi? Come avrebbe fatto a dirlo a sua madre?
A mani nude cercò di strappare i chiodi che la tenevano attaccata a quel tronco ma non ci riusciva, non ne aveva la forza mentre le accarezzava il viso e le scostava i capelli incrostati di sangue. Era un cacciatore e sapeva che dovevano essere molte ore che sua figlia era stata così massacrata. Prese il pugnale e con estrema delicatezza tolse i chiodi, prima quelli dei piedi e poi quelli delle mani e, il corpo di sua figlia, libero da quella tortura gli cadde fra le braccia come uno spaventa passeri.  Si tolse la giacca e la avvolse continuando a piangere e baciarle il viso. Non si decideva a tornare, per sua moglie sarebbe stato un duro colpo e temeva per la sua salute.
Accompagnato dal sole che stava riscaldando l’aria e i canti degli uccelli, fece il tragitto piangendo. Non entrò in casa ma si fermò nella piccola infermeria. Lavò il corpo e i capelli di sua figlia e rimase ad osservare quelle ferite. Tre erano al cuore, tre su ogni seno e tre sul pube che risultava completamente rasato. Provava vergogna e pudore ad osservare così impunemente il corpo di sua figlia, ma voleva imprimersi bene ogni cosa perché lui, avrebbe trovato chi aveva fatto questo, poteva volerci una vita intera ma lui lo avrebbe trovato. Prese un foglio di carta e la matita che sua figlia usava e disegnò tutto quello che vedeva. Sapeva, istintivamente sapeva che c’era dell’altro, lo aveva capito dal sangue che era colato sul viso di Lisa, le alzò le palpebre e cadde in ginocchio piangendo e urlando quando ebbe la conferma che le avevano cavato gli occhi, i suoi begli occhi neri come il cielo di notte. Pianse a lungo poi, la freddezza entrò in lui e non sentì più niente. Entrò in casa silenziosamente e prese alcuni abiti, la rivestì, le incollò le palpebre come se dormisse, le asciugò i capelli e la pettinò, poi andò da sua moglie.
Ines si era svegliata da poco e si pettinava i lunghi capelli. Sorrise a suo marito quando lo vide entrare ma si accorse subito che qualcosa non andava. L’uomo si avvicinò a sua moglie e si inginocchiò ai suoi piedi. Le prese la mano che era diventata di ghiaccio e se la portò alle labbra. Il suo cuore grondava lacrime e dolore ma dal suo viso non traspariva niente, soltanto un pallore che non aveva mai provato. Con l’altra mano, Ines gli accarezzò i capelli, non sapeva cosa pensare, non lo aveva mai visto così e gli sollevò il viso guardandolo nel profondo di quei pozzi neri che tanto erano simili a quelli della loro figlia.
Gastone sospirò e si rialzò. Prese la mano di sua moglie e la condusse nella piccola infermeria. Si fermò solo un attimo sulla soglia, come a prendere coraggio anche per lei, le passò il braccio intorno alla vita, pronto a sorreggerla.
“E’ successo qualcosa di molto grave, preparati, nostra figlia …” non fece in tempo a finire la frase, Ines irruppe come una furia e si bloccò davanti al corpo di sua figlia.
Le sembrava di urlare ma nessun suono le usciva dalla gola, si accasciò abbracciando la sua  adorata figlia e svenne sul corpo freddo di Lisa.
Gastone prese in braccio sua moglie ancora svenuta e la portò in camera da letto, posandola delicatamente sul letto ancora sfatto, la coprì e con un panno umido sulla fronte aspettò che riprendesse i sensi. In quel frangente era lei che aveva bisogno di lui, a sua figlia avrebbe pensato dopo. Lacrime silenziose bagnavano il viso di Ines e la mano stringeva quella di suo marito.
“Cosa è successo?” Riuscì a dire fra i singhiozzi.
“Non lo so, l’ho trovata senza vita nel bosco.” Non aggiunse altro, non le avrebbe mai detto come l’aveva trovata, sapeva che il cuore debole di sua moglie non avrebbe sopportato una cosa simile.
“Vai da lei, portala in casa, non voglio che rimanga da sola.”
Col cuore a pezzi fece quello che sua moglie gli aveva chiesto. Pose il corpo senza vita di Lisa sul suo letto, e portò una sedia dove fece sedere Ines.
La donna prese la mano fredda di sua figlia e la strinse piangendo lacrime silenziose.
“Non voglio che nessuno la veda. Non voglio il prete. Non voglio nessuno. Lasciamela almeno per un giorno poi potrai seppellirla insieme al mio cuore.”
Gastone accarezzava la testa di sua moglie e capiva molto bene i suoi sentimenti perché erano gli stessi che provava lui.
“Va bene, l’avvolgeremo nel lenzuolo che ha ricamato con tanta cura e la sotterreremo nel suo posto preferito. Rimango un po’ con voi, poi quando farà buio andrò a scavare la fossa.”
Si sedette ai piedi di sua moglie e rimasero per tutto il giorno a vegliare il corpo della loro splendida figlia. Gastone cercava di allontanare ogni pensiero, ogni emozione, non era quello il momento di sfogare la sua rabbia, sarebbe arrivato quel momento e qualcuno avrebbe pagato caro quello che avevano fatto a sua figlia e alla sua famiglia.
Il buio era sceso così silenzioso e loro erano ancora lì. Gastone si rialzò sentendo le gambe irrigidite per la posizione scomoda. Accarezzò la fronte di sua figlia e baciò la testa di sua moglie.
“Vado.” Non c’era bisogno di dire altro, fra di loro non c’erano mai state molte parole, erano fatti così, si capivano anche nei silenzi.
Il grande platano era lì, silenzioso nella notte rischiarata da una luna grande e bellissima, prima di cominciare alzò gli occhi al cielo e guardò l’astro fermo e freddo ma più vicino del solito, o così gli parve. Quello era il posto preferito di Lisa, ci andava spesso a godere dell’ombra e fare schizzi di animali e piante. Gastone cominciò a scavare la fossa di sua figlia e ad ogni badilata di terra che smuoveva erano lacrime che la bagnavano. Sembrava che con quel lavoro sfogasse la sua rabbia ma sapeva bene che la sua rabbia sarebbe svanita solo con la sua vendetta, forse.
Rientrò e riprese posto ai piedi di sua moglie che ancora non aveva lasciato la mano della loro figlia. Ines alzò gli occhi su di lui solo per un attimo. Passarono così le ultime ore della notte fino a quando i merli iniziarono a cantare al nuovo giorno mentre l’alba spuntava come se nulla fosse mai successo.
Gastone si alzò a fatica e con delicatezza fece alzare anche sua moglie. Avvolsero il corpo di lisa nel suo lenzuolo ricamato, le baciarono la fronte e uscirono alla luce debole e liquida del primo mattino.
Raggiunsero il grande platano e, con estrema delicatezza deposero il corpo della loro amata figlia. Insieme riempirono la fossa e rimasero lì, ancora insieme, ben sapendo che nulla sarebbe più stato come prima.
Ines cedette, le sue gambe non la sorressero. Gastone l’avvolse nel suo abbraccio e la riaccompagnò in casa. E ora? Cosa avrebbero fatto ora senza la loro adorata figlia?
Gastone accese il fuoco e scaldò del latte da portare a sua moglie con la speranza che riuscisse a superare un dolore così grande, sperando che il suo cuore già malato non cedesse per il dispiacere.
Entrò nella loro camera con la tazza fumante, la posò sul comodino e si sedette sul letto. Abbassò la testa e diede libero sfogo alle lacrime. Accarezzò il volto esanime di sua moglie e uscì di corsa. Andò di nuovo sotto al platano e scavò una fossa vicino all’altra.
Era ormai mezzogiorno e lui era davanti a due tumuli di terra fresca. Adesso non aveva più niente e più nessuno per cui valesse la pena di vivere, gli restava solo il grande desiderio di vendetta. Qualcuno gli aveva tolto tutto e lui avrebbe tolto tutto a chi gli aveva fatto questo. Lo giurò sulle tombe delle sue donne. Guardò il grande platano e gli disse di prendersi cura di loro. Rientrò in casa, si lavò e si tolse la terra e il sudore che lo ricopriva, si sdraiò sul letto e si addormentò.


romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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