IL SEGRETO DELLA LUNA
parte tre
Cercò la
forza per rialzarsi, era sua figlia. Si mise di fronte a quel corpo martoriato
senza darsi pace. Le lacrime ed i singhiozzi gli stavano squassando il petto e
un dolore così forte al cuore non lo aveva mai provato. Cos’era successo?
Perché era uscita? E con chi? Come avrebbe fatto a dirlo a sua madre?
A mani nude
cercò di strappare i chiodi che la tenevano attaccata a quel tronco ma non ci
riusciva, non ne aveva la forza mentre le accarezzava il viso e le scostava i
capelli incrostati di sangue. Era un cacciatore e sapeva che dovevano essere
molte ore che sua figlia era stata così massacrata. Prese il pugnale e con
estrema delicatezza tolse i chiodi, prima quelli dei piedi e poi quelli delle
mani e, il corpo di sua figlia, libero da quella tortura gli cadde fra le braccia
come uno spaventa passeri. Si tolse la
giacca e la avvolse continuando a piangere e baciarle il viso. Non si decideva
a tornare, per sua moglie sarebbe stato un duro colpo e temeva per la sua
salute.
Accompagnato
dal sole che stava riscaldando l’aria e i canti degli uccelli, fece il tragitto
piangendo. Non entrò in casa ma si fermò nella piccola infermeria. Lavò il
corpo e i capelli di sua figlia e rimase ad osservare quelle ferite. Tre erano
al cuore, tre su ogni seno e tre sul pube che risultava completamente rasato.
Provava vergogna e pudore ad osservare così impunemente il corpo di sua figlia,
ma voleva imprimersi bene ogni cosa perché lui, avrebbe trovato chi aveva fatto
questo, poteva volerci una vita intera ma lui lo avrebbe trovato. Prese un foglio
di carta e la matita che sua figlia usava e disegnò tutto quello che vedeva.
Sapeva, istintivamente sapeva che c’era dell’altro, lo aveva capito dal sangue
che era colato sul viso di Lisa, le alzò le palpebre e cadde in ginocchio
piangendo e urlando quando ebbe la conferma che le avevano cavato gli occhi, i
suoi begli occhi neri come il cielo di notte. Pianse a lungo poi, la freddezza
entrò in lui e non sentì più niente. Entrò in casa silenziosamente e prese
alcuni abiti, la rivestì, le incollò le palpebre come se dormisse, le asciugò i
capelli e la pettinò, poi andò da sua moglie.
Ines si era
svegliata da poco e si pettinava i lunghi capelli. Sorrise a suo marito quando
lo vide entrare ma si accorse subito che qualcosa non andava. L’uomo si
avvicinò a sua moglie e si inginocchiò ai suoi piedi. Le prese la mano che era
diventata di ghiaccio e se la portò alle labbra. Il suo cuore grondava lacrime
e dolore ma dal suo viso non traspariva niente, soltanto un pallore che non
aveva mai provato. Con l’altra mano, Ines gli accarezzò i capelli, non sapeva
cosa pensare, non lo aveva mai visto così e gli sollevò il viso guardandolo nel
profondo di quei pozzi neri che tanto erano simili a quelli della loro figlia.
Gastone
sospirò e si rialzò. Prese la mano di sua moglie e la condusse nella piccola
infermeria. Si fermò solo un attimo sulla soglia, come a prendere coraggio
anche per lei, le passò il braccio intorno alla vita, pronto a sorreggerla.
“E’ successo
qualcosa di molto grave, preparati, nostra figlia …” non fece in tempo a finire
la frase, Ines irruppe come una furia e si bloccò davanti al corpo di sua
figlia.
Le sembrava
di urlare ma nessun suono le usciva dalla gola, si accasciò abbracciando la
sua adorata figlia e svenne sul corpo
freddo di Lisa.
Gastone prese
in braccio sua moglie ancora svenuta e la portò in camera da letto, posandola
delicatamente sul letto ancora sfatto, la coprì e con un panno umido sulla
fronte aspettò che riprendesse i sensi. In quel frangente era lei che aveva
bisogno di lui, a sua figlia avrebbe pensato dopo. Lacrime silenziose bagnavano
il viso di Ines e la mano stringeva quella di suo marito.
“Cosa è
successo?” Riuscì a dire fra i singhiozzi.
“Non lo so,
l’ho trovata senza vita nel bosco.” Non aggiunse altro, non le avrebbe mai detto
come l’aveva trovata, sapeva che il cuore debole di sua moglie non avrebbe
sopportato una cosa simile.
“Vai da lei,
portala in casa, non voglio che rimanga da sola.”
Col cuore a
pezzi fece quello che sua moglie gli aveva chiesto. Pose il corpo senza vita di
Lisa sul suo letto, e portò una sedia dove fece sedere Ines.
La donna
prese la mano fredda di sua figlia e la strinse piangendo lacrime silenziose.
“Non voglio
che nessuno la veda. Non voglio il prete. Non voglio nessuno. Lasciamela almeno
per un giorno poi potrai seppellirla insieme al mio cuore.”
Gastone
accarezzava la testa di sua moglie e capiva molto bene i suoi sentimenti perché
erano gli stessi che provava lui.
“Va bene,
l’avvolgeremo nel lenzuolo che ha ricamato con tanta cura e la sotterreremo nel
suo posto preferito. Rimango un po’ con voi, poi quando farà buio andrò a
scavare la fossa.”
Si sedette
ai piedi di sua moglie e rimasero per tutto il giorno a vegliare il corpo della
loro splendida figlia. Gastone cercava di allontanare ogni pensiero, ogni
emozione, non era quello il momento di sfogare la sua rabbia, sarebbe arrivato
quel momento e qualcuno avrebbe pagato caro quello che avevano fatto a sua
figlia e alla sua famiglia.
Il buio era
sceso così silenzioso e loro erano ancora lì. Gastone si rialzò sentendo le
gambe irrigidite per la posizione scomoda. Accarezzò la fronte di sua figlia e
baciò la testa di sua moglie.
“Vado.” Non
c’era bisogno di dire altro, fra di loro non c’erano mai state molte parole,
erano fatti così, si capivano anche nei silenzi.
Il grande
platano era lì, silenzioso nella notte rischiarata da una luna grande e
bellissima, prima di cominciare alzò gli occhi al cielo e guardò l’astro fermo
e freddo ma più vicino del solito, o così gli parve. Quello era il posto
preferito di Lisa, ci andava spesso a godere dell’ombra e fare schizzi di
animali e piante. Gastone cominciò a scavare la fossa di sua figlia e ad ogni
badilata di terra che smuoveva erano lacrime che la bagnavano. Sembrava che con
quel lavoro sfogasse la sua rabbia ma sapeva bene che la sua rabbia sarebbe
svanita solo con la sua vendetta, forse.
Rientrò e
riprese posto ai piedi di sua moglie che ancora non aveva lasciato la mano
della loro figlia. Ines alzò gli occhi su di lui solo per un attimo. Passarono
così le ultime ore della notte fino a quando i merli iniziarono a cantare al
nuovo giorno mentre l’alba spuntava come se nulla fosse mai successo.
Gastone si
alzò a fatica e con delicatezza fece alzare anche sua moglie. Avvolsero il
corpo di lisa nel suo lenzuolo ricamato, le baciarono la fronte e uscirono alla
luce debole e liquida del primo mattino.
Raggiunsero
il grande platano e, con estrema delicatezza deposero il corpo della loro amata
figlia. Insieme riempirono la fossa e rimasero lì, ancora insieme, ben sapendo
che nulla sarebbe più stato come prima.
Ines cedette,
le sue gambe non la sorressero. Gastone l’avvolse nel suo abbraccio e la
riaccompagnò in casa. E ora? Cosa avrebbero fatto ora senza la loro adorata
figlia?
Gastone
accese il fuoco e scaldò del latte da portare a sua moglie con la speranza che
riuscisse a superare un dolore così grande, sperando che il suo cuore già
malato non cedesse per il dispiacere.
Entrò nella
loro camera con la tazza fumante, la posò sul comodino e si sedette sul letto.
Abbassò la testa e diede libero sfogo alle lacrime. Accarezzò il volto esanime
di sua moglie e uscì di corsa. Andò di nuovo sotto al platano e scavò una fossa
vicino all’altra.
Era ormai
mezzogiorno e lui era davanti a due tumuli di terra fresca. Adesso non aveva
più niente e più nessuno per cui valesse la pena di vivere, gli restava solo il
grande desiderio di vendetta. Qualcuno gli aveva tolto tutto e lui avrebbe
tolto tutto a chi gli aveva fatto questo. Lo giurò sulle tombe delle sue donne.
Guardò il grande platano e gli disse di prendersi cura di loro. Rientrò in
casa, si lavò e si tolse la terra e il sudore che lo ricopriva, si sdraiò sul
letto e si addormentò.
romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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