venerdì 22 maggio 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA



IL SEGRETO DELLA LUNA

parte otto






I cavalli tiravano il carro e i due uomini a cassetta rimanevano in silenzio. Il sigaro di Ermete lasciava scie di fumo che si mischiavano ai pensieri di Gastone per andare a disperdersi in nuvole lontane.
“Da dove vieni?” Chiese il vecchio.
“Non vengo da un posto preciso, ho viaggiato molto, non amo rimanere a lungo nello stesso posto, mi sento soffocare, ho bisogno di spazi, di libertà!”
“Per quanto tempo hai intenzione di fermarti da me? Ho del lavoro che va svolto e vorrei essere sicuro di poter fare affidamento su di te almeno fino all’autunno.”
A Gastone non costava proprio niente dare all’uomo la risposta che voleva e gli confermò che sarebbe rimasto fin quando ce ne fosse stato bisogno.
Ermete, tranquillizzato continuò a guidare il carro fino al paese. Era un grosso agglomerato di case sparse senza una linea precisa. Ce n’erano di ogni dimensione e la strada sterrata si fece più larga quando entrano nel villaggio. I cavalli sembravano conoscere la loro meta e si fermarono davanti ad un grande stabile di color verde.
Gastone scese e cominciò a scaricare le casse e i barili. Non sapeva cosa contenessero e non gli interessava, ma quando varcò la soglia si ritrovò nel bel mezzo di una casa di tolleranza. Era impossibile sbagliarsi. Una bella signora salutò Ermete con un sorriso, firmò dei documenti e lanciò uno sguardo languido a Gastone.
“Chi è il bel giovanotto che ti accompagna, vecchio farabutto?”
“Lascialo perdere, è impegnato in fattoria, potrà venire da te solo nel suo giorno libero, e per ora è molto occupato.”
“Vieni quando vuoi, bell’uomo! Qui troverai di sicuro qualche ragazza di tuo gradimento, ti aspetto.”
I due uomini uscirono che il sole cominciava a scaldare per bene l’aria.
“Vieni, ti offro un boccale di birra prima di rientrare ma dobbiamo fare in fretta o mia moglie mi farà una testa grossa così!”
La locanda era fresca e gli avventori, a quell’ora del mattino erano pochi. Gli occhi di Gastone osservavano ogni cosa e niente gli sfuggiva, per il compito che doveva portare a termine aveva bisogno di non tralasciare nessun particolare.
Giunsero alla fattoria e una donna tutta pelle e ossa era sulla porta della casa padronale, mani sui fianchi scrutava il viottolo e un sospiro di sollievo le sollevò il petto quando vide in lontananza il carro del marito. Si accorse di uno sconosciuto seduto vicino a lui e corse in casa a mettere un altro piatto in tavola.
I due uomini sistemarono i cavalli, si lavarono le mani e le braccia ed entrarono in casa dove un buon profumo di arrosto li accolse, invitante.
Un fuoco scoppiettava sotto un paiolo colmo di polenta.
“Sei arrivato, finalmente! Sedetevi che è tutto pronto.”
Gastone si meravigliò che non chiedesse spiegazioni. Si sedette a tavola e fu servito per primo.
Mentre mangiavano nessuno parlò, era regola di quella casa, anzi della padrona di casa che il pasto doveva essere consumato in silenzio.
La donna servì una fetta di dolce e finalmente parlò.
“Chi è questo forestiero?”
“E’ il mio nuovo aiutante, rimarrà fino all’autunno, lo sai che ho bisogno di aiuto.”
La donna guardò Gastone con insistenza, lo scrutava come se volesse leggergli nell’anima, poi, finalmente, allungò la mano e si presentò.
“Io sono Mariella, ti porgo il benvenuto e spero ti troverai bene. Se rispetterai le nostre regole non avremo problemi, vieni ti mostro la tua stanza.”
Mentre lo accompagnava gli elencava tutte le regole che doveva rispettare e lui l’ascoltava cercando di tenerle a mente ma la sua testa era occupata in altre faccende. Arrivarono ad un piccolo stabile vicino alle stalle. La donna aprì con una grossa chiave e lo fece accomodare. C’erano due stanze, una con un letto, un armadio e un piccolo comò e quella d’ingresso che aveva un bel camino, un sofà, un tavolo e alcune suppellettili.
Gastone si guardava attorno mentre la donna continuava a chiacchierare.
“Il gabinetto è appena fuori dove c’è anche una grossa vasca con la pompa dell’acqua, i pasti li prenderai con noi, qui non c’è posto per cucinare e a me fa piacere avere qualcuno a tavola da quando non c’è più mio figlio. Adesso metti a posto le tue cose, fra poco mio marito verrà e ti spiegherà i compiti che ti spettano. Una cosa dimenticavo, qui la domenica si va tutti alla messa, tutti senza eccezioni.” E uscì senza aspettare risposta.
Non ci volle molto a Gastone per riporre le sue poche cose, nascose il fucile dietro la biancheria dell’armadio e la borsa con i suoi preziosi scritti la ficcò sotto il letto.
I passi di Ermete l’avvisò che doveva sbrigarsi. Aprì la porta e lo fece entrare. Si sedettero come due buoni amici e il vecchio lo istruì su quello che si aspettava da lui. Gli raccomandò di seguire le regole di sua moglie che era fissata per certe cose poi uscirono insieme.
La fattoria aveva un grande vigneto, alcuni campi, un grande pezzo di terra coltivato ad orto dalla signora, un allevamento di maiali e vari altri animali. C’erano due uomini che lavoravano da tempo con lui curando gli animali. Camminavano inoltrandosi in un boschetto ed a Gastone sembrò ritornare a casa, sentì una fitta al cuore e continuò a camminare di fianco ad Ermete. Raggiunsero una baracca isolata e si fermarono un poco distante.
Ermete alzò lo sguardo e guardò il suo compagno negli occhi, era venuto il momento di decidersi se poteva fidarsi di lui, fece un sospiro e, ben sapendo che non aveva scelta gli chiese: “Cosa ne sai di una distilleria?”
“Ne so poco, io sono più portato al lavoro con gli animali, ma imparo in fretta.” Aveva capito al volo quello che gli stava chiedendo.
“Dovrai occuparti della distilleria, non è difficile ed io ti insegnerò ogni cosa, passerai qui dentro parecchio tempo, in solitudine. Voglio sapere se te la senti.”
A Gastone non parve vero di poter lavorare da solo, avrebbe avuto tutto il tempo di pensare e studiare il registro che gli aveva dato il priore.
“Mi sta bene, ma vorrei avere anche qualche ora da passare all’aria aperta.”
“Avrai molto tempo anche per quello. Il lavoro qui non impegna tutte le ore del giorno, anzi, dovrò chiederti a volte di aiutarmi anche in altri lavori.”
Entrarono nella distilleria e il vecchio cominciò a spiegare a Gastone il procedimento da seguire, i vari arnesi da usare, le cautele da rispettare. Tutto sembrava abbastanza facile e la supervisione di Ermete avrebbe ovviato a qualunque errore potesse fare, quello che al vecchio serviva era la discrezione che, aveva capito poteva avere da Gastone.
Sorrise al pensiero della bigotta signora Mariella, era impossibile che non sapesse cosa faceva suo marito in quel posto, ma a lui stava bene così, avrebbe usato questo come arma per non andare in chiesa, non aveva tempo da perdere ma, poi ci ripensò e decise in modo diverso.
Iniziò il suo lavoro insieme al trascorrere della primavera. All’inizio era un po’ goffo e titubante ma gli insegnamenti di Ermete erano chiari e non era difficile eseguirli.
La signora Mariella si rivelò davvero una gran cuoca, una gran bigotta e molto attaccata al denaro. Gastone non riusciva a capire quella coppia di vecchi
Ogni sera, nella sua camera apriva il registro e cercava di capirci di più. I CAVALIERI DELLA TERRA FECONDA, doveva essere una vecchia setta segreta dove si tramandava il posto che rimaneva vacante, non poteva essere molto lontana da lì. Anche se la zona era vasta, di sicuro due omicidi erano avvenuti lì vicino, quello di sua figlia e quello della sorella del priore, ma come fare a scoprire di più? Lui era un uomo riservato, di indole solitaria e non amava la vita di società ma, capiva che doveva cambiare atteggiamento se voleva conoscere quei posti e soprattutto la gente che vi abitava.

Capitolo cinque
Era il suo giorno libero e decise di trascorrerlo al fiume con la canna da pesca. Nella mente sempre gli stessi pensieri, si sentiva come un prigioniero che cercava il punto in cui scavare per fuggire, non riusciva a trovare nessuna traccia di quello che cercava. Aveva ispezionato vari luoghi ma senza rinvenire niente di interessante.
Stava oltrepassando un vecchio casolare con una stalla decrepita ed un recinto fatiscente dove pascolavano alcune capre. Si fermò incuriosito ad osservare quel posto che un tempo doveva essere stato ben diverso. Una vecchia stava cercando di spaccare dei grossi ciocchi di legna con una fatica, per lei, non indifferente.
Gastone la raggiunse e le tolse di mano l’accetta, in poco tempo spaccò un bel po’ di legna e gliela sistemò sotto uno sgangherato portico.
Mentre lavorava, la vecchia non aveva smesso di guardarlo ed ora, che aveva finito, gli fece cenno di entrare in casa.
“Lavati le mani e il viso prima di entrare.”
Gastone si fermò alla pompa, si rinfrescò, si dissetò ed entrò in quella casa che sembrava potesse crollare da un momento all’altro.
La vecchia aveva messo sul tavolo del pane e della frutta, era tutto quello che aveva.
“Mangia con me, non mi capita mai di avere compagnia. Inoltre non so come ringraziarti. Chi sei?”
Gastone spezzò un grosso pane e cominciò a mangiarne.
“Mi chiamo Gastone e lavoro per il vecchio Ermete.”
“Quel vecchio ingordo, con una moglie falsa e avida!”
La vecchia brontolava mentre prendeva una caraffa di acqua e una bottiglia di vino da offrire al suo ospite.
“Io sono Giacinta, per gli amici Cincia, ma ormai non mi chiama più nessuno in questo modo. Vivo da sola dopo la morte di mio marito e dei miei figli e maledico il Signore ogni santo giorno,perché  non mi accoglie e non mi porta da loro. Che ci sto a fare qui? Se avessi il coraggio mi butterei nel fiume e la farei finita!”
Gastone capiva bene i sentimenti e il dolore di quella povera vecchia, almeno lui si era dato un compito da assolvere o sarebbe impazzito di dolore proprio come lei.
“Quanto anni ha, signora Giacinta?”
“Per favore, almeno tu, che potresti essere mio figlio chiamami Cincia. Ho settantacinque anni, non ti sembrano giusti per andarsene?”
“Le faccio una proposta, cosa ne dice se nei miei momenti liberi vengo a darle una mano?”
“E cosa vuoi in cambio?”
“Che mi parli un po’ di questo posto, di chi ci abita, magari le racconterò anche della famiglia che ho perso.”
Giacinta guardava quel forestiero cercando di capire cosa ci fosse sotto ma, qualunque cosa fosse a lei non importava, quello che le faceva piacere era avere un po’ di compagnia.
 “Vieni quando vuoi, io sono qui con le mie capre e la mia gatta, spero che tu le piaccia, non è molto socievole e non ama gli estranei.”
“Grazie per lo spuntino, vado a pesca e nel ritorno le lascerò del pesce, magari faccio amicizia con la sua gatta.”
“Si chiama Lina, la mia gatta si chiama Lina.” Sussurrò con gli occhi bassi stringendo le mani.
Gastone riprese la strada del fiume, forse aveva trovato qualcuno che potesse aiutarlo nella sua ricerca, doveva essere prudente, come al solito.
Nel ritorno si fermò a lasciare del pesce a Giacinta, la salutò e tornò nella sua stanza.


romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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