mercoledì 20 maggio 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA


IL SEGRETO DELLA LUNA

parte sei






Il giorno non era ancora sorto del tutto ma i frati avevano già assolto a vari compiti, primo fra tutti la Santa Messa dell’Aurora ed erano pronti alla semplice colazione per poi iniziare i loro lavori.
Tutto si svolse in silenzio e durò pochissimo. Il frate chiese a Gastone di seguirlo.
“Cosa ti piacerebbe fare per noi?” Gli chiese, facendo un ampio gesto con la mano.
“Vorrei occuparmi degli animali, e vorrei sapere il suo nome.”
“Va bene, fratel Andrea sarà felice di avere un aiuto. Io sono fratel Carlo.”
“Io sono Gastone. Il Priore mi ha chiesto di rimanere per qualche giorno. Posso sapere perché il Priore vive là così isolato?”
“Dammi del tu, lo devi fare con tutti i fratelli. Il Priore è vecchio e non si muove molto, ma so che aspetta la tua visita.”
Così dicendo raggiunsero una stalla che custodiva un asino, alcune capre, una varietà incredibile di pollame, conigli, e altri animali.
“Non sono per noi, noi mangiamo pochissima carne, li usiamo come baratto, va da fratel Andrea, sarà felice di averti con lui, è un chiacchierone nato.”
Un giovane frate con le maniche rimboccate lo accolse con un grande sorriso. Gastone si guardò intorno e vide che la recinzione aveva bisogno di essere sistemata e si mise al lavoro.
L’uomo lavorata alacremente e in silenzio mentre il suo compagno non smetteva mai di parlare, parlava con le capre, con ogni singolo animale che chiamava per nome, era una compagnia insolita e rilassante per Gastone che non desiderava essere distolto dai suoi pensieri.
Fratel Andrea sgranò gli occhi quando vide il pugnale che usava Gastone ma non disse niente e continuò il suo ciarlare e il suo lavoro.
La campana richiamò per la funzione ma Gastone non ci andò, rimase da solo e continuò il suo lavoro, aveva bisogno di essere impegnato.
Il sole era ancora alto quando fratel Carlo venne a chiamarlo, era l’ora di darsi una ripulita e di cenare per poi ritirarsi.
Fu così per tre giorni. I frati lo trattavano come uno di loro e lui si trovava davvero bene con loro, ma era irrequieto, doveva riprendere la sua strada, aveva riposato e meditato abbastanza sul da farsi, avrebbe ripreso il suo cammino.
Quella sera, dopo il pasto, fratel Carlo lo condusse dal Priore.
Gastone era di nuovo di fronte a quell’uomo e aveva un sacco di domande che voleva rivolgergli.
“So che presto te ne andrai. Sono felice che tu abbia accettato la nostra ospitalità. C’è qualcosa che vuoi chiedermi?”
Gastone si guardava intorno, così tanti libri non li aveva mai visti in tutta la sua vita, chissà come sarebbero piaciuti alla sua Lisa. Il ricordo di sua figlia, inaspettato, gli trafisse il cuore e i suoi occhi si incupirono.
“Cos’è che ti tormenta, figliolo?”
L’uomo estrasse il quaderno che portava sempre con sé sotto il giubbotto. Lo sfogliò e mostrò al Priore il simbolo che aveva così ben disegnato.

Il priore portò il quaderno molto vicino agli occhi per guardare meglio e lo rimise sul tavolo.
“Cos’è questo?”
“Lo chiedo a voi.”
“Perché lo vuoi sapere?”
“Perché ho bisogno di sapere.”
L’anziano Priore rimase assorto e pensieroso. “E’ la causa del dolore che porti nel cuore?”
“Ne sono convinto!”
“Che intenzioni hai?”
“Capire, e forse altro.”
“Lasciami pensare. Torna domani dopo il pasto serale. Ora puoi andare e ti ringrazio per il lavoro che stai svolgendo. Sei un uomo prezioso e potresti rimanere a lungo con noi, ma so che ci lascerai presto. Vai con la mia benedizione.”
Ormai Gastone conosceva bene il convento e nessuno più lo accompagnava. Andò dritto nella sua stanza, estrasse il quaderno e riguardò quel simbolo. Si addormentò col quaderno di sua figlia sul cuore.
La giornata si svolse come le precedenti. Gastone si accorgeva che si stava adeguando alla vita del convento, tranquilla e serena. Voleva rimanere solo un paio di giorni ed invece erano passati troppi giorni, doveva andarsene o avrebbe sofferto troppo a lasciare quel posto. Certo gli era servito per tranquillizzare un po’ la sua rabbia, ma non aveva perso di vista quello che era il suo fine, il suo desiderio di vendetta si era quietato, e per questo era ancora più pericoloso. Quella settimana gli era servita per trovare la calma che gli sarebbe servita per compiere il suo piano. Aveva capito che doveva agire con estrema prudenza e, quei giorni trascorsi in convento lo avevano rasserenato da un lato e reso ancor più determinato dall’altro, aveva un compito da portare a termine e doveva essere in grado di farlo, lo doveva alle sue donne.
La frugale cena era terminata ed i frati erano riuniti in canti e preghiere. Gastone bussò alla porta del Priore ed entrò.
“Pace a te.” Lo salutò come sempre il vecchio frate, e come sempre Gastone rispose con un cenno del capo, poi prese posto sulla solita sedia.
“Posso guardare il tuo quaderno?” La domanda lo colse di sorpresa, non era sicuro di voler mostrare ogni cosa al Priore.
Il vecchio, a mani giunte e con il suo solito sorriso aspettava silenzioso. Vedeva passare negli occhi dell’uomo che aveva di fronte molteplici emozioni, dubbi, sofferenze, e tante lacrime trattenute.
Il vecchio orologio scandiva i secondi come se anche lui aspettasse.
Gastone, pur riluttante prese il quaderno e glielo porse.
Il Priore cominciò a sfogliarlo dall’inizio, osservava gli schizzi, leggeva gli appunti ed i suoi occhi chiari si incupivano mano a mano che sfogliava le pagine.
Senza che se ne rendesse conto, Gastone cominciò a parlare e raccontò a quel vecchio frate tutta la sua storia, iniziando da quel gelido giorno in cui trovò Ines addormentata davanti al fuoco del suo camino. Raccontava e pareva che un fiume di dolore uscisse dal suo petto, ma ancora troppo ne restava imprigionato, sapeva bene che solo la morte, la sua morte avrebbe posto fine a quel dolore.
Le candele si erano consumate di molto da quanto era entrato nello studio del Priore e lui stava ancora raccontando, mentre il vecchio frate lo guardava con i suoi occhi dolci che si erano riempiti di lacrime di compassione.
Il silenzio li avvolse per parecchi minuti alla fine del racconto. Gastone, a testa bassa lasciò che l’emozione riprovata mentre raccontava scemasse e lo lasciasse libero di rialzare lo sguardo. Il Priore aveva chiuso il quaderno poggiandovi sopra le mani e aspettava che il suo ospite si riprendesse. Capiva bene che un dolore così grande poteva fare impazzire un uomo.
I loro occhi si incontrarono e il sorriso dolce del frate rincuorò l’uomo.
“Hai sofferto davvero tanto. Ora capisco, quello che non so è cosa vuoi fare ora.”
“Voglio vendicare mia moglie e mia figlia, non voglio che altri debbano sopportare un dolore simile al mio.”
“La vendetta non appartiene al Signore né ai bravi cristiani.”
“Io ho perso la mia fede quando ho tolto il corpo di mia figlia dai chiodi.”
“E come pensi di riuscire nel tuo intento?”
“Cercherò i colpevoli, dovessi impiegarci tutta la vita. E quando li troverò farò loro quello che loro hanno fatto a me. Occhio per occhio, devono capire cosa si prova!”
“Io non posso aiutarti a fare del male ad altri esseri umani.”
“Padre, chi fa queste cose non è un essere umano, io ho più rispetto per un animale che per loro e niente mi distoglierà da quello che ho intenzione di fare.”
“Lo vedo. Sento il tuo dolore e vedo la tua determinazione, la conosco molto bene!”
“Cosa vuol dire?”
“Avevo otto anni quando successe. Aspettavamo la primavera per festeggiare il matrimonio di mia sorella maggiore. Lorena aveva 17 anni quando la trovammo inchiodata ad un albero. Io ero piccolo ma riuscivo ad ascoltare quello che i grandi dicevano e non scorderò mai il momento in cui riuscii a vedere il suo corpo. Era già stato ricomposto e pronto per la sepoltura ma, quello che non scorderò mai furono alcune frasi che ascoltai, e seppi che non era la prima ragazza che trovavano così. Come vedi non sei il primo padre che perde la figlia in questo modo. Ce ne sono stati altri, molti altri, purtroppo!”
Gastone era esterrefatto. Non immaginava che fosse successo anche ad altri, non se ne capacitava.
“Cosa significa tutto questo? Se voi sapete qualcosa dovete dirmelo, io voglio porre la parola fine a tutto questo.”
“Non puoi, Gastone. Non puoi!”
“Può darsi che non possa, ma di una cosa sono sicuro: che ci proverò fino alla mia morte!”
“Io sono un uomo di pace non di vendetta, ho giurato fedeltà al mio Signore e non posso venire meno al mio giuramento.”
“Io non ho giurato niente a nessuno se non di vendicarmi.” Gastone cominciava ad irritarsi, aveva capito che quel vecchio frate sapeva qualcosa ma non voleva dirglielo.


romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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