IL SEGRETO DELLA LUNA
parte sei
Il giorno
non era ancora sorto del tutto ma i frati avevano già assolto a vari compiti,
primo fra tutti la Santa Messa dell’Aurora ed erano pronti alla semplice
colazione per poi iniziare i loro lavori.
Tutto si
svolse in silenzio e durò pochissimo. Il frate chiese a Gastone di seguirlo.
“Cosa ti
piacerebbe fare per noi?” Gli chiese, facendo un ampio gesto con la mano.
“Vorrei
occuparmi degli animali, e vorrei sapere il suo nome.”
“Va bene,
fratel Andrea sarà felice di avere un aiuto. Io sono fratel Carlo.”
“Io sono
Gastone. Il Priore mi ha chiesto di rimanere per qualche giorno. Posso sapere
perché il Priore vive là così isolato?”
“Dammi del
tu, lo devi fare con tutti i fratelli. Il Priore è vecchio e non si muove
molto, ma so che aspetta la tua visita.”
Così dicendo
raggiunsero una stalla che custodiva un asino, alcune capre, una varietà
incredibile di pollame, conigli, e altri animali.
“Non sono
per noi, noi mangiamo pochissima carne, li usiamo come baratto, va da fratel
Andrea, sarà felice di averti con lui, è un chiacchierone nato.”
Un giovane
frate con le maniche rimboccate lo accolse con un grande sorriso. Gastone si
guardò intorno e vide che la recinzione aveva bisogno di essere sistemata e si
mise al lavoro.
L’uomo
lavorata alacremente e in silenzio mentre il suo compagno non smetteva mai di
parlare, parlava con le capre, con ogni singolo animale che chiamava per nome,
era una compagnia insolita e rilassante per Gastone che non desiderava essere
distolto dai suoi pensieri.
Fratel
Andrea sgranò gli occhi quando vide il pugnale che usava Gastone ma non disse
niente e continuò il suo ciarlare e il suo lavoro.
La campana
richiamò per la funzione ma Gastone non ci andò, rimase da solo e continuò il
suo lavoro, aveva bisogno di essere impegnato.
Il sole era
ancora alto quando fratel Carlo venne a chiamarlo, era l’ora di darsi una
ripulita e di cenare per poi ritirarsi.
Fu così per
tre giorni. I frati lo trattavano come uno di loro e lui si trovava davvero
bene con loro, ma era irrequieto, doveva riprendere la sua strada, aveva
riposato e meditato abbastanza sul da farsi, avrebbe ripreso il suo cammino.
Quella sera,
dopo il pasto, fratel Carlo lo condusse dal Priore.
Gastone era
di nuovo di fronte a quell’uomo e aveva un sacco di domande che voleva
rivolgergli.
“So che
presto te ne andrai. Sono felice che tu abbia accettato la nostra ospitalità.
C’è qualcosa che vuoi chiedermi?”
Gastone si
guardava intorno, così tanti libri non li aveva mai visti in tutta la sua vita,
chissà come sarebbero piaciuti alla sua Lisa. Il ricordo di sua figlia,
inaspettato, gli trafisse il cuore e i suoi occhi si incupirono.
“Cos’è che
ti tormenta, figliolo?”
L’uomo
estrasse il quaderno che portava sempre con sé sotto il giubbotto. Lo sfogliò e
mostrò al Priore il simbolo che aveva così ben disegnato.
Il priore
portò il quaderno molto vicino agli occhi per guardare meglio e lo rimise sul
tavolo.
“Cos’è
questo?”
“Lo chiedo a
voi.”
“Perché lo
vuoi sapere?”
“Perché ho
bisogno di sapere.”
L’anziano
Priore rimase assorto e pensieroso. “E’ la causa del dolore che porti nel
cuore?”
“Ne sono
convinto!”
“Che
intenzioni hai?”
“Capire, e
forse altro.”
“Lasciami
pensare. Torna domani dopo il pasto serale. Ora puoi andare e ti ringrazio per
il lavoro che stai svolgendo. Sei un uomo prezioso e potresti rimanere a lungo
con noi, ma so che ci lascerai presto. Vai con la mia benedizione.”
Ormai
Gastone conosceva bene il convento e nessuno più lo accompagnava. Andò dritto
nella sua stanza, estrasse il quaderno e riguardò quel simbolo. Si addormentò
col quaderno di sua figlia sul cuore.
La giornata
si svolse come le precedenti. Gastone si accorgeva che si stava adeguando alla
vita del convento, tranquilla e serena. Voleva rimanere solo un paio di giorni
ed invece erano passati troppi giorni, doveva andarsene o avrebbe sofferto
troppo a lasciare quel posto. Certo gli era servito per tranquillizzare un po’
la sua rabbia, ma non aveva perso di vista quello che era il suo fine, il suo
desiderio di vendetta si era quietato, e per questo era ancora più pericoloso.
Quella settimana gli era servita per trovare la calma che gli sarebbe servita
per compiere il suo piano. Aveva capito che doveva agire con estrema prudenza
e, quei giorni trascorsi in convento lo avevano rasserenato da un lato e reso
ancor più determinato dall’altro, aveva un compito da portare a termine e
doveva essere in grado di farlo, lo doveva alle sue donne.
La frugale
cena era terminata ed i frati erano riuniti in canti e preghiere. Gastone bussò
alla porta del Priore ed entrò.
“Pace a te.”
Lo salutò come sempre il vecchio frate, e come sempre Gastone rispose con un
cenno del capo, poi prese posto sulla solita sedia.
“Posso
guardare il tuo quaderno?” La domanda lo colse di sorpresa, non era sicuro di
voler mostrare ogni cosa al Priore.
Il vecchio,
a mani giunte e con il suo solito sorriso aspettava silenzioso. Vedeva passare
negli occhi dell’uomo che aveva di fronte molteplici emozioni, dubbi,
sofferenze, e tante lacrime trattenute.
Il vecchio
orologio scandiva i secondi come se anche lui aspettasse.
Gastone, pur
riluttante prese il quaderno e glielo porse.
Il Priore
cominciò a sfogliarlo dall’inizio, osservava gli schizzi, leggeva gli appunti
ed i suoi occhi chiari si incupivano mano a mano che sfogliava le pagine.
Senza che se
ne rendesse conto, Gastone cominciò a parlare e raccontò a quel vecchio frate
tutta la sua storia, iniziando da quel gelido giorno in cui trovò Ines
addormentata davanti al fuoco del suo camino. Raccontava e pareva che un fiume
di dolore uscisse dal suo petto, ma ancora troppo ne restava imprigionato,
sapeva bene che solo la morte, la sua morte avrebbe posto fine a quel dolore.
Le candele
si erano consumate di molto da quanto era entrato nello studio del Priore e lui
stava ancora raccontando, mentre il vecchio frate lo guardava con i suoi occhi
dolci che si erano riempiti di lacrime di compassione.
Il silenzio
li avvolse per parecchi minuti alla fine del racconto. Gastone, a testa bassa
lasciò che l’emozione riprovata mentre raccontava scemasse e lo lasciasse
libero di rialzare lo sguardo. Il Priore aveva chiuso il quaderno poggiandovi
sopra le mani e aspettava che il suo ospite si riprendesse. Capiva bene che un
dolore così grande poteva fare impazzire un uomo.
I loro occhi
si incontrarono e il sorriso dolce del frate rincuorò l’uomo.
“Hai
sofferto davvero tanto. Ora capisco, quello che non so è cosa vuoi fare ora.”
“Voglio
vendicare mia moglie e mia figlia, non voglio che altri debbano sopportare un
dolore simile al mio.”
“La vendetta
non appartiene al Signore né ai bravi cristiani.”
“Io ho perso
la mia fede quando ho tolto il corpo di mia figlia dai chiodi.”
“E come
pensi di riuscire nel tuo intento?”
“Cercherò i
colpevoli, dovessi impiegarci tutta la vita. E quando li troverò farò loro
quello che loro hanno fatto a me. Occhio per occhio, devono capire cosa si
prova!”
“Io non
posso aiutarti a fare del male ad altri esseri umani.”
“Padre, chi
fa queste cose non è un essere umano, io ho più rispetto per un animale che per
loro e niente mi distoglierà da quello che ho intenzione di fare.”
“Lo vedo.
Sento il tuo dolore e vedo la tua determinazione, la conosco molto bene!”
“Cosa vuol
dire?”
“Avevo otto
anni quando successe. Aspettavamo la primavera per festeggiare il matrimonio di
mia sorella maggiore. Lorena aveva 17 anni quando la trovammo inchiodata ad un
albero. Io ero piccolo ma riuscivo ad ascoltare quello che i grandi dicevano e
non scorderò mai il momento in cui riuscii a vedere il suo corpo. Era già stato
ricomposto e pronto per la sepoltura ma, quello che non scorderò mai furono
alcune frasi che ascoltai, e seppi che non era la prima ragazza che trovavano
così. Come vedi non sei il primo padre che perde la figlia in questo modo. Ce
ne sono stati altri, molti altri, purtroppo!”
Gastone era
esterrefatto. Non immaginava che fosse successo anche ad altri, non se ne
capacitava.
“Cosa
significa tutto questo? Se voi sapete qualcosa dovete dirmelo, io voglio porre
la parola fine a tutto questo.”
“Non puoi,
Gastone. Non puoi!”
“Può darsi
che non possa, ma di una cosa sono sicuro: che ci proverò fino alla mia morte!”
“Io sono un
uomo di pace non di vendetta, ho giurato fedeltà al mio Signore e non posso
venire meno al mio giuramento.”
“Io non ho
giurato niente a nessuno se non di vendicarmi.” Gastone cominciava ad
irritarsi, aveva capito che quel vecchio frate sapeva qualcosa ma non voleva
dirglielo.
romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
Nessun commento:
Posta un commento