venerdì 29 maggio 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA



IL SEGRETO DELLA LUNA

parte 13






Capitolo sette
Stavolta non c’era la luna a rischiarare la notte ma lampi talmente guizzanti che sembravano tentacoli del cielo.
Correva senza preoccuparsi troppo. Il suo cane gli stava al passo e se ci fosse stato qualcuno lo avrebbe fiutato anche in quella bufera.
Arrivò fradicio al punto più nascosto del convento. Lo aveva esplorato altre volte senza trovare una via per entrare, eppure doveva esserci. L’acqua gli scendeva sugli occhi e non rendeva agevole il suo compito. Aveva portato con sé un cappello del sacrestano, lo fece fiutare a Rufus e lo incitò a trovare le tracce.
Il cane sembrava frastornato, non era la situazione ideale per accontentare il suo padrone e, quello che seguì non fu l’odore del sacrestano ma quello che la sua aguzza vista gli aveva mostrato.
Gastone lo seguì e raccolse da terra un fermaglio per capelli, assolutamente femminile e assolutamente importante, riproduceva il nodo che ricorreva spesso nelle sue ricerche.
Cercando di asciugarsi la faccia dalla pioggia cercò ancora di trovare un accesso, non avrebbe avuto molte altre opportunità per farlo, se era un segreto così ben custodito doveva per forza essere difficile scovarlo.
Era inginocchiato accanto al cane, entrambi fradici da aver perso le loro sembianze e la pioggia non cessava a diminuire di intensità. Cercò riparo contro il muro cercando di riprendere fiato e riordinare i pensieri. Il cane gli saltò sulle ginocchia e lo fece cadere. Istintivamente allungò le mani per cercare di mantenere l’equilibrio e, senza sapere come fosse successo il mattone al quale si era appoggiato cadde a terra in una pozzanghera di fango.
Si inginocchiò e puntò gli occhi in quella fessura. Un lampo molto opportuno rischiarò un piccolo cimitero. Non stette molto a pensarci, prese degli arnesi che aveva portato con sé e decise di scavalcare la muraglia lasciando il cane a guardia. Non era un’operazione facile sotto quel diluvio. Un latrato di Rufus lo distrasse e ricadde a terra. Era ricoperto di fango come il cane, sarebbe stato impossibile riconoscerli. Mancavano poche ore all’alba e lui non aveva ancora scoperto niente di importante. Si guardò intorno e scoprì che il cane era sparito. Un leggero guaito dall’altra parte del muro lo fece trasalire. Come aveva fatto a passare dall’altra parte?
“Rufus, torna qui!”
Il cane, obbedì e fu subito dal suo padrone.
“Portami di là!”
Gastone non si era accorto che una piccola lapide votiva era stata sradicata dal vento e dal fango lasciando aperto un passaggio, un piccolo passaggio. Si chinò e seguì il cane, ben sapendo che non era da lì che le altre persone erano passate, ma per il momento non stette a pensarci.
Sbucò nel piccolo cimitero, doveva essere riservato solo alle suore del convento. La pioggia gli tolse di dosso un po’ di fango e, i suoi occhi già abituati al buio cercavano qualcosa che potesse fare al caso suo.
“Vai Rufus, cerca per me.” Sussurrò l’uomo.
Il cane portò il suo padrone davanti alla porta di legno di una piccola cappella. Era chiusa con un lucchetto che fece saltare in un attimo.
Entrarono insieme. L’interno era rischiarato da un paio di candele. Era una stanza piccola, sicuramente adibita allo svolgimento dei funerali e dei riti delle suore. Si guardò intorno ma era un ambiente troppo piccolo perché potesse essere interessante.
Rufus guaiva. Gastone lo raggiunse e vide i denti bianchi del cane mentre ringhiava sommessamente.
“Cosa hai visto, amico mio?”
Il cane non smetteva di ringhiare e guardare la parete dove era poggiato un piccolo altare.
L’uomo si avvicinò, lo osservava cercando di trovare il motivo del comportamento del suo cane.
Il respiro si era fatto normale e gli occhi si erano adattati al lieve chiarore. Prese il piccolo altare di legno e lo spostò. Rufus ringhiava sempre più forte. Le mani dell’uomo tastavano la parete, poi il pavimento e, finalmente lo trovò, un piccolo anello di ferro sul coperchio di una botola. Non stette molto a pensare. Sollevò il coperchio, prese una candela e scese i cinque gradini di pietra.
Si ritrovò in una vasta stanza, al momento non riusciva a vedere molto. Aprì la sua sacca e tolse una torcia che accese, poggiò la candela su un ripiano e si accinse ad esplorare quel luogo.
Era entrato in una specie di atrio, c’era una fila di armadi in legno. Li contò ma già sapeva che sarebbero stati otto. Seguì uno stretto corridoio. Aveva il cuore in gola, sapeva di aver trovato qualcosa di importante, di molto importante.
Pochi metri e si ritrovò in uno spazio enorme, per quello che riusciva a vedere era grandissimo e non riusciva a distinguere quello che c’era, il buio era troppo fitto. Vide una serie di ripiani fissati al muro, in diverse altezze. Si avvicinò e rischiarò con la torcia quello a lui più vicino. Non era preparato a quello che vide e si portò una mano alla bocca per impedirsi di urlare. Una fila di vasi colmi di liquido contenevano occhi umani. Diresse la luce su quei macabri resti. Un colpo al cuore, si morse dolorosamente la lingua per non urlare, non poteva sbagliarsi, quelli che stava fissando erano gli occhi di sua figlia, li avrebbe riconosciuti ovunque.
Si lasciò cadere a terra e diede libero sfogo al suo dolore che fino a quel momento aveva trattenuto, pianse senza ritegno mentre Rufus gli leccava via le lacrime. Sfogò il suo dolore ma si rialzò subito dopo. Continuò a perlustrare quel posto. Più avanti c’era un grande tavolo rotondo, sette scranni ai lati e al centro una specie di trono. Continuò la sua ricerca e vide la parete riprodotta nel registro che possedeva, era inciso quel maledetto nodo che doveva significare qualcosa di importante. Osservò tutte le pareti e quando diresse la luce a quella dietro il trono rimase senza fiato.
Il simbolo dei Cavalieri della Terra feconda era grande tutta la parete, color giallo oro e una scritta ben visibile era incisa fra le due mezze lune:
LA LUNA, NOSTRA SORELLA E MADRE, CON SANGUE VERGINE TIENE LA TERRA FECONDA.
Gli occhi di Gastone ora erano asciutti, il suo cuore era ridiventato duro e insensibile. Aveva trovato il luogo dove si riunivano, aveva fatto il grande primo passo per mantenere la promessa fatta alle sue donne e a Cincia. Aveva capito che si riunivano nella notte di luna piena e lui avrebbe scoperto chi fossero. Uno lo aveva già individuato, sarebbe stato il primo a soffrire, e molto presto.
Tolse dalla sacca un pezzo di tela e cancellò le sue impronte e quelle del cane, accarezzò il vaso che conteneva gli occhi di sua figlia ma non li guardò. Promise a se stesso che li avrebbe riportati dove dovevano stare. A tempo debito, tutto a tempo debito, finalmente era giunto il momento di dare inizio alla sua vendetta.
Arrivò a casa e Cincia, contrariamente al solito lo aspettava sveglia. L’uomo guardò la vecchia e assentì col capo. La donna sospirò e si ritirò nella sua camera.
La pioggia batteva con insistenza sui tetti della vecchia casa. Erano ore che scrosciava senza sosta, un temporale di tal genere non si vedeva spesso e lui, dopo essersi asciugato e cambiato era sdraiato sul divano in cerca del sonno. Sapeva di dover dormire, era stanco ma, talmente eccitato che non riusciva nemmeno a tenere gli occhi chiusi. Sentiva il respiro regolare di Cincia che dormiva tranquilla nella sua stanza e si chiese come avesse fatto a sopravvivere con quel dolore e per tutti quegli anni, lui, ne era sicuro sarebbe morto prima di crepacuore.
Le giornate successive furono frenetiche per il lavoro in campagna, la forte pioggia aveva danneggiato parecchio i raccolti e gli animali che stavano di solito all’aperto sprofondavano nel fango e avevano bisogno di essere trainati alle stalle.
Mentre Gastone lavorava alacremente pensava a come portare avanti il suo piano di vendetta. Il sacrestano aveva sette figli, cinque maschi e due femmine e lui si sarebbe preso una delle ragazze, erano molto simili e quasi coetanee, per lui l’una o l’altra non faceva differenza, avrebbe preso la prima che avrebbe trovato da sola.
Finalmente fu rimandato a lavorare in distilleria, il mese di giugno stava scorrendo velocemente e lui aveva deciso che prima della successiva luna piena avrebbe compiuto il primo atto della sua vendetta.


romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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