lunedì 10 agosto 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA


IL SEGRETO DELLA LUNA

parte sessantaquattro






Gastone non respirava nell’attesa, ora avrebbe saputo cosa volevano.
Il marchese si decise. “Vogliamo che tu trovi dove la contessa tiene i forzieri del nostro denaro.”
Ora non si tornava più indietro.
“E cosa faccio se lo trovo?”
“Nulla, devi solo informarci dell’ubicazione, al resto pensiamo noi. Come vedi niente che ti faccia sporcare le mani.”
“E cosa ci guadagno? Come faccio col mio lavoro?”
“Discuteremo anche di questo, ora ti mostriamo sulla carta dove si trovano le sue proprietà.”
Venne aperta una mappa e spiegarono a Gastone il territorio da esplorare. Sarebbe dovuto stare lontano da casa anche per diversi giorni consecutivi.
“E come giustifico la mia presenza se qualcuno me lo chiede?”
“Dovrai fare in modo che nessuno ti noti o avere una scusa pronta, ricorda che noi giureremo che non abbiamo niente a che fare con te se le cose si mettessero male, è un rischio, sta a te decidere, ora e subito.”
Gastone stava elaborando le notizie che aveva ricevuto, quegli uomini volevano impossessarsi del tesoro della setta senza sporcarsi le mani e doveva essere molto consistente se erano disposti ad esporsi con lui.
“Il mio assenso è legato al compenso.”
“Riceverai un cofanetto di monete già domani, e ne avrai uno alla settimana quando farai rapporto. Non avrai un tempo illimitato, questo è palese, cinque settimane e non di più.”
“E se fallissi non trovando niente?”
“Non fallirai, noi crediamo nelle tue capacità. Le notizie che ci porterai saranno sufficienti per garantirti il compenso, noi siamo uomini di parola, e sappiamo che tu manterrai la tua.”
“Va bene, lo farò. Dirò alle mie donne che ho ricevuto un nuovo incarico che mi porta lontano e farò quello che mi avete richiesto, farò di tutto per riuscire nell’impresa ma non posso garantire il risultato che voi volete.”
“Questo ci basta. Ora brindiamo al nostro accordo.”
Il marchese mise sul tavolo i boccali.
“Ho portato io qualcosa di speciale, l’ho tenuto da parte fin da quando lavoravo nella distilleria.”
Estrasse una bottiglia e versò da bere per tutti.
Un assaggio e poi scolarono quel liquore pregiato, ma Gastone non ne bevve.
“Ora che l’accordo è suggellato puoi tornare a casa, noi abbiamo altro di cui discutere.”
Salutò cortesemente e, sogghignando sotto i baffi salì in groppa ad Amleto e lasciò quel posto senza voltarsi.
In sella al suo cavallo passò di fianco alle guardie di quei maledetti e tornò a casa.
Il pomeriggio era caldo e il sole ancora non era tramontato. Vide in lontananza la casa di Cincia e ripensò a quando era arrivato in quel posto. Non possedeva niente se non la sua vendetta da portare a termine. Ora era un uomo ricco e aveva compiuto azioni delle quali non aveva mai creduto di esserne capace. Aveva un’amica che lo proteggeva, una donna che lo amava incondizionatamente, ma lui aveva solo la sua vendetta. Quello che aveva messo nella bottiglia di liquore era un veleno molto particolare, sconosciuto ai più e molto lento a colpire. Ci sarebbero volute settimane prima che i sintomi iniziali si aggravassero, per quei quattro cavalieri il destino era segnato. Tutto procedeva ma lui non trovava quella pace cui anelava.
Margherita lo vide e lo salutò mandandogli un bacio. Gastone allontanò i pensieri e sorrise mentre arrivava sotto il portico e scendeva dal cavallo. La donna lo abbracciò e gli ordinò di darsi una ripulita che la cena era quasi pronta.
Mangiarono in un’atmosfera serena e, dopo aver sistemato ogni cosa,  Gastone accompagnò a casa Margherita. Salutò Cincia e le diede appuntamento per la colazione del giorno dopo.
Giunsero accaldati nella casupola di Margherita, aprirono le finestre e riposero la sacca su una sedia. Il sofà, un pochino scalcinato cigolò mentre si sedevano. La donna gli prese la mano e la premette sul seno. I suoi occhi erano una richiesta che lui fece finta di non capire, così la sollevò di peso e la portò in camera da letto, dove passarono ore a fare sesso, a bere vino senza parlare.
Si addormentarono che era quasi l’alba. Gastone la teneva fra le braccia, dio come avrebbe voluto innamorarsi di quella donna meravigliosa, invece sapeva che ogni giorno che passava era un giorno in più che lo allontanava da lei. Se il suo piano fosse proseguito come pensava, mancava ancora poco alla sua partenza. Si chiese se gli sarebbe dispiaciuto ma, al momento non sapeva cosa rispondersi. La baciò sulla fronte e si alzò, era ora di tornare a casa e mettere al corrente Cincia di quello che era successo.
Sapeva che l’avrebbe trovata sveglia e con la padella calda pronta per le uova. Si sedettero e le raccontò quello che gli avevano chiesto quei delinquenti. Lei lo guardò fisso. “Sei sicuro di non avere altro da aggiungere?” “Mi conosci troppo bene, vecchia brontolona. Sì, li ho avvelenati!” Cincia sgranò gli occhi. “Hai commesso un’imprudenza! Sciocco che non sei altro! Cosa credi che non capiranno di essere stati avvelenati quando si ammaleranno tutti quanti?” “Vecchia! Mi credi proprio così sciocco! Ognuno di loro ha un peso e un’età diversa, quel veleno è usato per gli animali ed io lo conosco bene, so quanto ne serve e loro non si ammaleranno contemporaneamente, ma anche se così fosse non ha importanza. Moriranno prima di scoprire cos’hanno.”
“Oggi devo fare il mio giro, parlerò con Margherita e le dirò che starò lontano alcuni giorni, preparami qualcosa da portare con me, solo cibo che possa durare almeno cinque giorni. Sabato sarò di ritorno, forse prima, dipende da quello che riesco a scoprire. Oggi devo dedicarmi al convento, ho l’impressione che tutto l’enigma sia da sciogliere in quel posto, devo trovare il modo di entrarci, e dalla porta principale.” “Tu sei pazzo, lo sai vero?” Le rispose Cincia. “Per questo andiamo così d’accordo.” Le rispose facendole l’occhiolino.
Fischiò a Rufus, prese le sue cose, salì in groppa ad Amleto e partì per quella nuova settimana, l’ultima di luglio.
La frescura del bosco era molto piacevole. Rufus era davanti a lui, sembrava sapesse dove erano diretti, quel cane era stato una benedizione da quando lo aveva trovato e per un attimo gli dispiacque sapere che doveva abbandonare anche lui, ma per il momento non voleva pensarci.
Appena fosse stato sicuro che tutto era tornato tranquillo sarebbe tornato nel nascondiglio dove giacevano tre cadaveri ed un baule che conteneva il libro sacro della setta, non vedeva l’ora di leggerlo e scoprire tutto il possibile su quegli infami.
Si stava avvicinando al convento, questa volta non stava strisciando nascosto nell’erba ma era a cavallo e ben visibile, era quello che voleva. Attraversò il prato incolto e fu lui stesso sorpreso che non ci fossero segni dei suoi precedenti passaggi, era davvero molto bravo, e non doveva perdere la concentrazione. Si fermò a poca distanza ad osservarlo. Le alte mura nascondevano ogni movimento ed ogni attività che si svolgeva là dentro. Rimase immobile, in groppa ad Amleto per lungo tempo ad osservare, mentre Rufus si divertiva a correre in mezzo all’erba. Sicuro di essere stato notato girò il cavallo e proseguì nel suo quotidiano lavoro.
Passò le ore successive immerso nelle sue incombenze e, nel pomeriggio tornò nella stessa postazione della mattina e si fermò di nuovo, immobile ad osservare quelle alte mura. Ritornò a casa che il sole era già tramontato e le zanzare avevano cominciato la loro danza serale insieme al canto dei grilli.
Margherita era con Cincia. Quella donna non perdeva mai il sorriso ed era un vero piacere ogni volta che la vedeva. Si misero a tavola e fu messa al corrente della sua assenza per i giorni successivi.
La stava riaccompagnando a casa. “Mi parlerai mai di te? Mi dirai mai cosa hai nel cuore?”  Gli disse la donna. “Non posso, o dovrei mentirti e non lo voglio, non l’ho mai fatto.” Entrarono in casa ma l’atmosfera non era come il solito. “Ho deciso di andarmene.” Disse Margherita. “Lo devo fare prima che sia troppo tardi, prima che il mio cuore sanguini quando sarai tu ad abbandonarmi. Non posso soffrire più di ora, non posso!” E piangendo si buttò fra le sue braccia.
Gastone sentiva il suo petto squassato dai singhiozzi e non sapeva come consolarla. Gli dispiaceva perderla, ma sapeva che aveva ragione lei. “Quando te ne andrai?” le chiese dolcemente. Margherita non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi. “Quando tornerai, io non ci sarò più.”
La tenne stretta, avrebbe voluto tenerla per sempre così, ma era meglio se partiva, il pericolo ora era davvero grande e lei non meritava di soffrire. “E se un giorno ti ritrovassi?” Le sussurrò! Un sospiro e la donna si scioglie dall’abbraccio e lo guardò coi suoi occhi pieni di lacrime. “Sono una donna, spero di trovare un uomo che trascorra con me il resto della vita, non posso aspettarti invano per sempre.” Aveva ragione. “Lo capisco, e meriti tutta la felicità di questo mondo. Ti auguro di trovare un uomo che possa darti tutto l’amore che meriti. Io non posso farlo, ma sento per te un grande affetto, ed è tutto quello che posso lasciarti.”
Fecero l’amore diversamente quella notte. Gastone tornò a casa, prese la sacca pronta che Cincia aveva preparato, andò nel casotto e, in groppa ad Amleto e con Rufus al fianco iniziò la sua ricerca.
Margherita non fu sorpresa quando si svegliò da sola. Fu sorpresa di trovare sul tavolo due sacche piene di monete e un biglietto che lesse e distrusse. Un sorriso amaro fu l’ultimo gesto che lasciò in quella casa, aveva da giorni programmato tutto, c’erano dei parenti che l’aspettavano, poi avrebbe deciso cosa fare della propria vita. Lasciò quel posto con tanto rimpianto nel cuore. Era una donna ricca ora, e questo la rendeva più serena per il futuro. Buona fortuna, Gastone, che tu possa trovare quello che stai cercando e che la tua vita possa essere felice. Pensò con gli occhi colmi di lacrime silenziose.


Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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