IL SEGRETO DELLA LUNA
parte sessantuno
Gastone iniziò
la nuova settimana come al solito. Si aspettava la visita di qualcuno, che gli
arrivassero nuovi ordini ma sapeva bene che i cavalieri avevano troppa paura di
Numero Uno per prendere iniziative
senza il suo consenso.
Era in sella
ad Amleto e percorreva un sentiero nel folto di un boschetto. Osservava
attentamente per cogliere qualsiasi cosa fosse fuori posto e, intanto la sua
mente seguiva anche altri pensieri. Si era chiesto spesso quale autorità vera avesse
Numero Uno su quegli uomini che
sembravano davvero molto potenti e ricchi. Doveva esserci qualcosa che gli
sfuggiva e sperava di riuscire a capirlo. Aveva assolutamente bisogno di
tornare nel rifugio segreto ma non si fidava. Anche in questo preciso momento
non si sentiva tranquillo, la sensazione di essere seguito ed osservato non lo
abbandonava mai, anche Rufus era inquieto e questo rendeva guardingo anche lui.
Avrebbe
voluto ritornare al convento e capire meglio quello che succedeva là dentro ma
era bloccato da quei maledetti investigatori sguinzagliati dalla contessa.
La settimana
passò senza grandi novità. Il plenilunio si avvicinava e lui era irrequieto ben
sapendo che non ci sarebbe potuto andare, non poteva proprio rischiare di
mandare a monte tutto il suo piano.
Era sabato e
stava terminando la sua giornata lavorativa. Non si era nemmeno accorto di
essere nei pressi dello stagno dove aveva in precedenza incontrato le nipoti di
Morietti. Sentì le risate delle due ragazze ed i suoi sensi si misero subito
all’erta. Aveva con sé quello che gli serviva ma non era sicuro di poterle
prendere. Il tragitto per tornare a casa era lungo e poteva trovare qualcuno
sulla strada, soprattutto uno degli investigatori e per lui sarebbe stata la
fine.
Rimase in
sella ad Amleto ad osservarle. Erano giovani e indossavano solo una leggera
sottoveste. Giocavano nell’acqua come se fossero bambine ma, secondo lui non
erano ragazzine. Avevano i capelli sciolti e si divertivano spruzzandosi
l’acqua cercando di catturare qualche libellula. La sua mano corse alla borsa e
la sua mente ferveva. Cosa era meglio fare? Valeva la pena di rischiare? I
cavalieri avevano già tanti problemi da discutere alla prossima riunione, e se
ne avesse aggiunto un altro? Rimase in ascolto e mandò Rufus in perlustrazione.
Il cane tornò dopo qualche minuto e dal suo atteggiamento tranquillo, l’uomo
comprese che erano soli.
Prese la sua
decisione. Scese da cavallo e si avvicinò allo stagno. Le ragazze si
ammutolirono quando lo videro.
“Buongiorno,
signorine. Mi chiamo Gastone e sono il guardia caccia, credo che abbiate
sentito parlare di me. Questo non è un posto sicuro per voi.”
Le ragazze
non lo avevano mai visto ma ne avevano sentito parlare bene e si quietarono.
“Perché non
vi rivestite? Così vi riaccompagno a casa. E non uscite più senza scorta!”
Le due
ragazze fecero quanto aveva richiesto. Si stavano abbottonando la lunga veste
quando Gastone ne afferrò una e la addormentò, passando velocemente all’altra
che non aveva avuto tempo di reagire. Come faceva sempre le avvolse in una
coperta e salì in groppa ad Amleto, lasciando le due cavalle legate dove
stavano.
Ci volle più
di un’ora per arrivare a casa. Entrò nel casotto e si chiuse dentro con il suo
fardello.
Aveva già
“lavorato” su due ragazze contemporaneamente e cominciò di buona lena, sapeva
che ogni istante era importante.
Non perse
tempo né ad osservarle né a pensare. Ne distese una sul tavolo e le conficcò lo
stiletto nel cuore. Aspettò pochi istanti che spirasse e le cavò gli occhi.
Incise la stella sul petto e, senza tante cerimonie la mise in terra. Rifece la
stessa cosa con la seconda.
Aveva il
fiatone e il cuore accelerato. Sapeva che stavolta colpiva dove faceva molto
male.
Cincia aveva
già intuito quello che stava succedendo e se ne stava in casa, uscì quando
sentì aprirsi il portone ma rientrò subito con Rufus.
Il
pomeriggio era rovente e Gastone sudava copiosamente. Ci mise di meno a tornare
allo stagno, e soli altri dieci minuti per inchiodarle allo stesso albero, lasciò
ai piedi di ognuna il barattolo con gli occhi e una ciocca di capelli rossi
intrecciati con nastro blu. Cancellò con perizia le sue tracce e ritornò a
casa. Cincia bruciò la coperta e lui andò a pulire. In quel momento arrivò
Margherita che cominciò a preparare la cena canticchiando.
Cincia
raggiunse Margherita e iniziarono a parlare. La vecchia, disse che Gastone non
si era mosso perché lei si era sentita male. Quelle furono le parole che sentì
l’uomo entrando e diede seguito alla farsa, il suo alibi sarebbe stato
confermato da entrambe le donne se ce ne fosse stato bisogno.
Cenarono
allegramente. Margherita sistemò piatti e cucina. Gastone l’aspettava col
calesse, avrebbe passato la notte con lei e questo rendeva tutti felici.
Capitolo ventotto
Stavano
arrivando in paese quando si accorsero del gran movimento. Gastone fermò il
calesse e Margherita raggiunse un capannello di donne. Era strano vedere così
tanta gente per strada, doveva essere successo qualcosa di grave.
Si unì ad un
gruppo di donne che ben conosceva e ascoltò i loro discorsi. Si portò la mano
alla bocca come a trattenere un grido e ritornò di corsa al calesse.
Era
sconvolta, a malapena riuscì a raccontare a Gastone del ritrovamento delle
nipoti di Morietti: avevano fatto la fine delle altre!
Entrarono in
casa chiudendo bene porte e finestre e si sedettero al tavolo.
“Cosa ne
pensi?” Gli chiese la donna.
“Penso che
ci sia in giro un assassino o una banda di banditi! Non può essere
diversamente.”
“Ti rendi
conto!!! Le nipoti di Costantino Morietti! Qui succede qualcosa di grosso!
Quell’uomo è potente e pericoloso e farà saltare fuori il colpevole ad ogni
costo! Dio protegga questa gente!”
La donna
tremava dall’indignazione e dal dolore, quelle due ragazze erano innocenti, non
avevano colpe se la loro famiglia era quel che era, soltanto un mostro poteva
fare quello che aveva fatto.
Gastone la
prese fra le braccia e si sdraiarono sul letto. La teneva stretta e la sentiva
tremare. Poco alla volta si calmò e si addormentò fra le braccia sicure dell’uomo
che amava.
Passarono la
notte abbracciati.
La mattina
dopo, essendo domenica, la chiesa era stracolma di gente. Margherita e Gastone
stavano facendo colazione mentre il suono delle campane a morto arrivava fino a
loro. Era evidente lo stato di Margherita, era spaventata, dispiaciuta, e non
riusciva a farsi una ragione di simili tragedie.
“Eri agitata
stanotte.” Le disse l’uomo.
“Sì, sono
agitata. Non è mai successo niente di simile da queste parti, non so cosa possa
aver scatenato simili tragedie. I campi che non producono, gli animali che
muoiono, le figlie di famiglie facoltose o povere muoiono inchiodate agli
alberi. Cosa sta succedendo? Cominciano a girare strane voci, qualcuno dice che
è una maledizione. Sembra che una volta, da queste parti ci fosse un clan di
streghe, io non ci ho mai creduto, ma qualcosa deve aver scatenato tutto
questo. Costantino Morietti troverà i colpevoli, ma la mia paura è che se non
li troverà scatenerà la sua ira e la sua vendetta su qualcuno che non c’entra
per niente pur di trovare un colpevole, è questo che mi turba!”
“Vestiti che
andiamo a casa mia, prendi un po’ della tua roba, è meglio se rimani da noi
qualche giorno, non mi fido a lasciarti qui da sola.”
Ci volle
poco per prendere quello che le serviva e, poco dopo erano a far colazione con
Cincia mentre la mettevano al corrente degli ultimi avvenimenti.
Mancavano
cinque giorni al plenilunio di luglio, il tempo di seppellire le ragazze e poi
ci sarebbe stata la riunione, e lui non poteva andare. Questa volta doveva
stare molto più attento, in poco tempo aveva fatto sparire due cavalieri e le
nipoti di Numero Due. Dentro di sé
gongolava, ma era certo che qualcosa avrebbero fatto, così come era certo che
anche lui avrebbe dato seguito al suo piano.
Erano
passati 14 mesi da quando sua moglie e sua figlia erano morte. In quei mesi
aveva fatto molto per dare sfogo alla sua vendetta ma non si sarebbe fermato,
non fino a quando avrebbe distrutto
Numero Uno. Sicuramente era giunto il momento di calmare la sua sete vendicatrice,
non poteva rischiare, doveva rimanere in attesa degli eventi, capirli,
precederli, e colpire solo in sicurezza.
Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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