IL SEGRETO DELLA LUNA
parte sessantanove
Il camino
era acceso e le fiamme danzavano mentre lui era lì ad osservarle e ad osservare
quel libro che non aveva ancora avuto voglia di aprire. Avrebbe potuto
conoscere tutto di quella setta, ma ora non gli interessava più. Li maledisse
tutti ancora una volta e con rabbia strappò le pagine e, con gli occhi pieni di
lacrime le gettò sul fuoco. La copertina era di pelle molto vecchia e ci mise
parecchio tempo a consumarsi, ma alla fine non rimase nemmeno la cenere.
Gastone si asciugò gli occhi, domani sarebbe partito e avrebbe dato fuoco alla
casa.
Non riuscì a
dormire, l’alba non era ancora sorta su quel primo ottobre. Aveva terminato di
caricare il baule sul carro insieme ai suoi attrezzi e ad una sacca coi suoi
abiti. Amleto avrebbe faticato a trascinare tutto quel peso ma era ancora un
cavallo forte.
Gastone salì
a cassetta e si allontanò dalla casa prima di fermare il cavallo. Tornò
indietro e appiccò il fuoco, aspettò che attecchisse e ritornò al carro. Amleto
con uno sforzo diede uno strappo e si allontanarono verso un altro destino,
mentre Rufus gli faceva compagnia sul carro.
Teneva le
briglie con destrezza e Amleto rispondeva anche al più piccolo tocco del suo
padrone. Gastone sapeva dove si trovava Margherita, ci avrebbe impiegato
qualche giorno, di preciso non lo sapeva nemmeno lui. Durante il viaggio aveva
tempo di pensare a quello che aveva fatto nei due anni precedenti. Da solo
aveva sgominato una setta che da anni uccideva indisturbata giovani ragazze. Si
chiese come sarebbe stata ora la vita degli abitanti di quei posti senza i
“signori” ricchi e potenti a dare loro degli ordini, ora che la terra sarebbe
stata avvelenata ancora per anni a venire. Tutto questo non lo turbava. Se non si
fossero adagiati nella loro quiete fasulla molte ragazze non sarebbero morte e
altrettante famiglie non avrebbero sofferto così tanto. Una stretta al cuore
gli ricordò sua figlia, sua moglie, Cincia e anche il priore, anche con lui
aveva una promessa da mantenere e lui era un uomo di parola.
L’inverno si
stava avvicinando e da quelle parti sapeva essere molto rigido, per questo lui
voleva passare un po’ di tempo con Margherita prima di compiere l’atto finale
del suo progetto, e poi, chissà magari finire anche la sua vita insieme a lei,
se mai avesse avuto la pazienza di aspettarlo fino alla fine.
Era il
quarto giorno che era in viaggio e in lontananza si vedeva alzarsi il fumo di
vari camini. Il paesaggio era davvero molto bello, una grande pianura
contornata da alte montagne con le cime già innevate. Era parecchio lontano
dalla sua meta finale, ma desiderava tanto potersi fermare e farsi coccolare,
era stanco, una stanchezza che gli prendeva la mente più che il corpo.
Amleto ci
mise poco a raggiungere la periferia di quel paese. C’era una unica strada e
tanti sentieri che si diramavano verso piccoli gruppi di case. Era solo
l’inizio di ottobre ma lì faceva già molto freddo. Fermò il carro davanti alla
taverna ed entrò per riscaldarsi e bere qualcosa.
Dietro il
bancone una bella donna non più giovanissima dal sorriso accattivante gli servì
birra e pane fresco. Non si vedevano molti forestieri da quelle parti e lei si
incuriosì. “E’ di passaggio, signore?” Gli chiese.
Gastone le
sorrise. “Cerco una persona e forse mi può aiutare. Si chiama Margherita e si è
trasferita qui da poco.” Non aggiunse altri particolari, non era nel suo stile.
“La conosco
di vista, è vero, è arrivata qui da poco tempo e conduce una vita ritirata, ha
comprato la casa del vecchio Nando, prenda il terzo sentiero sulla sinistra, la
sua è proprio l’ultima casa.” Gli rispose gentile.
Gastone finì
la sua birra, pagò il conto, ringraziò e uscì. Ora che era molto vicino sentiva
il cuore battergli veloce, e se lei non lo avesse voluto? Scacciò il pensiero e
raggiunse il terzo sentiero che imboccò senza indugiare oltre. Non ci volle
molto per arrivare all’ultima casupola. Dal camino usciva il fumo e lui fermò
Amleto. Si fermò ad osservare il piccolo giardino recintato davanti alla casa,
avrebbe avuto bisogno di manutenzione. Il portico davanti alla porta era simile
a tutti quelli delle altre case, era una fila di abitazioni di una decina di
casupole poco distanti l’una dall’altra. Qualcuna aveva un granaio, altre un
orto, altre una stalla, ma quella di Margherita era semplicemente circondata da
un giardino e da un orto dietro casa.
Era
pomeriggio inoltrato e presto sarebbe sceso il buio. Il fiato già si
condensava. Scese da cassetta e andò a bussare. Non ci volle molto prima che
Margherita venisse ad aprire. Spalancò gli occhi meravigliata e una grande
felicità le invase il cuore. Non riusciva a parlare.
“Posso entrare, signora?” Le chiese gentilmente.
Rufus
scodinzolava felice e lei lo accarezzò.
Gli spalancò
la porta. Un buon profumo di dolce si spandeva in tutta la casa. La donna
rimase solo un attimo incerta, poi con gli occhi pieni di lacrime si buttò fra
le braccia dell’uomo che ancora amava con tutta se stessa.
Gastone se
la strinse al cuore e le accarezzava i capelli. Si baciarono e ritrovarono la
passione che fra di loro c’era sempre stata.
“Sei
venuto.” Ripeteva come se fosse stato un desiderio che si realizzava.
“Devo
sistemare carro e cavallo, come posso fare?” Ci volle solo un’ora per scaricare
il baule e portare cavallo e carro da un vicino che li poteva accogliere.
Mentre
cenavano, Gastone le raccontò di Cincia.
“Rimarrai
con me, Gastone?” Gli chiese speranzosa.
“Non ti ho
mai mentito, rimarrò con te, se tu vorrai per un po’ di tempo. Sono stanco e ho
bisogno di te, Margherita, ma ho ancora alcune cose in sospeso e, se avrai
pazienza ti giuro che poi tutto sarà diverso e conoscerai parecchie cose che mi
riguardano. Arriverà il momento che il mio cuore sarà libero e allora potremo
formare una vera famiglia, ma non ora.” Le disse col cuore in mano.
“Ormai lo
hai capito che ti amo, così come sono sicura che anche tu provi lo stesso per
me. Aspetterò che tu sia pronto a dirmelo e, nel frattempo la mia casa è la tua
casa, fino a quando vorrai.” Gli volò fra le braccia e raggiunsero la camera da
letto dando sfogo al loro amore e alla loro passione, mentre Rufus si era
disteso davanti al camino.
Iniziarono
la loro vita insieme. Margherita era felice come non lo era mai stata e Gastone
si stava rilassando dopo i due anni pieni di tensioni.
La neve
iniziò a cadere già dai primi di novembre e loro si godevano quelle giornate in
casa, facendo l’amore e mangiando davanti al fuoco.
Furono i
mesi più belli che Margherita conobbe e anche Gastone era felice, anche se
spesso lei notava il suo sguardo perso chissà dove.
L’inverno
aveva lasciato il posto alla primavera. Gastone e Margherita erano seduti a
tavola a fare colazione. L’uomo la guardava, quei mesi erano stati meravigliosi
e sul viso della donna c’era sempre un’espressione felice.
“Si avvicina
il tempo in cui te ne andrai?” Gli chiese.
“Non ancora,
ma arriverà. Ti prometto che prima del prossimo inverno tutto sarà finito ed io
sarò finalmente libero dai lacci che tengono ingarbugliato il mio cuore. Mi
aspetterai, Margherita?” Le rispose.
“Sarò qui,
so che tornerai.”
Ripresero la
loro vita mentre la primavera lasciava il posto all’estate e la vita di quel
villaggio prendeva vita così come le farfalle variopinte che svolazzavano
numerose.
Mentre
Gastone si godeva il suo riposo e l’amore di Margherita, nella tenuta della
contessa le cose erano ben diverse. La contessa Scarioli era su tutte le furie,
Domenico non era più tornato e il non sapere cosa fosse successo la mandava in
delirio. Da psicopatica quale era doveva tenere tutto sotto controllo. Sua
sorella Carmela era tornata ed era felice di aver rivisto sua figlia Mariuccia
che ora aveva quindici anni. Mariuccia chiamava mamma sua zia, non aveva mai
saputo di chi fosse figlia veramente. C’era solo un anno di differenza fra le
due sorelle ed erano diverse come di più non si poteva, tanto era autoritaria e
dura Giulia Rosa, che era la più giovane, tanto era timida e remissiva Carmela.
L’odio di Giulia Rosa verso sua sorella scoppiò quando scoprì che quella era
incinta, non accettava il fatto che sua sorella, molto bella e tranquilla
avesse avuto un amore e lei no. Non le fu difficile estorcerle il nome
dell’uomo, era un giovanotto del posto e avrebbe desiderato sposare Carmela ma
non arrivò in tempo. Giulia Rosa gli diede appuntamento in un posto appartato,
lo sedusse e, mentre quello si rimetteva le braghe, nel momento in cui stava in
equilibrio su una gamba gli diede una spinta e lo buttò nel pozzo dei mille
tagli. Il ragazzo non ebbe nemmeno il tempo di urlare. Giulia Rosa ricoprì il
pozzo, raccolse la sua giacca e raggiunse la sorella. “Prendi, questo è tutto
ciò che avrai da lui e quando partorirari, se vuoi che tua figlia viva te ne
andrai ed eseguirai i miei ordini, oppure tu e la tua bastarda raggiungerete il
tuo caro amante.” Carmela era terrorizzata da sua sorella, nessuno la conosceva
bene come lei, piangeva e si disperava ma lo sguardo di sua sorella non lasciava
adito a niente di buono e, per amore del figlio che portava in grembo giurò di
esserle fedele.
La contessa
aveva sguinzagliato anche altri uomini fidati in cerca di Domenico e non erano
ancora tornati dopo più di un mese di ricerche, sarebbero tornati presto e
sapeva già da ora che non avrebbero portato buone notizie.
Era chiusa
nel suo studio e controllava il registro dei conti della sua proprietà e della
setta. Lei era una donna ricchissima, ed ora che non esisteva più nemmeno un
cavaliere era la padrona anche di tutte le ricchezze che negli anni erano state
accumulate e che solo lei sapeva dov’erano.
Si chiedeva
continuamente com’erano potuti succedere tutti quei fatti. Chi poteva essere
stato a distruggere quello che i suoi avi avevano impiegato decine di anni a
creare e portare avanti? In quanti erano? Era forse una setta sorta per portare
via il suo posto? Nel suo delirio non riusciva ad ammettere che potessero essere
stati scoperti senza che qualcuno dei cavalieri che aveva giurato col sangue
avesse tradito ma, ora, chiunque fosse stato era morto e sepolto. Tamburellava
sul registro mentre altri pensieri la assillavano. E se qualcuno di loro avesse
parlato con un figlio, la moglie o qualcuna delle puttane che aveva sempre
messo a loro disposizione? C’erano troppe variabili e non poteva far fuori
tutti quanti i sospettati. Battè il pugno sul tavolo mentre il suo viso si
colorava di porpora e la rabbia la divorava dall’interno. La distruggeva il non
sapere, lei che aveva sempre saputo ogni cosa che riguardasse i cavalieri,
interrogava perfino le puttane e i ragazzini con i quali si sollazzavano ma non
aveva mai avuto nessun sospetto. Dove aveva sbagliato? Cosa le era sfuggito?
Cosa doveva fare ora?
L’inverno
era alle porte e la devastava non poter più praticare il sacrificio delle
vergini. Era l’anno del doppio sacrificio e nel suo delirio di onnipotenza
decise che lo avrebbe praticato lo stesso.
Chiamò sua
sorella e le diede ordine di preparare una stanza nei sotterranei del loro
palazzo.
Aspettò che
tornassero gli uomini che aveva mandato a cercare Domenico e, pagandoli
profumatamente chiese loro di portarle due ragazze vergini. Se voleva salvare
le sue ricchezze doveva portare avanti la tradizione. Al plenilunio di dicembre
avrebbe tenuto il rito.
Carmela era
disperata ma non sapeva come sottrarsi. Sua sorella era stata chiara: o lei
faceva quello che le chiedeva o sul tavolo del sacrificio sarebbe finita lei e
sua figlia.
Con la morte
nel cuore preparò quanto richiesto. Dicembre era iniziato e gli uomini non
erano ancora tornati con le ragazze, e mai sarebbe successo. La contessa non lo
avrebbe mai scoperto ma, quegli uomini presero il denaro e sparirono ognuno per
la propria strada. Si erano accordati per scappare, avevano visto cosa era
successo agli uomini, alle loro famiglie e alle loro proprietà mentre
ispezionavano e interrogavano la gente in cerca di Domenico. C’era una
maledizione e loro non la volevano subire.
Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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