martedì 18 agosto 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA


IL SEGRETO DELLA LUNA

parte sessantanove






Il camino era acceso e le fiamme danzavano mentre lui era lì ad osservarle e ad osservare quel libro che non aveva ancora avuto voglia di aprire. Avrebbe potuto conoscere tutto di quella setta, ma ora non gli interessava più. Li maledisse tutti ancora una volta e con rabbia strappò le pagine e, con gli occhi pieni di lacrime le gettò sul fuoco. La copertina era di pelle molto vecchia e ci mise parecchio tempo a consumarsi, ma alla fine non rimase nemmeno la cenere. Gastone si asciugò gli occhi, domani sarebbe partito e avrebbe dato fuoco alla casa.
Non riuscì a dormire, l’alba non era ancora sorta su quel primo ottobre. Aveva terminato di caricare il baule sul carro insieme ai suoi attrezzi e ad una sacca coi suoi abiti. Amleto avrebbe faticato a trascinare tutto quel peso ma era ancora un cavallo forte.
Gastone salì a cassetta e si allontanò dalla casa prima di fermare il cavallo. Tornò indietro e appiccò il fuoco, aspettò che attecchisse e ritornò al carro. Amleto con uno sforzo diede uno strappo e si allontanarono verso un altro destino, mentre Rufus gli faceva compagnia sul carro.
Teneva le briglie con destrezza e Amleto rispondeva anche al più piccolo tocco del suo padrone. Gastone sapeva dove si trovava Margherita, ci avrebbe impiegato qualche giorno, di preciso non lo sapeva nemmeno lui. Durante il viaggio aveva tempo di pensare a quello che aveva fatto nei due anni precedenti. Da solo aveva sgominato una setta che da anni uccideva indisturbata giovani ragazze. Si chiese come sarebbe stata ora la vita degli abitanti di quei posti senza i “signori” ricchi e potenti a dare loro degli ordini, ora che la terra sarebbe stata avvelenata ancora per anni a venire. Tutto questo non lo turbava. Se non si fossero adagiati nella loro quiete fasulla molte ragazze non sarebbero morte e altrettante famiglie non avrebbero sofferto così tanto. Una stretta al cuore gli ricordò sua figlia, sua moglie, Cincia e anche il priore, anche con lui aveva una promessa da mantenere e lui era un uomo di parola.
L’inverno si stava avvicinando e da quelle parti sapeva essere molto rigido, per questo lui voleva passare un po’ di tempo con Margherita prima di compiere l’atto finale del suo progetto, e poi, chissà magari finire anche la sua vita insieme a lei, se mai avesse avuto la pazienza di aspettarlo fino alla fine.
Era il quarto giorno che era in viaggio e in lontananza si vedeva alzarsi il fumo di vari camini. Il paesaggio era davvero molto bello, una grande pianura contornata da alte montagne con le cime già innevate. Era parecchio lontano dalla sua meta finale, ma desiderava tanto potersi fermare e farsi coccolare, era stanco, una stanchezza che gli prendeva la mente più che il corpo.
Amleto ci mise poco a raggiungere la periferia di quel paese. C’era una unica strada e tanti sentieri che si diramavano verso piccoli gruppi di case. Era solo l’inizio di ottobre ma lì faceva già molto freddo. Fermò il carro davanti alla taverna ed entrò per riscaldarsi e bere qualcosa.
Dietro il bancone una bella donna non più giovanissima dal sorriso accattivante gli servì birra e pane fresco. Non si vedevano molti forestieri da quelle parti e lei si incuriosì. “E’ di passaggio, signore?” Gli chiese.
Gastone le sorrise. “Cerco una persona e forse mi può aiutare. Si chiama Margherita e si è trasferita qui da poco.” Non aggiunse altri particolari, non era nel suo stile.
“La conosco di vista, è vero, è arrivata qui da poco tempo e conduce una vita ritirata, ha comprato la casa del vecchio Nando, prenda il terzo sentiero sulla sinistra, la sua è proprio l’ultima casa.” Gli rispose gentile.
Gastone finì la sua birra, pagò il conto, ringraziò e uscì. Ora che era molto vicino sentiva il cuore battergli veloce, e se lei non lo avesse voluto? Scacciò il pensiero e raggiunse il terzo sentiero che imboccò senza indugiare oltre. Non ci volle molto per arrivare all’ultima casupola. Dal camino usciva il fumo e lui fermò Amleto. Si fermò ad osservare il piccolo giardino recintato davanti alla casa, avrebbe avuto bisogno di manutenzione. Il portico davanti alla porta era simile a tutti quelli delle altre case, era una fila di abitazioni di una decina di casupole poco distanti l’una dall’altra. Qualcuna aveva un granaio, altre un orto, altre una stalla, ma quella di Margherita era semplicemente circondata da un giardino e da un orto dietro casa.
Era pomeriggio inoltrato e presto sarebbe sceso il buio. Il fiato già si condensava. Scese da cassetta e andò a bussare. Non ci volle molto prima che Margherita venisse ad aprire. Spalancò gli occhi meravigliata e una grande felicità le invase il cuore. Non riusciva a parlare.
“Posso entrare, signora?” Le chiese gentilmente.                                             
Rufus scodinzolava felice e lei lo accarezzò.
Gli spalancò la porta. Un buon profumo di dolce si spandeva in tutta la casa. La donna rimase solo un attimo incerta, poi con gli occhi pieni di lacrime si buttò fra le braccia dell’uomo che ancora amava con tutta se stessa.
Gastone se la strinse al cuore e le accarezzava i capelli. Si baciarono e ritrovarono la passione che fra di loro c’era sempre stata.
“Sei venuto.” Ripeteva come se fosse stato un desiderio che si realizzava.
“Devo sistemare carro e cavallo, come posso fare?” Ci volle solo un’ora per scaricare il baule e portare cavallo e carro da un vicino che li poteva accogliere.
Mentre cenavano, Gastone le raccontò di Cincia.
“Rimarrai con me, Gastone?” Gli chiese speranzosa.
“Non ti ho mai mentito, rimarrò con te, se tu vorrai per un po’ di tempo. Sono stanco e ho bisogno di te, Margherita, ma ho ancora alcune cose in sospeso e, se avrai pazienza ti giuro che poi tutto sarà diverso e conoscerai parecchie cose che mi riguardano. Arriverà il momento che il mio cuore sarà libero e allora potremo formare una vera famiglia, ma non ora.” Le disse col cuore in mano.
“Ormai lo hai capito che ti amo, così come sono sicura che anche tu provi lo stesso per me. Aspetterò che tu sia pronto a dirmelo e, nel frattempo la mia casa è la tua casa, fino a quando vorrai.” Gli volò fra le braccia e raggiunsero la camera da letto dando sfogo al loro amore e alla loro passione, mentre Rufus si era disteso davanti al camino.
Iniziarono la loro vita insieme. Margherita era felice come non lo era mai stata e Gastone si stava rilassando dopo i due anni pieni di tensioni.
La neve iniziò a cadere già dai primi di novembre e loro si godevano quelle giornate in casa, facendo l’amore e mangiando davanti al fuoco.
Furono i mesi più belli che Margherita conobbe e anche Gastone era felice, anche se spesso lei notava il suo sguardo perso chissà dove.
L’inverno aveva lasciato il posto alla primavera. Gastone e Margherita erano seduti a tavola a fare colazione. L’uomo la guardava, quei mesi erano stati meravigliosi e sul viso della donna c’era sempre un’espressione felice.
“Si avvicina il tempo in cui te ne andrai?” Gli chiese.
“Non ancora, ma arriverà. Ti prometto che prima del prossimo inverno tutto sarà finito ed io sarò finalmente libero dai lacci che tengono ingarbugliato il mio cuore. Mi aspetterai, Margherita?” Le rispose.
“Sarò qui, so che tornerai.”
Ripresero la loro vita mentre la primavera lasciava il posto all’estate e la vita di quel villaggio prendeva vita così come le farfalle variopinte che svolazzavano numerose.
Mentre Gastone si godeva il suo riposo e l’amore di Margherita, nella tenuta della contessa le cose erano ben diverse. La contessa Scarioli era su tutte le furie, Domenico non era più tornato e il non sapere cosa fosse successo la mandava in delirio. Da psicopatica quale era doveva tenere tutto sotto controllo. Sua sorella Carmela era tornata ed era felice di aver rivisto sua figlia Mariuccia che ora aveva quindici anni. Mariuccia chiamava mamma sua zia, non aveva mai saputo di chi fosse figlia veramente. C’era solo un anno di differenza fra le due sorelle ed erano diverse come di più non si poteva, tanto era autoritaria e dura Giulia Rosa, che era la più giovane, tanto era timida e remissiva Carmela. L’odio di Giulia Rosa verso sua sorella scoppiò quando scoprì che quella era incinta, non accettava il fatto che sua sorella, molto bella e tranquilla avesse avuto un amore e lei no. Non le fu difficile estorcerle il nome dell’uomo, era un giovanotto del posto e avrebbe desiderato sposare Carmela ma non arrivò in tempo. Giulia Rosa gli diede appuntamento in un posto appartato, lo sedusse e, mentre quello si rimetteva le braghe, nel momento in cui stava in equilibrio su una gamba gli diede una spinta e lo buttò nel pozzo dei mille tagli. Il ragazzo non ebbe nemmeno il tempo di urlare. Giulia Rosa ricoprì il pozzo, raccolse la sua giacca e raggiunse la sorella. “Prendi, questo è tutto ciò che avrai da lui e quando partorirari, se vuoi che tua figlia viva te ne andrai ed eseguirai i miei ordini, oppure tu e la tua bastarda raggiungerete il tuo caro amante.” Carmela era terrorizzata da sua sorella, nessuno la conosceva bene come lei, piangeva e si disperava ma lo sguardo di sua sorella non lasciava adito a niente di buono e, per amore del figlio che portava in grembo giurò di esserle fedele.
La contessa aveva sguinzagliato anche altri uomini fidati in cerca di Domenico e non erano ancora tornati dopo più di un mese di ricerche, sarebbero tornati presto e sapeva già da ora che non avrebbero portato buone notizie.
Era chiusa nel suo studio e controllava il registro dei conti della sua proprietà e della setta. Lei era una donna ricchissima, ed ora che non esisteva più nemmeno un cavaliere era la padrona anche di tutte le ricchezze che negli anni erano state accumulate e che solo lei sapeva dov’erano.
Si chiedeva continuamente com’erano potuti succedere tutti quei fatti. Chi poteva essere stato a distruggere quello che i suoi avi avevano impiegato decine di anni a creare e portare avanti? In quanti erano? Era forse una setta sorta per portare via il suo posto? Nel suo delirio non riusciva ad ammettere che potessero essere stati scoperti senza che qualcuno dei cavalieri che aveva giurato col sangue avesse tradito ma, ora, chiunque fosse stato era morto e sepolto. Tamburellava sul registro mentre altri pensieri la assillavano. E se qualcuno di loro avesse parlato con un figlio, la moglie o qualcuna delle puttane che aveva sempre messo a loro disposizione? C’erano troppe variabili e non poteva far fuori tutti quanti i sospettati. Battè il pugno sul tavolo mentre il suo viso si colorava di porpora e la rabbia la divorava dall’interno. La distruggeva il non sapere, lei che aveva sempre saputo ogni cosa che riguardasse i cavalieri, interrogava perfino le puttane e i ragazzini con i quali si sollazzavano ma non aveva mai avuto nessun sospetto. Dove aveva sbagliato? Cosa le era sfuggito? Cosa doveva fare ora?
L’inverno era alle porte e la devastava non poter più praticare il sacrificio delle vergini. Era l’anno del doppio sacrificio e nel suo delirio di onnipotenza decise che lo avrebbe praticato lo stesso.
Chiamò sua sorella e le diede ordine di preparare una stanza nei sotterranei del loro palazzo.
Aspettò che tornassero gli uomini che aveva mandato a cercare Domenico e, pagandoli profumatamente chiese loro di portarle due ragazze vergini. Se voleva salvare le sue ricchezze doveva portare avanti la tradizione. Al plenilunio di dicembre avrebbe tenuto il rito.
Carmela era disperata ma non sapeva come sottrarsi. Sua sorella era stata chiara: o lei faceva quello che le chiedeva o sul tavolo del sacrificio sarebbe finita lei e sua figlia.
Con la morte nel cuore preparò quanto richiesto. Dicembre era iniziato e gli uomini non erano ancora tornati con le ragazze, e mai sarebbe successo. La contessa non lo avrebbe mai scoperto ma, quegli uomini presero il denaro e sparirono ognuno per la propria strada. Si erano accordati per scappare, avevano visto cosa era successo agli uomini, alle loro famiglie e alle loro proprietà mentre ispezionavano e interrogavano la gente in cerca di Domenico. C’era una maledizione e loro non la volevano subire.


Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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