lunedì 3 agosto 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA


IL SEGRETO DELLA LUNA

parte cinquantanove/bis






Erano tutti stanchi e Morietti fece portare da mangiare e da bere per tutti. Li ringraziò uno ad uno e strinse loro la mano. Li lasciò liberi dalle incombenze giornaliere per riposarsi, erano molto provati ma felici di aver salvato il possibile.
Anche Gastone era esausto. Ringraziò Morietti per la colazione e prima di andarsene gli disse: “Ho visto tracce di tre cavalli fuori dalla sua tenuta mentre ispezionavo il lato dietro la muraglia, volevo solo farglielo sapere.” E se ne andò a casa a riposare.
Era primo pomeriggio e il pranzo era in tavola. Gastone si svegliò e vide le due donne immerse in conversazione. Si girarono quando lo sentirono alzarsi e Margherita corse ad abbracciarlo.
“Vieni a mangiare, poi ci racconterai. Sei talmente stanco che oggi è meglio se rimani a casa.”
L’uomo si sedette a tavola e, insieme mangiarono. Sapeva che le donne erano curiose ma aspettarono che terminasse il pasto.
Margherita sparecchiò velocemente e si sedettero con un bicchiere di birra fresca.
“Cosa è successo?” Gli chiese la vecchia.
“Ha preso fuoco il fienile di Morietti, poi le fiamme si sono allargate ma non hanno fatto ulteriori danni. Già c’erano pochi animali, il resto è tutto riparabile. E’ stato fortunato, c’erano tante persone ad aiutare, meglio se oggi torno a vedere se ha bisogno di una mano, altrimenti riprendo il mio lavoro.”
“Pensi che qualcuno abbia dato fuoco di proposito?” Gli chiese la giovane.
“Non lo so di sicuro ma… quando ho ispezionato il perimetro più esposto ho notato le orme di tre cavalli. L’ho già riferito a Morietti. Ora vado. Stasera passo a riprendere il calesse, rimani con Cincia e tenete gli occhi aperti, ci sono in giro persone poco raccomandabili.”
Diede un leggero bacio a Margherita e uscì con Rufus alle calcagna.
Come entrò nella proprietà di Morietti tre guardiani lo raggiunsero.
“Vorrei solo sapere se il vostro padrone ha ancora bisogno di me, altrimenti continuo il mio lavoro.”
Uno di loro partì verso la residenza a portare il messaggio mentre gli altri due rimanevano con lui.
Ci vollero solo pochi minuti, poi fu scortato da Morietti.
Era desolante vedere i danni alla luce del giorno. I suoi occhi attenti si resero conto che non erano danni irrecuperabili e fu colto da un lampo, un dubbio gli si insinuò nella mente: e se fosse stata opera di Costantino stesso?
Non ebbe tempo di pensare altro perché Morietti gli venne incontro. Si vedeva che era molto provato.
“Hai fatto bene a venire, volevo ringraziarti. Sei stato molto esperto nell’aiutare e nel prendere in mano la situazione, senza il tuo intervento ho paura che avrei perso molto di più. Vieni ti devo parlare.”
Gastone lo seguì nel piccolo ufficio che aveva vicino alle stalle, non lo avrebbe mai fatto entrare in casa sua. Si sedettero e il padrone di casa versò due bicchieri di vino. Il sole di luglio bruciava, faceva molto caldo.
“Vorrei sapere di più delle tracce che hai visto.” Gli disse senza preamboli.
“Se viene con me gliele mostro.” E si alzarono.
Tre guardiani li seguivano a debita distanza, nemmeno dentro le mura della sua residenza si sentiva sicuro, Gastone pensò che doveva esserci sotto qualcosa di molto più pericoloso di quello che sospettava.
Arrivarono al limitare della proprietà. C’era una muraglia alta e un piccolo portone chiuso con il catenaccio che, stranamente era divelto e buttato a terra. Gastone passò dall’apertura e mostrò a Costantino le tracce che aveva visto. Erano poco visibili e soltanto un occhio esperto come il suo poteva averle notate.
Restarono in silenzio intanto che Morietti osservava, poi tornarono indietro.
“Vorrei ripagarti per l’opera che mi hai dato. Posò sul tavolo una borsa e gliela diede.
Gastone la osservava mentre il suo cervello andava a mille.
“Mi hanno insegnato che non si accettano ricompense per l’aiuto che si dà alle persone in difficoltà. Io non ho bisogno di altro che del mio lavoro e, se avesse bisogno di qualcosa in più basta che me lo chieda e che sia autorizzato. La ringrazio per la generosità ma non posso accettare.”
Costantino Morietti guardava quell’uomo così enigmatico e fiero, aveva capito che si trattava di un uomo di sani principi e di cui ci si poteva fidare.
“Non hai altro da dirmi? Qualcosa che hai notato? Ho bisogno di trovare il responsabile di questo o sapere che è stato casuale.”
Gastone aprì la bisaccia e gli consegnò le due candele nere mezze consumate. “Le ho trovate fuori dal fienile, insieme a questo.” E gli diede una ciocca di capelli rossi intrecciata con un nastro blu.
Costantino Morietti sbiancò e dovette sedersi per non cadere.
“Io non so cosa siano. Le ho nascoste perché non volevo che nessun altro, oltre a lei ne venisse in possesso.”
Morietti stentava a riprendere colore. Osservava quegli oggetti e non si capacitava. Si riprese solo per lasciare in libertà Gastone dicendogli che gli avrebbe fatto sapere in caso avesse avuto bisogno dei suoi servigi.
Due guardiani lo scortarono fuori dalla proprietà.
Sapeva che presto si sarebbero riuniti alla baita del marchese e non vedeva l’ora di ascoltarne i discorsi.
Anche quella lunga giornata giunse al termine. Gastone si stava rinfrescando alla pompa prima di entrare a cena con le due donne.

Capitolo ventisette

Da quando Margherita veniva ogni giorno anche Cincia era più allegra.
Entrò e la giovane lo salutò con un abbraccio e un bacio. Un profumino di pesce grigliato invadeva la stanza, sulla tavola varie verdure fresche e pane cotto nel forno a legna che lui stesso aveva rimesso a nuovo fuori dietro la casa. Un bel cesto di frutta e acqua fresca, birra e vino. Si sedettero e mangiarono in allegria.
Margherita stava sparecchiando e sistemando prima di essere riaccompagnata a casa sua, aveva capito che, per qualche misterioso motivo, Gastone non aveva piacere che lei rimanesse per la notte. Un po’ le dispiaceva ma non poteva imporsi, aveva paura di perdere del tutto quell’uomo che lei amava alla follia, ben sapendo di non essere ricambiata in modo simile.
Gastone e Cincia erano seduti e la vecchia aspettava che quello le dicesse qualcosa, non sarebbe certo stata lei a fare domande.
“Che ne sai di candele nere?” Buttò lì l’uomo.
Cincia spalancò gli occhi, di certo non si aspettava una domanda del genere.
“Le ho trovate vicine all’incendio, ma non possono averlo provocato, erano ancora integre e messe in una posizione dove non potevano fare danni.” Anche Margherita ascoltava incuriosita.
La mente di Cincia sembrava lavorare all’impazzata. Era vecchia e ne aveva viste di tutti i colori, compreso le candele nere, sì sapeva qualcosa.
“Una volta mi è capitato di assistere ad un rito pagano in cui venivano usate le candele nere.” Era restia a parlare.
“Qualunque cosa tu abbia fatto non mi importa proprio, voglio solo sapere cosa significano.”
“Mia nonna mi portò in una grotta vicino al fiume, credo che esista tutt’ora. Io ero piccola e mi chiese di stare seduta su un grande masso e di restare immobile. Posizionò intorno a me varie candele nere e le accese. Io dovevo stare immobile o potevo spegnerle o scottarmi. Prese un piccolo libricino e iniziò a leggerlo. Io non capivo bene cosa dicesse ma continuò fino a che le candele non si furono consumate a metà. A quel punto mi sollevò di peso, mi baciò in fronte ed uscimmo lasciando che finissero di consumarsi. Io non capii cosa avesse fatto mia nonna ma, dopo pochi giorni la cascina dell’uomo che l’aveva respinta in moglie prese fuoco e lui rimase ustionato e non poté più uscire senza avere il viso coperto, le ustioni lo avevano trasformato in un mostro. Non ho mai chiesto chiarimenti a mia nonna ma, da quel giorno sembrava più contenta.”
“Vuoi dire che è un rito da streghe?” Esclamò Gastone.
“Mia nonna non era certamente una strega, io non so proprio spiegarlo, ma così avvenne.”
“Hai ancora il libricino?”
“No, io non l’ho mai più rivisto.”
“Di sicuro è stato qualcuno che ha dei conti in sospeso con Morietti.” Si intromise Margherita.
“Certo che da quando girano nel paese quei tre investigatori, ne accadono di cose strane!” Rimarcò l’uomo.
Margherita aveva terminato di rassettare e, con Gastone uscì dopo aver salutato la vecchia.
“Credi che tutto questo c’entri anche con la sparizione del fabbro e del sacrestano?” Domandò Margherita.
“Mah! Io non so che pensare. Da un po’ di tempo non mi sento tranquillo. Chiudi bene porte e finestre quando sei in casa e tieni il pugnale sotto il guanciale o sempre a disposizione. Usalo in caso di pericolo e non farti tanti scrupoli. Stasera sono troppo stanco per fermarmi, ci vediamo domani sera. Sono contento che tu e Cincia stiate insieme ed io sono più tranquillo.” Abbracciò e baciò la donna, volse il calesse e tornò a casa, era davvero molto stanco e non vedeva l’ora di riposare e dormire per una notte intera.
Cincia si era già coricata e altrettanto fece Gastone con Rufus che già ronfava ai piedi del sofà.
Gastone, in sella ad Amleto stava osservando il paesaggio. Era molto cambiato da quando era arrivato: i campi che in quel periodo dovevano essere pronti per la mietitura erano desolatamente aridi e senza frutti, le viti non erano nemmeno riuscite a far sbocciare le grandi foglie e i pampini, animali al pascolo ce n’erano pochi e anche il latte era rarissimo, inoltre nessuno si azzardava a berlo o trasformarlo in formaggio dopo che molte persone, soprattutto bambini si erano ammalati per averlo bevuto. Molti uomini, invece di stare al lavoro nei campi erano tristemente seduti davanti a casa con mille pensieri foschi per la testa. Molti di loro avevano iniziato a fare bracconaggio, avevano fame e non sapevano cosa mangiare, tanti pescavano, altri avevano animali da cortile che sorvegliavano giorno e notte, era davvero un brutto vedere.


Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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