IL SEGRETO DELLA LUNA
parte cinquantanove/bis
Erano tutti
stanchi e Morietti fece portare da mangiare e da bere per tutti. Li ringraziò
uno ad uno e strinse loro la mano. Li lasciò liberi dalle incombenze giornaliere
per riposarsi, erano molto provati ma felici di aver salvato il possibile.
Anche
Gastone era esausto. Ringraziò Morietti per la colazione e prima di andarsene
gli disse: “Ho visto tracce di tre cavalli fuori dalla sua tenuta mentre
ispezionavo il lato dietro la muraglia, volevo solo farglielo sapere.” E se ne
andò a casa a riposare.
Era primo
pomeriggio e il pranzo era in tavola. Gastone si svegliò e vide le due donne
immerse in conversazione. Si girarono quando lo sentirono alzarsi e Margherita
corse ad abbracciarlo.
“Vieni a
mangiare, poi ci racconterai. Sei talmente stanco che oggi è meglio se rimani a
casa.”
L’uomo si
sedette a tavola e, insieme mangiarono. Sapeva che le donne erano curiose ma
aspettarono che terminasse il pasto.
Margherita
sparecchiò velocemente e si sedettero con un bicchiere di birra fresca.
“Cosa è
successo?” Gli chiese la vecchia.
“Ha preso
fuoco il fienile di Morietti, poi le fiamme si sono allargate ma non hanno
fatto ulteriori danni. Già c’erano pochi animali, il resto è tutto riparabile.
E’ stato fortunato, c’erano tante persone ad aiutare, meglio se oggi torno a
vedere se ha bisogno di una mano, altrimenti riprendo il mio lavoro.”
“Pensi che
qualcuno abbia dato fuoco di proposito?” Gli chiese la giovane.
“Non lo so
di sicuro ma… quando ho ispezionato il perimetro più esposto ho notato le orme
di tre cavalli. L’ho già riferito a Morietti. Ora vado. Stasera passo a
riprendere il calesse, rimani con Cincia e tenete gli occhi aperti, ci sono in
giro persone poco raccomandabili.”
Diede un
leggero bacio a Margherita e uscì con Rufus alle calcagna.
Come entrò
nella proprietà di Morietti tre guardiani lo raggiunsero.
“Vorrei solo
sapere se il vostro padrone ha ancora bisogno di me, altrimenti continuo il mio
lavoro.”
Uno di loro
partì verso la residenza a portare il messaggio mentre gli altri due rimanevano
con lui.
Ci vollero
solo pochi minuti, poi fu scortato da Morietti.
Era
desolante vedere i danni alla luce del giorno. I suoi occhi attenti si resero
conto che non erano danni irrecuperabili e fu colto da un lampo, un dubbio gli
si insinuò nella mente: e se fosse stata
opera di Costantino stesso?
Non ebbe
tempo di pensare altro perché Morietti gli venne incontro. Si vedeva che era
molto provato.
“Hai fatto
bene a venire, volevo ringraziarti. Sei stato molto esperto nell’aiutare e nel
prendere in mano la situazione, senza il tuo intervento ho paura che avrei
perso molto di più. Vieni ti devo parlare.”
Gastone lo
seguì nel piccolo ufficio che aveva vicino alle stalle, non lo avrebbe mai
fatto entrare in casa sua. Si sedettero e il padrone di casa versò due
bicchieri di vino. Il sole di luglio bruciava, faceva molto caldo.
“Vorrei
sapere di più delle tracce che hai visto.” Gli disse senza preamboli.
“Se viene
con me gliele mostro.” E si alzarono.
Tre
guardiani li seguivano a debita distanza, nemmeno dentro le mura della sua
residenza si sentiva sicuro, Gastone pensò che doveva esserci sotto qualcosa di
molto più pericoloso di quello che sospettava.
Arrivarono
al limitare della proprietà. C’era una muraglia alta e un piccolo portone
chiuso con il catenaccio che, stranamente era divelto e buttato a terra.
Gastone passò dall’apertura e mostrò a Costantino le tracce che aveva visto.
Erano poco visibili e soltanto un occhio esperto come il suo poteva averle
notate.
Restarono in
silenzio intanto che Morietti osservava, poi tornarono indietro.
“Vorrei
ripagarti per l’opera che mi hai dato. Posò sul tavolo una borsa e gliela
diede.
Gastone la
osservava mentre il suo cervello andava a mille.
“Mi hanno
insegnato che non si accettano ricompense per l’aiuto che si dà alle persone in
difficoltà. Io non ho bisogno di altro che del mio lavoro e, se avesse bisogno
di qualcosa in più basta che me lo chieda e che sia autorizzato. La ringrazio
per la generosità ma non posso accettare.”
Costantino
Morietti guardava quell’uomo così enigmatico e fiero, aveva capito che si
trattava di un uomo di sani principi e di cui ci si poteva fidare.
“Non hai
altro da dirmi? Qualcosa che hai notato? Ho bisogno di trovare il responsabile
di questo o sapere che è stato casuale.”
Gastone aprì
la bisaccia e gli consegnò le due candele nere mezze consumate. “Le ho trovate
fuori dal fienile, insieme a questo.” E gli diede una ciocca di capelli rossi
intrecciata con un nastro blu.
Costantino
Morietti sbiancò e dovette sedersi per non cadere.
“Io non so
cosa siano. Le ho nascoste perché non volevo che nessun altro, oltre a lei ne
venisse in possesso.”
Morietti
stentava a riprendere colore. Osservava quegli oggetti e non si capacitava. Si
riprese solo per lasciare in libertà Gastone dicendogli che gli avrebbe fatto
sapere in caso avesse avuto bisogno dei suoi servigi.
Due guardiani
lo scortarono fuori dalla proprietà.
Sapeva che
presto si sarebbero riuniti alla baita del marchese e non vedeva l’ora di
ascoltarne i discorsi.
Anche quella
lunga giornata giunse al termine. Gastone si stava rinfrescando alla pompa
prima di entrare a cena con le due donne.
Capitolo ventisette
Da quando
Margherita veniva ogni giorno anche Cincia era più allegra.
Entrò e la
giovane lo salutò con un abbraccio e un bacio. Un profumino di pesce grigliato
invadeva la stanza, sulla tavola varie verdure fresche e pane cotto nel forno a
legna che lui stesso aveva rimesso a nuovo fuori dietro la casa. Un bel cesto
di frutta e acqua fresca, birra e vino. Si sedettero e mangiarono in allegria.
Margherita
stava sparecchiando e sistemando prima di essere riaccompagnata a casa sua,
aveva capito che, per qualche misterioso motivo, Gastone non aveva piacere che
lei rimanesse per la notte. Un po’ le dispiaceva ma non poteva imporsi, aveva
paura di perdere del tutto quell’uomo che lei amava alla follia, ben sapendo di
non essere ricambiata in modo simile.
Gastone e
Cincia erano seduti e la vecchia aspettava che quello le dicesse qualcosa, non
sarebbe certo stata lei a fare domande.
“Che ne sai
di candele nere?” Buttò lì l’uomo.
Cincia
spalancò gli occhi, di certo non si aspettava una domanda del genere.
“Le ho
trovate vicine all’incendio, ma non possono averlo provocato, erano ancora
integre e messe in una posizione dove non potevano fare danni.” Anche
Margherita ascoltava incuriosita.
La mente di
Cincia sembrava lavorare all’impazzata. Era vecchia e ne aveva viste di tutti i
colori, compreso le candele nere, sì sapeva qualcosa.
“Una volta
mi è capitato di assistere ad un rito pagano in cui venivano usate le candele
nere.” Era restia a parlare.
“Qualunque
cosa tu abbia fatto non mi importa proprio, voglio solo sapere cosa
significano.”
“Mia nonna
mi portò in una grotta vicino al fiume, credo che esista tutt’ora. Io ero
piccola e mi chiese di stare seduta su un grande masso e di restare immobile.
Posizionò intorno a me varie candele nere e le accese. Io dovevo stare immobile
o potevo spegnerle o scottarmi. Prese un piccolo libricino e iniziò a leggerlo.
Io non capivo bene cosa dicesse ma continuò fino a che le candele non si furono
consumate a metà. A quel punto mi sollevò di peso, mi baciò in fronte ed
uscimmo lasciando che finissero di consumarsi. Io non capii cosa avesse fatto
mia nonna ma, dopo pochi giorni la cascina dell’uomo che l’aveva respinta in
moglie prese fuoco e lui rimase ustionato e non poté più uscire senza avere il
viso coperto, le ustioni lo avevano trasformato in un mostro. Non ho mai
chiesto chiarimenti a mia nonna ma, da quel giorno sembrava più contenta.”
“Vuoi dire
che è un rito da streghe?” Esclamò Gastone.
“Mia nonna
non era certamente una strega, io non so proprio spiegarlo, ma così avvenne.”
“Hai ancora
il libricino?”
“No, io non
l’ho mai più rivisto.”
“Di sicuro è
stato qualcuno che ha dei conti in sospeso con Morietti.” Si intromise
Margherita.
“Certo che
da quando girano nel paese quei tre investigatori, ne accadono di cose strane!”
Rimarcò l’uomo.
Margherita
aveva terminato di rassettare e, con Gastone uscì dopo aver salutato la
vecchia.
“Credi che
tutto questo c’entri anche con la sparizione del fabbro e del sacrestano?”
Domandò Margherita.
“Mah! Io non
so che pensare. Da un po’ di tempo non mi sento tranquillo. Chiudi bene porte e
finestre quando sei in casa e tieni il pugnale sotto il guanciale o sempre a
disposizione. Usalo in caso di pericolo e non farti tanti scrupoli. Stasera
sono troppo stanco per fermarmi, ci vediamo domani sera. Sono contento che tu e
Cincia stiate insieme ed io sono più tranquillo.” Abbracciò e baciò la donna,
volse il calesse e tornò a casa, era davvero molto stanco e non vedeva l’ora di
riposare e dormire per una notte intera.
Cincia si
era già coricata e altrettanto fece Gastone con Rufus che già ronfava ai piedi
del sofà.
Gastone, in
sella ad Amleto stava osservando il paesaggio. Era molto cambiato da quando era
arrivato: i campi che in quel periodo dovevano essere pronti per la mietitura
erano desolatamente aridi e senza frutti, le viti non erano nemmeno riuscite a
far sbocciare le grandi foglie e i pampini, animali al pascolo ce n’erano pochi
e anche il latte era rarissimo, inoltre nessuno si azzardava a berlo o
trasformarlo in formaggio dopo che molte persone, soprattutto bambini si erano
ammalati per averlo bevuto. Molti uomini, invece di stare al lavoro nei campi
erano tristemente seduti davanti a casa con mille pensieri foschi per la testa.
Molti di loro avevano iniziato a fare bracconaggio, avevano fame e non sapevano
cosa mangiare, tanti pescavano, altri avevano animali da cortile che sorvegliavano
giorno e notte, era davvero un brutto vedere.
Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
Nessun commento:
Posta un commento