mercoledì 5 agosto 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA


IL SEGRETO DELLA LUNA

parte sessantadue






Alla tenuta di Morietti c’era gran fermento. Nessuno osava fiatare. Il capo della scorta della ragazza era stato frustato, come pure le guardie che si erano lasciate sfuggire le due ragazze. Una donna stava medicando le loro ferite ma nessuno parlava.
Le salme erano state composte e rivestite. I loro genitori erano disperati e non riuscivano a stare nella stanza con le loro figlie.
Costantino era furibondo. Chi aveva osato fargli questo? Chi era così potente da sferrargli un attacco di simili proporzioni sperando di farla franca? Non riusciva ad immaginare nessuno con simile coraggio. Era chiuso nel suo studio e sulla scrivania erano deposte le tre trecce di capelli rossi e i due barattoli con gli occhi delle due ragazze.
Non smetteva di osservarli, così come osservava i chiodi macchiati di sangue, del suo stesso sangue. No! Non poteva lasciare impunito un simile crimine contro di lui, non lo avrebbe permesso.
Cercava di mantenere la calma, doveva tenere tutto sotto controllo. Aveva aumentato le guardie intorno alla tenuta ed a nessuno era permesso entrarci, nemmeno per porgere l’ultimo saluto a quelle povere sventurate.
Tutto si sarebbe svolto nella tenuta, nella piccola cappella con annesso cimitero, dove riposavano le spoglie dei suoi avi, nessuno sarebbe stato presente, nessuno! Nemmeno uno dei cavalieri.
Il marchese era stato respinto dai guardiani ed era ritornato indietro piuttosto seccato. Nessuno degli altri si era presentato conoscendo bene l’indole di Costantino. La riunione del plenilunio ci sarebbe stata dopo il funerale, e ci sarebbero stati i fuochi d’artificio.
Chiuso nel suo studio, Morietti era in preda ad una rabbia tale che non aveva mai provato. Non riusciva a ragionare lucidamente, aveva anche bevuto parecchio. Scagliò il bicchiere che teneva in mano che andò in pezzi mentre entrava Alessandro, il padre delle ragazze.
Si fermò sulla porta. Era entrato furioso ma ora, davanti a all’uomo che non aveva mai potuto chiamare padre ma che non gli aveva mai fatto mancare niente non ebbe il coraggio di aprire bocca.
Costantino, con gli occhi iniettati di sangue lo fulminò. Avrebbe voluto strangolarlo, tanto la sua rabbia aveva bisogno di sfogarsi e lui, il suo figlio bastardo che tanto gli somigliava, capì al volo la situazione e, chiudendo lentamente la porta dietro di sé, uscì lasciando solo quell’uomo che non aveva mai amato.
Si svolse la cerimonia e la sepoltura, Morietti non aveva ancora aperto bocca. Le sue guardie erano in attesa di ordini. Dopo aver punito i responsabili della mancata sorveglianza non sapevano cosa aspettarsi, certamente non quel silenzio così carico di aspettativa.
Avevano paura per la loro stessa incolumità. Se prima credevano Costantino Morietti un cinico esagerato con la sorveglianza di quanto possedeva, ora sapevano che poteva essere ancora più spietato di quanto avessero mai immaginato, in sua presenza trattenevano perfino il fiato.
Nessuno, al di fuori della tenuta sapeva cosa avveniva là dentro, e nessuno di quelli che lavoravano là avrebbero mai fiatato.
Gastone aveva continuato il suo lavoro mentre Margherita rimaneva con Cincia.
Era il giorno del plenilunio e ci sarebbe stata la riunione. Avrebbe voluto rischiare ma Cincia lo aveva dissuaso. Quel giorno di metà luglio rientrò prima del solito adducendo la scusa di una strana stanchezza fisica. Si mise sdraiato sul sofà mentre le due donne armeggiavano in cucina. Margherita si sedette vicino a lui e gli porse del tè con aggiunta di qualche intruglio a lui sconosciuto. Lo bevve e si addormentò di colpo. Ci aveva pensato la vecchia che, non fidandosi lo aveva sedato.
Le due donne cenarono in silenzio per non disturbare il sonno di Gastone.
Il buio era arrivato lentamente, come succede in estate. Le lucciole sembravano tante stelle e le grida degli uccelli notturni tenevano viva quel pezzo di terra che stava lentamente morendo avvelenata. I cavalieri arrivarono al convento e nemmeno si accorgevano di quanta bellezza c’era intorno a loro, erano concentrati, determinati, ma anche impauriti.
Sarebbe stata la prima riunione incompleta, mancavano due cavalieri e questo non era mai avvenuto se non nel normale ricambio dei delegati stessi, ma non c’erano mai stati due posti vuoti. Troppe cose stavano cambiando, le loro stesse regole si stavano sbriciolando e non erano più uniti e solidali come era sempre stato.
In silenzio si misero il mantello e il cappuccio ed entrarono nella sala. Furono stupiti di vedere Numero Uno già al proprio posto. I cinque presero posto e i loro sguardi si fissarono sulle due postazione vuote.
Il silenzio faceva quasi paura. Erano in attesa.
Numero Uno si alzò e recitò la solita formula di inizio seduta, poi riprese il suo posto.
I suoi occhi erano gelidi e si capiva bene anche da sotto il cappuccio. Soffermò lo sguardo su ognuno di loro mantenendo una fermezza e una freddezza negli occhi di ognuno, per lungo tempo. Aveva davanti a sé un voluminoso registro e una matita.
Avrebbe dovuto dare la parola ad ognuno di loro, come al solito, invece cominciò a leggere quanto aveva davanti.
Iniziò col mettere in evidenza le sostanze e le ricchezze di ognuno, saltando volutamente i due assenti, continuò elencando le perversioni di ognuno e di come ogni cosa era dettagliatamente riportata; descrisse la quantità di denaro che la setta aveva a disposizione per le necessità, denaro che tutti loro avevano depositato per i periodi nei quali potevano servire; descrisse minuziosamente le proprietà e le ricchezze che ognuno di loro possedeva e amministrava.
Erano ricchezze enormi, che sommate al potere che aveva ognuno nel proprio settore li rendeva ricchi e potenti.
Fece una pausa e ripassò su ognuno di loro il suo sguardo freddo. Nessuno dei presenti l’aveva mai sfidata, ma ora le condizioni erano cambiate e alcuni di loro avevano perso troppo per poter accettare di continuare, e lei lo sapeva bene.
Avete fatto un giuramento e sapete bene cosa comporta romperlo. Ve lo ricordo lo stesso: chiunque vorrà lasciare la setta perderà la sua quota di denaro in comune, non avrà più nessun privilegio e dovrà provvedere in proprio a mandare avanti la propria attività, e non mi sembra che possiate permettervelo, ora come ora. Se divulgherete anche una sola parola sulla nostra società segreta pagherete con la vostra stessa vita, e con voi tutta la vostra famiglia che rimarrà senza niente e quasi sicuramente anche senza vita. Spero che vi ricordiate bene di queste regole, perché non sono cambiate e MAI cambieranno, questo sono I Cavalieri della Terra Feconda, questo siamo noi. Vi garantisco che tutto troverà soluzione, così è sempre stato e così continuerà con o senza di voi.
Aleggiava molto nervosismo anche da sotto i cappucci. Era palpabile e la stessa Numero Uno era conscia che sarebbe stata una dura lotta tenere uniti quegli uomini, ma lei ci avrebbe provato, non poteva permettere che la società segreta si sciogliesse.
I cavalieri scalpitavano aspettando che desse loro la parola e lei non si decideva a farlo.
Numero Due si alzò in piedi, prese un respiro e stava iniziando a parlare.
Non ti ho dato il permesso di alzarti né tanto meno di parlare!
Quello era il momento più tragico per tutti. Se Numero Due si fosse seduto e avesse obbedito a Numero Uno anche per gli altri non ci sarebbe stato niente da fare, tutto dipendeva da Costantino Morietti.
Numero Tre scalpitava e decise di alzarsi in piedi.
Numero Cinque si alzò.
Numero Sette si alzò.
Si sentivano solo i respiri ansanti di tutti i presenti.
Soltanto Numero Otto rimase seduto e tutti i cavalieri lo guardarono con sospetto.
Riprendete i vostri posti! Sedetevi immediatamente!
La voce di Numero Uno era rabbiosa, ma quelli non si risedettero.
Le mani dei cavalieri tremavano. Erano in quattro ed ognuno di loro aveva subito perdite personali che avevano lasciato il segno.
“Sedetevi!”
“Altrimenti?” chiese Numero Due.
“Altrimenti ve ne pentirete amaramente!”
Costantino Morietti si tolse il cappuccio e lo depose davanti a lui.
Il marchese Lorreni si tolse il cappuccio e lo depose davanti a lui.
Carlo Cestelli si tolse il cappuccio e lo depose davanti a lui.
Gorrini si tolse il cappuccio e lo depose davanti a lui.
Erano maggioranza.
Mai nessun cavaliere aveva osato tanto, quello era il gesto di sfida verso Numero Uno.
“Volete sfidarmi! Ebbene, fate pure, ma non sarà facile per voi!” disse a voce bassa Numero Uno.
“Noi vogliamo sapere cosa stai facendo per risolvere la situazione, vogliamo sapere dove tieni il denaro che è anche nostro, vogliamo sapere come fai ad arrivare a tutto senza mai interpellarci, vogliamo sapere perché noi abbiamo subìto tutto questo mentre tu e Numero Otto siete stati risparmiati. E, soprattutto vogliamo vedere il registro della nostra fondazione.” Ora non si poteva più tornare indietro. I quattro cavalieri erano ancora in piedi, a volto scoperto.
Anche Numero Uno si alzò.
“Avrete le vostre risposte al sacrificio delle due vergini, nel plenilunio di ottobre. Dovete accontentarvi di questa risposta o ritirarvi dalla setta, ma dovete dirmelo ora, anch’io devo regolare le mie decisioni in base alle vostre.”
I quattro uomini si guardavano, avevano aspettato tanto che altri tre mesi non avrebbero cambiato il corso degli eventi. Non erano molto soddisfatti ma non potevano rischiare l’incolumità dei propri cari. Avevano lanciato una sfida ma non erano certi di poterla superare indenni.
“Va bene, ma non vogliamo più avere in giro quei tre investigatori del cazzo. Non vogliamo altre riunioni prima di quella di ottobre, da lì in poi ognuno deciderà del proprio futuro. Questo è quello che noi quattro abbiamo deciso.” Disse Morietti, e guardò con disprezzo Numero Otto che non aveva mai aperto bocca.
Ci fu un lungo silenzio prima che Numero Uno si decidesse a parlare.
“Va bene, io farò il mio dovere e voi continuerete a fare il vostro. Ora che non c’è più il sacrestano non abbiamo chi ci trasmette i messaggi, perciò incarico te, Numero Due, soltanto in caso di estrema necessità di venire da me e soltanto da me, io so già cosa devo fare e voi dovete solo continuare come sempre. Se io avrò bisogno di parlarvi vi contatterò. Presumo che nessuno di voi stasera voglia intrattenersi di sopra, lascerò libere le ragazze e il convento tornerà ad essere solo un convento, per adesso. Potete andare.”
Tutti uscirono.
“Vi aspetto alla mia baita, domenica.” Bisbigliò il marchese, e se ne andarono.
Numero Uno rimase seduta a scrivere sul solito registro. Numero Otto era rimasto. Lei alzò lo sguardo.
“Cosa fai ancora qui?” Gli disse in malo modo.
“Aspetto che gli altri se ne vadano. Hai visto come mi hanno guardato. Io non capisco cosa sta succedendo. Sono con voi da poco.”
“Vai a casa, capirai quando sarà il momento opportuno.” Riabbassò lo sguardo e continuò a scrivere, mentre l’ultimo cavaliere si svestiva e se ne andava.
Sentì entrare qualcuno. Alzò lo sguardo e vide la madre superiora ferma che aspettava ordini.
“In quella busta c’è tutto quello che ti serve. Provvedi.”
La suora prese la voluminosa busta e se ne andò.


Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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