IL SEGRETO DELLA LUNA
parte sessantadue
Alla tenuta
di Morietti c’era gran fermento. Nessuno osava fiatare. Il capo della scorta
della ragazza era stato frustato, come pure le guardie che si erano lasciate
sfuggire le due ragazze. Una donna stava medicando le loro ferite ma nessuno
parlava.
Le salme
erano state composte e rivestite. I loro genitori erano disperati e non
riuscivano a stare nella stanza con le loro figlie.
Costantino
era furibondo. Chi aveva osato fargli questo? Chi era così potente da
sferrargli un attacco di simili proporzioni sperando di farla franca? Non
riusciva ad immaginare nessuno con simile coraggio. Era chiuso nel suo studio e
sulla scrivania erano deposte le tre trecce di capelli rossi e i due barattoli
con gli occhi delle due ragazze.
Non smetteva
di osservarli, così come osservava i chiodi macchiati di sangue, del suo stesso
sangue. No! Non poteva lasciare impunito un simile crimine contro di lui, non
lo avrebbe permesso.
Cercava di
mantenere la calma, doveva tenere tutto sotto controllo. Aveva aumentato le
guardie intorno alla tenuta ed a nessuno era permesso entrarci, nemmeno per
porgere l’ultimo saluto a quelle povere sventurate.
Tutto si
sarebbe svolto nella tenuta, nella piccola cappella con annesso cimitero, dove
riposavano le spoglie dei suoi avi, nessuno sarebbe stato presente, nessuno!
Nemmeno uno dei cavalieri.
Il marchese
era stato respinto dai guardiani ed era ritornato indietro piuttosto seccato.
Nessuno degli altri si era presentato conoscendo bene l’indole di Costantino.
La riunione del plenilunio ci sarebbe stata dopo il funerale, e ci sarebbero
stati i fuochi d’artificio.
Chiuso nel
suo studio, Morietti era in preda ad una rabbia tale che non aveva mai provato.
Non riusciva a ragionare lucidamente, aveva anche bevuto parecchio. Scagliò il
bicchiere che teneva in mano che andò in pezzi mentre entrava Alessandro, il
padre delle ragazze.
Si fermò
sulla porta. Era entrato furioso ma ora, davanti a all’uomo che non aveva mai
potuto chiamare padre ma che non gli aveva mai fatto mancare niente non ebbe il
coraggio di aprire bocca.
Costantino,
con gli occhi iniettati di sangue lo fulminò. Avrebbe voluto strangolarlo,
tanto la sua rabbia aveva bisogno di sfogarsi e lui, il suo figlio bastardo che
tanto gli somigliava, capì al volo la situazione e, chiudendo lentamente la
porta dietro di sé, uscì lasciando solo quell’uomo che non aveva mai amato.
Si svolse la
cerimonia e la sepoltura, Morietti non aveva ancora aperto bocca. Le sue
guardie erano in attesa di ordini. Dopo aver punito i responsabili della
mancata sorveglianza non sapevano cosa aspettarsi, certamente non quel silenzio
così carico di aspettativa.
Avevano
paura per la loro stessa incolumità. Se prima credevano Costantino Morietti un
cinico esagerato con la sorveglianza di quanto possedeva, ora sapevano che
poteva essere ancora più spietato di quanto avessero mai immaginato, in sua
presenza trattenevano perfino il fiato.
Nessuno, al
di fuori della tenuta sapeva cosa avveniva là dentro, e nessuno di quelli che
lavoravano là avrebbero mai fiatato.
Gastone
aveva continuato il suo lavoro mentre Margherita rimaneva con Cincia.
Era il
giorno del plenilunio e ci sarebbe stata la riunione. Avrebbe voluto rischiare
ma Cincia lo aveva dissuaso. Quel giorno di metà luglio rientrò prima del
solito adducendo la scusa di una strana stanchezza fisica. Si mise sdraiato sul
sofà mentre le due donne armeggiavano in cucina. Margherita si sedette vicino a
lui e gli porse del tè con aggiunta di qualche intruglio a lui sconosciuto. Lo
bevve e si addormentò di colpo. Ci aveva pensato la vecchia che, non fidandosi
lo aveva sedato.
Le due donne
cenarono in silenzio per non disturbare il sonno di Gastone.
Il buio era
arrivato lentamente, come succede in estate. Le lucciole sembravano tante
stelle e le grida degli uccelli notturni tenevano viva quel pezzo di terra che
stava lentamente morendo avvelenata. I cavalieri arrivarono al convento e
nemmeno si accorgevano di quanta bellezza c’era intorno a loro, erano
concentrati, determinati, ma anche impauriti.
Sarebbe
stata la prima riunione incompleta, mancavano due cavalieri e questo non era
mai avvenuto se non nel normale ricambio dei delegati stessi, ma non c’erano
mai stati due posti vuoti. Troppe cose stavano cambiando, le loro stesse regole
si stavano sbriciolando e non erano più uniti e solidali come era sempre stato.
In silenzio
si misero il mantello e il cappuccio ed entrarono nella sala. Furono stupiti di
vedere Numero Uno già al proprio
posto. I cinque presero posto e i loro sguardi si fissarono sulle due
postazione vuote.
Il silenzio
faceva quasi paura. Erano in attesa.
Numero Uno si alzò e recitò la solita formula di
inizio seduta, poi riprese il suo posto.
I suoi occhi
erano gelidi e si capiva bene anche da sotto il cappuccio. Soffermò lo sguardo
su ognuno di loro mantenendo una fermezza e una freddezza negli occhi di
ognuno, per lungo tempo. Aveva davanti a sé un voluminoso registro e una
matita.
Avrebbe
dovuto dare la parola ad ognuno di loro, come al solito, invece cominciò a
leggere quanto aveva davanti.
Iniziò col
mettere in evidenza le sostanze e le ricchezze di ognuno, saltando volutamente
i due assenti, continuò elencando le perversioni di ognuno e di come ogni cosa
era dettagliatamente riportata; descrisse la quantità di denaro che la setta
aveva a disposizione per le necessità, denaro che tutti loro avevano depositato
per i periodi nei quali potevano servire; descrisse minuziosamente le proprietà
e le ricchezze che ognuno di loro possedeva e amministrava.
Erano
ricchezze enormi, che sommate al potere che aveva ognuno nel proprio settore li
rendeva ricchi e potenti.
Fece una
pausa e ripassò su ognuno di loro il suo sguardo freddo. Nessuno dei presenti
l’aveva mai sfidata, ma ora le condizioni erano cambiate e alcuni di loro
avevano perso troppo per poter accettare di continuare, e lei lo sapeva bene.
Avete fatto un giuramento e sapete
bene cosa comporta romperlo. Ve lo ricordo lo stesso: chiunque vorrà lasciare
la setta perderà la sua quota di denaro in comune, non avrà più nessun
privilegio e dovrà provvedere in proprio a mandare avanti la propria attività,
e non mi sembra che possiate permettervelo, ora come ora. Se divulgherete anche
una sola parola sulla nostra società segreta pagherete con la vostra stessa
vita, e con voi tutta la vostra famiglia che rimarrà senza niente e quasi
sicuramente anche senza vita. Spero che vi ricordiate bene di queste regole,
perché non sono cambiate e MAI cambieranno, questo sono I Cavalieri della Terra
Feconda, questo siamo noi. Vi garantisco che tutto troverà soluzione, così è
sempre stato e così continuerà con o senza di voi.
Aleggiava
molto nervosismo anche da sotto i cappucci. Era palpabile e la stessa Numero Uno era conscia che sarebbe stata
una dura lotta tenere uniti quegli uomini, ma lei ci avrebbe provato, non
poteva permettere che la società segreta si sciogliesse.
I cavalieri
scalpitavano aspettando che desse loro la parola e lei non si decideva a farlo.
Numero Due si alzò in piedi, prese un respiro e
stava iniziando a parlare.
Non ti ho dato il permesso di alzarti
né tanto meno di parlare!
Quello era
il momento più tragico per tutti. Se Numero
Due si fosse seduto e avesse obbedito a Numero
Uno anche per gli altri non ci sarebbe stato niente da fare, tutto
dipendeva da Costantino Morietti.
Numero Tre scalpitava e decise di alzarsi in
piedi.
Numero Cinque si alzò.
Numero Sette si alzò.
Si sentivano
solo i respiri ansanti di tutti i presenti.
Soltanto Numero Otto rimase seduto e tutti i
cavalieri lo guardarono con sospetto.
Riprendete i vostri posti! Sedetevi
immediatamente!
La voce di Numero Uno era rabbiosa, ma quelli non
si risedettero.
Le mani dei
cavalieri tremavano. Erano in quattro ed ognuno di loro aveva subito perdite
personali che avevano lasciato il segno.
“Sedetevi!”
“Altrimenti?” chiese Numero Due.
“Altrimenti ve ne pentirete
amaramente!”
Costantino
Morietti si tolse il cappuccio e lo depose davanti a lui.
Il marchese
Lorreni si tolse il cappuccio e lo depose davanti a lui.
Carlo
Cestelli si tolse il cappuccio e lo depose davanti a lui.
Gorrini si
tolse il cappuccio e lo depose davanti a lui.
Erano maggioranza.
Mai nessun
cavaliere aveva osato tanto, quello era il gesto di sfida verso Numero Uno.
“Volete sfidarmi! Ebbene, fate pure,
ma non sarà facile per voi!” disse a voce bassa Numero
Uno.
“Noi vogliamo sapere cosa stai
facendo per risolvere la situazione, vogliamo sapere dove tieni il denaro che è
anche nostro, vogliamo sapere come fai ad arrivare a tutto senza mai
interpellarci, vogliamo sapere perché noi abbiamo subìto tutto questo mentre tu
e Numero Otto siete stati risparmiati. E, soprattutto vogliamo vedere il
registro della nostra fondazione.” Ora non si poteva più tornare indietro. I quattro cavalieri
erano ancora in piedi, a volto scoperto.
Anche Numero Uno si alzò.
“Avrete le vostre risposte al
sacrificio delle due vergini, nel plenilunio di ottobre. Dovete accontentarvi
di questa risposta o ritirarvi dalla setta, ma dovete dirmelo ora, anch’io devo
regolare le mie decisioni in base alle vostre.”
I quattro
uomini si guardavano, avevano aspettato tanto che altri tre mesi non avrebbero
cambiato il corso degli eventi. Non erano molto soddisfatti ma non potevano
rischiare l’incolumità dei propri cari. Avevano lanciato una sfida ma non erano
certi di poterla superare indenni.
“Va bene, ma non vogliamo più avere
in giro quei tre investigatori del cazzo. Non vogliamo altre riunioni prima di
quella di ottobre, da lì in poi ognuno deciderà del proprio futuro. Questo è
quello che noi quattro abbiamo deciso.” Disse Morietti, e guardò con disprezzo Numero Otto che non aveva mai aperto bocca.
Ci fu un
lungo silenzio prima che Numero Uno
si decidesse a parlare.
“Va bene, io farò il mio dovere e voi
continuerete a fare il vostro. Ora che non c’è più il sacrestano non abbiamo
chi ci trasmette i messaggi, perciò incarico te, Numero Due, soltanto in caso
di estrema necessità di venire da me e soltanto da me, io so già cosa devo fare
e voi dovete solo continuare come sempre. Se io avrò bisogno di parlarvi vi
contatterò. Presumo che nessuno di voi stasera voglia intrattenersi di sopra,
lascerò libere le ragazze e il convento tornerà ad essere solo un convento, per
adesso. Potete andare.”
Tutti
uscirono.
“Vi aspetto
alla mia baita, domenica.” Bisbigliò il marchese, e se ne andarono.
Numero Uno rimase seduta a scrivere sul solito
registro. Numero Otto era rimasto.
Lei alzò lo sguardo.
“Cosa fai ancora qui?” Gli disse in malo modo.
“Aspetto che gli altri se ne vadano.
Hai visto come mi hanno guardato. Io non capisco cosa sta succedendo. Sono con
voi da poco.”
“Vai a casa, capirai quando sarà il
momento opportuno.”
Riabbassò lo sguardo e continuò a scrivere, mentre l’ultimo cavaliere si
svestiva e se ne andava.
Sentì
entrare qualcuno. Alzò lo sguardo e vide la madre superiora ferma che aspettava
ordini.
“In quella busta c’è tutto quello che
ti serve. Provvedi.”
La suora
prese la voluminosa busta e se ne andò.
Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati
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