giovedì 13 agosto 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA


IL SEGRETO DELLA LUNA

parte sessantasei






Luglio era passato. La seconda borsa di monete era stata consegnata e iniziava agosto all’insegna del caldo afoso e di talmente tante zanzare che era impossibile resistere. Per fortuna Cincia aveva il suo rimedio naturale, puzzava di carogna ma le zanzare se ne stavano lontane. Gastone ne aveva sempre un barattolo pieno con sé e se ne serviva in gran quantità, passandolo spesso anche sul pelo di Rufus e di Amleto.
Aveva riportato a Cincia tutto quello che aveva scoperto sulla contessa e sul convento ma non sapevano come approfondire le notizie, abitava troppo fuori mano la contessa e sarebbe stato pericoloso chiedere in giro.
“Devo riuscire ad entrare nella proprietà della contessa.” Disse Gastone.
“Non so proprio come aiutarti.” Gli rispose la vecchia.
“Forse un’idea io ce l’avrei. Domani riparto, prima tappa il convento, poi vedremo.” Concluse l’uomo.
“Non ti manca nemmeno un po’ Margherita?” Gli chiese Cincia.
Gastone rimase alcuni secondi in silenzio. Certo che gli mancava ma non poteva fare diversamente. Alzò lo sguardo verso quel viso rugoso, scosse la testa e si sdraiò sul sofà con Rufus ai piedi.
Era ancora buio pesto quando Gastone si alzò, prese la sua sacca e si diresse al convento a piedi e senza cane.
Oltrepassò le mura con estrema facilità, gli si spezzò il cuore al pensiero degli occhi di sua figlia così vicini ma continuò nella missione che si era prefisso.
Andò dritto alle stalle dove c’era l’unico vecchio cavallo e la piccola carrozza. Fece una carezza sul ruvido manto del vecchio ronzino e accese una piccola torcia. Era troppo facile seguire le impronte lasciate da Domenico in mezzo alla polvere e sporcizia. Raggiunse un piccolo box chiuso da un portoncino di legno con un arrugginito catenaccio. Cercando di non far rumore lo aprì lentamente, tenendo sempre le orecchie ben tese, sapeva che il giardiniere dormiva poco lontano. Spalancò il portoncino e vide un ripiano dove c’era il registro che avevano messo ad “anticare” immerso in una specie di terriccio. Ispezionò ogni angolo e trovò quello che cercava, una botola ben nascosta ma non per lui che sapeva seguire le tracce di ogni animale. La sollevò, vide la scala a pioli e discese. Ci vollero alcuni minuti perché i suoi occhi si adattassero alla fioca luce della torcia. Il luogo era piuttosto ampio e lo ispezionò con lo sguardo prima di muoversi, temeva trappole o tranelli, non poteva stare tranquillo. Osservò attentamente il pavimento mise i piedi sulle orme lasciate da Domenico. Raggiunse una porta bassa e stretta e dovette chinarsi per passare, camminò curvo per alcuni metri poi poté rimettersi dritto. Appoggiati alle pareti c’erano tre bauli di medie dimensioni. Si avvicinò a quello più vicino ma non lo toccò, non si fidava. Li passò in rassegna uno ad uno e capì di aver trovato il tesoro dei cavalieri. Lasciò tutto intatto e, rimettendo gli stivali sulle sue stesse orme uscì come era entrato.
Nel box ci fu rumore e lui prese il pugnale. Risalì la scala a pioli e, con molta prudenza sbucò con la testa, pronto ad affrontare chiunque ci fosse.
Era solo un gatto, ancora più spaventato di lui che si era immobilizzato proprio vicino al libro. Gli venne un’idea. Afferrò il gatto gli premette le zampe sulla polvere lasciando tante impronte, poi lo lasciò andare. Prese il libro e lo lacerò sapientemente col suo pugnale, lo fece cadere in un secchio pieno di cenere o di qualcosa che le somigliava auspicando che risultasse illeggibile.
Sperava che nessuno si accorgesse dell’imbroglio, ma non è che gli importasse molto, era ora di passare al piano successivo e uscì dal convento.
Tornò a casa e fece colazione con Cincia. Era impossibile non accorgersi quanto fosse affaticata e stanca.
“Devi fare in fretta, Gastone. Non so fino a quando durerò. Lo so che non dovrei dirti questo, che potresti essere imprudente ma io sono molto vicina alla mia fine, comunque vada, che io sia viva o morta tu porta a termine il piano, io chiederò al diavolo di lasciarmi vedere come va a finire, poi potrà fare della mia anima ciò che vuole.” Faticava perfino a parlare la vecchia donna.
Gastone la raggiunse e l’abbracciò. Lei lo lasciò fare, era il primo gesto affettuoso di quell’uomo. L’aveva aiutata, curata, e molto altro ma un gesto simile non lo aveva mai avuto. Era un segnale, se ce ne fosse stato bisogno che era giunta davvero alla fine.
“Non preoccuparti, vecchia amica, io mantengo sempre le promesse. Tu cerca di resistere, sarei perso senza di te.” Le sussurrò all’orecchio prima di uscire.
In sella ad Amleto e con Rufus al fianco lasciò la casa e si diresse ancora al convento.
Si rimise nella stessa posizione delle volte precedenti ad osservare le mura. Doveva essere visto, ci sarebbe tornato ogni mattina fino a quando quel Domenico non lo avesse raggiunto, e sapeva che non ci sarebbe voluto molto.
Il terzo giorno di appostamento vide uscire la carrozza e un sorriso gli increspò le labbra sotto i baffi. Ritornò al suo lavoro nel bosco, ancora poco tempo poi avrebbe avuto le risposte che voleva, stavolta le avrebbe avute, non avrebbe avuto pietà per ottenerle.

Capitolo trentuno
Finì anche quella prima settimana di agosto. I lavori nei campi e nei vigneti iniziavano all’alba e terminava solo al crepuscolo cercando di ottenere il massimo da quel poco che c’era. Come ogni domenica gli venne consegnato altro denaro, era diventato molto ricco ma non gli interessava. Era una giornata bollente e, mentre Cincia riposava uscì di casa. Prese le varie sacche di monete che aveva nascosto nel casotto e le sotterrò nell’orto, ne aveva parecchie e se gli fossero servite sapeva dove trovarle in fretta.
Passò il pomeriggio in silenzio lasciando Cincia a letto e preparò da solo la cena e le provviste per la settimana. Se ci fosse stata Margherita … ma scacciò subito il pensiero.
“Tieni duro, vecchia amica, credo che siamo vicini allo scoprire qualcosa di importante.” Le disse Gastone.
Cincia alzò il bicchiere di vino in segno di brindisi. “Sto lottando per resistere, ma promettimi che qualunque cosa mi succeda tu porterai a termine la tua vendetta, giuramelo o non morirò in pace!” Se ne uscì Cincia.
“Te lo prometto, e appena saprò qualcosa di interessante verrò subito a riferirtelo. Ora stai tranquilla, ci penso io a sistemare. Domani mattina verrà la donna ad aiutarti, tu non devi fare altro che riposare e aspettarmi.” Le rispose l’uomo.
Con molta fatica la donna raggiunse la sua camera, sapeva che al risveglio lui se ne sarebbe già andato, ma sentiva che qualcosa di importante stava per succedere e il suo vecchio cuore malandato cominciò a galoppare. Si costrinse a pensare ad altro, non voleva morire proprio adesso e, con le mani poggiate sul petto si addormentò.
I rumori del bosco erano musica per le orecchie di Gastone, orecchie che teneva ben tese, era cosciente che quel Domenico avrebbe eseguito l’ordine della contessa e lui proprio questo aspettava, avrebbe avuto una bella sorpresa quell’uomo.
Non successe niente il primo giorno di perlustrazione. Gastone aveva passato la notte con Rufus ben sveglio, sentiva nelle ossa che stava per succedere, il suo istinto non sbagliava mai.
Era in sella ad Amleto, non si era allontanato molto dalla diga che separava le proprietà di Morietti, voleva restare in zona e portare nel tunnel l’uomo non appena si fosse presentata l’opportunità.
Rufus ringhiò sommessamente e l’uomo capì.
Scese da cavallo e appoggiò la schiena al tronco di un albero con l’intento di accendersi un sigaro, aveva il pugnale a portata di mano e aveva deliberatamente lasciato il fucile vicino al cavallo, doveva dare l’impressione di essere rilassato e al sicuro.
Acuì l’udito ma ancora non sentiva niente, nemmeno gli uccelli avevano cambiato volo, o era davvero molto bravo o lui stava perdendo colpi.
Amleto nitrì muovendo la coda innervosito, si stava avvicinando e Gastone rimase immobile guardando le spirali di fumo salire verso l’alto, le avrebbe viste anche l’altro.
Ora lo sentiva distintamente avvicinarsi, anche se era davvero molto leggero e bravo ed era quasi silenzioso, se non lo avesse aspettato avrebbe potuto davvero essere preso di sorpresa.
Gastone si accucciò sulle gambe, lasciando all’altro meno spazio di manovra, continuando a fumare il sigaro. All’improvviso Rufus arrivò di corsa abbaiando, fu quello che gli serviva per spostarsi e prendere di sorpresa il suo nemico che non si aspettava di essere stato scoperto.
Ci fu una breve lotta, entrambi erano uomini massicci e capaci di lottare, sapevano entrambi che era in gioco la loro stessa vita. Gastone piantò il suo pugnale nel braccio di Domenico che lasciò cadere la sua pistola. Soltanto un gemito gli uscì dalle labbra, aveva molta forza in quelle robuste braccia ma Gastone teneva in mano ancora il pugnale e, con un guizzo da vero serpente gli ferì anche l’altro braccio. Non rimase ad aspettare la reazione ma lo immobilizzò usando mani e gambe e gli passò una robusta corda intorno al corpo legandolo con le braccia attaccate ai fianchi. Domenico scalciava e si difendeva, era un lottatore ma Gastone gli sferrò un pugno che lo mandò a gambe all’aria, non avendo la possibilità di tenersi in equilibrio rimase a terra quel tanto che servì a Gastone per mollargli un potente calcio nelle costole che gli fece mancare il fiato.
Gli calò un sacco sulla testa e gli sferrò un altro pugno che lo tramortì. Lo issò in spalla ed entrò nel passaggio segreto del pollaio, oltrepassando velocemente la porta e scaricando senza tanti complimenti l’uomo ancora svenuto nella stanza con gli altri cadaveri.
Aveva provveduto a preparare dei ganci e legò l’uomo con delle robuste catene ai polsi mentre il sangue colava dalle ferite delle braccia.
 Era seduto, le braccia alzate appese al muro e già si stava riprendendo, era davvero un uomo forte.
Quando gli tolse il sacco dalla testa si avvide che aveva un occhio semichiuso e gonfio, probabilmente non riusciva a vederci.
Gastone era proprio davanti all’altro aspettando che si riprendesse del tutto.
Ci vollero ancora alcuni minuti poi fu completamente sveglio. Agitò le braccia sentendole imprigionate e doloranti, cercò di alzarsi ma un calcio ben assestato nelle costole lo fece desistere.
Non si erano ancora detti una parola, Gastone stava aspettando che quell’altro si calmasse e si rendesse conto di non avere scampo. Domenico si guardò intorno e vide i cadaveri, ebbe una reazione di sorpresa che non riuscì a celare. Passarono ancora alcuni minuti, Gastone si era messo comodo seduto su uno sgabello davanti all’altro uomo, pronto ad iniziare l’interrogatorio, per ottenere tutte le informazione che voleva e che avrebbe avuto.
“Dove siamo?” Chiese Domenico.
“Nella tua tomba, se non collabori.” Gli rispose Gastone.
L’altro aveva l’occhio completamente chiuso. “Lo so che non uscirò vivo da qui, cosa ti fa pensare che possa parlare? Cosa posso ottenere?”
“Parlerai, stanne sicuro, testerò la tua soglia del dolore ma non ti ucciderò, conosco il corpo umano e so dove colpire senza uccidere e dove posso provocare molto dolore. Qui puoi urlare quanto ti pare e possiamo rimanere fin che vuoi, ho con me tutto quello che mi serve, non ho fretta, dipende da te quanto vuoi soffrire prima di morire.” La voce di Gastone era bassa ma metteva i brividi.
“Ti troveranno, stanne sicuro, e farai una brutta fine!” Gli sputò in faccia l’uomo legato.
“Anche loro me l’hanno detto, ma non è successo.” Disse facendo un cenno verso i tre cadaveri maschili.
“Ora stammi bene a sentire, voglio sapere tutto sulla contessa, sulla superiora, sul convento e sulla setta. Tutto qui.” Gastone si era avvicinato al viso dell’altro col pugnale in mano.
“Da me non saprai niente di niente!” Gli rispose.
Gastone teneva gli occhi fissi in quelli dell’altro uomo, rimase immobile mentre con il pugnale tagliava un tendine del braccio teso.
Un urlo riempì la piccola stanza, se ci fossero stati dei ragni sarebbero scappati dallo spavento.
“Questo è solo uno dei tanti che hai, poi inizierò dalle dita dei piedi, uno alla volta.” Così dicendo gli tolse stivali, calze e pantaloni e non contento gli tolse anche le mutande e lo lasciò mezzo nudo a meditare su quello che gli sarebbe successo.


Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

Nessun commento:

Posta un commento