lunedì 17 agosto 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA


IL SEGRETO DELLA LUNA

parte sessantotto






Tornò a casa, per quel giorno non sarebbe uscito. Cincia era davvero allo stremo e lui non desiderava lasciarla sola più del necessario.
“E’ tutto a posto, vecchia amica. Ora tocca a loro ma alla testa del serpente ci penso io.” Le disse mentre erano seduti sotto il portico.
Agosto era afoso più del solito, il marchese era a letto con la febbre e il respiro affannato. Morietti era andato a trovarlo per metterlo al corrente di quello che avevano fatto.
“Come stai, amico mio?” Gli chiese appena si fu seduto al fianco del letto.
“Non bene, come puoi vedere, ma dimmi!” Gli rispose a fatica.
“Quattro fabbriche di Tolesi hanno preso fuoco e sono andate distrutte, ora tocca alle altre. “Se credono di prenderci per i fondelli hanno sbagliato di grosso!” Aggiunse.
“Amico mio, ho paura che non ci sarò al plenilunio di ottobre, confido che metterai a tappeto quella sgualdrina di numero uno.” Gli disse a fatica.
“Ci puoi contare, oh sì, ci puoi contare!” Rimasero qualche minuto in silenzio, si sentiva solo il respiro affannoso del marchese, anche Morietti si rendeva conto che sarebbe presto giunta la sua fine. Si alzò. “Ora riposati, io vedo cosa posso fare col convento, non c’è più nessuno e abbiamo tutto il tempo per cercare il denaro, e se è nascosto lì lo troveremo.”
“Chiedi aiuto a Gastone, fidati di lui.” Gli rispose prima di chiudere gli occhi per rifugiarsi in un mondo dal quale non sarebbe più tornato.
Morietti rimase un attimo sulla porta ad osservarlo. Scosse il capo mentre una forte fitta gli squassava il ventre. Si piegò dal dolore ma durò poco, raggiunse il suo cavallo e, con la sua scorta tornò alla tenuta.

Capitolo trentadue
Era metà agosto quando il marchese venne sepolto. Tutto il paese era presente. Morietti, Gorrini e Cestelli erano in fila mentre accompagnavano la bara. Gorrini si reggeva in piedi a malapena e puzzava di alcol. “Devi smettere di distruggerti così!” Gli disse Morietti. “O presto raggiungerai il nostro amico.”
“Cosa vuoi che mi importi.” Gli rispose.
Mentre agosto passava senza temporali la campagna di quel posto metteva in evidenza tutto il suo squallore. Non c’era niente da raccogliere, da mietere, da vendemmiare ed erano tutti molto preoccupati.
Gastone aveva visto alcuni uomini andare al convento ma lui si era sempre tenuto alla larga, svolgeva il suo lavoro ed ora era Morietti che lo pagava.
Un mese esatto dalla morte del marchese toccò anche a Gorrini. Del suo splendido allevamento di cavalli e delle sue cantine non era rimasto più niente, e lui, finalmente aveva raggiunto la sua adorata figlia.
Morietti e Cestelli si ritrovarono alla baita del marchese. Le loro guardie del corpo erano appostate davanti alla porta e alle finestre chiuse.
“Come stai, amico mio?” Chiese Morietti.
“Non mi sento in gran forma.” Gli rispose. “Ho fitte dolorose all’addome e non riesco a tenere dentro nemmeno un pezzo di pane.”
“Anch’io ho gli stessi sintomi, credo che presto raggiungeremo i nostri amici. Hai qualche idea di quello che sta succedendo?” Chiese Morietti.
“Un’idea ce l’ho di sicuro, quella puttana di numero uno ci sta togliendo di mezzo per godersi tutto il malloppo. Non so cosa darei per strangolarla con le mie mani.” Rispose il mugnaio.
“Credo che sia un suo piano ben studiato, come solo lei sa fare e che ha sempre fatto. Per questo ha stabilito la riunione per il plenilunio di ottobre, sapeva che non ci sarebbe arrivato vivo nessuno di noi.” Disse Morietti.
“Sei ancora in contatto con i tre fratelli?” Volle sapere il mugnaio.
“Sì, devono venire a prendere il pagamento fra qualche giorno, per gli incendi che hanno acceso alle fabbriche dei Tolesi, perché vuoi saperlo?”
“Voglio che li uccida tutti quanti. Ti ho portato un bel gruzzolo, tanto a me non serve più ma voglio eliminare tutta la setta.” Gli rispose mentre metteva sul tavolo cinque sacche di monete.
“Sono morti in tre, compreso il cavaliere, non credo che gli altri sappiano qualcosa della setta.” Gli rispose Morietti.“E con numero uno come facciamo?” Aggiunse.
“Non abbiamo tempo a sufficienza per provvedere anche a lei, e me ne dispiace molto ma se non sono diventato coglione del tutto confido che chi ci ha fatto questo poi passi anche a lei. Ah cosa darei per esserci quando verrà il suo turno!” Disse ridendo e tossendo il mugnaio.
“Ti sei mai chiesto chi può essere stato a dare inizio alla nostra fine?” Disse Morietti.
“Sapessi quante volte me lo sono chiesto! Ho passato notti intere, specialmente queste ultime a passare in rassegna ogni particolare di questi ultimi mesi e sai una cosa? C’è solo un elemento che si è introdotto nella nostra routine.” Lasciò in sospeso la frase mentre Morietti spalancava gli occhi in attesa di ascoltare cosa voleva dire il suo compagno.
“L’arrivo di Gastone!” Disse con un sospiro.
Il silenzio era carico di elettricità e si protrasse per parecchio.
“Non vorrai dire che ci ha presi per il culo tutti quanti! Non può essere! Ci ha sempre aiutati e si è sempre comportato più che onestamente.” Sbottò Morietti.
“E questo non ti sembra troppo perfetto?” Gli rispose il mugnaio.
“Ma non ha un motivo per farlo!” Ringhiò Morietti.
“Come facciamo ad esserne sicuri?” Rispose il mugnaio mentre una fitta dolorosa più delle altre gli trapassava il ventre. Si accasciò sulla sedia mentre una bava schiumosa gli usciva dalla bocca.
Morietti era spaventato e in quel momento cominciò a sentirsi male anche lui.
I loro occhi si puntarono sulla bottiglia che avevano appena svuotato e capirono, ma era troppo tardi.
La loro agonia durò per due ore, fino a quando la loro scorta, preoccupata della prolungata assenza entrò nella baita e li trovò cadaveri.
Gli uomini trovarono i loro padroni riversi sul pavimento, col corpo rattrappito come se avessero sopportato dolori atroci. Si guardarono esterrefatti chiedendosi cosa dovevano fare. Sul tavolo tre piccole sacche piene di monete.
Presero solo le sacche e lasciarono i corpi come stavano. Ognuno di loro prese la strada di casa dei loro padroni per andare ad avvisare le famiglie.
Vennero sepolti nello stesso giorno con un’unica funzione.
Gastone e Cincia erano seduti sotto il portico, le giornate erano piacevoli e Gastone rimaneva a casa il più possibile, Cincia era davvero allo stremo e aveva capito che molto presto se ne sarebbe andata.
“Quale è la tua prossima mossa?” Gli chiese  ad occhi chiusi la donna.
“Tocca al convento, e lo farò domani.” Le rispose.
Cincia sorrise debolmente. “Sarà l’ultima soddisfazione che mi prendo prima di morire, non sai quanto ti sono grata per quello che hai fatto.” Gli disse.
Gastone preparò la cena e aiutò Cincia a mangiare, la sollevò di peso come fosse un fuscello e la mise a letto. “Riposa amica mia, Rufus ti farà compagnia, io torno presto.” Le accarezzò la fronte rugosa e uscì.
Passò nel suo casotto e prese quello che gli serviva. La notte era rischiarata da una luna grande e bellissima. I suoi occhi rimasero fissi nel cielo per osservarla e cercare la stella di sua figlia, ma non indugiò più del necessario, aveva qualcosa da fare.
Arrivò al convento ma non passò dal portone principale, usò la solita entrata, non si fidava del tutto e non voleva avere brutte sorprese.
Aguzzò udito e vista, gli mancava Rufus. Rimase immobile parecchi minuti ad ascoltare i rumori della notte e degli uccelli, altro non si sentiva. Gli ci vollero parecchi minuti per posizionare la dinamite e le micce. Toccava al locale delle riunioni dei cavalieri. Posizionò la dinamite e poi, finalmente, prese il vaso con gli occhi di sua figlia e uscì sempre con la massima attenzione.
Aveva calcolato ogni cosa e, appena fu al sicuro accese la miccia e si allontanò in gran fretta.
Arrivò a casa e Rufus lo accolse scodinzolando. Gastone andò da Cincia e capì dal rantolo del suo respiro che era davvero vicina alla sua fine.
La prese in braccio e uscì sotto il portico. Si sedette sulla panca tenendola delicatamente in braccio, come una bambina.
“Guarda Cincia, ascolta.” Le sussurrò nell’orecchio anche se non sapeva se la donna fosse ancora cosciente o meno.
Si sentì un boato, poi un altro, poi un altro ancora e Cincia sussultò leggermente. Le fiamme cominciarono a divorare le macerie e il fumo si alzava insieme a lingue di fuoco che rischiaravano la notte.
“Questo è per te, amica mia, per me e per tutte le ragazze che sono state trucidate, per le loro famiglie che hanno tanto sofferto.” Disse più a se stesso.
“Mozza la testa del serpente” Gli disse Cincia prima di spirare con un sorriso tenero sul viso rugoso.
Gastone la strinse a sé, calde lacrime bagnarono la testa della donna. Le voleva bene, un altro pezzo della sua vita che finiva. “Lo farò, cara amica, lo farò e la farò soffrire più di tutti gli altri.”
Dal convento aveva portato via solo due sacche di monete, non voleva più di quello che gli serviva, era denaro macchiato di sangue innocente e lui lo sapeva bene.
Compose la salma di Cincia e avvisò le sue amiche che venissero per un ultimo saluto. Preparò una fossa vicino al fiume e la depose mentre le altre vecchie signore piangevano la sua dipartita.
Rientrarono in casa e si sedettero al tavolo. Ora c’era solo tristezza fra di loro.
“Qualcuna di voi è interessata a questa casa?” Chiese loro. Ma nessuna lo era. “Allora la distruggerò prima di andarmene. Vi ringrazio per le belle giornate passate insieme, vi saluto ora e non mi rivedrete più.” Le abbracciò una ad una e le accompagnò a casa.
Era davvero molto triste Gastone, osservava gli occhi di sua figlia che galleggiavano nel vaso. Presto ti porterò i tuoi occhi, figlia mia.
Costruì un baule e vi mise le sacche di denaro che aveva. Era un uomo ricco, ma era anche stanco. Presto l’autunno sarebbe arrivato e lui non voleva rimanere da solo, avrebbe trovato Margherita e si sarebbe fermato da lei per un po’ prima di terminare la sua vendetta, sapeva dove si trovava, lei gli aveva lasciato tanti indizi e lui sorrise fra sé.
Aspettò che il buio calasse e tornò nel cunicolo, aveva ancora una cosa da fare prima di partire. I cadaveri si stavano consumando e lui li degnò solo di uno sguardo. Raggiunse il baule, prese il libro della setta e ritornò a casa.


Romanzo di Milena Ziletti -  diritti e proprietà a lei riservati

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