martedì 4 agosto 2020

IL SEGRETO DELLA LUNA

IL SEGRETO DELLA LUNA

parte sessanta   







La chiesa non aveva ancora sostituito il sacrestano e il più vecchio dei figli del fabbro era tornato a mandare avanti l’officina del padre, ma c’era ben poco da fare. Inutile girarci intorno, erano in molti a pensare che ci fosse una maledizione ma non sapevano come affrontarla.

Era venerdì e Gastone era sicuro che ci sarebbe stata una riunione alla baita del marchese la domenica successiva, non vedeva l’ora di sentire cosa si sarebbero detti. Ne era sicuro perché non esisteva altro posto dove i cavalieri fossero certi di poter parlare in libertà.

Nel frattempo cercava di avere informazioni su Tolesi ma non sapeva a chi rivolgersi. Questi abitava piuttosto distante e aveva fabbriche sparse sul territorio. Sapeva che erano cinque fratelli e dirigevano le loro attività in armonia, da quanto aveva potuto supporre era il più vecchio a far parte dei cavalieri, di sicuro era quello che aveva più autorità sugli altri e sembrava fossero molto ricchi e sfruttavano i loro operai all’inverosimile. Doveva trovare qualcuno di questi per potergli parlare ma non aveva la minima idea di come fare.

Ne aveva parlato anche a Cincia e, con molta discrezione anche a Margherita, sperava in un colpo di fortuna. Nel frattempo doveva concentrarsi per la domenica successiva, doveva trovare una scusa con Margherita ed essere libero di muoversi come voleva.

Ci pensò Cincia a tenere occupata Margherita fingendosi malata. Gastone salutò le due donne e uscì dicendo che doveva fare un lavoro urgente.

Era già appostato da tempo quando arrivò il primo cavaliere, il marchese Lorreni aprì la porta e subito dopo di lui arrivò Costantino Morietti, il mugnaio Cesare Cestelli e Gorrini. C’erano tutti.

Il marchese non perse tempo in preamboli.

“Qui va sempre peggio! Bisogna fare qualcosa e bisogna farlo in fretta. Due cavalieri sono spariti, i campi sembrano sterili, gli animali sono malati o morti e poi l’incendio da Morietti, ci vuole una soluzione!” Urlò l’uomo.

“Ormai è palese che una maledizione ci ha colpiti tutti, ma non dovevamo essere protetti coni nostri riti?” Disse Morietti.

“Questa non è una maledizione ma un castigo per tutte le nefandezze che abbiamo fatto! Per questo la setta deve essere sciolta! Come ve lo devo dire?” Il mugnaio era molto accigliato.

“I miei splendidi stalloni e le cavalle si sono ammalati, i puledri sono morti e credo non mi rimarrà un animale vivo, sembra che vogliano raggiungere la mia adorata Gemma, e lo vorrei anch’io. Anche nelle mie cantine è successo qualcosa che ancora non ho capito ma i miei vini pregiati sono andati a male. A me non interessa niente di quello che farete, ho solo un desiderio: raggiungere mia figlia, visto che mia moglie se n’è tornata dai suoi genitori, non ho più voglia di continuare a vivere! Qualunque cosa decidiate fate quello che vi pare, alla prossima luna piena io mi dimetterò da Cavaliere della Terra Feconda e me ne andrò in Francia, raggiungerò mia moglie dai suoi parenti e aiuterò la sua famiglia nelle loro grandi tenute. Io me ne vado e non mi interessa di nient’altro.”

Quella era davvero la fine della setta e ne erano consapevoli, ma non sapevano come affrontarla. Certamente Numero Uno avrebbe avuto la soluzione, se fine doveva essere che fine fosse ma loro avevano diritto a riavere indietro quello che da anni le loro famiglie versavano e che soltanto Numero Uno gestiva e sapeva dove fossero i forzieri.

“Dobbiamo metterci d’accordo, la riunione si avvicina.” Ribadì il marchese.

“Che mi dite di Tolesi?” Chiese Morietti.

“L’ho visto pochi giorni fa.” Rispose il mugnaio. “Ci siamo incontrati per un affare che mi ha proposto e verrà in paese martedì, vuole visitare un appezzamento di terreno per costruire una fabbrica e mi ha chiesto di accompagnarlo.”

“Perché lo ha chiesto a te?” Volle sapere Morietti.

“Perché il terreno che gli interessa è il mio.” Gli rispose.

“A me dà l’impressione di essere un vampiro che si scaglia sulle vittime. Ora che sa che qui le nostre terre non vengono coltivate vorrà averle per poco, ma con me non funziona, tu non puoi vedere le tue terre senza che Numero Uno ti dia il consenso!” Ribadì Morietti.

“Le terre sono mie e ne faccio ciò che voglio, inoltre mi ha proposto di entrare in società con lui e se tutto andrà bene costruiremo altre fabbriche, io mi sono rotto le palle di sottostare a tante regole, voglio fare quello che mi pare.” Si inalberò Cestelli.

“Anche Tolesi è un cavaliere e se fa queste mosse vuol dire che Numero Uno le ha permesse.” Aggiunse Gorrini.

“Questo non fa che aumentare i miei sospetti.” Urlò il marchese. “Sembra un complotto per ridurci sul lastrico e prenderci tutto per poco. Io sono padrone in casa mia e lo voglio essere fin che mi pare!” Battè con forza il pugno sul tavolo.

Ci fu qualche attimo di silenzio.

“Lo sai che esiste un registro dove ci sono accordi firmati dai nostri predecessori e che noi abbiamo giurato di rispettarli.” Disse Morietti.

“Io non ho firmato un bel niente, voglio vederlo quel registro sul quale non c’è il mio nome, visto che non l’ho mai potuto nemmeno vedere.” Rimarcò il mugnaio.

Il clima si stava parecchio surriscaldando. Era vero che nessuno di loro aveva mai visto il famoso registro con le regole e i giuramenti fatti dai fondatori della setta ma ognuno di loro aveva giurato col sangue di rispettare le regole che Numero Uno aveva loro sottoposto. Gastone aveva capito che nessuno, nemmeno Numero Uno sapeva che fine avesse fatto, ma lui lo aveva trovato e doveva assolutamente trovare il modo di prenderlo e leggerlo, era giunto il momento di rischiare ma, si avvicinava il plenilunio e i tre investigatori erano ancora in giro e lui si sentiva controllato.

“Dobbiamo chiedere a Numero Uno di togliere di mezzo gli investigatori. In paese c’è fermento e la gente comincia ad essere nervosa, ho paura che basti poco per una sollevazione popolare, soprattutto se si venisse a sapere delle candele nere trovate nella mia proprietà durante l’incendio.” Disse Costantino.

“Che vuoi dire?” Chiese il marchese.

“Il nostro guardia caccia ha trovato tracce di tre cavalli, il portoncino col catenaccio divelto e fuori dal fienile in fiamme tre candele nere mezze consumate. Non possono aver attecchito l’incendio ma significa che qualcuno sta tramando di brutto contro di me se si è spinto fin dentro la mia proprietà con un rito di morte. Per fortuna quel Gastone è un uomo serio e non ne ha parlato a nessuno, mi ha dato tutto, compreso una seconda ciocca di capelli rossi intrecciati con nastro blu!” Morietti era davvero infuriato.

“Perché non dite chiaramente quello che pensate?” Urlò il marchese.

“E cosa stiamo pensando?” Rispose Morietti.

“Va bene, lo dirò io per tutti: Numero Uno e Numero Otto stanno tramando insieme per portarci via tutto, io questo penso!” Finalmente lo aveva detto e aspettò le loro reazioni.

Era inquietante ma sembrava talmente assurdo da poter essere vero.

Gastone non si perdeva una parola, avrebbe dato dieci anni di vita per poter assistere all’imminente riunione di plenilunio ma ancora non sapeva se ci sarebbe andato, troppo pericoloso, si sentiva osservato e anche oggi, per venire qui aveva fatto lunghi giri e controllato tutto varie volte.

Il mugnaio fece una risata. “Davvero pensate che Numero Uno debba ricorrere a queste cose per fare quello che vuole? Quando capirete che ha sempre gestito tutto come voleva senza avere bisogno dell’aiuto di nessuno? Siamo sempre stati troppo arrendevoli con lei, anch’io sono colpevole di questo. Le nostre attività erano redditizie e avevamo privilegi e puttane ogni volta che ne avevamo voglia, ci ha tenuto per le palle sempre, e adesso pensate che lei c’entri qualcosa con quello che è successo? Io credo di no, credo di più ad una vendetta, una punizione, i Cavalieri della Terra Feconda devono pagare il prezzo per quello che hanno avuto fino ad oggi, ed è giunto il momento!”

“Quello che ci è successo non può essere stato fatto dagli spiriti.” Il marchese, nemmeno terminò la frase e gli venne un colpo. Tutti avevano avuto lo stesso pensiero, e fu Morietti a dare voce a quello che stavano pensando.

“I capelli rossi intrecciati, le disgrazie, le calamità! E se la vergine dai capelli rossi fosse stata una strega che si sta vendicando? Si spiegherebbero anche le candele nere e tutto il resto. Possibile che abbiamo toccato qualcuno o qualcosa che non doveva essere toccato?”

Stavano tutti in silenzio. Era un pensiero sconvolgente ma poteva essere la spiegazione.

“Non credo che uno spirito, anche se di strega, possa aver ammazzato le ragazze!” Disse Gorrini.

“Anche le streghe hanno il loro seguito, tutto è possibile con questi esseri infernali!”

“Dobbiamo scoprirne di più! Dobbiamo indagare e trovare se da queste parti e nei dintorni ci siano clan di streghe. Dobbiamo affidare il compito a qualcuno di massima fiducia, trovare una scusa e un motivo valido per questa operazione. Che ne dite di Gastone? Su di lui possiamo fare affidamento, è un uomo che esegue gli ordini e non fa tante domande. Gira per un vasto territorio e lo conoscono quasi tutti ormai, potrebbe fare domande con discrezione e riferire a noi.” Azzardò il marchese.

“Senza mettere al corrente Numero Uno?” Rispose Morietti.

“Ne parleremo alla prossima riunione. Questo è troppo importante per agire senza il consenso di Numero Uno. Vediamo cosa propone lei e noi faremo la nostra proposta.

Gastone aveva sentito abbastanza e doveva muoversi prima di loro per essere sicuro di tornare a casa senza troppi pericoli.

Impiegò parecchio tempo ad arrivare a casa. Rufus lo stava aspettando sulla porta e dall’interno proveniva un buon profumo di cibo. La cena era pronta e lui era affamato. Entrò e salutò le donne con un sorriso e un bacio a Margherita, si sedettero e mangiarono, mentre il cielo si imbruniva e i due amanti già pregustavano le ore successive che avrebbero trascorso a letto.

Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati

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