MISHA
parte quindici
“Sono
proprio io.” Le disse sorridendo. La
strega si era seduta al suo fianco e, insieme guardavano il ruscello ascoltando
soltanto il rumore dell’acqua. Non c’era bisogno di parole, la telepatia era
ancora il loro linguaggio preferito.
“Sono qui,
ho sentito il tuo richiamo.” Le
trasmise la sua maestra.
Misha non
formulò nemmeno un pensiero, nemmeno una domanda, lei sapeva che Moliniana
avrebbe parlato non appena avesse voluto. Tenne lo sguardo fisso all’acqua e,
piano piano la sua mente si placò, così come pure l’acqua e da vispo torrente
si trasformò in un placido stagno. Lei non sapeva se fosse sveglia ma era
tranquilla e il suo respiro si fece lieve mentre lei chiudeva gli occhi.
Moliniana la
osservava, mentre la ragazza dormiva entrò nei suoi sogni e le parlò. Le mostrò
quello che ancora non le aveva svelato, anche se non tutto. Ogni mossa, ogni
emozione era in grado di cambiare gli eventi, il futuro era così difficile da
decifrare, da stabilire. Mai nessuno, nemmeno i più grandi maghi o veggenti erano
riusciti a capirlo, troppe incognite entravano a modificarlo.
Il respiro
lieve della ragazza si trasformò in un rantolo mentre nei sogni vedeva immagini che la spaventavano.
Moliniana le prese la mano e la tranquillizzò. “Dovrai trovare il modo di
cambiare il destino di tante persone, non dovrai mai arrenderti, il principe
ereditario dovrà ritornare sul trono. Dovrai porre fine al rapimento dei
bambini, trovali, nemmeno io so dirti dove sono, è un segreto ben custodito e
non sarà facile scoprirlo. Non dovrai cedere alle lusinghe di nessuno, tieni a
mente i tuoi compiti e sappi che non sarai mai sola. Credici, Misha, credici
fino in fondo. C’è un finale tutto da scoprire, usa con cautela i tuoi poteri o
finirai anche tu in una cella della prigione. Sii forte, noi ti abbiamo
preparato ma sta a te, soltanto a te portare a termine il compito. Al di là del
portale siamo tutti dalla tua parte, lavoriamo insieme per darti tutto l’aiuto
possibile, le fate, le ninfe, gli gnomi, i folletti, le streghe, tutti quanti
ti stiamo aiutando, ognuno in ciò in cui siamo capaci. Rimani con Muriel ancora
per l’estate, poi potrai andare oltre le mura. Noi saremo con te.” Un leggero bacio sulla fronte e
Moliniana sparì, lasciando la ragazza addormentata con la schiena contro il
tronco e una miriade di piccoli animali che le tenevano compagnia. Poco dopo,
il canto di un merlo solitario la svegliò. Si guardò intorno ma non vide
nessuno se non alcuni scoiattoli che la osservavano.
Il sole era
alto, era ora di tornare, Muriel aveva bisogno di aiuto, non era più tanto
giovane, le sarebbe piaciuto che la seguisse quando sarebbe partita ma non
poteva lasciare il villaggio senza guaritrice. Sarebbe stato un altro distacco,
un altro dolore, ma anche l’inizio di qualcosa di grande.
Raggiunse la
casupola e vide Muriel che la stava aspettando, era in ansia ma il suo sorriso
la rasserenò.
Entrarono e
la cena era pronta, c’era ancora tutta l’estate da passare insieme, prima di
dirsi addio.
I campi
stavano tornado alla vita, gli alberi, i fiori selvatici, tutto era un inno
alla primavera e all’estate che sarebbe arrivata di lì a poco col suo carico di
lavoro e di fatica.
Misha
aiutava tutti quelli che poteva, molti animali si ferivano, alcuni avevano
bisogno di aiuto per partorire, molti bambini nati deboli avevano bisogno di
vari tipi di medicamenti, il problema principale era la mancanza di
alimentazione corretta. Quella povera gente lavorava tanto ma restava ben poco
nelle loro dispense, se non fosse stato per qualche piccolo orto e un po’ di
pollame non sarebbero sopravvissuti.
Muriel
osserva spesso la ragazza medicina,
vedeva quanto fosse brava, e aveva dei poteri
che a lei mancavano. Lei, però
sapeva vedere oltre e, anche se
avvolto in una densa nebbia riusciva a percepire il futuro. Era triste, sapeva
che presto se ne sarebbe andata e, sentiva dentro di sé una inquietudine che
non la abbandonava, avrebbe voluto trattenerla, tenerla al sicuro ma era
cosciente che non poteva farlo. Moliniana non era stata chiara nemmeno con lei
che era una sorella, doveva essere qualcosa di molto importante e pericoloso quello
che aspettava quella splendida creatura.
Sospirando
preparò la sacca e anche quella di Misha che da due giorni non rientrava dal
troppo lavoro che aveva. Il giorno dopo sarebbe arrivato il carro, lo sapevano
entrambe. Preparò una cena leggera e aspettò il suo rientro.
Misha era
molto stanca e ringraziò Muriel per le sue attenzioni. Si coricarono e attesero
l’alba.
Era la fine
di maggio e sul carro faceva molto caldo. Misha si copriva i capelli con una
leggera sciarpa grigia, doveva assolutamente passare inosservata il più
possibile, i suoi capelli erano unici, così come la sua bellezza e sapevano
entrambe che poteva essere pericoloso.
Il capitano
le aspettava e le fece entrare senza tanti complimenti.
“Oggi
dovrete andare nella zona dei prigionieri più pericolosi. Sarete protette da
quattro guardie. Dovete fare molta attenzione, il principe non vuole che
muoiano.”
Il gruppetto
oltrepassò le celle mentre i prigionieri le guardavano sperando di ricevere la
loro razione di cure, tutti ne avevano bisogno. In quella prigione la tortura
era giornaliera e quasi nessuno riusciva ad uscirne vivo.
Le due
guaritrici raggiunsero le ultime due celle. Erano piccole, sporche e quattro
prigionieri erano incatenati al muro. Avevano i corpi sanguinanti, i visi
tumefatti, si vedeva che erano uomini dal corpo vigoroso, dovevano essere lì da
poco, anche la barba era incolta ma non troppo lunga.
Le due donne
entrarono ognuna in una cella e cominciarono il loro lavoro. Due guardie per
ognuna a controllare che tutto procedesse senza intoppi.
Gli occhi
fieri dei due uomini osservavano la ragazza che lavava via il loro sangue e
medicava le loro ferite, non avevano detto una parola, né fatto una smorfia.
Misha si
rivolse alle guardie “Andate a prendermi quattro secchi di acqua pulita.” Lo
disse dolcemente penetrando nelle loro menti, così che quelli le obbedirono
senza sapere come.
Rimase sola
con i due prigionieri. “Chi siete? Cosa vi hanno fatto?” Chiese loro sottovoce.
Gli uomini appesi al muro si scambiarono uno sguardo, come potevano fidarsi?
Misha si avvicinò a loro e li penetrò con i suoi splendidi occhi blu. “Potete
fidarvi” sussurrò dolcemente.
I due si
scambiarono un cenno e, mentre lei cercava di togliere sporcizia e sangue
rappreso, uno dei due iniziò a parlare.
“Siamo
quattro guardiani della cava sommersa.” Le rispose. “Abbiamo tentato di
scappare ma ci hanno ripresi e portati qui, nessuno esce da quel posto, nessuno
è mai uscito. Noi ci siamo entrati da bambini ed è lì che saremmo morti, per
questo abbiamo tentato l’impossibile, morire per morire tanto valeva tentare.”
“Cos’è la
cava sommersa?” Chiese ancora Misha.
L’uomo
chiuse gli occhi ma una lacrima sfuggì sulle guance ancora sporche. “In pochi
sanno dove si trova, è un segreto ben custodito.” Stava aggiungendo altro ma i
carcerieri erano tornati coni secchi d’acqua e Misha si rimise al lavoro.
I corpi di
quei due uomini erano stati torturati in modo crudele, avevano ferite ed
ematomi talmente enormi che, dopo aver lavato i corpi la ragazza vide che
nemmeno un pezzo di pelle era rimasto sano.
Nessuno più
aprì bocca, le guardie non li lasciarono più soli.
“Io qui ho
finito.” Disse Misha. “Se continuerete con queste torture non vivranno a lungo,
dite a chi di dovere che sono allo stremo.” Un ultimo sguardo ai due uomini
incatenati al muro e si allontanò con le guardie, anche Muriel aveva finito.
Misha doveva
trovare il modo di arrivare alla cella del principe, ma quattro guardie non
erano semplici da sviare. In quel momento arrivò il capitano e, visto che c’era
ancora tempo accompagnò le guaritrici nella zona femminile, lì c’era sempre
molto da fare.
Il capitano
sembrava esitare mentre le osservava, poi prese coraggio e chiamò Misha. “Vieni
con me!”
La ragazza
lo seguì e capì all’istante che la stava conducendo alla cella del principe.
L’uomo si
fermò prima di arrivarci e le si mise di fronte. La osservò con sguardo truce.
“Ora ti porto da un prigioniero molto particolare, devi giurarmi che non dirai
mai a nessuno quello che farai, e nemmeno sotto tortura dovrai confessare di esserci
stata, sono stato chiaro?” Le disse con un tono minaccioso.
La ragazza
fece un cenno con la testa. “Lo giuro.”
Il capitano
rimase titubante per alcuni istanti poi la precedette alla cella del principe.
Il principe
era lì alle sbarre e l’aspettava. Il capitano li lasciò soli.
“Sono felice
di rivederla.”Le disse il principe. “Abbiamo pochi minuti, non sprechiamoli.”
Aggiunse.
Le mani
dell’uomo erano intorno alle sbarre e Misha le coprì con le sue. Chiuse gli
occhi e cercò di entrare nella mente di quell’uomo così forte. Vagò nei suoi
ricordi, mentre le loro mani rimanevano unite. Scoprì molto della sua vita, di
che pasta fosse fatto e dello spirito giusto e della saggezza che erano innati
in lui, era il predestinato ad essere il re. Ora lo aveva capito, non c’erano
più incertezze.
Il principe
osservava incantato il volto sereno della ragazza, era bellissima. Slegò le sue
mani da quelle di lei e le fece una carezza. Misha aprì gli occhi e immensi
laghi blu si aprirono sul volto del principe. Per pochi attimi non capì chi
fosse, poi si riprese, afferrò dolcemente la mano che la stava accarezzando e
la portò alle labbra sfiorandola con un bacio.
“Mi chiamo
Misha, principe, sono quella che la salverà.”
Il capitano
si avvicinò con imbarazzo, ma stava rischiando la vita per quel breve incontro.
Un ultimo
sguardo fra i due e la ragazza seguì il capitano senza dire una parola.
Romanzo di Milena Ziletti, diritti e proprietà a lei riservati - immagine dalla pagina fb di elfi, fate e mondo incantato
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