lunedì 25 gennaio 2021

MISHA

 MISHA

parte venticinque



Era buio quando Misha rientrò. Dal ripostiglio delle erbe fece capolino Tom che le sorrise timidamente.

“E’ andato tutto bene oggi?” Gli chiese.

Si avvicinò al fuoco per riscaldarsi e lui la raggiunse sedendosi accanto a lei.

Gli pose una mano sulla spalla e lo attirò a sé.

Era piuttosto stanca ma preparò la cena, gli rifece le medicazioni e, finalmente poté coricarsi. Avrebbe potuto entrare nei sogni del bambino ma non voleva turbarlo, voleva che fosse lui a parlarle, doveva conquistare la sua fiducia e poi avrebbe fatto quello che doveva, ma non lo avrebbe mai sfruttato per avere le notizie che le servivano, quelle sarebbero venute, era solo questione di tempo, anche se di tempo ce n’era poco.

Erano passati dieci giorni da quando Tom era arrivato. I capelli cominciavano a crescere, il suo viso prendeva colore e faticava a rimanere costretto in casa, aveva capito il pericolo e il gelo che lo aveva quasi ucciso, perciò si adattava in attesa degli eventi.

Arrivò Kara con altri indumenti e gli sorrise. Lui ricambiò il sorriso e prese il suo prezioso fagotto.

“Oggi è meglio se non usciamo.” Disse la donna. “Ci sono troppi soldati in giro e cercano qualcuno. Fermano chiunque incontrino e non ci vanno per il sottile. C’è chi  è già finito in cella e la collera della gente divampa.” Le disse.

Erano tutti e tre seduti al tavolo.

“Tom, possiamo parlare a Kara della tua storia?” Gli chiese.

Il piccolo posò i suoi grandi occhi sulla donna che aveva imparato a conoscere e fece cenno di sì.

“Grazie, io comincio la storia e se tu avrai qualcosa da aggiungere o da correggere, ti prego di farlo.” Il piccolo assentì.

“Tanto tempo fa, sono stata strappata alla mia famiglia e, mentre mi trasportavano sono caduta dal carro. Infuriava un temporale e pioveva a dirotto, sono quasi annegata in una pozza e sarei morta se una splendida creatura, andando contro tutte le regole del suo popolo non mi avesse raccolta e portata con sé. Da tanto tempo, ogni anno i carri con le donne vestite di grigio passano nei villaggi e strappano i bambini alle loro famiglie, figli che non rivedranno mai più. Così come è avvenuto a me, sono sicura che sia successo a Tom.” Sospirò osservando entrambi, non era ancora il momento di parlare del mondo al di là del portale, non ancora.

“Nessuno ha mai saputo cosa succedeva ai loro bambini, tutti i genitori vivevano con questo dolore nel cuore, a me è stato chiesto di capire, discoprire e, se possibile porre fine a questo enorme dolore.” Riassunse brevemente.

“Frequentando la prigione ho scoperto che esiste un posto, che in pochissimi conoscono dove i bambini vengono portati. Sono tutti piccoli, non superano l’anno di vita e, vengono sfruttati nella cava profonda. Ci sono tunnel dai quali viene estratto qualcosa che ancora non conosco e sono talmente stretti che solo dei bambini possono entrarci a lavorare. Non so come vivano fino al momento di entrare nei tunnel, maschi e femmine, senza distinzione passano la loro breve vita ad estrarre materiale fino alla morte, e avviene in giovane età, per questo ogni anno hanno bisogno di altri bambini. Ho scoperto che anche alcune guardie hanno la stessa provenienza, sono ragazzi molto forti che hanno superato indenni il lavoro e, quando non possono più entrare nei tunnel vengono addestrati a fare i soldati e i guardiani. Due di loro sono scappati ed hanno portato fuori Tom, e sono morti pur di non rivelare dove lo avevano lasciato. Le guardie cercano lui, non perché sia un bambino importante ma perché nessuno deve conoscere questo segreto che è custodito da tempo immemorabile da pochissime persone e, attualmente anche dal nuovo re.” Stringeva nella sua la manina del piccolo che tremava visibilmente. “Sì, Tom, sono morti per salvarti ed io non lascerò che qualcuno ti trovi e ti riporti là. Quello che voglio fare è scoprire dove si trova la cava profonda e liberare tutti i ragazzi, distruggere chi l’ha creata, e questo anche a costo della mia stessa vita.” Guardò Kara. “Ecco, ora sai quale è il mio compito e cosa sono venuta a fare.” Aggiunse.

Lacrime di dolore bagnavano le guance della donna. Non sapeva niente di questa storia, poteva immaginare, in quanto madre di tre figli il dolore di perderne uno in quel modo. “Dovrai raccontarmi anche il resto, ci sono molte lacune da colmare.” Le disse Kara.

Misha assentì, non poteva continuare a tenere allo scuro la sua amica.

“Te ne parlerò quando anche il capitano sarà presente. Ho bisogno di fidarmi, il tempo scorre troppo velocemente ed io conosco ancora troppo poco.”

Tom strinse la mano di Misha. Vorrei poterti aiutare.

“Lo farai, piccolo.”

Le due donne dovettero rinunciare ad uscire per altri giorni, Kara non era nemmeno tornata a casa, aveva lasciato i suoi figlia alla madre e sapeva che erano in buone mani. In casa il cibo cominciava a scarseggiare e fuori nebbia e gelo la facevano da padrone.

Aspettavano il capitano quella sera, un biglietto infilato sotto la porta le aveva avvisate. Erano passati quattro giorni, anche dicembre si accorciava, così come l’arrivo della primavera e i carri sarebbero partiti.

Non c’era molto in tavola mentre aspettavano il capitano. Fuori era buio pesto ma i soldati continuavano a pattugliare le strade.

Il capitano bussò ed entrò seguito da una ventata di aria gelida. Posò una grande terrina colma di cibo sul tavolo mentre lui si avvicinava al camino per riscaldarsi.

“Non sapevo che avremmo avuto ospiti.” Disse mentre osservava Kara. Poi i suoi occhi scorsero il bambino e si bloccò. Capì subito che era quello che le guardie cercavano. Fece un grosso sospiro e si sedette al tavolo. Il cibo era stato riscaldato e cominciarono a mangiare in silenzio.

A fine cena si alzò, mise la sbarra alla porta e si assicurò che anche le piccole finestre fossero ben sigillate.

Trattennero il respiro quando sentirono passare una ronda che, per fortuna continuò oltre.

“Vi devo una spiegazione.” Disse Misha tenendo stretta la manina di Tom. Gli occhi del piccolo faticavano a rimanere aperti e lei lo accompagnò davanti al camino e lo fece stendere sulle coperte, in un attimo si addormentò.

“Possiamo parlare, lui non ci sentirà.” Bisbigliò.

“Ragazza incosciente! Sei in estremo pericolo! Cosa ti è saltato in mente di dare alloggio ad un ricercato del re?” le rimproverò con sguardo truce. Era davvero alterato.

“Capitano, lei conosce Kloriana, c’è lei dietro a tutto questo. E’ opera sua la caduta del vero principe ereditario e della salita al trono del principe usurpatore. Ho l’impressione che questo bambino sia una pedina importante in tutto questo, ora lo scopriremo. Dovete assolutamente stare in silenzio e farò in modo che voi vediate quello che vedo io.” Disse loro raggiungendo Tom serenamente addormentato. “Avvicinatevi, tenetevi per mano e poggiate l’altra mano sulle mie spalle.” Disse mentre si sedeva e prendeva la testa del bambino sulle sue gambe.

Il capitano e Kara presero posto e fecero quanto richiesto.

Misha posò una mano sulla fronte del piccolo e l’altra sul suo cuoricino che batteva lento.  Cominciò una nenia mentre sempre più si addentrava nella mente e nei sogni del piccolo. “Chiudete gli occhi, vedrete meglio.” Sussurrò.

Anche il cuore dei due convenuti raggiunse un battito lento e normale, era come se una magia facesse battere all’unisono i cuori di tutti come quello del bambino.

Lentamente, molto lentamente, Misha cominciò a penetrare nella mente di Tom. Dapprima vide quello che stava sognando: buio, tanto buio e qualcosa di verde scintillante. Lo tranquillizzò e gli cambiò il sogno, rendendolo più piacevole. Il piccolo sospirò.

Tom, portami dove stavi.

Senza fretta e accarezzando dolcemente la testa del piccolo, Misha rimase in attesa, non voleva forzarlo, ma aveva bisogno di sapere.

Tom, non avere paura, io ti sarò vicina e non ti accadrà niente di male. Portami là.

Fu un attimo e si ritrovarono tutti in un posto sconosciuto.

Misha non smetteva la nenia che calmava il piccolo e anche i suoi ospiti.

Si ritrovarono circondati da alte pareti. Era una enorme stanza, quella che Tom conosceva.

Cosa ci facevi qui, Tom?

Nella mente del bambino passarono le immagini di quello che aveva sempre fatto. Sentiva una stanchezza incredibile, era appena rientrato e anelava solo a potersi lavare, mangiare e dormire per riposarsi. Altri bambini e bambine erano con lui e facevano le stesse cose. Nessuno parlava. Erano tutti sporchi di fango con piccole scintille verdi.

Dov’eri, Tom, prima di rientrare?

Il piccolo fece il tragitto a ritroso. Videro cinque bambini che, uno dietro l’altro entravano in un cunicolo. Tom era quello davanti a tutti, il più piccolo. Teneva in mano un recipiente e una specie di piccozza, un arnese che nessuno di loro aveva mai visto, soltanto Misha si accorse che aveva la forma di un corvo con le ali spiegate. Tom proseguiva lentamente e scavava davanti a lui riempiendo il recipiente che passava a quello dietro di lui che gliene forniva un altro vuoto.

Quanto tempo rimani nel cunicolo?

Ma non ottenne risposta.

Ora puoi tornare nel tuo giaciglio.

e si ritrovarono da dove erano partiti.

Puoi uscire, Tom? Puoi farlo per me?

Il bambino attraversò la grande stanza che ospitava varie brande e raggiunse una porta.

Aprila, Tom, fammi vedere cosa c’è là fuori.

Quasi tremando, il piccolo uscì e tutto quello che riusciva a vedere era un immenso buio. Aveva i piedi immersi nel fango fino a metà polpaccio. Alzò gli occhi ma era tutto uguale: terra e cielo di fango.

Dove porti quello che i bambini portano fuori dal tunnel?

Tom raggiunse un immenso rifugio blindato guardato a vista da alcune guardie. Il piccolo si sorprese che non lo vedessero e non lo rimproverassero.

Bravo, Tom. Nessuno ti farà niente, non possono, tu sei qui con me e lo sai che non permetterò a nessuno di farti del male. Ora entra lì, io ti tengo per mano.

Tom cercò una porta laterale, piccola e quasi invisibile. La aprì e, prima di entrare si coprì gli occhi con le mani.

Montagne di un elemento verde brillante lo riempiva quasi tutto fino al soffitto. Era evidente che, qualunque cosa fosse ce n’era in gran quantità.

Tu sai che cos’è Tom?

Loro lo chiamano l’oro di Verzel, non so altro.

Dove tengono i bambini piccoli? Quelli che ancora non possono lavorare? Mi ci puoi portare?

Tom camminava in quella melma senza nessun fastidio, era così fin da quando aveva mosso i primi passi ed era la regola per lui.

Raggiunse un’altra grande costruzione ma non entrò.

Non mi è permesso entrare.

Fallo per me Tom, non ti vedrà nessuno, come prima.

Il bambino si stupiva di non essere visto e trovò la porta che cercava. Entrò in un grande spazio e si sentiva il pianto di tanti bambini, pianto che durava solo qualche secondo per poi tacere all’improvviso.

Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati - immagine dalla pagina di fb di Elfi, fate e mondo incantato

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