MISHA
parte diciannove
Misha
oltrepassò le sbarre con la paura di venirne imprigionata. Il suo corpo era
attraversato da sensazioni che non aveva mai provato e con fatica teneva il
battito del cuore sotto controllo.
Gli occhi
della donna osservavano Misha e la trapassavano da parte a parte, niente veniva
lasciato indietro e, ad un certo punto strinse le labbra come se avesse visto qualcosa che la infastidiva.
“Come ti
chiami, ragazzina?” Le chiese.
“Mi chiamo
Misha, e lei saprà bene chi sono e cosa faccio, ma io non so chi è lei.” Osò
rispondere senza alcun timore.
Un lieve
sorriso rilassò le labbra della sconosciuta. “Io sono Kloriana , e questo ti
deve bastare.” Le rispose.
“So chi sei
e cosa fai e sono qui per darti un avvertimento: rimani al tuo posto, porta
pure le tue conoscenze dove servono, ma sta lontana da ciò che non ti riguarda
o io lo verrò a sapere e per te saranno guai.” Disse mentre si le si avvicinava
con sguardo che sembrava lanciare fiamme.
Per un
attimo Misha pensò che quella fosse un drago e che presto l’avrebbe incenerita.
Kloriana teneva i pugni stretti come se dovesse trattenere un moto di rabbia ma
la ragazza non si scompose.
“Qui tutto
dipende da me!” le sussurrò all’orecchio prima di andarsene.
Misha aveva
trattenuto il respiro e aspettò che l’altra si fosse allontanata prima di
riprendere a respirare regolarmente.
Aspettò
qualche minuto, voleva essere certa che se ne fosse andata. Ritornò sui suoi
passi e il capitano la stava aspettando lì dove l’aveva lasciata.
“Se ne è
andata”. Disse soltanto l’uomo.
Misha
avrebbe voluto fargli domande ma lui le fece segno di tacere.
Lei avrebbe
tanto voluto rivedere il principe e cercò di dirlo alla mente del capitano.
“Lui non è
qui.” Le rispose.
Erano fuori
dal portone della prigione e non si erano scambiati nemmeno una parola.
“Capitano,
perché stasera non viene a cena da me? Mi sento così sola in questo posto.” Gli
chiese sperando che lui accettasse.
“Verrò
domani sera, se entro le sette non sarò arrivato non mi aspetti oltre, grazie.”
Le fece un cenno di saluto e rientrò.
Era
pensierosa Misha mentre rientrava a casa, sapeva che Kara la stava aspettando e
si avviò velocemente, domandandosi dove fosse il principe.
In quel momento
il principe William era a palazzo. Suo fratello Charles e sua sorella Mary lo
guardavano con disprezzo. Lui non abbassava mai lo sguardo.
“Voi sapete
bene chi sono io, non sarò mai niente di diverso dal principe ereditario quale
sono. Cosa volete?” Chiese loro.
“Nostro
padre sta molto male e vuole vederti, vuole vedere il suo figlio bastardo.”Gli
rispose sua sorella.
Gli avevano
fatto indossare abiti puliti e lo accompagnarono nella stanza del re, entrarono
tutti e tre.
Sul grande
letto, sorretto da parecchi cuscini, il vecchio re respirava a fatica. Fece un
cenno e quelli si avvicinarono.
William si
accorse che suo padre era alla fine, gli si avvicinò e, si inginocchiò al bordo
del letto. “Volevi vedermi, padre?” Gli chiese dolcemente.
Il re
allungò la mano fredda e rugosa e fece una carezza al volto di quel figlio che
aveva tanto amato, il suo primo figlio, il suo erede che lui stesso aveva
disconosciuto e allontanato, quello che, a sua insaputa era stato imprigionato
i e torturato.
Si sentivano
soltanto i respiri dei presenti, ognuno aveva le orecchie tese, pronto ad
intervenire al bisogno.
Mary si
avvicinò porgendo al padre un bicchiere d’acqua che quello rifiutò, erano
giorni che non mangiava e non beveva e la sua mente era più lucida del solito
non avendo ingerito la dose di droga.
“Io sto
morendo, figli miei. Il regno è in pericolo, c’è bisogno di un nuovo re forte e amato dal popolo che sappia
regnare con saggezza, giustizia e competenza. Siete miei figli ma soltanto uno
di voi è il naturale erede di tutto questo ed io lo benedico. Avvicinatevi.”
Aspettò che gli fossero tutti intorno e li osservò ognuno attentamente negli
occhi. Per pochi attimi tutti rividero lo sguardo fiero e amorevole di padre e
del loro re. Doveva costargli molta fatica quello che stava facendo, il respiro
era ormai un rantolo. “Io vi comando di …” ma non riuscì a finire la frase. Il
respirò gli mancò e il suo cuore cessò di battere.
William
rimase inginocchiato stringendo la mano di suo padre mentre alle sue spalle gli
altri due si scambiavano sguardi complici.
Fecero
ricomporre la salma e la rivestirono degli abiti regali, poi le campane
avvisarono della morte del re.
“Rimarrai
fino a dopo i funerali, poi decideremo cosa fare. Sarai sempre sorvegliato e
non potrai uscire dalla tua stanza senza scorta.” Gli disse suo fratello che
chiamò le guardie già istruite che lo accompagnarono nella sua stanza.
Tutti ormai
sapevano della morte del re. La vita doveva continuare, presto ci sarebbe stato
il funerale e l’investitura del nuovo re, ma niente sarebbe cambiato nella vita
del popolo, avevano solo la speranza che chiunque fosse stato nominato fosse un
re giusto e buono.
Il principe
William era solitario nella sua grande stanza, non gli era permesso di parlare
con nessuno. Avrebbe presenziato al funerale e poi, poi si chiese cosa avevano
in mente i suoi congiunti.
Misha
continuava il suo lavoro, tante persone avevano cominciato ad avere fiducia in
lei, a rispettarla nonostante fosse così giovane e lei ne era davvero fiera.
Stava preparando
la cena, sperando che il capitano mantenesse la parola. Era tutto pronto quando
sentì bussare.
Era una sera
fredda e nebbiosa, e solo con l’arrivo della pioggia e della neve la nebbia si
sarebbe diradata.
Il camino
rischiava e riscaldava la piccola casa e il capitano allungò le mani verso le
fiamme.
“Benvenuto,
Kurt. Non l’ho ancora ringraziata per quello che ha fatto per me, per questa
bella dimora e per gli aiutanti che mi ha assegnato.” Gli disse mentre portava
il cibo in tavola.
“Vuole
parlarmi un po’ di lei, capitano?” Le chiese mentre sorseggiavano un boccale di
vino.
L’uomo aveva
detto solo poche parole fino a quel momento. Alzò lo sguardo verso quella
ragazzina che fin dal primo momento in cui l’aveva vista le era entrata nel
cuore. Rivedeva in lei la sua amata figlia, perduta in un tragico incidente
insieme a sua moglie. Avrebbe voluto dirle quanto dolore aveva provato, quanta
solitudine lo avvolgeva, quanta sofferenza doveva sopportare, ma sapeva che non
ci sarebbe riuscito.
La mano
della ragazza si posò sulla sua. “Non c’è bisogno che parli, ho già letto i
suoi sentimenti, ho sempre saputo che lei è una brava persona e che fa quello
che può per non peggiorare la situazione dei prigionieri, così come so che deve
mentire spesso, e fare cose che non vorrebbe.” Si interruppe. “Vuole continuare
lei, Kurt?”
L’uomo
aspettò che il nodo che aveva in gola si sciogliesse. “Io sono fedele al
principe ereditario, lo sono sempre stato. Ho accettato il lavoro alla prigione
per non essere costretto ad arruolarmi come soldato. Quando lo hanno portato
nella cella quasi non riuscivo a capacitarmi. E’ stato lui stesso che mi ha
raccontato la sua storia, quello che gli hanno fatto suo fratello e sua
sorella. Non può immaginare il mio dolore quando ho visto la sua fidanzata in
fin di vita, torturata a morte solo perché non ha rinnegato il suo amore per
lui. Lei l’ha conosciuta, non meritava di morire in quel modo. Vivo
costantemente in pericolo di vita, se solo si scoprissero i miei veri
sentimenti e a chi ho giurato fedeltà mi taglierebbero la gola. Sono in
parecchi a desiderare la mia posizione ed è possibile che il nuovo re, chiunque
sia, voglia mettere qualcuno di sua totale fiducia al mio posto.”
Misha
ascoltava e capiva che ogni parola era vera. “Ci sono altre persone che sono
ancora devote al principe ereditario?” Gli chiese.
Il capitano
si guardò intorno, come se temesse che qualcuno fosse in ascolto. Misha si alzò
in piedi e, con un gesto della mano richiuse se stessa e l’uomo in una bolla
impenetrabile. “Ora può parlare, nessuno potrà ascoltare.” Kurt era incredulo e
allungò la mano che non riuscì a oltrepassare quella bolla che sembrava fatta
di niente.
“Le sue
guardie personali le ha conosciute e in qualsiasi momento sono pronte a dare la
loro vita per il principe. Ci sono io che gli ho giurato fedeltà, e altri
soldati e combattenti che non aspettano altro che di essere chiamati a
combattere per lui. Solo io so chi sono e se mi succedesse qualcosa tutto
verrebbe vanificato.” Le rispose.
“Ora lo so
anch’io, e non è facile che mi accada qualcosa di male.” Gli rispose.
Con gesto
inverso sciolse la bolla. Era pericoloso rimanere per troppo tempo isolati.
Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati - immagine dalla pagina di fb di Elfi fate e mondo incantato
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