MISHA
parte ventitre
“Si ricorda
i prigionieri incatenati alla parete che ho curato? Quelli provenivano proprio
da là, ma non ho fatto in tempo ad interrogarli. Deve raccogliere tutte le
informazioni che può su quel posto, e se verrà incarcerato qualcuno che
proviene dalla cava, per favore mi chiami subito. Il problema più grande è
Kloriana, una grande strega con poteri che superano quelli di tutte le altre
streghe, compresi i miei, devo conoscerla meglio, devo impossessarmi del libro
degli incantesimi che ha rubato, senza quello è una strega come le altre e può
essere sconfitta. Dove vive? Cosa fa per il reame? C’è qualcuno che la conosce?
Chi sono le donne vestite di grigio che prelevano i bambini? Come vede tutto è
legato alla cava sommersa, troviamola
e avremo un punto di partenza. Abbiamo quattro mesi prima che si organizzi un
altro viaggio nei villaggi e che molte famiglie soffrano per la perdita dei
loro figli. Come vede, capitano, non abbiamo tempo da perdere. Lei trovi un
appiglio, un animale che solo sia stato là che al resto ci penso io.” Concluse.
“Un’ultima
cosa, Helmut, le guardie personali del nuovo re sono leali al vero principe
ereditario, se ci riesce parli con qualcuno di loro, ci sarà pure qualcuno che
proviene da quel posto o che ne ha sentito parlare, dobbiamo approfittare di
ogni dettaglio.” Gli disse prima di salutarlo.
Il capitano
uscì nella notte fredda e umida, un velo di nebbia copriva la vista del cielo
stellato. Nessun rumore si sentiva per le vie, ma la sua mano non si staccò mai
dal pugnale fino a quando raggiunse la prigione dove aveva il suo alloggio.
Si sdraiò
con mille pensieri nella testa e non riusciva a dormire. Andò a controllare le
celle e i prigionieri e si soffermò davanti alle sbarre che tenevano da più di
due anni imprigionato il principe ereditario che ora dormiva. Come facesse ad
essere così calmo e sereno, il capitano se lo chiedeva ogni giorno. Tornò sui
suoi passi e, finalmente riuscì ad addormentarsi.
Dicembre era
iniziato con un gran gelo. Non aveva ancora nevicato ma le strade erano coperte
di bianco, la nebbia congelava e si posava su alberi e ciottoli e non si
scioglieva nemmeno durante la giornata.
Era
diventato difficoltoso anche per Misha e Kara andare nelle case di chi
richiedeva i loro servigi. Il re non aveva mantenuto la parola e non le aveva
assegnato un posto in cui ricevere gli ammalati.
Potevano
uscire soltanto nelle ore di luce, per questo saltavano il pranzo pur di curare
il maggior numero di persone possibile.
Misha stava
visitando un neonato quando una guardia entrò a cercarla.
“Deve
seguirmi alla prigione, il capitano ha richiesto con urgenza la sua presenza.”
Le disse.
Misha diede
istruzioni a Kara e seguì il soldato.
La prigione
era un poco riscaldata, ma i prigionieri pativano il freddo con i pochi abiti e
poche coperte che avevano.
Il capitano
l’accolse col suo solito cipiglio severo.
“Mi segua.”
Le disse soltanto.
Oltrepassarono
le celle maschili e anche quelle femminili che si erano riempite quasi al
limite. La ragazza capì che la stava conducendo alle ultime celle, quelle
destinate ai prigionieri speciali.
Come era
successo in precedenza, vide due uomini incatenati alla parete. Erano stati
torturati e avevano il corpo martoriato da numerose ferite e ustioni. Erano
privi di conoscenza.
“Li abbiamo
appena riportati dalla camera delle torture. Non ho idea di chi siano e che
cosa abbiano commesso, ma il solo fatto che siano qui, mi fa capire che sono
prigionieri diversi dagli altri. Tocca a lei, ora, ragazza medicina.” Le disse.
Misha
cominciò a lavare e disinfettare quei corpi così martoriati. Cucì varie
lacerazioni, sistemò una spalla slogata, ci impiegò parecchio tempo prima di
essere parzialmente soddisfatta del suo lavoro. I due prigionieri avevano
cominciato a lamentarsi, si stavano risvegliando mentre lei li osservava.
Avevano corpi possenti, e il loro battito cardiaco era forte, anche con il viso
irriconoscibile dal gonfiore si vedeva
che erano uomini sani e ben nutriti.
Prese
dell’acqua e li dissetò. Il capitano era fuori dalla cella e non si faceva
sfuggire nessun movimento. Non era stato autorizzato a chiamare la ragazza
medicina e doveva essere molto vigile.
Uno di loro
cercò di aprire gli occhi, gonfi e rossi per i colpi che aveva subìto. Aveva la
vista annebbiata e dolori in tutto il corpo ma la sua mente si stava
risvegliando.
Osservò la
ragazza che aveva di fronte e pensò di essere morto e quella fosse un angelo
venuto a prenderlo. Scosse la testa per schiarirsi meglio la vista e si voltò
in cerca del suo compagno che era ancora svenuto.
“E’ morto?” Chiese con molta difficoltà.
“No, è
ancora svenuto ma presto anche lui riprenderà conoscenza.” Gli rispose
dolcemente.
Era in
quella cella già da due ore e il capitano scalpitava.
“Chi siete?”
Gli chiese Misha.
L’uomo non
rispondeva. Aveva paura che quello fosse un inganno e che facesse parte della
tortura. Li avevano ridotti proprio male con quelle torture, con tutti quegli
aggeggi che erano manovrati molto espertamente da uomini disumani. Loro due,
però non avevano ceduto, e non lo avrebbero fatto nemmeno ora.
Misha si
accorse di tutto quello che passava nella mente del prigioniero. Nel frattempo
anche il suo compagno cominciò a lamentarsi, anche lui si stava risvegliando.
Una guardia
portò un messaggio al capitano. I prigionieri dovevano essere riportati nella
camera delle torture appena si fossero ripresi. Passò il messaggio anche alla
ragazza.
Ora erano
entrambi coscienti. “E’ arrivato l’ordine di riportarvi nella camera delle
torture, di cosa siete accusati per essere sottoposti a così tanta crudeltà?”
Chiese loro.
Si vedeva
bene che erano disposti a morire piuttosto che cedere.
“Ti
scongiuro, ragazza, metti una lama nei nostri cuori, non farci torturare
ancora.” Gli disse.
“Io sono qui
per aiutarvi non per farvi del male.” Rispose.
Il primo
uomo che si era risvegliato aveva un occhio chiuso e l’altro appena aperto da
uno spiraglio. “Avvicinati, voglio vedere il tuo volto.” E lei si avvicinò più
che poté.
Il
prigioniero cercò di osservarla anche fra la nebbia che l’avvolgeva.
“Mi chiamo
Misha, sono una ragazza medicina, tu chi sei?”
L’uomo
faticava a respirare, aveva delle costole spezzate e ogni respiro, ogni parola
gli costava un gran dolore.
“Io sono
Orson e lui e Laret, siamo schiavi fin dalla nascita, due dei pochi
sopravvissuti ai lavori nei tunnel della cava sommersa. Solo chi è molto forte
ci riesce, la maggior parte non supera i dodici quindici anni, e le ragazzine
nemmeno quelli.” Disse con grande difficoltà.
“Dove si
trova la cava sommersa?” Le chiese speranzosa.
“Non lo
sappiamo. Ci siamo entrati troppo piccoli e non ne siamo mai usciti, non so
dove si trova.” Le rispose.
“Perché vi
stanno torturando?” Gli chiese ancora.
“Perché ci
siamo fidati della persona sbagliata. Ci aveva promesso la libertà, invece ci
ha consegnato alle guardie della strega. Quella maledetta strega ci ha portati davanti al
nuovo re, non ricordo altro, dopo di che ci siamo ritrovati qui ma non sappiamo
come ci siamo arrivati, è tutto molto confuso.” Le rispose.
“Cosa
volevate fare?” Lei insisteva ben sapendo che doveva fare in fretta.
“Scappare,
vedere il sole, respirare l’aria. Camminare nell’erba come là non si può fare.
C’era qualcuno che ci raccontava del mondo fuori dalla cava e noi volevamo
conoscerlo, invece era una trappola e credo che in tanti ci siano caduti.”
Sospirò trattenendo una smorfia di dolore.
“Ora chiudi
gli occhi.” Gli disse.
Usando una
nenia dolce e i suoi poteri entrò nella mente dell’uomo e quello che vide la
sconvolse. Non c’era niente, solo un immenso nero che avvolgeva ogni singolo
organo del suo corpo, compresa la mente. Una marea densa e nera che lo stava
uccidendo piano. Si accorse subito che si trattava di un incantesimo terribile
e uscì subito dalla sua mente.
Riprese
fiato e gli accarezzò il viso. “Metterò fine alle vostre sofferenze.” Bisbigliò
per non farsi sentire da nessun altro.
Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati - immagine dalla pagina di fb di Elfi, fate e mondo incantato
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