MISHA
parte diciassette
Misha era
sconvolta. Il principe era ridotto davvero male ma il capitano poteva curarlo,
lei non sarebbe rimasta, nemmeno Muriel, aveva capito che anche loro erano in
pericolo per un motivo che ancora le sfuggiva.
“Ci
accompagni fuori, capitano. Le prometto che torneremo, che tornerò molto
presto, mi trasferirò qui e potrò capire molto di più.” Gli rispose.
“A tal
proposito ho il documento che le assegna la sua prossima dimora, glielo prendo
e poi potrete tornare a casa. Inutile chiederle di non parlare con nessuno.”
Raggiunsero
Muriel e il carro partì a grande velocità.
A differenza
delle altre volte rincasarono prima. Si spogliarono e ripeterono il rito del
lavaggio sia personale che degli abiti.
Mentre Misha
terminava di rivestirsi, Muriel mise in tavola del cibo. La candela era accesa
e varie ombre sembravano danzare sulle pareti.
“Me ne vuoi
parlare, Misha?” Sussurrò la vecchia guaritrice, talmente a bassa voce che
quasi non si sentiva. Avevano paura, e non era mai successo.
“Il principe
usurpatore ha quasi ucciso suo fratello. Lo ha torturato lui personalmente ma
non credo che abbia ottenuto quello che voleva, o lo avrebbe finito.” Le
rispose sempre bisbigliando. “Fra un paio di mesi io andrò là, ho già i
documenti per la casa, mi piacerebbe vederla la prossima volta che ci chiamano,
anche se non è importante, quello che conta è che devo sapere, devo conoscere cosa succede e userò tutto quello che
conosco per riuscirci.”
La giovane
era molto triste, ma altrettanto determinata. Sospirò, sapeva che era un arduo
compito quello che l’aspettava. Ripensò ai prigionieri che le avevano parlato
della cava sommersa. Che fosse lì che
tenevano i bambini? Da quanti anni andava avanti la storia? Perché nessuno ne
parlava mai? Era possibile che il re non fosse implicato? Questa era una
domanda molto complicata, perché se il re ne era a conoscenza le sue conoscenze
sarebbero passate all’erede, ma come poteva il principe ereditario accettare
una cosa simile? Scosse la testa sotto lo sguardo attento di Muriel. “Andiamo a
dormire.” Le disse quella.
Luglio e
agosto passarono sotto una cappa di caldo insopportabile. Alcuni anziani, già
deboli non superarono l’estate. Fu solo all’inizio di settembre che l’aria
divenne più respirabile.
Le due
guaritrici avevano lavorato parecchio in tutti i villaggi, ma non erano più
state chiamate alla prigione.
Avevano
finito di cenare e le ombre del crepuscolo già avevano accorciato le giornate.
Molti medicamenti erano finiti, una buona parte erano tenuti in disparte per
Misha, per quando, molto presto se ne sarebbe andata.
La giovane
si sdraiò sul letto, mentre le ombre scure della notte avvolgevano il creato
illuminato da una luna nascente e brillante e miliardi di stelle sembravano
danzare con la loro luce tremolante.
Cercò di
concentrarsi e di tornare nella cella
del principe. Era sicura che si fosse ripreso. Cercò di volare nella cella, e non si capacitò di quanto difficile fosse, la
prima volta ci era riuscita con facilità. Riuscì a vedere il corpo disteso sul giaciglio ma immerso in molta nebbia. Sentì il respiro regolare dell’uomo
addormentato ma non riuscì ad andare oltre. Le forze che stava impiegando per
essere là erano troppe e se non fosse
stata sdraiata nel suo letto sarebbe caduta svenuta. Muriel si accorse che
qualcosa stava succedendo e la raggiunse, staccandola da quello che stava
facendo. Con un sospiro, la giovane si girò su un fianco e si addormentò.
Settembre
era iniziato con la dolcezza dell’imminente autunno. Tutti si erano accorti che
le stagioni cambiavano abito in modo sempre diverso, a volte lento, altre volte
repentino. Quello era una di quelle volte dove l’autunno mordeva l’estate per
mandarla via il prima possibile.
Misha e
Muriel avevano preparato ceste e sacche di medicamenti, la partenza della
ragazza era imminente, il carro sarebbe presto venuto per portarla oltre le
mura.
Era evidente
la tristezza della strega nel sapere che presto sarebbe stata di nuovo sola.
La sera era
calata mentre piccole e tremolanti stelle cercavano di bucare il blu del cielo
come fiammelle danzanti.
Misha stava
terminando i preparativi per la partenza, entrambe le donne sapevano che il
giorno successivo sarebbe arrivato il carro.
“Cosa farai
quando sarai là?” Le chiese Muriel.
Misha
sospirò. “Farò quello che so fare, quello che serve per migliorare la vita di
chiunque ne avrà bisogno, e cercherò di scoprire cosa si nasconde, perché sono
sicura che c’è molto di nascosto.” Le rispose.
“Lo sai,
vero che è pericoloso? Che nessuna di noi streghe è mai riuscita ad
oltrepassare un confine oltre il quale c’è qualcosa di misterioso e
sconosciuto? Non temi quello che ti aspetta?”
Misha
sospirò di nuovo. “sono stata addestrata proprio per questo. Io sono pronta.”
Le rispose.
Avrebbe
compiuto presto quindici anni, era bellissima e nemmeno se ne rendeva conto. La
sua diversità nel viola perlato dei capelli, di immensi occhi blu e la dolcezza
del suo viso non poteva essere celata, e lei non aveva intenzione di nascondere
niente, lei era Misha, la guaritrice e come tale sarebbe stata accettata da
quel popolo immerso nella povertà e nell’ingiustizia al quale avrebbe portato
tutto il suo sapere.
L’alba era
spuntata da poco e le due donne avevano già fatto colazione. In lontananza si
sentiva il rumore del carro che, nel silenzio del mattino non ancora spuntato
sembrava fare ancora più rumore.
Le due donne
presero i bagagli e li portarono fuori dalla porta. Fu con grande stupore di
entrambe che videro radunarsi una moltitudine di persone: uomini, donne,
bambini e tanti animali che lei stessa aveva curato. Erano lì per lei, per
salutarla e ringraziarla. Nessuno parlava ma il silenzio era molto più imponente
delle parole.
Misha cercò
di trattenere le lacrime, era emozionata. Sorrise a tutti mentre una bambina le
consegnava un mazzo di fiori. Si avvicinò anche l’anziano del posto. La osservò
con occhi lucidi. “Torna quando vuoi, ragazzina medicina, qui ci sarà sempre un
posto per te.” Le fece un cenno con la testa e ritornò nel gruppo.
Muriel
l’abbracciò stretta ma non disse nemmeno una parola, furono le sue lacrime a
parlare per lei.
Il carro era
stato caricato, mancava solo lei. Il conducente aspettava paziente mentre il
sole colorava di immenso quel posto benedetto dalla natura e maledetto dal
reame.
Misha passò
un’ultima volta il suo sguardo su quelle persone che ormai conosceva bene,
sospirò e salì sul carro senza più voltarsi, non voleva che vedessero le sue
lacrime, anche se tutti se ne erano accorti.
Muriel si
asciugò gli occhi e rientrò in casa, seguita da tutti gli altri che,
silenziosamente ripresero la strada della loro vita, senza sapere che la
ragazzina medicina aveva un compito che riguardava anche loro.
Era quasi
mezzogiorno quando attraversarono il grande portone. C’era molto movimento,
come sempre. Tutti erano impegnati in qualche lavoro. Il carro si arrestò in
uno stretto vicolo. Davanti ad una porta, il capitano delle guardie della
prigione la stava aspettando. L’aiutò a scendere dal carro e diede ordine a due
sottoposti di scaricare i bagagli mentre lui entrava e le mostrava la piccola
abitazione.
“Grazie
capitano per essere qui, non conosco nessuno e mi fa piacere vedere un viso
conosciuto.” Lo salutò Misha.
“Mi chiami
Kurt quando non siamo là dentro, la prego.” Le disse mentre apriva una piccola
finestra che dava su un cortile interno dove c’era una fontana e alcuni vasi di
piante verdi e rigogliose.
Le mostrò la
piccola cucina, la cameretta, e un ripostiglio piuttosto grande. “Qui potrà
mettere le sue scorte, c’è una vasca e varie suppellettili. Se le serve altro
me lo faccia sapere, le è stata assegnata una guardia del corpo per i primi
tempi e una donna che l’aiuterà nel suo lavoro e a conoscere la gente di questo
posto. Quando vorrà potrà lasciarli liberi, ma non abbia fretta, il principe in
persona ha dato ordini precisi per la sua sicurezza e sussistenza, può stare
certa che nessuno oserà contrastarla, ma la prudenza non è mai troppa. Ora devo
andare, Kara sarà a sua disposizione tutto il tempo che le serve, e Helmut sta
nella casa a fianco, deve solo bussare e lui arriverà.” Non aggiunse altro e
uscì.
Misha
roteava lo sguardo e già era felice di quella casa così intima, finalmente
aveva un’abitazione tutta sua. Kara era in piedi, con lo sguardo a terra, in
attesa di conoscere cosa desiderava quella ragazzina che le era stata
assegnata, lei era solo una madre e una moglie e aveva dovuto abbandonare la
sua famiglia per assolvere al compito che le era stato comandato dal principe.
“Vieni a
sederti qui con me.” Le disse Misha.
“Io mi
chiamo Misha, sono una donna medicina e vorrei conoscerti un po’, visto che
dovremo stare insieme per qualche tempo. Parlami di te.” E la invitò a sedersi.
Kara era
imbarazzata, e l’altra se ne accorse. “Perché non prepariamo qualcosa da
mangiare insieme? Poi faremo conoscenza.” Le disse con un sorriso.
Kara scattò
in piedi e si diede da fare. Iniziarono così la loro conoscenza e convivenza.
Era buio e
le due donne avevano già cenato. Kara stava stendendo una coperta sul
pavimento. “Torna a casa, Kara. Ci rivediamo domani mattina, io non mi muoverò
fino a quando tu non sarai qui. Vai dalla sua famiglia.”
Chiuse la
porta e, per la prima volta sentì tutto il peso di quello che l’aspettava. Si
sdraiò sul piccolo letto aspettando che il sonno venisse a prenderla, e ci
volle parecchio tempo, ma alla fine si abbandonò al sonno e ai sogni.
Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati - immagine dalla pagina fb di elfi, fate e mondo incantato
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