mercoledì 13 gennaio 2021

MISHA

 MISHA

parte diciassette



Misha era sconvolta. Il principe era ridotto davvero male ma il capitano poteva curarlo, lei non sarebbe rimasta, nemmeno Muriel, aveva capito che anche loro erano in pericolo per un motivo che ancora le sfuggiva.

“Ci accompagni fuori, capitano. Le prometto che torneremo, che tornerò molto presto, mi trasferirò qui e potrò capire molto di più.” Gli rispose.

“A tal proposito ho il documento che le assegna la sua prossima dimora, glielo prendo e poi potrete tornare a casa. Inutile chiederle di non parlare con nessuno.”

Raggiunsero Muriel e il carro partì a grande velocità.

A differenza delle altre volte rincasarono prima. Si spogliarono e ripeterono il rito del lavaggio sia personale che degli abiti.

Mentre Misha terminava di rivestirsi, Muriel mise in tavola del cibo. La candela era accesa e varie ombre sembravano danzare sulle pareti.

“Me ne vuoi parlare, Misha?” Sussurrò la vecchia guaritrice, talmente a bassa voce che quasi non si sentiva. Avevano paura, e non era mai successo.

“Il principe usurpatore ha quasi ucciso suo fratello. Lo ha torturato lui personalmente ma non credo che abbia ottenuto quello che voleva, o lo avrebbe finito.” Le rispose sempre bisbigliando. “Fra un paio di mesi io andrò là, ho già i documenti per la casa, mi piacerebbe vederla la prossima volta che ci chiamano, anche se non è importante, quello che conta è che devo sapere, devo conoscere cosa succede e userò tutto quello che conosco per riuscirci.”

La giovane era molto triste, ma altrettanto determinata. Sospirò, sapeva che era un arduo compito quello che l’aspettava. Ripensò ai prigionieri che le avevano parlato della cava sommersa. Che fosse lì che tenevano i bambini? Da quanti anni andava avanti la storia? Perché nessuno ne parlava mai? Era possibile che il re non fosse implicato? Questa era una domanda molto complicata, perché se il re ne era a conoscenza le sue conoscenze sarebbero passate all’erede, ma come poteva il principe ereditario accettare una cosa simile? Scosse la testa sotto lo sguardo attento di Muriel. “Andiamo a dormire.” Le disse quella.

Luglio e agosto passarono sotto una cappa di caldo insopportabile. Alcuni anziani, già deboli non superarono l’estate. Fu solo all’inizio di settembre che l’aria divenne più respirabile.

Le due guaritrici avevano lavorato parecchio in tutti i villaggi, ma non erano più state chiamate alla prigione.

Avevano finito di cenare e le ombre del crepuscolo già avevano accorciato le giornate. Molti medicamenti erano finiti, una buona parte erano tenuti in disparte per Misha, per quando, molto presto se ne sarebbe andata.

La giovane si sdraiò sul letto, mentre le ombre scure della notte avvolgevano il creato illuminato da una luna nascente e brillante e miliardi di stelle sembravano danzare con la loro luce tremolante.

Cercò di concentrarsi e di tornare nella cella del principe. Era sicura che si fosse ripreso. Cercò di volare nella cella, e non si capacitò di quanto difficile fosse, la prima volta ci era riuscita con facilità. Riuscì a vedere il corpo disteso sul giaciglio ma immerso in molta nebbia. Sentì il respiro regolare dell’uomo addormentato ma non riuscì ad andare oltre. Le forze che stava impiegando per essere erano troppe e se non fosse stata sdraiata nel suo letto sarebbe caduta svenuta. Muriel si accorse che qualcosa stava succedendo e la raggiunse, staccandola da quello che stava facendo. Con un sospiro, la giovane si girò su un fianco e si addormentò.

Settembre era iniziato con la dolcezza dell’imminente autunno. Tutti si erano accorti che le stagioni cambiavano abito in modo sempre diverso, a volte lento, altre volte repentino. Quello era una di quelle volte dove l’autunno mordeva l’estate per mandarla via il prima possibile.

Misha e Muriel avevano preparato ceste e sacche di medicamenti, la partenza della ragazza era imminente, il carro sarebbe presto venuto per portarla oltre le mura.

Era evidente la tristezza della strega nel sapere che presto sarebbe stata di nuovo sola.

La sera era calata mentre piccole e tremolanti stelle cercavano di bucare il blu del cielo come fiammelle danzanti.

Misha stava terminando i preparativi per la partenza, entrambe le donne sapevano che il giorno successivo sarebbe arrivato il carro.

“Cosa farai quando sarai là?” Le chiese Muriel.

Misha sospirò. “Farò quello che so fare, quello che serve per migliorare la vita di chiunque ne avrà bisogno, e cercherò di scoprire cosa si nasconde, perché sono sicura che c’è molto di nascosto.” Le rispose.

“Lo sai, vero che è pericoloso? Che nessuna di noi streghe è mai riuscita ad oltrepassare un confine oltre il quale c’è qualcosa di misterioso e sconosciuto? Non temi quello che ti aspetta?”

Misha sospirò di nuovo. “sono stata addestrata proprio per questo. Io sono pronta.” Le rispose.

Avrebbe compiuto presto quindici anni, era bellissima e nemmeno se ne rendeva conto. La sua diversità nel viola perlato dei capelli, di immensi occhi blu e la dolcezza del suo viso non poteva essere celata, e lei non aveva intenzione di nascondere niente, lei era Misha, la guaritrice e come tale sarebbe stata accettata da quel popolo immerso nella povertà e nell’ingiustizia al quale avrebbe portato tutto il suo sapere.

L’alba era spuntata da poco e le due donne avevano già fatto colazione. In lontananza si sentiva il rumore del carro che, nel silenzio del mattino non ancora spuntato sembrava fare ancora più rumore.

Le due donne presero i bagagli e li portarono fuori dalla porta. Fu con grande stupore di entrambe che videro radunarsi una moltitudine di persone: uomini, donne, bambini e tanti animali che lei stessa aveva curato. Erano lì per lei, per salutarla e ringraziarla. Nessuno parlava ma il silenzio era molto più imponente delle parole.

Misha cercò di trattenere le lacrime, era emozionata. Sorrise a tutti mentre una bambina le consegnava un mazzo di fiori. Si avvicinò anche l’anziano del posto. La osservò con occhi lucidi. “Torna quando vuoi, ragazzina medicina, qui ci sarà sempre un posto per te.” Le fece un cenno con la testa e ritornò nel gruppo.

Muriel l’abbracciò stretta ma non disse nemmeno una parola, furono le sue lacrime a parlare per lei.

Il carro era stato caricato, mancava solo lei. Il conducente aspettava paziente mentre il sole colorava di immenso quel posto benedetto dalla natura e maledetto dal reame.

Misha passò un’ultima volta il suo sguardo su quelle persone che ormai conosceva bene, sospirò e salì sul carro senza più voltarsi, non voleva che vedessero le sue lacrime, anche se tutti se ne erano accorti.

Muriel si asciugò gli occhi e rientrò in casa, seguita da tutti gli altri che, silenziosamente ripresero la strada della loro vita, senza sapere che la ragazzina medicina aveva un compito che riguardava anche loro.

Era quasi mezzogiorno quando attraversarono il grande portone. C’era molto movimento, come sempre. Tutti erano impegnati in qualche lavoro. Il carro si arrestò in uno stretto vicolo. Davanti ad una porta, il capitano delle guardie della prigione la stava aspettando. L’aiutò a scendere dal carro e diede ordine a due sottoposti di scaricare i bagagli mentre lui entrava e le mostrava la piccola abitazione.

“Grazie capitano per essere qui, non conosco nessuno e mi fa piacere vedere un viso conosciuto.” Lo salutò Misha.

“Mi chiami Kurt quando non siamo là dentro, la prego.” Le disse mentre apriva una piccola finestra che dava su un cortile interno dove c’era una fontana e alcuni vasi di piante verdi e rigogliose.

Le mostrò la piccola cucina, la cameretta, e un ripostiglio piuttosto grande. “Qui potrà mettere le sue scorte, c’è una vasca e varie suppellettili. Se le serve altro me lo faccia sapere, le è stata assegnata una guardia del corpo per i primi tempi e una donna che l’aiuterà nel suo lavoro e a conoscere la gente di questo posto. Quando vorrà potrà lasciarli liberi, ma non abbia fretta, il principe in persona ha dato ordini precisi per la sua sicurezza e sussistenza, può stare certa che nessuno oserà contrastarla, ma la prudenza non è mai troppa. Ora devo andare, Kara sarà a sua disposizione tutto il tempo che le serve, e Helmut sta nella casa a fianco, deve solo bussare e lui arriverà.” Non aggiunse altro e uscì.

Misha roteava lo sguardo e già era felice di quella casa così intima, finalmente aveva un’abitazione tutta sua. Kara era in piedi, con lo sguardo a terra, in attesa di conoscere cosa desiderava quella ragazzina che le era stata assegnata, lei era solo una madre e una moglie e aveva dovuto abbandonare la sua famiglia per assolvere al compito che le era stato comandato dal principe.

“Vieni a sederti qui con me.” Le disse Misha.

“Io mi chiamo Misha, sono una donna medicina e vorrei conoscerti un po’, visto che dovremo stare insieme per qualche tempo. Parlami di te.” E la invitò a sedersi.

Kara era imbarazzata, e l’altra se ne accorse. “Perché non prepariamo qualcosa da mangiare insieme? Poi faremo conoscenza.” Le disse con un sorriso.

Kara scattò in piedi e si diede da fare. Iniziarono così la loro conoscenza e convivenza.

Era buio e le due donne avevano già cenato. Kara stava stendendo una coperta sul pavimento. “Torna a casa, Kara. Ci rivediamo domani mattina, io non mi muoverò fino a quando tu non sarai qui. Vai dalla sua famiglia.”

Chiuse la porta e, per la prima volta sentì tutto il peso di quello che l’aspettava. Si sdraiò sul piccolo letto aspettando che il sonno venisse a prenderla, e ci volle parecchio tempo, ma alla fine si abbandonò al sonno e ai sogni.

Romanzo di Milena Ziletti - diritti e proprietà a lei riservati - immagine dalla pagina fb di elfi, fate e mondo incantato

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