martedì 10 dicembre 2019

KATRIN, LA SUA STORIA


KATRIN, LA SUA STORIA

parte cinquantatre






Robin osservava la ragazza. Che le ha detto, miss Katrin. Le chiese osservando il suo sguardo assorto. Non ho capito cosa sia successo ma quello che mi ha detto è stata una dichiarazione di guerra, non so cosa aspettarmi; non sono più una bambina che può gestire come vuole, ma era davvero determinato. Gli rispose.
Aumenterò la sorveglianza, forse so cosa è successo, ma lei, miss Katrin non ne ha mai voluto sapere niente. Le ricordò. E non lo voglio nemmeno ora. Gli rispose piccata.
Ripresero il loro allenamento anche se l’umore non era lo stesso.
Passarono un paio di giorni senza che nulla accadesse. Robin e altre guardie facevano la sorveglianza a Katrin ma tutto era tranquillo.
La prima settimana di aprile era passata con un’alta tensione in tutto il castello. Era molto tardi quando Susan e Cristofer sentirono bussare alla loro porta. Furono molto stupiti di vedere lord Semple essere lì senza che nessuno li avesse avvisati. Il lord chiuse la porta dietro di sé. Soltanto una candela rischiarava la stanza e i due si avvidero dello sguardo malefico del loro padrone e si spaventarono. Susan si strinse le mani cercando di non farle tremare, in attesa di scoprire cosa volesse il suo ex marito.
Ho una proposta da farvi. Disse loro, e rimase parecchio tempo a discutere dei dettagli.
Era notte fonda quando tornò nella sua camera. Quattro individui incappucciati lo stavano aspettando. Fate quello che vi ho ordinato. Disse soltanto.
La porta della camera di Katrin era chiusa, uno schianto la svegliò ed era pronta a difendersi ma erano in troppi e la imbavagliarono, la incappucciarono in pochissimi istanti. Uno se la caricò in spalla e uscirono velocemente.
La ragazza si dibatteva ma un pugno ben assestato le tolse i sensi. Era già giorno quando si svegliò, con il viso tumefatto e le ossa doloranti. Si guardò in giro e riconobbe il posto, ci era già stata: la prigione nella torre. Cosa voleva stavolta quel verme che chiamava padre? Cercò di alzarsi, si sistemò i capelli come poteva e rimase in attesa.
Non dovette attendere a lungo. Il catenaccio all’esterno della porta venne tolto ed entrò suo padre.
Lei era seduta sul pagliericcio e lui prese posto sulla sedia sgangherata, proprio di fronte a lei.
Passò alcuni lungi attimi ad osservarla, cercando di leggerle i pensieri, ma non ci riuscì nemmeno questa volta, e la cosa lo alterò maggiormente.
Poi si decise a parlare. Tuo nonno ha cercato di imbrogliarmi, ma io l’ho scoperto in tempo. Tu sei una ragazza fortunata e dannatamente ricca ed io sono tuo padre. Le disse. Katrin rimaneva in silenzio anche se avrebbe voluto ribattere.
Presto compirai sedici anni e prima di allora tu sposerai sir Cristofer. Le disse avvicinando il suo viso a quello della ragazza.
Lo sai che non lo farò, padre. Gli rispose.
L’uomo non si scompose. Questa volta nessuno verrà a portarti né cibo né acqua, quando sarai pronta ad accettare batti contro la porta e verrò avvisato. Le disse.
E se non lo facessi? Volle sapere lei.
Allora morirai qui dentro e nessuno lo scoprirà mai. Per me non fa nessuna differenza. Si alzò e uscì senza aggiungere altro.
Katrin si alzò e cercò di sgranchirsi un po’ le gambe. Cercava di radunare i pensieri, sapeva di poter resistere solo per pochi giorni in quella situazione, ma non avrebbe ceduto fino all’ultimo. Elaborava piani su piani, come le avevano insegnato sia Alfred che Robin ma c’era ben poco che potesse fare senza conoscere almeno qualche dettaglio.
Il primo giorno passò lentamente, come pure la notte. E anche il giorno successivo. Cominciava a soffrire la sete e il secchio era colmo, presto avrebbe dovuto decidere cosa fare, ma non ora, non oggi.
Passarono quattro giorni e nessuno era venuto da lei, proprio come suo padre le aveva promesso. Aveva le labbra screpolate e lo stomaco talmente vuoto che sembrava di aver messo le ali talmente era leggera.
Era il quarto giorno di prigionia e lei non demordeva. Sentì dei passi e il catenaccio aprirsi. Era seduta sul pagliericcio quando Cristofer entrò. Rimase in piedi di fronte a lei. Sei messa piuttosto male, mia cara. Non importa, presto sarai mia moglie e tornerai ad essere bellissima. Si abbassò e mise il suo viso ad altezza di quello della ragazza. Non vedo l’ora di averti nel mio letto, puttanella che non sei altro, ti farò abbassare le ali e ti sottometterai a tuo marito, che tu lo voglia o no, sarò io il tuo padrone e tu la mia schiava. Le soffiò in faccia. Questa è una promessa. Aggiunse.
Anch’io te ne ho fatto una, spero che tu la ricordi. Gli rispose soltanto.
Per un attimo lo sguardo dell’uomo si adombrò. Ci vediamo, mia cara, abbi cura di te. Aggiunse beffardo.
La porta si richiuse e lei rimase a guardare le sbarre della piccola finestra.

immagine dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

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