lunedì 9 dicembre 2019

KATRIN, LA SUA STORIA


KATRIN, LA SUA STORIA

parte cinquantadue






Nessuno al castello aveva fatto domande o supposizioni su quanto accaduto. Il loro lord aveva dato spiegazioni e, anche se tutti si facevano domande, nessuno ebbe il coraggio di esprimerle ad alta voce.
Marzo trascorreva in attesa della primavera, faceva ancora piuttosto freddo. Era quasi finito il mese, era sera e missis Susan e suo figlio erano nella loro camera. Nel camino un solo ceppo di legna. La donna si stava passando una pezza umida sul viso, era stanca e suo figlio lo era ancora di più.
Cosa faremo quando saremo costretti ad andarcene? Le chiese il ragazzo. Lei alzò lo sguardo su quel figlio che amava in modo totale. Sapeva bene che era solo colpa sua. Aveva fatto tutto quello che poteva per rimediare al suo vizio, ma proprio non riusciva ad avercela con lui, nemmeno in quel frangente. Sono sicura che qualcosa troveremo. Gli rispose con voce stanca. Cristofer conteneva a mala pena tutta la rabbia e il risentimento che covava verso lord Semple, e non gli perdonava quello che gli stava facendo. La pagherà, madre, te lo prometto. Le disse mentre si sedeva a consumare il poco cibo che si erano portati in camera.
Aprile si presentò con aria profumata. Nel cortile gli allenamenti avevano ripreso il ritmo consueto.
Katrin e Robin stavano provando un nuovo metodo di tiro con l’arco, avevano leggermente modificato le frecce e si stavano allenando al loro uso.
Presto la ragazza avrebbe compiuto sedici anni e suo padre si stava dando da fare per trovarle un corteggiatore adatto, anche se lei non ne voleva sapere.
Lord Semple aspettava con ansia di ricevere i dieci lingotti d’oro e nel frattempo aveva mandato a Susan il messaggio di sfratto. Dovevano andarsene entro il mese con il carro che portava rifornimenti. Aveva ricominciato a bere ancora più di prima, era l’unico modo per tenere a bada la rabbia e la vergogna che aveva subìto.
Era nel suo studio e stava leggendo i vari fogli del contratto firmato con suo suocero. Aveva la mente appannata dal vino ma spalancò gli occhi quando capitò al paragrafo dei sedici anni di Katrin. Due righe che gli erano sfuggite, anche se non se ne capacitava, così recitavano: “al compimento del sedicesimo anno di Katrin Semple, la gestione dei beni che le derivano dalla famiglia materna passano a sir Donald Sheppard, suo tutore fino al compimento del ventunesimo anno di età o al suo matrimonio.” Lord Semple strabuzzò gli occhi. Che storia era mai quella? Eppure il tutto riportava la sua firma in calce. Continuò a leggere senza trovare altre discordanze fino a che giunse alla penultima pagina. “Lord Richard Semple consegnerà a lord Liam Sheppard i registri delle proprietà gestite come tutore della figlia.” Poche semplici parole che gli fecero perdere quasi i sensi. Cosa significavano? Controllò di nuovo la firma ma era indubbio che quella posta in calce fosse proprio la sua. Battè il pugno sul tavolo, se aveva inteso correttamente lui era privato di qualsiasi potere sul patrimonio di sua figlia, inoltre non gli sarebbero stati consegnati nemmeno i dieci lingotti. Tutto quello che gestiva come suo attuale tutore e del quale beneficiava dei guadagni era finito e ne doveva dare conto a suo suocero.
Appoggiò la schiena alla poltrona in cerca del respiro che gli stava mancando. Come era potuto succedere? Era chiaro che era stato imbrogliato, non era uno sprovveduto e sapeva bene che quei documenti erano assolutamente legali e che una copia uguale era in possesso di suo suocero. Maledetto lord Sheppard, come aveva potuto? Come aveva fatto ad arrivare ai suoi documenti visto che nessuno ne era a conoscenza? Non ne aveva mai parlato con nessuno, nemmeno a Miriam che li custodiva per lui. Quella donna era sparita ma non sapeva leggere e non poteva avere nessun coinvolgimento. Anche sua figlia era all’oscuro di quel contratto. Proprio non si capacitava di come era potuto succedere, era sicuro che in origine non c’erano quei paragrafi.
Cercò di recuperare una parvenza di calma. Maledisse sua moglie e il sacrificio che gli era costato a sposarla, la maledisse per non avergli dato figli suoi, maledisse quella figlia di nessuno che si ritrovava in possesso di un enorme patrimonio senza nessun merito. E lui, lui che aveva sopportato quegli anni, che si era comportato come si addice ad un lord, che aveva mantenuto una dignità onorabile, ora si ritrovava allo stesso punto di partenza: non aveva ottenuto niente, aveva perso anche i lingotti d’oro. Si alzò e maledisse di nuovo tutta la famiglia Sheppard, compresa sua figlia.
Uscì come un lampo dal suo studio, avrebbe voluto strangolare quella figlia di nessuno, doveva trovare il modo di fargliela pagare a quei maledetti.
In cortile Katrin si stava allenando alla lotta col coltello quando suo padre la chiamò con tono imperioso.
La ragazza, sudata e spettinata lo raggiunse. Guardò quel viso sconvolto e capì che doveva essere successo qualcosa di grave. Cosa c’è, padre? Gli chiese educatamente. I fumi dell’alcol non l’avevano ancora abbandonato del tutto. Sguainò la spada e gliela puntò alla gola. Lei non si aspettava un simile gesto e rimase immobile col pugnale in mano. Che tu sia maledetta. Le disse senza che nessun altro sentisse.
Lei non si scompose, gli afferrò il polso che impugnava l’arma e glielo torse con forza. Che ti prende, padre? Non riconosci più nemmeno tua figlia? Gli sussurrò sarcasticamente. Sono lady Katrin Semple. Gli ribadì non staccandogli lo sguardo dagli occhi.
Tu non sei mia figlia, tu non sei nessuno. Le rispose sottovoce. Era una minaccia e lei lo sapeva bene. lo guardò allontanarsi barcollante mentre Robin la raggiungeva.


immagine dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

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