KATRIN, LA SUA STORIA
parte sessantacinque
Fu sotto una
fitta nevicata che la carrozza uscì dalla proprietà. Le due guardie del corpo e
sir Jacob erano sedute accanto a Katrin.
Una delle
guardie istruiva Katrin su come doveva comportarsi. Lady Katrin il porto è un posto poco sicuro, c’è gente di ogni risma e
non è adatto ad una signorina come lei. Non dovrà mai, e dico mai uscire da
sola. Noi le saremo sempre al fianco.
Katrin
annuiva e stringeva la mano sull’elsa del suo pugnale che portava sempre al
fianco. Si udirono le prime voci concitate e i rumori degli uomini che
lavoravano al porto. La carrozza oltrepassò l’ingresso e si fermò.
La ragazza
aveva indossato comodi abiti poco appariscenti e caldi. Le guardie la
scortarono all’ingresso di un edificio quasi fatiscente. La puzza era quasi
insopportabile ma pareva che nessuno ci facesse caso.
Un bancone
all’ingresso e vari piccoli box dove uomini erano indaffarati con scartoffie o
con persone.
Il direttore
l’accolse e l’accompagnò nel suo piccolo ufficio. La fece accomodare mentre
Jacob prendeva posto e posava la sua valigia.
Benvenuta lady Katrin. Io sono sir
Connors il direttore della società di navigazione Sheppard. Sono a sua
disposizione ed ho ricevuto precise istruzioni da suo nonno. Si presentò.
Passarono la
giornata facendo un elenco dei velieri, dei vascelli, delle piccole navi
commerciali di proprietà della società, elencò le varie merci che vi
transitavano e i paesi che toccavano nei loro viaggi commerciali.
Katrin prese
nota di ogni informazione. Era ora di far ritorno, non aveva mangiato niente ed
aveva la testa che le scoppiava.
Mentre si
rilassava nella sua vasca di acqua calda teneva gli occhi chiusi. Ripensava a
quello che aveva saputo, avrebbe avuto bisogno di qualche giorno per imparare
quei nomi, quelle rotte commerciali. Ancora una volta si chiese a cosa le
sarebbe servito. Non amava quel genere di vita ma sapeva che era un ramo
importante degli affari di famiglia. Sospirò mentre aspettava di cenare e
chiese alla cameriera di mandarle Jacob.
Finalmente
la neve aveva cessato di cadere. Era la fine di gennaio e le strade si stavano
ghiacciando. L’inverno era davvero terribile, come ogni anno e lei desiderava
tanto l’affetto della sua famiglia. Sentì bussare ed entrò Jacob.
Ha bisogno di me, lady Katrin? Le chiese gentilmente.
Katrin versò
da bere per entrambi. Mi servono alcuni
giorni per ripassare i miei appunti. Rimarrò a casa per tutta la settimana.
Programmi la prossima uscita. Gli disse porgendogli il bicchiere.
Bevvero in
silenzio. Jacob la osservava e, per la prima volta vide la ruga che solcava la
fronte liscia della ragazza, doveva avere qualche preoccupazione ma non stava a
lui farsi avanti. Ormai la conosceva piuttosto bene e sapeva che non poteva
permettersi passi falsi con lei.
I giorni
seguenti furono di una noia mortale. Katrin non era fatta per stare troppo
inattiva, sentiva il bisogno di sfogare la sua energia fisica repressa ma non
poteva fare altro per il momento. Non c’era spazio per una contesa e fuori faceva
troppo freddo.
Erano di
nuovo sulla carrozza che li portava al porto. Katrin fece fermare la carrozza
fuori dalla banchina, piuttosto distante. Voleva sgranchirsi le gambe. Il sole
pallido non aveva sciolto tutto il ghiaccio ma questo non la fermò. Raggiunsero
gli uffici di sir Connors e fu ricevuta dal direttore in persona che la invitò
a conoscere alcuni capitani che erano in porto.
Quegli
uomini erano diversissimi fra loro. Furono gentili e passarono la giornata
raccontando alcune loro avventure. Fu una giornata piacevole e anche Jacob si
rilassò vedendo che la sua protetta si stava divertendo.
Era già buio
quando fecero ritorno.
Katrin era
nel suo letto e ripensava a quella che era stata la sua vita. Lo faceva spesso,
e sempre si chiedeva come sarebbe stato essere con la sua vera famiglia,
avrebbe dato un tesoro per poterla ritrovare ma sapeva che non sarebbe mai
successo. Non riusciva a prendere sonno e l’alba la cose ancora sveglia e
agitata più del solito. Era stanca di quell’inattività.
Senza pensarci
due volte, scese dal letto e si vestì con abiti pesanti adatti a cavalcare. Era
molto presto quando raggiunse le stalle e scelse un cavallo. Dormivano ancora
tutti e lei uscì di sottecchi dalla proprietà. Aveva il suo pugnale, era
talmente camuffata che nessuno poteva capire che fosse una ragazza.
Dio se si
sentiva libera. A proprio agio. Non si accorse nemmeno che il cavallo aveva
preso la strada del porto. Nelle case le luci erano accese e lei rallentò il
passo del cavallo. Sulla banchina ancora non c’era movimento, legò l’animale e
si incamminò sulla banchina. C’erano varie imbarcazione all’ancora, lei le
riconobbe tutte dal nome che portavano scritto, di alcune aveva conosciuto
anche il relativo capitano. Respirava a pieni polmoni quell’aria maleodorante
che ora non le dava più tanto fastidio.
In fondo al
molo era ancorato un vascello. Dal nome riconobbe che era della flotta di suo
nonno, doveva essere arrivato in nottata.
Si fermò ad
osservarlo, era davvero uno splendido veliero. Rimase incantata ad osservarlo
sbattere dolcemente contro la banchina e si chiese come era stare su qualcosa
che non stava mai fermo.
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